Di fronte a fatti di questo genere, siamo costretti a prendere in considerazione la possibilità che l’umile vasaio indio avesse avuto la premonizione di oggetti del futuro o altrimenti che avesse avuto modo di osservare qualcosa di tecnologica-mente avanzato prodotto da una cultura di cui sinora non abbiamo riscontro, una razza svanita nel nulla che forse visitò la Terra per un breve lasso di tempo senza mai più farvi ritorno”.
“Il reperto è stato dissotterrato tra le rovine di un villaggio nei pressi dell’altopiano di Nazca i cui segni geometrici e le lunghe linee dritte tracciate sul suolo sarebbero, secondo alcuni, altrettanti segnali per atterraggi di aeronavi, avvenuti in un’epoca remota.
Questo piccolo modellino di un rullo compressore, lungo una ventina di centimetri, è dunque un rompicapo avvolto nel mistero”, scrisse.
Non è l’unico caso. In molte farmacie spicca tutt’oggi uno strano simbolo, un bastone con due serpenti avviticchiati, simili quasi ad una spirale del DNA.
È il magico bastone del dio romano Mercurio, il caduceo. Mercurio, conosciuto dai greci con il nome di Hermes, secondo la tradizione era il mediatore tra gli uomini e gli dèi, e questo suo ruolo di “viaggiatore alieno” è interessante, se si considera che il segno di riconoscimento di questo intermediario celeste per qualche studioso rappresenterebbe ben altro, associato peraltro al viaggio.
Non un semplice un bastone che secondo il mito gli fu donato dal dio Apollo e servì al messaggero celeste, un giorno che viaggiava in Arcadia, per separare due serpenti in lite, che rimasero incastrati nel legno. Questa è la favoletta per spiegare perché il caduceo sia il simbolo della concordia.
Ma oggi non si può che ridere di ciò. Non per nulla l’ingegnere Mario Pincherle, studioso di enigmi archeologici, in passato sostenne che fosse in realtà una bussola pelasgica (i pelasgi erano gli antenati dei greci e vivevano nell’Egeo).
O meglio ancora, atlantidea.
La sua funzione venne in seguito dimenticata dagli abitatori dell'antica isola atlantica.
Pincherle citava alcune raffigurazioni provenienti dall'antico recinto cartaginese di Tanit ove si vede il caduceo come una sfera con due serpenti, montata su un bastone a sua volta posizionato sulla tolda di una nave.
“Si trattava di una bussola perfezionata”, commentava lo studioso; “correggeva automaticamente la deriva dovuta ai venti grazie a due nastri che, mossi dalla brezza, sembravano due serpentelli.
La sfera era in realtà un giunto girevole sensibilissimo, che permetteva la rotazione della bussola causata dal flusso magnetico.
La bussola dei pelasgi, nel correre dei millenni, si è trasformata nell'appariscente ed inutile caduceo di Mercurio.
Il suo ricordo venne deformato. Greci e romani non ne intuirono la reale utilità”
Tratto da Alfredo Lissoni ARCHEOLOGIA MALEDETTA Storia delle conoscenze proibite "Fuori Posto" StreetLib
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I Pelasgi.
Ne ho parlato tante volte, in particolare in un mio scritto
( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/06/moneta-dio-beskabirios.html?m=0)
"E qui arriva la parte interessante
"Nel Faust di Goethe, è proprio sull'enorme guscio di una testuggine marina, che sono raffigurati i piccoli Cabiri, divinità greche protettrice dei marinai( chi più degli Antichi Shardana potevano essere considerati abili marinai?)
Il culto Misterico dei Kabiri è attestato per lo più sull'isola di Lemno, e i suoi abitanti venivano identificati come Pelasgi, identificati con i Dioscuri, e gli Dei onorati in questo culto, discendevano direttamente da Efesto, il Dio principale dell'isola, zoppo anch'esso, Dio del fuoco, dei vulcani, delle fucine, degli artigiani.
Efesto allevato dalle Nereidi, in particolare da Teti, ed Eurinome (nel mio ultimo post ho parlato proprio di Teti e della grande importanza che ha nel ritrovamento dei bronzetti sardi), buttato giù dall'Olimpo dalla madre Era, per poi finire nell'Oceano.
Zoppo e sciamano anche lui, che si reggeva con bastone.
I treppiedi umani. Gli Sciamani.
I figli del Cigno.
La costellazione del cigno era importantissima per gli Antichi Sardi
Stella Polare con la sua stella Deneb, 12.000 anni fa, ma anche Cigno come "signum-cunnum-cunno", come una delle tre croci astrologiche di rinascita, sulla via Lattea, come ho scritto altre volte, importantissima per gli antichi Sardi (https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/l-ingresso-triangolare-dei-nuraghi.html?m=0).
O forse si trattava della nostra isola, visto che Sant' Efisio, nome così simile a Efesto, Sant'Efisio, che è copatrono di Cagliari, insieme a San Saturnino.
Stranamente, Cagliari, Cabras e Cabiri, hanno la stessa radice "Ca-".
Nell'Isola di Lemno, vi erano culti rivolti alle corporazioni di fabbri.
E anche Tartesso, sede della Sacra metallurgia, che aveva come simbolo un'omega, con i suoi fabbri, era qui
E i Cabiri indossavano il tipico copricapo( il pilos) dei Dioscuri, i figli di Zeus e Leda, per la quale Zeus si trasformò in Cigno per conquistarla. Copricapo che somiglia molto alla nostra "berritta Sarda"
"Berritta" sarda, che secondo me, rappresenta il Femminino, per tutta una serie di motivi che ho spiegato in questo mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/05/baal-e-tanit.html)
[...] Chi è iniziato ai Misteri dei Kabiri, che i Samotraci celebrano per averli appresi dai Pelasgi, sa quel che intendo dire, Infatti, quei Pelasgi che erano venuti a convivere con gli Ateniesi, andarono poi ad abitare a Samotracia; e da costoro i Samotraci appresero e conservano l’uso di quei Misteri"
(Erodoto, op. cit. II, 51)
Secondo Platone, il nome Pelagus significa grande mare, e pertanto i Pelasgi, gli antichi Etruschi, sono gli uomini provenienti dal grande mare o oceano, il cui viaggio è simboleggiato dal volo delle cicogne o gru, entrambi uccelli acquatici.
Ma è anche vero, che gli uccelli acquatici trampolieri, come i Fenicotteri, sono presentissimi qui in Sardegna, e che, anzi, la radice Feni-, è riconducibile alla simbologia stessa del Fuoco( come la Runa celtica Fehu)
I Pelasgi erano considerati discendenti di Iasione, e venivano anche chiamati Pelargi o cicogne. Pausania afferma che Pelasgo il primo uomo vivente, progenitore dei Pelasgi, emerse dal suolo dell’Arcadia[1], subito seguito da altri uomini ai quali Pelasgo come un Kabiro insegnò a costruire capanne e nutrirsi di ghiande e cucire tuniche di pelle. Il popolo Pelasgo era considerato un eterno vagabondo, un popolo errante che proveniva dalla favolosa Arcadia.
Secondo gli storici, i Pelasgi erano un popolo che abitava la Grecia prima degli Elleni. Erodoto sosteneva che gli abitanti di Atene erano di stirpe pelasgica, lentamente e faticosamente ellenizzatosi
Secondo Euripide e il geografo Strabone le mura poligonali ciclopiche sarebbero state costruite dai ciclopi, poi attribuite ai mitici popoli Pelasgi che avrebbero costruito le mura simili delle città micenee di Tirinto, Micene e Argo. La leggenda racconta che i Pelasgi siano stati istruiti nell’arte della costruzione dai Ciclopi, o dai Giganti, cioè uomini della Quarta Generazione, che La Genesi ebraica abitavano la terra prima del Diluvio di Noè. Si ritiene che i Pelasgi siano stati i primi Costruttori. Molti resti ciclopici delle opere dei Pelasgi si trovano sia in Grecia che in Italia; essi assomigliano molto alle rovine della civiltà Inca. Ai Pelasgi pare siano da attribuire anche i tumuli ed i dolmen. Platone farebbe derivare il loro nome da “pelagus”, il grande mare, ovvero l’oceano. È da lì dovevano esser venuti..
Orfeo viveva «tra i selvaggi Cauconi» presso la casa di Enopione. Secondo Pausania, Orfeo era venerato dai Pelasgi e la terminazione in -eus di un nome greco è sempre indice di antichità. «Orfeo», come pure «Èrebo», il nome del mondo infero su cui regnava la Dea Bianca, è fatto derivare dai grammatici dalla radice ereph, che significa «coprire» o «nascondere». Era la dea-Luna, e non il dio-Sole, che in origine ispirava Orfeo.
Abbiamo una magnifica vasca ritualistica, nella Domu de Jana di Orfeo, a forma di Tanit ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/la-vasca-tanit-di-porto-torres.html?m=0), nel Parco Archeologico di Porto Torres, che si trova nella parte nord-ovest della città, ospita la località antica di Turris Libissonis
In una società matriarcale come la nostra sarda, la Dea Bianca è sempre stata di enorme importanza, e forse, tra le Dee Madri che meglio rappresentano la Dea Bianca, spicca la dea Madre di Turriga, in marmo bianco, che ha una morfologia cruciforme, proprio come la costellazione del Cigno, La seconda, la Dea Madre di Turriga, ritrovata a Senorbi, in modo casuale da un contadino, e risalente al 4.000-3.400 a.C., di cui ho parlato svariate volte, ma in particolare, insieme alle altre nostre Dee Madri Sarde, in relazione alla precessione degli equinozi( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/le-tre-dee-madri-cosmiche-sarde-della.html?m=0)
I Pelasgi, gli Eroi della tradizione greca sono gli appartenenti alla Quarta Generazione, quella dei Giganti, Ulisse e Enea ne facevano parte. La regione cui spetta il titolo di “popolazione gigante” è la Sardegna, che custodisce ossa di uomini enormi e tombe che non hanno nulla di “normale” come quelle di Iloi, Sedilo.
Precessione degli equinozi, la ruota del tempo, lo scorrere del tempo( il Femminino è legato a Saturno)
E anche Eracle, era un Kabiro, gloria di Era, allude allo scorrere del tempo, l’Era degli Dei Ercole, il Sole è anche la Luce Magnetica, il serbatoio delle Forze elettromagnetiche.
Secondo i Celti, Eracle era un Dattilo Ideo, cioè un Kabiro, che essi chiamavano Ogmio e rappresentava la prima lettera dell’alfabeto arboreo degli Iperborei, cioè la betulla.
Ogmio ha la stessa radice di Ogham, l'antico alfabeto dei Sardi
E il Giovane Eracle era lo stesso Sansone, perché In Palestina il personaggio che gli corrisponde, a detta della Bibbia, è Sansone, il significato del cui nome è “piccolo sole”.
( ne ho parlato in un mio scritto https://maldalchimia.blogspot.com/2022/05/simbologia-api-in-sardegna.html?m=0)
"Sansone è un Giudice, come i nostri Giganti di Mont'e Prama.
Ne ho fatto cenno nel mio post sull'analogia del pozzo di Santa Cristina con le Iadi(https://maldalchimia.blogspot.com/2022/05/le-iadi-e-santa-cristina.html?m=0).
Iadi, che, astrologicamente, corrispondono all’arma con cui Sansone uccise i Filistei: una mascella d’asino.
Versetto di Giudici, 15: 19, («Dio aprì una cavità che era nella mascella, e ne uscì dell’acqua»
Le pluvie, acquose Iadi, identificate astrologicamente sia con la mascella della costellazione del Toro, che con le due corna.
Sansone, che nella sua impresa da giovane Eracle, facendo a pezzi un leone, si trasforma in un baleno fa nascere il mito della generazione delle api da una carogna.
Quell'Eracle(che poi diverrà l'Ercole mitologico romano), figlio di Zeus, e di un' umana, Alcmena, il cui figlio, Sardus, Sardo( uno dei figli che Erache ebbe dalle Tespiadi) parti dalla Libia, spinto dal verdetto oracolare, ricevuto dal padre Eracle, dopo le sue dodici fatiche, nell'oracolo di Delfi, con dei coloni, e arrivò in Sardegna, guidato anche dal nipote di Eracle, Iolao.
La Sardegna degli "Eraclidi", dove si onorava l'Eracle/Ercole, resa fertile e agricola dai greci, narra la mitologia, facendo arrivare addirittura un "Architetto divino", Dedalo, che con queste opere maestose, le torri nuragiche, creò una "Daidáleia", creatura ispirata all'architettura micenea, alle tholoi.
Dedalo che, sempre secondo la mitologia, porto' Aristeo, figlio di Apollo e di Cirene, nell'Isola rendendola fertile e riappacificando le popolazioni in guerra fra loro. Fondò Karalis e ne divenne re, insegnando agli abitanti l'arte della caccia e dell'agricoltura.
La Statuina di Eracle, che è custodita nel Museo Archeologico di Cagliari e risalirebbe presumibilmente al V-VII secolo a.C., raffigurante un giovane nudo con cinque api disposte sul corpo, e che è stata ritrovata a Olien, in provincia di Nuoro.
Cinque Api. Il numero cinque è legato al Sacro Femminino.
Ma i nostri veri Architetti divini, piuttosto che Dedalo, e le distorsioni mitologiche che riconducono tutto alla dimensione "greco-romana", sappiamo essere i Giganti di Mont'e Prama.
I Celti onoravano Eracle kabirico come patrono delle lettere e delle arti, in quanto su una betulla fu inciso il primo messaggio o scrittura.
Come vedete, ci sono tantissimi rimandi alla nostra Antica Civiltà.
Massimo Pittau, il nostro grande ricercatore e autore, sostiene questo, riguardo la definizione di Pelasgi
"Nel mondo antico correva una etimologia di questo vocabolo: Pelasgós = pelargós «cicogna» (uccello migratore); ma in realtà questa non era altro che una paretimologia o “etimologia popolare” (cioè errata), conseguente al fatto che i Pelasgi si spostavano spesso dal Mar Tirreno a quelli Ionio, Adriatico ed Egeo. E come dimostra soprattutto il fatto che i Pelasgi o Pelasgói sono citati dagli autori antichi, greci e latini, quasi sempre e soltanto in questo esatto modo.
A mio avviso, invece, Pelasgus/Pelasgós significava anch’esso «costruttore e abitante delle torri, torrigiano, turritano», derivando dalla glossa latino-etrusca fala «torre di legno, torre d'assedio» (DELL). E c’è da precisare che dell’appellativo fala i Glossari latini riportano pure la variante phala e inoltre che le alternanze delle vocali A/E e delle consonanti F/PH/P sono ampiamente accertate nella lingua etrusca (DICLE 13; LIOE, LLE Norme).
A mio giudizio dunque ha un elevato grado di probabilità e di verosimiglianza il fatto che anche l’etnico lat. Pelasgus e greco Pelasgós corrispondesse esattamente all’altro etnico Tyrsenós, Tyrrhenós = «costruttore e abitante delle torri», ma avendo come base la glossa latino-etrusca fala, phala «torre» invece dell’altra greco-etrusca tyrsis, tyrrhis «torre». Anzi, prendendo in esame la forma dell’etnico Tuscus «Etrusco, Toscano» (che deriva da Tur-sc-us), si vede chiaramente che Tuscus e Pelasgus sono due perfetti sinonimi, dato che hanno la stessa identica struttura: Turr-scus, Pela-sgus.
E come i veri e propri ed originari Tyrsenói, Tyrrhenói erano i Sardi Nuragici, costruttori delle «torri nuragiche», così pure i Pelasgi in origine indicavano anch’essi i «Sardi Nuragici( Massimo Pittau)
Tiziana Fenu
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