Oggi vorrei parlare della simbologia delle launeddas, di cui avevo già parlato, in correlazione al nome, e alla Dea Laurentia, padedra del dio Priapo, di cui ho parlato in occasione di San Lorenzo e della notte delle stelle cadenti( potete approfondire nel mio scritto nella sua versione integrale, nella mia pagina, o nel mio blog https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/dea-acca-laurentiaaccabadorasan-lorenzo.html?m=0)
Avevo sottolineato come il nome Lorenzo, rimandi alla Dea Laurentia, la Grande Madre, ma la cui origine, secondo me, è da ricercare proprio nel nome delle launeddas, e non viceversa.
Partiamo dal fatto che un suonatore itifallico di Launeddas di Ittiri, lo abbiamo molto prima delle divinità greco romane, quindi prima del Priapo, del Pan, della Laurentia, visto che il nostro bronzetto risale al VI-VII sec aC, se non prima.
Un bronzetto che ha un'energia androgina, visto che presenta anche dei seni ben evidenziati.
Quindi ha un certo equilibrio mercuriale ben evidenziato.
Laurentia/Lorenzo.
La notte delle stelle cadenti, come lacrime.
Essendo dea della fertilità etrusca, l'Acca Laurentia, è legata alla dimensione dell'acqua, metaforicamente, alle lacrime di San Lorenzo, le stelle cadenti, senza la quale la vita non può germogliare.
Quindi le celebrazioni di fertilità, legate ad Acca Laurentia e Priapo, identificate anche con le celebrazioni bucoliche in onore di Pan/Dionisio / Luperco/Fauno, spesso rappresentati in atteggiamento itifallico come lo stesso Priapo e il nostro bronzetto itifallico, erano officiate sopratutto il giorno della manifestazione dello sciame meteoritico della notte di San Lorenzo.
Erano le Falloforie, simbolo della pioggia dorata delle stelle che cade sulla terra, ad inseminarla di fertilità.
Durante queste Falloforie, era consuetudine, divinizzare, benedire la terra, con l'urina, poiché era considerata l'oro liquido del nostro corpo.
Ho già avuto modo di parlare dell'importanza simbolica di questo aspetto, presente anche nei Giganti di Mont'e Prama, di cui uno, mostra il meato uretrale ben in evidenza, per la cui interpretazione simbolica, vi rimando alla lettura dei miei due scritti, nel mio blog
( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-regalita-dell-ur.html?m=0
https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-discrezione-della-regalita-sinergica.html)
"In alchimia, questo Oro liquido potabile, è chiamato "Acqua di Fuoco", il Mercurio alchemico, citata in tutti i testi Sacri, comprese le Sacre Scritture"
Il Mercurio, in alchimia, è sempre legato al Femminino.
Ma, come possiamo notare, come ho già scritto, Laurenzia/Laurentia, ha la stessa radice "Lau-", di Launeddas, e, Acca Laurentia, rimanda, con quella H, all'equilibrio delle due polarità, così ben rappresentato dal Sacro Femminino, fin dai tempi di Inanna, rappresentata a braccia aperte, mentre domina due serpenti, o leoni, le forze della natura più potenti.
E la H, graficamente, nell'Antica scrittura Sarda, era rappresentata proprio dalla Tanit.
Un equilibrio mercuriale ( il Mercurio ha una polarità femminile che interagisce con lo zolfo, di polarità maschile) tipico delle creature divinizzate, come questo bronzetto itifallico, precursore di San Lorenzo, del Priapo, figlio di Dionisio e di Afrodite, della stessa Laurentia, la grande Madre della fertilità e dell'abbondanza, c'era lui, il nostro bronzetto di Ittiri, simbolico in ogni tratto.
Oltre la radice" Lau-", in comune con le nostre Launeddas, rappresentate come elemento caratterizzante di quel bronzetto sardo itifallico precursore del Priapo, del Dionisio, e di quello stesso San Lorenzo, vi è un questa Dea, Matrice Androgina, un elemento che mi fa pensare che abbia una Matrice sarda.
Il suo nome per intero è Acca Laurentia, come ho già scritto, adorata soprattutto in ambito etrusco( ma molti studi, attualmente, identificano gli Etruschi, con gli antichi Sardi abitanti dell'Etruria, considerazione che condivido totalmente, visto le numerose similitudini che io stessa ho evidenziato, tra le due civiltà, nei miei scritti).
Una Dea prostituta, protettrice di Roma, che inizialmente era considerata una dea pennuta, in quanto correlata alla morte e al mondo dell'oltretomba.
Una Dea che agiva nell'ambito della prostituzione Sacra, e che probabilmente fu la Matrice del mito di Romolo e Remo, i due gemelli allattati da una lupa.
Sappiamo come il concetto di gemellare (https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/il-concetto-di-gemellare.html?m=0) e di speculare, fosse molto sentito nella nostra Antica Civiltà Sarda, così come il concetto di speculare, che ho già approfondito.
In questo senso, le Sacerdotesse di questa ierodulia in onore della Dea Laurentia, erano chiamate Lupanare, poiché durante le sacre cerimonie, indossavano le pelli di lupo.
L'appellativo "Acca", Acca Laurentia, riprende la parola sanscrita "Akka", che significa Madre, appellativo applicato anche a Demetra.
Ma c'è da sottolineare che Acca Laurentia, in questa sua peculiarità, ed emanazione, sia legata al mondo dei morti e dell'oltretomba.
D'altronde, anche Demetra, simbolo di Madre e della ciclicità delle stagioni, esemplificativa della metafora delle stagioni, in collegamento alla figlia Kore, è legata allo stesso concetto di vita e di morte, alle tenebre come momento catarchico di passaggio per una nuova vita.
E in questa dimensione, la Dea Acca Laurentia, era identificata come la Dea Muta, silenziosa, dei Sacri Misteri, celebrata come Accalia, il 23 dicembre, durante il Solstizio d'inverno.
Ho già scritto più volte, come i solstizi siano legati al Sacro Femminino.
Ciò che mi stupisce di questo aspetto di questa Dea Laurentia, è che, non solo, la radice del nome, rimanda alle nostre launeddas, simbolo sciamanico di potenza rigeneratrice, ma anche il nome Acca, in questa precisa manifestazione di Dea delloltreromba, rimanda alla nostra figura portante delle nostre antiche tradizioni, legata alla dimensione misterica della vita e della morte, è quindi alla dimensione della sacralità dell'oltretomba.
Sto parlando della figura dell'Accabadora, sulla quale ho già approfondito, per la quale vi rimando ad un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/simbologia-de-s-accabadora-in-sardegna.html?m=0).
" Il suono delle launeddas, è un suono ritualistico, sciamanico, ipnotizzante, che veniva sicuramente usato per le cerimonie ritualistiche, per le pratiche sciamaniche.
Un suono come uno sciame d'api( "sciame/sciamanico"), che agisce a livello vibrazionale, alterando gli stati di coscienza( casualmente, "sciame" è definito anche delle stelle cadenti per San Lorenzo.
Sciame/sciamano.
Che sia proprio questo, il nesso?
Una celebrazione sciamanica, celebrata con le launeddas, per lo sciame delle stelle cadenti di San Lorenzo, il cui nome, nella padedra Femminile, Laurentia, deriva proprio da uno strumento sciamanico vibratorio per eccellenza, come la nostra trunfa, di cui ho già approfondito parlando di archeoacustica ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/archeoacustica-degli-ipogei-in-sardegna.html?m=0), e che rappresenta la vibrazione vibratoria espressa dalle due polarità in sinergia, esemplificato poi, in maniera più macroscopica, attraverso lo Shiva lingam?
[...] la nostra Accabadora, come dice il verbo sardo "accabare" ("finire"), pone fine, con rispetto, ed equilibrando il passaggio, con tutta una ritualistica particolare, alla vita in questa dimensione, per consentire la rinascita, equilibrata, come la H, la Acca-, mercuriale del suo nome, nell'altra dimensione.
Sono molto propensa a credere che questa Dea, Acca Laurentia, definita "etrusca", abbia origini qua in Sardegna, visto il suo collegamento con il primordiale San Lorenzo/Priapo/Dionisio, di cui il nostro suonatore di Launeddas, è primordiale rappresentante.
C'è anche l'aspetto della Dea silenziosa, della Dea muta, presente in questa Dea Acca Laurentia.
Avevo scritto, tempo fa, di un nostro bronzetto sardo, in cui si rappresenta una Madre che tiene in braccio, non più un bambino, ma un uomo, già che fa il gesto del silenzio( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/seu-sou-seu-sousono-solosono-luovo-l.html?m=0).
Un essere, che non è sicuramente un bambino, ma che ho sempre considerato come un anziano, perlomeno un adulto, che sta per passare in un'altra dimensione.
Scrivevo:
"E questo Horus, è rappresentato in un'immagine iconografica che nell’arte egizia (anche geroglifica) è chiamato il "signum arpocraticum", che indica l’età infantile, ma già nella consapevolezza dell' età adulta, di chi porta l’indice destro alla bocca.
Così fa Arpocrate, figlio di Iside e Osiride.
In questo bronzetto itifallico, del suonatore di launeddas, estremamente simbolico, non solo ci sono simbologie importanti tutte collegate tra loro, come l'essere itifallico, l'androginia della rappresentazione, itifallico legato al Dio Min, probabilmente anticipato di secoli, rispetto a quello egizio, ma vi è l'importante simbologia delle tre canne delle launeddas, estremamente simbolica.
Min-
Minzione
Ur.
Urina
Ur-
N-ur-aghe
Fuoco divino
Horus
Laurentia
Lorenzo
Stelle cadenti
Falloforie celebrate con l'oro liquido.
Sciame di stelle cadenti
Sciame del suono delle launeddas
Lau-neddas
Le launeddas.
Riflettono esattamente questa energia creatrice espressa dal bronzetto itifallico.
Molto sommariamente e superficialmente, sono state definite, da più parti, secondo una definizione altamente standardizzata e convenzionale, come la simbologia del maschile e del Femminile uniti, con un elemento neutrale, senza fori.
Ma c'è molto di più.
Tecnicamente lo strumento è formato da tre canne, di diverse misure e spessore, con in cima la cabitzina dove è ricavata l'ancia.
Il basso (basciu o tumbu) è la canna più lunga e fornisce una sola nota: quella della tonica su cui è intonato l'intero strumento (nota di "pedale" o "bordone"), ed è privo di fori.
Questo, data la sua lunghezza che può arrivare ad oltre un metro, viene spesso diviso in due o tre pezzi facilmente assemblabili tra di loro.
La seconda canna (mancosa manna) ha la funzione di produrre le note dell'accompagnamento e viene legata con spago impeciato( impregnato di pece) al basso (formando la croba).
La terza canna (mancosedda) è libera, ovvero non è legata alle altre due, ed ha la funzione di produrre le note della melodia.
Sulla mancosa e sulla mancosedda vengono intagliati a distanze prestabilite quattro fori rettangolari per la diteggiatura delle note musicali. Un quinto foro (arreffinu) è praticato nella parte terminale delle canne (opposta all'ancia).
Le ance, realizzate sempre in canna, sono semplici, battenti ed escisse in unico taglio sino al nodo.
L'accordatura viene effettuata appesantendo o alleggerendo le ance con l'ausilio di cera d'api.
All’estremità di ognuna delle tre canne di questo strumento musicale a fiato si può invece trovare la cabitzina. Essa può variare in dimensioni e diametro in base alla tipologia ed alla tonalità. All’interno della cabitzina si trova invece l’elemento chiave dello strumento. C’è chi la chiama: l’anima della Launeddas … Parliamo dell’ancia. In sardo linguatzu, esso è composto da una sola lamella e, a differenza dei clarinetti per esempio, essa viene creata direttamente sulla canna.
Le due canne melodiche, la mancosa e la mancosedda, hanno 5 fori, di cui quattro sono digitabili, mentre il quinto foro (arrefinu) emette la nota più bassa e suona quando gli altri 4 sono chiusi.
Per la costruzione delle Launeddas non si usa la canna palustre phragmites australis, bensì la canna di fiume arundo donax, o canna comune, e la arundo pliniana turra, detta canna mascu o cann'e Seddori, un tipo particolare di canna che cresce principalmente nel territorio compreso fra Samatzai, Sanluri e Barumini.
La launeddas, a differenza di altri strumenti a fiato come la tromba o il flauto, producono un suono continuo e senza alcuna interruzione. Questo è possibile grazie alla tecnica della respirazione circolare o conosciuta anche come a fiato continuo. Questa tecnica consente di suonare lo strumento senza dover interrompere il flusso d’aria per poter prendere fiato. È una tecnica chiamata "respirazione circolare"
Questo fattore è molto importante, perché essendo uno strumento sciamanico, usato ancora oggi, non solo nelle celebrazioni di sagre o ricorrenze, ma soprattutto in pratiche terapeutiche come quella de "S' argia Medina", di cui ho approfondito in un post.
Osserviamo
Tre canne
Nessun foro nel Tumbu, la canna più lunga
5 nella Mancosa, che viene legata a Su Tumbu.
5 fori nella Mancosedda, la canna libera.
5 fori.
Direte. Cinque sono le dita, è chiaro che ci siano 5 fori.
Ma data l'altissima frequenza emessa dal suono delle launeddas, è un qualcosa che va oltre
5+ 5= 10 ( anche San Lorenzo di celebra il 10..casualità?)
Dieci fori.
Il principio creatore per eccellenza, si rivela attraverso la Frequenza, il Verbo, il suono.
Archetipo Yod, Sacro Archetipo Ebraico 10
Prima lettera del tetragramma divino YHWH, o YHW, srmpre molto presente, in Sardegna, in ogni contesto e modo, anche nelle 10 scanalature della protezione nel braccio del Gigante di Mont'e Prama
Archetipo Yod, con funzione "concentrazione".
Il suono che emettono le launeddas è pregno, concentrato, penetrante, ipnotico.
Il numero 5 ripetuto due volte.
Sacro Archetipo Ebraico He', con funzione vita. Rappresenta il Sacro Femminino, la H mercuriale trasformativa, alchemica.
Guardacaso, nel tetragramma divino, anche questo Archetipo He, il quinto, è ripetuto due volte.
Questa tecnica viene utilizzata solo da pochi strumenti etnici nel mondo ed è spesso additata come più difficile della stessa diteggiatura. Riuscire nella respirazione circolare è il primo requisito per poter imparare a suonare le launeddas.
Perché richiama lo stesso afflato divino della creazione.
Il verbo
Il suono
La frequenza.
Tre canne. Il principio stesso della creazione
Le prime due, una maschile (senza foro), in rappresentanza dell'uno, come unità del Tutto, decimale, la Yod,
La seconda, femminile, quinto archetipo Ebraico, He, con funzione vita. Valore numerico ghematrico, 5
Ripetuto anche nella terza canna, valore 5
Quindi abbiamo un
10 +5 + 5
Valore ghematrico 20
Il 20 è il valore ghematrico della lettera, dell'Archetipo Kaf, undicesimo Archetipo, con funzione "penetrazione"
Rappresenta l'energia divina che "penetra" attraverso l'ultimo dei 7 chakra, il chakra della Corona, Sahasrara, chiamato anche Regina.
Questo, combacia perfettamente con la vibrazione penetrante, ipnotica, sciamanica, delle launeddas, che mettono in contatto con la dimensione spirituale, con il Divino.
E, nello stesso tempo, rappresentano, in un linguaggio crittografato, come è nello stile della comunicazione della nostra Antica Civiltà, lo stesso Divino, nella sua versione di tetragramma YHWH
Perché abbiamo la Y
Abbiamo le due H
e abbiamo anche l'anello di congiunzione
1 + 5
Perché anche la canna più lunga, su tumbu, a cui viene legata Sa mancosa manna, produce una nota, quella tonica, su sui è incentrata l'intera impostazione melodica delle tre canne.
Teniamo presente che su tumbu è lungo 60 cm, e, insieme alla Mancosa Manna, creano proprio un " 1+ 5", un 6.
Il 6, corrisponde al valore ghematrico della Vav, sesto Sacro Archetipo Ebraico, con funzione congiunzione.
La WAW, o Vav, che indica unione degli Opposti, e che, nel tetragramma divino YHWH, unisce proprio la Y( su Tumbu) e la H( Sa Mancosa Nanna), le due polarità maschile e femminile.
Inoltre, sappiamo bene l'importanza del 6, del simbolo dell'esagono, drl fiore della vita a sei petali, della stella a sei punte, legato anche al cubito reale, tutti elementi di importanza primaria nella nostra Antica Civiltà, di cui ho parlato innumerevoli volte
Il numero 60, in ghematria, corrisponde all'Archetipo Samech, il quindicesimo, con funzione "pressione"
È la pressione esercitata da questo Archetipo ( gli Archetipi sono pura energia), affinché il Divino si manifesti.
Ed essendo il quindicesimo Archetipo, sappiamo, come ho scritto molte volte, che è un numero sacro legato alla fertilità, giorno centrale, il più fertile, del ciclo lunare e mestruale.
Ma conosciamo già questo 60, perché ho sottolineato come anche i 24 gradini della discesa del pozzo Sacro di Santa Cristina, i suoi 12 speculari, i 24 anelli della tholos, diano come somma, proprio un 60, perché anche nel pozzo di Santa Cristina, simbolo della manifestazione del Divino, è l'emblema stesso della fecondazione, della fertilità.
Vedete quindi, come, tutto ha sempre una sua specifica simbologia molto profonda, in cui gli elementi sono legati tra loro.
In cui c'è una continua dialettica, una continua narrazione concettuale e simbolica che fa da filo conduttore, da koine', attraverso le più svariate manifestazioni di questa nostra civiltà ricchissima di contenuti, di simbologie, di narrazione, in continua dialettica con l'interlocutore, che diventa parte attiva di questa vasta letteratura densa di storia, al di là delle facili definizioni stereotipate, di uno strumento, come in questo caso, che rappresenta l'unione del maschile e del femminile.
È molto, molto più di questo.
Rappresenta il principio creatore, come un tetragramma musicale, reso attaverso la creazione di questo strumento sciamanico.
Non mi interessa indagare le comparazioni con altri strumenti simili.
Il prima e il dopo, di questo strumento.
Per me, secondo i miei parametri, è abbastanza chiara, la sua decodifica.
Uno strumento divino, di connessione con il Divino, così come è semidivino il bronzetto itifallico che lo fa esprimere.
Il bronzetto di Ittiri.
Ittiri
Ittico
ichthys
Relativo al "pesce alchemico"
Alla Vesica Piscis, in cui convergono le due polarità, necessarie alla creazione.
E, ogni volta, indagando, scoprendo che i pezzi del puzzle combaciano perfettamente, è un'emozione che a parole non si può descrivere.
Un Dono, anche oggi.
Tiziana Fenu
©®Diritti intellettuali riservati
Maldalchimia.blogspot.com
Nessun commento:
Posta un commento