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venerdì, ottobre 14, 2022

💛I Fanes

 Riporto un brano che ho trovato molto interessante, correlato al mito dei Fanes, della lavorazione dei metalli, dei fabbri. 

Penso alla Sardegna, terra delle epifanie, delle manifestazioni ierofaniche, nei pozzi sacri, nelle Domus de Janas, nei nuraghi, nelle Tombe dei Giganti. 

Terra dei campanacci. Delle più fini lavorazioni orafe. 

Terra della metallurgia Sacra. 

Terra di Tartesso. 

I custodi del Fuoco Sacro. 

I "figli del Serpente". Il Serpente era il simbolo della tribù dei Dan ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/il-simbolo-della-tribu-di-dan.html?m=0) 

Riguardo Fanes, rimando ad un mio post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-be-fana-jana-fanes-sa-filonzana-e-la.html?m=0)

Sant'Efisio, patrono di Cagliari, il Santo più importante della Sardegna. 

Ha la stessa radice di Efesto. 

Efesto, il Dio del fuoco, della fucina, della metallurgia. 

I Fanes potevano essere Sardi. 

Vi sieste mai chiesti perché la Filonzana è sempre insieme ai Boes, che dono carichi di campanacci come i Mamuthones? Ne ho parlato nel mio post a riguardo.

Riporto il brano che ho letto. 


" O Le leggende delle Dolomiti: i Fanes Nelle Dolomiti settentrionali troviamo delle leggende poi sfociate in racconti popolari su un popolo delle montagne, i Fanes, nome tuttora inspiegabile ma dalla radice simile al romano Fauno. Costoro vivono nello straordinario regno incantato sulle montagne che si chiama Fanis (in ladino14 Rëgn de Fanes). Gli abitanti di questa roccaforte erano considerati amabili e pacifici tanto da essere chiamati anche “marmotte”, ci spiega il giornalista e antropologo austriaco Karl Felix Wolff, «per la loro abitudine di rifugiarsi nel cavo dei monti ogni volta che erano minacciati da assalti nemici" 

Il folklore ci riporta uno schema che ritorna costantemente non solo nell’area indoeuropea ma in tutto il mondo (si pensi per esempio al mito di Agarthi o a quello di Akakor): la presenza di un regno sotterraneo abitato da un popolo che attende il tempo promesso o la fine dei tempi per tornare alla superficie. 

La leggenda dei Fanes parla di una popolazione che – in tempi così remoti che gli stessi ladini non sanno che definirla “più antica” di tutte le altre loro leggende – viveva sugli altipiani carsici d’alta quota fra Cortina d’Ampezzo a est e la val Badia ad ovest. In effetti, la leggenda dei Fanes è diversa da tutte le altre leggende ladine: è più lunga, è strutturata come un ciclo epico e i suoi contenuti sono del tutto peculiari. Il mito di fondazione ha forti somiglianze strutturali con quello di Romolo e Remo; i due miti devono dunque condividere un antenato comune. Sotto il Lago di Braies, racconta Wolff, ci sarebbe una regione sotterranea «dove dormono gli ultimi dei Fanes i quali, quando giungerà il tempo promesso, si desteranno e usciranno alla luce del sole e faranno risorgere lo splendido regno dei loro antenati». L’antico santuario sull’Armentaria è stato eretto su un antico luogo pagano dove venivano officiati i sacrifici e che pare aver avuto contatti con gli Illiri e gli Etruschi. Diversi studiosi ladini, ma anche italiani, austriaci e tedeschi, hanno provato a ricostruire l’origine del materiale leggendario poi messo per iscritto da Wolff che fino a quel momento era solo orale e frammentato. Non viene esclusa la possibilità che il nucleo risalga all’epoca preromana. In particolare, alcuni temi potrebbero far supporre una datazione intorno alla fine dell’età del ferro. Sempre in questa regione, nei dintorni del lago Carezza, piccolo lago alpino situato nell’alta Val d’Ega, troviamo altre creature mitologiche, i Selvaggi che traevano forza invincibile dall’acqua magica del lago. I racconti delle loro gesta si intrecciano con grotte, caverne, foreste e miniere, elemento che, come vedremo, ritorna con costanza, legando le creature che vivono nelle viscere della terra alla figura oscura e ambigua del fabbro. 

I segreti della metallurgia, considerata «un’arte sacra, poi sfociati nell’alchimia spirituale (da non confondere con la protochimica o la spagiria), hanno rivestito un ruolo fondamentale in tutte le culture tradizionali; come ricorda Mircea Eliade, esse erano «connesse alle pratiche sacerdotali», facendo della metallurgia un’arte iniziatica ambigua, pericolosa e controversa, adorata e temuta così come i suoi esponenti. 

La gente che lavora i metalli, infatti, «entra in contatto con forza oscure e pericolose. 

Che il metallo abbia un’origine meteorica o terrestre, la sua magia è sempre temibile. Nel primo caso esso è investito di tutte le virtù del Cielo da cui si è staccato; nel secondo, il minerale viene strappato innanzi tempo alla matrice della terra madre, e questa operazione quasi ostetrica è estremamente rischiosa a causa delle forze magiche che libera». 

Ciò denota da sempre e in tutte le culture la funzione ambivalente del ferro: «Il ferro è investito di tale forza magica che chi lo forgia e ne conosce i “segreti” diventa naturalmente un essere pericoloso – screditato, temuto o rispettato, secondo le circostanze. Cosicché i fabbri in quanto tali costituiscono dovunque una casta a sé, considerata un gruppo misterioso che occorre isolare dal resto della comunità». 

Per questo a seconda delle culture, i fabbri sono apprezzati o temuti e confusi con gli stregoni, addirittura esclusi dalla società. Questo stigma avrebbe colpito, come vedremo, anche i cosiddetti discendenti di Caino, il cui ruolo di fabbri viene indicato in Genesi. Nella zona dei Pirenei, come vedremo tra poco, troviamo molte leggende riguardanti i presunti Cainiti. Tra i posteri del primogenito biblico, infatti, troviamo Tubal Cain, fratello di Naamah, descritto dall’Antico Testamento come «il fabbro, padre di quanti lavorano il rame e il ferro», ossia «l’uomo che non potendosi più volgere alla terra, al suolo, per ricevere i frutti, si volge al sottosuolo, alle viscere della terra, per cavarne i metalli», cioè al mondo propriamente infero. 

Egli sarebbe stato inoltre il detentore di una sapienza ereditata da tavole redatte dallo stesso Adamo: il fabbro/alchimista è così custode di un sapere segreto antidiluviano. Sono queste le fonti da cui le correnti gnostiche avrebbero desunto gli elementi fondanti per accreditare il rovesciamento della storia sacra, così come tramandata dalla Bibbia, facendo di Caino il figlio di Eva e del Serpente. 

Se il significato del termine “Caino” – tema su cui torneremo nel nono capitolo – rimanda alla “creazione” o “acquisizione” (egli è difatti il fondatore della prima città), la radice -qyn allude infatti all’attività di fabbro, «e tale è il significato che assume, nel contesto della parola cainiti, la “razza” di “lavoratori metallurgici” condannata ad abitare il deserto, teatro delle peregrinazioni di Israele. 

Tuttavia, per quanto riguarda la lingua ebraica la radice -qyn compare esclusivamente nei nomi propri di persona o di popolazioni, in arabo e aramaico la stessa è associata a una più ampia gamma lessicale, ma comunque sempre con il significato di “fabbro”. 

Il significato esoterico di possessio orbi, in tale contesto, trova appunto fondamento nella capacità reale di “creare” e “acquisire”, nel mentre la disponibilità di conoscenze capaci di trasformare concretamente la vita dell’Uomo allude inequivocabilmente a un sapere segreto. Si tratta ovviamente del primo deposito sapienziale, molti elementi del quale sono stati trasmessi a Tradizioni successive, mentre altri […] hanno finito con l’essere rimossi, letteralmente “sepolti”, pur permanendo, in forma più o meno monca o distorta, nell’ambito di una dottrina deviata di carattere essenzialmente ermetico cui va attribuito in qualche modo l’esaltazione del lato “malefico” associato a Tubal Cain e, più in generale, a tutto ciò che riguarda la simbologia dei metalli». 

Come ricorda ancora Guénon, «i metalli e la metallurgia sono in diretta relazione con il “fuoco sotterraneo”, la cui idea si associa sotto più di un aspetto a quella del “mondo infernale”».

Da ciò deriva una sorta di esclusione parziale o messa al bando dalla comunità (se non addirittura di veri e propri tabù) che colpisce nelle comunità tradizionali gli operai che lavorano i metalli, in particolare i fabbri, «il cui mestiere è d’altronde associato alla pratica di una magia inferiore e pericolosa, nella maggior parte dei casi degenerata nel suo ultimo stadio in pura e semplice stregoneria».

(Tratto da Enrica Perucchietti Paolo Battistel IL DIO CORNUTO Dai culti di fertilità pagani alla neostregoneria. La religione ancestrale che sopravvisse al Cristianesimo e all’Inquisizione").


Tiziana Fenu

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