13 dicembre, festeggiamenti in onore di Santa Lucia, vergine siracusana (283 circa - 303 circa), martire sotto Diocleziano.
Secondo la Passio leggendaria sarebbe stata denunciata dal fidanzato come cristiana e condannata per questo alla prostituzione; scampata a questa ignominia e uscita incolume anche dal rogo, sarebbe stata uccisa con la spada. La tradizionale credenza che le siano stati strappati gli occhi è leggenda nata dal suo nome, affine al nome della luce; in relazione a questa leggenda è invocata da chi soffre di male agli occhi ("Santa Lucia ti protegga la vista!" ) ed è in Dante allegoria della Grazia illuminante. Il suo culto è assai antico.
Lucia come simbologia della Luce, presente anche nei Promessi Sposi, allegoria alchemica dell'Unione degli opposti.
Infatti Lucia, (da un articolo di Sebastiano B. Brocchi - https://www.riflessioni.it/simbologia/nozze-renzo-lucia-3.htm) è la versione femminile del latino Lucius, che significa “Luminoso”, da lux, luce. Manzoni ne descrive l’acconciatura fermata da radiosi spilli d’argento (il metallo della Luna) come raggi di un’aureola (cfr. “I Promessi Sposi”, capitolo II).
Renzo, Lorenzo, deriva invece dal latino "laurus", alloro, la pianta sacra ad Apollo, Dio ellenico del Sole.
Anche i cognomi dei due protagonisti sono rivelatori: Mondella, richiama sia la castagna, frutto rinvenuto all’interno di un riccio spinoso (con tutti i magnifici rimandi alla difficoltà di rinvenire la Regina dei Filosofi), sia il termine “monda”, ossia pulita, pura, limpida, tersa. A rafforzare questa visione concorre il carattere attribuito alla ragazza da Manzoni, che la descrive pura, ingenua e virtuosa, come la “donna angelo” degli stilnovisti e la dama dei trovatori.
Tramaglino, dal termine tramaglio (sorta di rete molto fitta composta di tre strati sovrapposti usata sia per la pesca che per catturare volatili come ad esempio quaglie), ricorda per questo sia l’alchemica sigla SSS (Stratum Super Stratum, Strato Su Strato), ossia la composizione della Materia Prima da più “strati” o livelli sovrapposti, sia la fissazione del volatile attribuita allo Zolfo.
A questo proposito andrebbe precisato che Renzo, nella prima versione del romanzo (intitolata “Fermo e Lucia”), era chiamato Fermo, e come abbiamo ricordato lo Zolfo-Oro-Io-Re-Sole, “motore immobile” della nostra Coscienza, è l’elemento maschile e di fissità (dunque Fermo) nella triade alchemica Mercurio-Zolfo-Sale.
Tramaglino, inoltre, è vicino al termine “trama”, e se si conta che nel romanzo è il nome di un filatore, allude perciò anche alla sottile “trama” che il Filosofo va formando, tessendo, sul telaio della propria mente, o per estensione della propria vita e del proprio destino, trama di domande, riflessioni, esperienze, intuizioni, risposte, che si intrecciano nella sua Consapevolezza (cfr. https://sites.google.com/site/graziabrocchi/commentointerpretativodell'opera).
Lucia e Renzo recano quindi le caratteristiche che permettono all’ermeneuta di riconoscerli come la Luna e il Sole ermetici, il Mercurio e lo Zolfo, l’Acqua e il Fuoco, dunque la Regina e il Re di un regno che è l’essere umano stesso.
Il topos ermetico dello sposalizio del maschio e della femmina filosofici è ancestrale e archetipico. In ogni cultura troviamo esempi di racconti legati all’amore, al matrimonio e al coito con chiari riferimenti ad altro che non siano i rapporti sessuali “terreni” tra uomo e donna.
Tuttavia, le interpretazioni di questi “matrimoni mistici” non sono univoche, ma al contrario variegate e l’una capace di ribaltare la prospettiva dell’altra pur senza contraddirla. Anche in questo caso vale la sigla sopra citata, SSS. Ogni interpretazione sembra essere uno strato successivo dei veli che devono essere tolti al fine di contemplare la “Dea nuda” della conoscenza.
Un primo livello di lettura è quello, basilare, di conjunctio oppositorum, unione degli opposti, concetto sui cui si erige l’Opera alchemica. «Così la liberazione, nello Yoga tantrico, è concepita come la riunificazione, le nozze dell’âtman (maschio) e della buddhi (femmina), artificialmente separati dalle condizioni inerenti alla “caduta” degli individui nel mondo fenomenico» (Jean Varenne, “L’Hindouisme des textes sacrés”, dall’“Encyclopédie des mystiques”, volume III, a cura di Marie-Madeleine Davy); laddove âtman e buddhi designano i già citati Zolfo e Mercurio, Nous-Spirito e Psiche-Anima, come anche, su scala cosmica oltre che interiore, i due poli complementari Yin e Yang. In altro luogo il simbolo delle nozze ermetiche è interpretabile come unione dell’Io-sposo a Sophia, la Conoscenza-sposa; cioè l’incontro e l’abbraccio eterno del Filosofo con l’oggetto del suo amore e delle sue speranze. Infine, possiamo leggere lo Hieros Gamos (Matrimonio Mistico o Sacro) come unione della Coscienza-sposa con il Dio-sposo. In questa prospettiva viene interpretato il libro biblico del “Cantico dei Cantici”, e viene compreso il misterioso rituale della prostituzione sacra, che prevedeva l’unione sessuale di prostitute-vestali con sacerdoti che per l’occasione impersonavano il Dio.
In realtà, tutte e tre queste interpretazioni non sono che una. Descrizioni di un unico evento, che ogni volta è analizzato sotto un differente e nuovo aspetto. Che siano i due opposti Yin-Yang a cercare il loro punto di incontro e di fusione, infatti, o che sia l’Io a cercare la divina Conoscenza e volersi unire a lei, o l’Anima matrice che si prepara ad accogliere il suo Sposo Celeste; il Matrimonio Mistico è uno soltanto. Esso segna il compimento degli “sforzi del lavoratore”, nel senso che l’Alchimista che sia giunto a questo punto non avrà più nulla da fare attivamente, limitandosi ad aspettare che questo Matrimonio dia i suoi abbondanti frutti.
Questo concetto, espresso da Sebastiano Brocchi, si sposa bene anche con l'interpretazione simbolica di Santa Lucia per Dante, il quale descrive la martire siracusana e il ruolo fondamentale di salvezza che le attribuisce ( https://www.ritacharbonnier.it/2010/12/santa-lucia-nella-divina-commedia-la-speranza-la-grazia-illuminante-e-laquila-di-giustizia/)
Dopo l’intercessione della Vergine Maria, la grazia preveniente, è Lucia che si muove e si reca da Beatrice, la Teologia, le rammenta “il suo amico” e le chiede di intervenire per il suo fedele, perso nella selva oscura del buio del peccato. Lucia è appellata da Dante come “nimica di ciascun crudele”, evidenziandone la fierezza, con una formula che allude anche alla carità che è inerente all’atto della grazia.
Il fatto che Dante si proclami “fedele” della santa sembra alludere, inoltre, a una precisa notizia biografica poiché si è supposto che, in seguito ad una malattia agli occhi di cui narra nel Convivio (III; IX,15), le fosse particolarmente devoto. Jacopo di Dante racconta come il Poeta professasse una devozione speciale nei confronti della santa siracusana, poiché aveva ottenuto da lei la guarigione dopo averne invocato l’intercessione. Come nella realtà biografica Lucia aveva ridato la vista e la salute, agli occhi di Dante nella Commedia ridava la luce al suo animo peccatore mandandogli in aiuto Beatrice che, come scrivono Brunella Bruno ed Elisabetta Ferrarini, senza tema alcuna si muove fino agli Inferi per far completare al suo fedele l’itinerario già intrapreso nell’età giovanile.
Ma il ruolo di Lucia nella Commedia non è terminato, anzi, la donna dagli “occhi belli” sarà ancora protagonista nella cantica del Purgatorio (IX 52-63) quando non invierà alcuno a salvare Dante ma scenderà personalmente dal suo “loco beato” per agevolarne il viaggio in un punto particolarmente difficile in cui Dante inizia a percorrere la via del pentimento e dell’espiazione, la salita delle sette cornici purgatoriali.
Mentre il Poeta dorme, Lucia lo prende nelle sue braccia dolcemente e lo posa davanti all’ingresso del Purgatorio; l’episodio è narrato ponendo in evidenza la soavità e la fermezza della santa. L’espressione “sovra li fiori”, che precede l’apparire di Lucia, ad esempio, mette in evidenza la leggerezza dell’incedere. Scrive il Poeta: “Venne una donna e disse: I’ son Lucia, lasciatemi pigliar costui che dorme; / sì l’agevolerò per la sua via.” E ancora Virgilio racconta, sottolineando la dolcezza degli atti della santa e la sua leggerezza, come d’immagine da sogno, appena si fu fatto giorno “qui ti posò/ e pria mi dimostraro/ gli occhi suoi belli quell’entrata aperta; poi ella e ‘l sonno ad una se n’andaro”.
Poco prima in sogno il Poeta aveva visto un’aquila pronta a calare e gli era sembrato di trovarsi sul Monte Ida dove fu rapito Ganimede che fu innalzato al Monte Olimpo; il richiamo mitologico serve al Poeta a circondare il sogno stesso di un alone favoloso e a rendere l’atmosfera di prodigio che caratterizza la vicenda di Lucia che trasporta Dante dalla valletta alla porta del Purgatorio. L’aquila è la forma assunta da Lucia nella seconda cantica che rappresenta per alcuni critici la grazia divina come aquila di giustizia.
L’aquila è l’equivalente dello ius, in essa confluisce la riflessione intorno al concetto di diritto-giustizia, ius come prodotto di Dio. Ed è perfetto analogo della di Lui perfezione, quando lo si legga nella prospettiva universale e politica, prima che individuale che vede nel massimo bene della società civile, la giustizia rispecchiato il Bene Sommo di cui è misura Dio, fonte del “giusto” che è nucleo fondante della “Drittura” che Dante aveva letto in Aristotele, “la più perfetta di tutte le virtù”, già trattata nella canzone Tre donne intorno al cor mi son venute. Una verità morale, che l’uomo giusto conosce a occhi chiusi, e di cui è appunto simbolo, nella Divina Commedia, santa Lucia, “nimica di ciascun crudele”, poiché “la crudeltà è il contrario della pietà, della carità, tagliando la via alla speranza; pertanto Lucia interviene tempestivamente (si mosse e venne) in favore della carità, cioè di Maria” [DANTE ALIGHIERI, La Divina Commedia, Inferno, G. GIACALONE (a cura di), Angelo Signorelli Editore, Roma 1983]
L’accostamento all’aquila della santa siracusana nelle vicende del IX Canto del Purgatorio è di particolare rilievo poiché l’aquila pone un punto di contatto tra la tematica religiosa e quella politico-sociale; nel Paradiso Dante, nel cielo di Giove, si rivolge ai giusti “reggitori” di popoli che compongono “in forma di lumi, un’Aquila, simbolo dell’Impero e della Giustizia” [F. P. PEREZ, La Beatrice svelata, F. Orestano (a cura di), 2° ed. Molfetta, S.T. Apicella 1936, in 8°, p.226] e l’aquila è sempre stata il simbolo dell’Impero; così il Perez nel lontano 1865 asseriva l’esistenza del legame fra l’Impero e quella che lui riteneva l’allegoria dello stesso, cioè Beatrice, dallo studioso palermitano identificata con l’Intelligenza attiva di matrice aristotelica.
Nel Purgatorio, quindi, Lucia riveste una notevole importanza oltre che a livello compositivo e narrativo, anche dal punto di vista simbolico
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