mercoledì, aprile 13, 2022

💜Per tale ragione..

 Per tale ragione la coltivazione estensiva del grano contribuirà a disegnare il paesaggio mediterraneo.

Il grano dominava su tutto e tutto gli ruotava intorno: pascoli, vitigni, alberi da frutto. Inoltre, va osservato come, tra i prodotti della terra, nessun’ altro contiene una combinazione altrettanto completa di elementi nutritivi quanto il frumento; nessun altro si presenta tanto predisposto alla conservazione.

Tutte qualità, queste, che indurranno Esiodo a definire il grano ‘βίος’, ‘vita’.

Mentre Omero lo paragona al ‘myelon andron’, al ‘midollo dell’uomo’, espressione stupenda che intende porre in risalto la ‘sostanza stessa della loro forza vitale10’.

Per il filosofo Anassagora di Mileto, ‘nel pane possiamo davvero vedere il corpo - perché quando entra in esso, come alimento, diventa effettivamente corpo dell’ uomo’.

‘Ceres11’, per i Romani, era ‘il grano che dava la vita’.

 ‘Salude e trigu’, ‘salute e grano’ è la formula beneaugurante, ancora oggi, in uso presso le comunità della Sardegna interiore.

Un’ espressione che intende racchiudere in sé ciò che si ritiene maggiormente positivo per la condizione umana: il cibo e la salute.

Sotto il segno della cerealicoltura si strutturerà tutto il mondo mediterraneo. Le semine e i raccolti plasmeranno il tempo, scandendo il calendario agricolo in stagioni. I primi villaggi sorgeranno proprio in funzione della produzione granaria.

La raccolta e l’accumulo di grano determinerà una prima divisione del lavoro, dando luogo alla stratificazione in classi sociali. Per essere conservati i cereali necessiteranno di apposite costruzioni, che, per il valore del prodotto, dovranno essere difese da mura e da armati: imperativi, questi, che daranno corpo alla città, all’ordinamento civile e a quello militare.

Le prime città difese da mura sorgeranno proprio allo scopo di tutelarne le riserve di grano. Inoltre, per difendere le colture di frumento dagli assalti dei pastori nomadi12, verranno organizzati anche i primi eserciti. I primi mercati mediterranei sorgeranno proprio in funzione dello smistamento delle derrate cerealicole.

Pensiamo, ad esempio, all’antico mercato del Cairo, sorto nel 969 a. C., per commerciare con il grano della Fenicia e della Sicilia. Presso le società proto-agricole mediterranee, il frumento era un bene dotato di un grande valore strategico, ‘paragonabile soltanto a quello che ha oggi il petrolio13’. ‘

Chi possedeva il grano, poteva espandersi demograficamente, ridurre la mortalità infantile, aumentare la consistenza del proprio esercito, vincere le battaglie e le gare sportive, resistere agli assedi e dotarsi di metalli, tecnologie, beni di consumo di qualunque genere14’.

Nelle società proto-agrarie, la ricchezza consisteva nelle scorte di grano accumulate. Un chicco di grano, il ‘κόλυβο’, verrà usato, nientemeno, come unità di misura per pesare l’ oro. Inoltre, va osservato come questo cereale sarà alla base della prima forma di capitalismo: ‘I suoi effetti andavano dall’accumulo di capitali liquidi alla conseguente ricerca di mercati di sbocco, alla definitiva alterazione degli equilibri sociali e politici’ (Annalisa Paradiso15). Il grano alimenterà commerci e suggellerà alleanze.

Fungerà da moneta di scambio e da indicatore economico. Favorirà contatti ed incontri tra popoli e genti diverse. Traccerà le prime grandi vie di comunicazione del bacino mediterraneo.

La sua coltivazione produrrà, inoltre, un notevole incremento demografico. ‘I cereali trasportati dall’est e dal sud hanno contribuito all’incremento del numero degli abitanti dell’ovest e del nord - scrive Predrag Matvejevic - hanno contribuito alla creazione dell’Europa16’. Ma non solo.

Il grano muoverà l’uomo mediterraneo verso nuove aree, alla ricerca di terreni adatti alla sua coltivazione. A questo scopo, verranno ingaggiate guerre e battaglie, pianificati assedi ed invasioni. In sostanza,

il grano costringerà l’uomo mediterraneo ad organizzare le prime forme di società civile, indirizzandone la politica e l’economia, la religione e l’ alimentazione. Sarà l’ invenzione dell’aratro, nel 4.500 a.C., a dare un grande impulso all’ agricoltura, rendendo possibile la coltivazione di vaste aree. Uno dei modelli più antichi, in terracotta, è stato rinvenuto sull’isola di Cipro, a Vounos. Nell’ Egitto della V e VI dinastia (2.480- 2.160) incontriamo l’ aratro a vanga, di tipo leggero, adatto a fendere il soffice terreno della valle del Nilo.

Mentre, per i terreni più duri, verrà adottato l’ aratro a zappa, conosciuto anche come ‘aratro di Trittolemo17’, senza dubbio, il più diffuso in area mediterranea ed europea. Sono aratri del tipo ‘Trittolemo’ quelli raffigurati sulla ceramica greca del VI e V secolo. In Grecia, oltre all’aratro ‘naturale’, è adoperato anche l’aratro ‘composto’ (‘πηχτòν’), costituito da più pezzi staccati. Il giogo era fissato al timone per mezzo di un cavicchio.

Nelle ‘Opere e giorni’, Esiodo consiglia all’ agricoltore di fare ‘ due aratri, costruendoli in casa: uno d’un solo pezzo, l’altro composto, perché così sarà molto meglio: se uno si rompe dietro ai buoi attaccherai l’altro. D’alloro e d’olmo, immuni dai tarli, siano i ‘timoni’; di quercia il ‘ceppo’, di leccio la ‘bure’’.


Tratto da "Il grano e la Dea" di Maria Ivana Tanga


Maldalchimia.blogspot.com

Per tale ragione..




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