È un po di giorni che "sto appresso" ad un broccato molto antico.
È sfilacciato in alcuni punti, quasi inutilizzabile. Lo tengo come una reliquia, su un settimino, sotto il ritratto dei miei nonni materni.
Nonna era sarta di professione.
Nonno era un sellaio, e le sorelle di nonno avevano una boutique-laboratorio a Cagliari, dove facevano anche cappelli.
Ago e filo, quindi, fanno parte del mio patrimonio genetico. So cucire, e preferisco cucire a mano, piuttosto che con la macchina da cucire.
Nonna non mi ha insegnato, me la sono goduta poco, ma il suo talento, ha trovato il modo di farsi strada anche in me.
Riflettevo stamane, come sia dannatamente ostinata, in questi ultimi giorni, nel rammendare questo pezzo di stoffa così logoro. È una perdita di tempo, mi affatica anche molto la vista.
Non ha nessuna utilità pratica, se non a livello emotivo. Ma potrei semplicemente riporlo, custodirlo da qualche parte, e serberebbe ugualmente tutta la sua Essenza emotiva.
Invece è come una calamita. Ci ritorno spesso su.
I pensieri si diluiscono.
Tra le scapole, spesso, si attiva un focolare che arde, mentre rammendo.
Anche adesso, mentre ne sto scrivendo. Conosco bene questo tipo di calore. È legato ad una Memoria.
Ad una Memoria di Me.
Perché rammendare, è come rammentare.
Guardate come sono simili queste parole.
Rammendare è ripristinare la forma originaria, l'ordito e la trama del tessuto originario.
La parola "conoscenza", nei geroglifici Egizi, era indicata con un tessuto, il quale indica la facoltà di accedere alla conoscenza. È un comparare fra due nozioni, agire in sinergia tra due polarità . L'intreccio dei fili forma un tessuto. E la dea egizia Neith, era chiamata la Neter della tessitura.
Infatti il geroglifico che indicava la vera conoscenza, era indicato con un tessuto.
Tessuto che custodisce anche dopo morti. Infatti Neth sovraintendeva anche alla Mummificazione.
Quel tessuto-griglia dove si incontrano gli opposti, necessari alla creazione.
Ne parlai in un mio post riguardo la simbologia della tessitura, con particolare riferimento alla nostra neolitica Tanit tessitrice sarda di Tresnuraghes( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/06/la-tanit-di-tresnuraghes-tessitrice.html?m=0).
Ciò che non ci serve, non lo ricordiamo.
E ciò che ricordiamo, serve a riportare lo stato originario della nostra integrità . È un lavoro costante, che richiede presenza, capacità , visione d'insieme, per capire il verso del nostro rammendare.
Nonostante gli sfilacciamenti della vita, spesso brandelli.
Nonostante il tessuto logoro, se si ripristina la memoria di Sé, si può ricordare.
Ricordare chi Siamo.
Non è una questione mentale. È una questione di vibrazione, di Frequenza, di Emozione, a prescindere dal contesto.
Rammentare la propria Bellezza, il proprio Talento, la propria Essenza, la propria Emanazione. Conoscersi intimamente, nella profondità della propria energia.
Il detto "sapere di che stoffa si è fatti", non è a caso. Affonda le radici nella notte dei tempi. Il conoscere, è diverso dal sapere. Il sapere è un archivio.
Posso sapere ogni caratteristica del mare, ma solo se lo conosco, se ho praticato la conoscenza, posso attraversarlo senza il pericolo di affogare. La conoscenza è dinamica. Presuppone intimità , dialettica, scambio. Non è nozionismo.
Quante persone, anche vicine, familiari, "sanno" di noi, ma non hanno conoscenza di noi?
Questo vale come filtro per ogni rapporto che intende essere tale. Diffidare da chi non ha la curiosità di conoscerci, di sapere di che "stoffa siamo fatti". Spesso, le così dette "conoscenze", sono occasioni finalizzate a sé stesse, senza nessuna profondità e spessore.
Per questo motivo è importante acquisire "conoscenza/coscienza" di sé, rammentando e rammendando chi siamo.
Capisco oggi, giorno del mio compleanno terreno, l'importanza di questo gesto antico del rammendare, che mi ha tenuto occupata ultimamente. Avevo necessità di definirmi, di fare il punto su certe cose o situazioni.
Di essere punto intorno al quale ruotare, costruire, tessere, rammendare e rammentare.
Ricordare
Ritornare a me.
Conoscermi.
Riconoscermi. Trovare, in questo riconoscimento, una dimensione della mia Identità .
I pensieri si sono diluiti e nuovamente amalgamati nel fare. I lembi sfilacciati hanno ritrovato un nuovo punto di incontro, offerto dal mio operare, con pazienza, con intelletto, tenendo presente la tessitura originaria.
Il progetto, il disegno originario, dove tutto ha un senso. Ogni passo che è stato della tua vita, ogni sbaglio, ogni ripresa.
Ti sei intessuta da sola, tessendo lunari lacrime argentee e dorati fili solari, indossando il mantello della tua investitura regale.
Invisibile al mondo, ma prezioso come la corona che indossi.
Sei Tu. In piena Coscienza di Te.
E auguri a me, per tutte le volte che ho intessuto legami di conoscenza.
Perché non mi basta mai, sapere.
Io voglio conoscere.
Non resto in superficie.
La superficie è per chi ama gli orizzonti.
Io amo la prospettiva. La dimensione atemporale dell'oltre, del conoscere ciò che c'è, oltre ciò che vedo, e sentirne il battito.
Tiziana Fenu
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La “Merlettaia”, dipinto autografo di Jan Vermeer, 1665, Museo del Louvre a Parigi.
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