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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

domenica, ottobre 27, 2024

💙 Samhain/Diwali 2024

 Quest'anno, il passaggio della celebrazione della festa pagana Samhain, si manifesta  tra Giovedì 31 Ottobre, luna calante in Scorpione e venerdì 1 novembre, Luna Nuova, sempre in Scorpione, sotto il segno dello Scorpione. 

Dopo il plenilunio del 17 ottobre, in Ariete, segno antipode della Bilancia, ecco che ci immergiamo nelle acque ancestrali, amniotiche e mnemoniche dello Scorpione, e scendiamo in profondità, a smantellamento delle nostre recondite sfumature.

Una spoliazione esterna, autunnale, a cui corrisponde una spoliazine interiore.

Gli Archetipi e gli Arcani Maggiori che traguardano questo passaggio, sono, rispettivamente, per il 31, il tredicesimo Sacro Archetipo Ebraico Mem, perfettamente sincrono alla dimensione dello Scorpione, le acque cosmiche primordiali, e l'Arcano Maggiore XIII della Morte, e, per il primo Novembre, l'undicesimo Archetipo Kaf, con funzione "penetrazione", l'Archetipo Corona, e l'Arcano Maggiore XI della Forza.

Due Archetipi e Arcani, che abbiamo trovato molto spesso, in questi ultimi mesi.

Lo scendere in profondità, rinascere a noi stessi.

Morire continuamente alla vecchia versione di noi stessi.

La luna calante, il novilunio e la posizione del sole in questo segno così introspettivo come quello dello Scorpione, enfatizzano questo passaggio così importante, Samhain, considerato il Capodanno celtico.

Rappresenta il tempo del raccoglimento, della discesa nel nostro intimo grembo, come Semi.

Come potenzialità.

Come Intento.

Come Silenzio.

Come Vibrazione.

Una celebrazione che vede Ecate come guardiana della soglia, tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, assimilabile a quella Dea Egizia Heket dalla testa di rana, che ho avuto già occasione di nominare nei miei post, in quanto legata alla simbologia delle acque, del girino e del Seme, qui in Sardegna, che è, essa stessa, il simbolo del Seme, dello stato embrionale, pronto a germogliare.

Questo passaggio di Samhain proprio con la luna in Scorpione, anche dal punto di vista solare, indica benissimo il tipo di passaggio amniotico al quale ci stiamo preparando.

È un passaggio in solitaria, guidati solo dalla nostra Luce interiore.

Abbiamo imparato.

A viaggiare leggeri.

A viaggiare da soli. 

A viaggiare con la nostra sola Forza, come indica l'Arcano guida del primo novembre, l'Arcano Maggiore della Forza

Con l'Archetipo 11, la Kaf, con funzione "penetrazione", arriviamo a penetrare la nostra Essenza. La nostra intima Verità, senza più speculazioni mentali, senza mistificazioni di circostanza. 

La Kaf rappresenta infatti la Corona della Realizzazione, la connessione con gli stadi più elevati di Coscienza

La consapevolezza.

La realizzazione.

La Presenza. 

A noi stessi, finalmente, non agli altri, all'esterno, alle circostanze. 

Ma sempre guidati dalla volontà divina di saper stare sul crinale delle soglie, perché sappiamo penetrare, sappiamo scendere in profondità, negli abissi delle dimensioni, delle circostanze di noi stessi, grazie alla nostra Luce interiore, nel nostro grembo, che attinge Forza proprio da questa sua capacità "penetrativa". 

Non puoi dominare il Leone, come nell'Arcano Maggiore della Forza, se non conosci l'abisso del Leone, le sue fragilità. 

Non puoi arrivare in cima, se non conosci, se non penetri i tuoi abissi. 

Perché ogni debolezza, è per controparte naturale, per Frequenza, anche Forza. 

Si diventa il Dio di sé stessi. 

La Corona, simbolo di questo Archetipo Kaf, simboleggia anche l'ereditarieta. 

Quindi, la connessione con ciò che è già stato karmicamente, energeticamente, a livello genealogico. 

Il velo che si assottiglia, nella dimensione degli antenati, dei morti, dovrebbe consentirci di aprire una dialettica di pacificazione anche embrionale, amniotica, con i nostri cari. 

Il Seme che ora scende in raccoglimento, in solitudine, oltre la coltre fredda della Terra, in questo passaggio tutto nella dimensione dell'acqua, dello Scorpione, come si sta manifestando anche con le intense piogge, che siano innescate o meno, artificialmente, è il messaggio che veicolano, ad essere importante, in questo passaggio contrassegnato proprio dall'elemento Acqua dello Scorpione. 

Un'acqua profonda, trasmutativa, di vita e di morte al contempo, similabile, per simbologia, all'acqua dei diluvi che hanno contrassegnato dei passaggi importantissimi nella storia dell'umanità, testimoniati trasversalmente in ogni civiltà,

nella sublimazione del nostro "Sacri-ficio", del nostro renderci Sacri", pronti al passaggio di germinazione, e in piena Presenza di sé stessi. 

Pronti per essere Seme, integro, energia potenziale che irradia calore, vita, conoscenza dalla propria Luce interiore. 

Che non teme le circostanze, il terreno avverso, perché è già Grembo e Seme di per sé. 

Lo Scorpione, è legato al Femminino. 

Al Femminino Monadico, il grande Grembo, che spesso non riconosciamo, perché porta in sé anche quell'ombra che preferiamo tacitare o ignorare, ma che inevitabilmente, ci scaraventa nel nostro stesso grembo, con fermezza e dolcezza. 

Per farci vedere. 

Per riconoscerci dove non immaginiamo. 

Ci viene chiesto di scendere in profondità, nel limbo della nostra stessa decomposizione, come le foglie autunnali che marciscono dopo la loro caduta. 

In un'acqua che, in un segno d'acqua come lo Scorpione, non è limpida, ma torbida, poiché implica una trasformazione profonda, paludosa, invisibile in superficie, dove tutto si compie al buio, soli con noi stessi. 

La divinità rappresentata dallo scorpione, presso gli Antichi Egizi, era Selkhet, divinità funeraria, Custode della vita e della morte, come ho scritto altre volte. 

E gli Scorpioni, 7 Scorpioni, erano i custodi di Iside, il Sole Nero, il Sole dietro il Sole, Saturno, proprio perché era preziosa. 

L'Iside Velata, quella che si rivela attraverso il percorso iniziatico dell'apertura dei 7 chakra, che possono essere abissi e vette, lo sappiamo bene. 

A favorire questa discesa nel nostro personale Ade di trasformazione,  è l'energia dell'undicesimo  Sacro Archetipo Ebraico Kaf, con funzione "penetrante", che indica un momento di transizione molto intenso, in apertura, estremamente potente, perché il numero 11, ha la forza equilibrata del maschile e del femminile, il primo Numero Maestro, il più importante, catalizzatore di potenti energie, che possono portare sulle vette, o scaraventarci negli Abissi, proprio come è nelle stesse caratteristiche dello Scorpione. 

Il valore ghematrico dell'Archetipo Mem è 40, come i 40 giorni del diluvio, delle tentazioni nel deserto, dei 40 anni attraverso il deserto per liberarsi dalla schiavitù, e molto altro. 

Esotericamente, è un momento estremamente catarchico. 

È come l'Arcano Maggiore della Forza.  

Puoi dominare il Leone, perché sei diventato lo stesso Leone, come il Leone Verde che in alchimia mangia lo stesso Sole di cui si è nutrito. 

Perché il Leone è verde? 

C'è un'espressione che lega il verde all'organo del fegato. 

L'Archetipo Kaf, insieme alle lettere Beth e Dalet, forma la parola "fegato", il cui valore numerico, 26, è lo stesso valore numero del tetragramma divino YHWH. 

Il fegato è l'organo dove arriva più sangue, dove si può appesantire energeticamente tutto il corpo, con energie basse che stagnano ( essere verdi dalla rabbia, o dall'invidia, è un tipico modo di dire) o si può trasmutare energeticamente e alleggerire, facendo salire queste emozioni al verde del chakra del Cuore. 

Trasmutare il Seme in Germoglio. 

Cogliere l'umidità e il buio del terreno, come nutrimento, non come possibile fonte di stagnazione, di muffa, di relegazione. 

Stiamo finendo di attraversare il mese di Ottobre, contrassegnato, come ho già approndito, dall'energia del Mastro del Cuore, detto anche il Sutra del Cuore. 

La Corona della Kaf, in questo passaggio, diventa coppa, mani aperte pronte a ricevere, in fiducia. 

Sacro Graal di noi stessi. 

L'oltrepassare il limite, la discesa nel buio, è la nostra possibilità di risalita. 

Trovare la vita anche nella dimensione della morte. 

È l'accensione del nostro falò, del nostro Fuoco Sacro. 

Sempre vivo, sempre ardente. 

Viaggiatori tra le dimensioni. 

Tra la vita e la morte. 

Tra la luce e il buio. 

Tra l'essere e l'apparire. 

In una parabola circolare che bypassa la linearità della dimensione terrena. 

Eremiti. 

Ma mai soli. 

Portatori del Fuoco Sacro che mai estingue. 

Questo passaggio così importante, quest'anno, coincide anche con un'altra celebrazione importantissima, il Diwali indiano, la festa della Luce, celebrata proprio, a cavallo tra  il 31 Ottobre e il primo Novembre. 

È una festa dedicata alla luce, intesa sia in senso fisico che spirituale.

La festa di Diwali cade nel quindicesimo giorno del mese Indù di Kartika', correlata quest'anno, all'Archetipo Mem, che ci rimanda ad una dimensione ancestrale, uterina, femminile, amniotica e mnemonica. 

La dimensione ideale per ritrovare il nostro equilibrio interiore,

Nel buio che custodisce, che funge da Athanor alchemico, per la trasformazione, il passaggio.  

Un buio uterino, gravido e fertile, che implica con sé, il concetto di Morte sublimato dell'Arcano della Morte, implementa in sé, sempre, anche il concetto di vita. 

Sono due concetti, vita e morte, che fanno parte della stessa dinamica della vita, del divenire, della continua evoluzione. 

Come lo stesso concetto di buio e di Luce. 

La Festa della Luce, del Diwali, energeticamente implementa in sé il suo corrispettivo, la Festa del Buio, esemplificato da un Archetipo Madre Mem, che è grembo amniotico e mnemonico, che porta in sé anche le memorie delle vite passate, dei nostri antenati, e un Arcano della Morte. 

Perché solo attraverso la morte, la lacerazione della sacca amniotica,  dell'involucro, dello strappo, della ferita dell'Anima, può entrare Luce. 

Si può nascere e rinascere.

Si può venire alla Luce, come si suol dire.

Sta venendo tutto alla Luce, tutto.

La verità emerge. In ogni campo. 

Quale migliore passaggio energetico, prima della trasmutazione energetica di questo passaggio, di cui stiamo sentendo gli effetti potenti e profondi, già da un po di giorni e che stanno toccando corde intime e ancestrali, anche riguardo  il nostro percorso genealogico terreno? 

Siamo qui per esperire, per imparare. 

Ma soprattutto per ricordare. 

E ricordando, ritorniamo a noi, alla nostra casa, al nostro Focolare, al nostro Fuoco e Luce interiore. 

Al nostro centro interiore, la nostra vera Essenza. 

Infatti la tradizione fa coincidere la festa del Diwali, con il ritorno di Rama nel regno di Ayodhya dopo 14 anni di esilio, un ritorno a casa che simboleggia il ritorno della ‘Luce’ nella sua casa di origine (il corpo), da dove mancava da molto tempo, dopo avere sconfitto tutte le sue cattive tendenze. 

Diwali è anche correlata alla venerazione della dea Lakshmi come consorte di Vishnu e come simbolo di ricchezza e prosperità.

Nel mio primo Diwali, senza averne conoscenza, nel 2014, saltai due notti di seguito, 62 ore senza dormire, e anche quest'anno, dormo a malapena da almeno tre giorni,  e l'insonnia si sta intensificando, e solo oggi scopro che Samhain e Diwali, quest'anno cadranno nella stessa data.

È un passaggio del dormire poco, senza affanno, con la  leggerezza di chi è altrove con l'Anima, a percepire richiami ancestrali. 

Passai, dieci anni fa, 62 ore di ricerca e di ricezione, senza sapere esattamente cosa cercavo. 

Cosa avevo dimenticato con la mente, ma non con il cuore e con l'Anima

Ringrazio, oggi,  per le Memorie e le Frequenze, che si amalgamano ogni giorno ai miei battiti, e che benedicono di Luce i miei passi. 

Ma a proposito di Halloween, come viene chiamato questo passaggio, di  simbologia della zucca, e quindi di testa, ricordate come lo scorso plenilunio in Ariete  sia stato governato dall'Arcangelo Samael, l'Arcangelo di Fuoco, che governa sia l'Ariete che lo Scorpione( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/10/plenilunio-in-ariete-17102024.html?m=0)? 

Fuoco e Acqua. 

La zucca di Halloween simboleggia la testa, l'Ariete, e in ebraico, zucca, si dice "Ka", la stessa radice di kaballah. 

Ka, l'Anima, nella dimensione egizia 

La conoscenza del Cuore, nella dimensione della testa. 

Perché Anima, è testa e Cuore. 

Il Cuore che comprende ( che prende con sé, che accoglie, come nell'Arcano della Forza) la Conoscenza, la testa, la ghiandola pineale, il Terzo Occhio, la Conoscenza intuitiva. 

È un'energia che non deve scendere verso il basso, come fa Giona( il cui nome significa colomba) nel ventre della balena( la nostra dimensione fisica, la Nun, la dimensione della trasmutazione) che si rifiuta di adempiere alla sua missione a Ninive, finché non trascorre i tre giorni di Misteri Iniziatici nei suoi stessi abissi, nelle sue stesse acque ( la dimensione dello Scorpione) 

Ricordate come L'Eclissi del 4 aprile, toccò proprio delle città di nome Ninive

( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/03/eclissi-842024-il-segno-di-giona.html?m=0) 

Ecco, stiamo vivendo lo stesso processo intensamente trasmutativo, finché non ci renderemo conto che personalmente, ognuno di noi è chiamato ad una missione di profonda trasmutazione dell'umanità a cui dobbiamo aderire e partecipare con estrema presenza e consapevolezza, altrimenti le cose non cambieranno mai.

Si deve lavorare con il Fuoco, che porta illuminazione, nella stessa acqua. 

Infatti, simbolo di Halloween, è una zucca con una candela al centro che la illumina. 

Portare l'illuminazione, dal grembo, al cuore, alla testa. 

Giona testimone del Logos divino. 

Ka. 

Zucca. 

Testa. 

Kaballah. 

Conoscenza. 

Ma anche Ka come Karma. 

Conoscenza, evoluzione, o Karma, reiterazione ciclica che ci annienta e non ci fa evolvere. 

Come Giona, colomba, portatore di quel Sacro Femminino che è Conoscenza, Shekinah, trasmutazione, sceglie di operare una trasmutazione in una città condannata alla perdizione, perché il Fuoco della Conoscenza è arrivato fino alla testa, alla Zucca. 

La Conoscenza del Cuore non basta.

Deve diventare Presenza. 

Consapevolezza. 

Coscienza. 

Coscienza di un Logos Universale, che ci accomuni tutti alla stessa Frequenza Divina. 

Non è più tempo per le "non scelte". 

Siamo chiamati a partecipare e a comprendere. 

A prendere con noi ciò che da sempre il Divino ci ha destinati, e a compierci in Esso. 

Come esseri senzienti e consapevoli, fautori di cambiamenti ed evoluzione. 

Con infinita gratitudine sempre 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

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Samhain /Diwali 2024
















mercoledì, ottobre 23, 2024

💛"Il grano e la Dea". Pane sardo /infornatrice

 In Sardegna esisteva la figura dell’ ‘infornatrice’, addetta alla delicata fase della cottura del pane in forno. 

‘Fuori c’era la neve e peggio di noi stava la donnina che aveva scelto il mestiere di infornatrice di pane; essa no, non si lasciava sedurre dal sonno e tutti i giorni, e spesso, tutte le notti se la passava davanti al forno a combattere con quelle larghe rotonde focacce che tendono a gonfiarsi, a scoppiare, a bruciarsi in un attimo e pare lo facciano a dispetto contro la paletta che le volta e rivolta e batte su di loro come la mano materna sul sedere grassoccio dei bambini cattivi’ (dalla novella intitolata ‘Il pane’). 

In questo racconto della Deledda, dietro l’immagine dell’infornatrice che combatte con le focacce di pasta, si avverte tutta la difficoltà di un mestiere ‘minore’, ritagliato nella quotidianità di una realtà ‘marginale’, affidata alle braccia di povere donne che lavoravano, spesso, soltanto per un tozzo di pane o una minestra calda. 

Il pane tipico dei pastori barbaricini, quello che li accompagnava nei lunghi periodi di transumanza, lontano da casa, è il cosiddetto ‘pane carasau’ o ‘carta da musica’, che, talvolta, fungeva anche da piatto. 

Originario delle Baronìe, un’ area compresa tra la provincia di Nuoro e i territori più interni del Logudoro, nel nord-ovest dell’isola, è considerato tra i pani più antichi del mondo. La caratteristica sfoglia tonda, non lievitata, sottilissima e croccante ci riporta alle prime tipologie di pane prodotte nel bacino mediterraneo. Alcuni ritrovamenti archeologici fanno ritenere, con molta probabilità, che il ‘pane carasau’ si producesse già nell’età del bronzo, agli albori della civiltà nuragica. Bagnato nel siero del latte, condito con formaggio e pomodoro, prenderà il nome di ‘pane frattau’. 

Un altro piatto tipico dei pastori transumanti è il cosiddetto ‘pane incasau’, ammorbidito in acqua o siero e condito con uova e formaggio. Come in altre zone del Mediterraneo, anche in Sardegna il pane sembra assecondare un ordine sociale ben preciso.

 ‘C’era anche il pane nei canestri, il pane grigio d’orzo per l’ovile, il pane scuro per la serva, il pane bianco per lei’ in questo brano tratto dal romanzo deleddiano ‘Marianna Sirca’, i vari strati sociali sembrano contrassegnati da una speciale cromìa alimentare che va dal nero al bianco. 

Ritorna, dunque, il confronto tra ‘su tzichi’ e ‘su crivazu’, tra ‘pane bianco’ e ‘pane nero’ proprio delle società subalterne, in cui il contrasto ‘ricco-povero’ si evidenzia soprattutto a tavola, nella alimentazione. Del resto, ‘la storia del pane traduce in termini alimentari una lunghissima battaglia di classe - scrive Piero Camporesi - indicando senza possibilità d’equivoci i due opposti versanti: pane bianco di frumento per le ‘bocche da pane’ cioè per i ricchi e per i cittadini, pane scuro, nero, meno nero, nerissimo per le ‘bocche da biada’, i contadini e il proletariato urbano’. 

Quello d’orzo (‘orghiathu’, ‘pistoccu de orgiu’ o ‘orju’) era il pane tipico dei pastori transumanti, e ciò perché, si conservava molto a lungo, anche per diversi mesi. In particolare, l’orzo, in Barbagia e nelle altre zone interne della Sardegna, era considerato un ‘alimento-rifugio’, in quanto cresceva anche nei terreni meno fertili, giungendo a maturazione un paio di mesi prima del grano. 

Inoltre, il suo consumo aumenterà durante la seconda guerra mondiale, quando la tessera annonaria attribuiva alle famiglie solo limitate quantità di grano. 

Di solito, il pane d’ orzo viene preparato da metà maggio a metà luglio, quando le scorte di grano duro sono esaurite e ancora non si è raccolto quello nuovo. Nelle famiglie più povere ‘su orghiathu’ era consumato durante tutto l’ arco dell’ anno. Con il cruschello dell’orzo si faceva il pane per i cani di campagna, il cosiddetto ‘sa tippe’. 

Nelle cattive annate, in Ogliastra, si panificava perfino con l’ argilla e con la farina di ghiande selvatiche, come ci fa sapere Grazia Deledda: ‘(Moisé) ci diceva che in certi paesi della Sardegna si fa anche il pane di farina di ghiande, al quale si mescola una certa argilla che lo fa diventare più saporito’ (dalla novella ‘Il vecchio Moisé’). 

E’ questo il cosiddetto ‘pan’ispeli’, pane poverissimo che oggi, invece, unto di lardo, viene considerato una vera leccornia. Il pane, molto spesso, viene ad assumere una dimensione etica, metafora di un vissuto quotidiano sofferto, segnato da rinunce e privazioni. 

Un inverno senza pane era visto come una vera e propria sciagura, quanto di peggio potesse capitare. 

‘L’inverno fu lungo e rigido - narra la Deledda nella novella ‘La porta aperta’ - la povera gente soffriva la fame e prete Barca e una dama che viveva nel vicinato mandava pane e legumi a tutti i poveri’. 

Il pane per i poveri era una consuetudine diffusa, non a caso, nelle aree più depresse, segno della umana solidarietà contadina. 

‘Ogni primo sabato del mese Apollonia faceva anche ‘il pane di S.Antonio’, cioè una certa quantità di focacce che il prete benediceva e distribuiva ai fedeli più poveri all’uscita della chiesa’, in questo brano tratto dalla novella ‘Nel deserto’, la Deledda fa riferimento all’usanza, da parte delle donne benestanti, di preparare il pane per i poveri della comunità.


Tratto da Maria Ivana Tanga "Il Grano e la Dea" Prima Edizione Collana “Saggistica Aletti”

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Il grano e la Dea



















martedì, ottobre 22, 2024

💛Luigi Muscas

 Il popolo che arrivò dalle stelle oltre che avere più poteri di esseri umani come noi, avevano tante conoscenze tra qui sapersi curare con le stelle la luna e il sole. 

Quando costruirono la prima città in paese, in una zona denominata ancora oggi, Is cappellasa, in quel luogo ci sono 13 pozze dove i popoli delle stelle eseguivano alcuni riti sacri pagani, quattro volte all’anno dedicati alle stelle e alla luna. 

Il primo rito si faceva ad aprile: Quando le stagioni scandivano il tempo normalmente senza l’irregolarità del tempo che conosciamo oggi nelle pozze, l’acqua abbondava durante i tre giorni di luna piena. 

Il secondo rito si faceva a luglio:sempre con la luna piena e le pozze piene. 

Gli ultimi riti si facevano le 2 lune di agosto. 

Questi riti sacri pagani venivano eseguiti dalla gente del posto fino al 1956. Furono vietati proprio quell’anno. Quando arrivò la rai regionale, gli scienziati e la chiesa misero subito un veto a questi riti, perché sarebbe stato facile con la televisione divulgare ciò che veniva in quel luogo. 

Ecco cosa succedeva: I giorni in cui si svolgevano i riti, dallo stato venivano mandate delle autorità a cavallo per intimidire le persone che partecipavano a questi riti. La gente scappava intimorita, ma questi riti non furono abbandonate del tutto. 

Dieci famiglie rimasero fedeli alla pratica dei rituali collegati alle stelle e la luna, Tra cui mio nonno. 

Questi riti continuarono a essere praticati di nascosto fino al 1976, si portava l’acqua per riempire le pozze, ricordo 7 carri in fila con un tino di 500 litri, che dovevano essere scaricate velocemente. 

L’acqua doveva essere ad un certo livello nelle pozze per poter compiere la funzione rituale che ora vi spiego. 

Le pozze erano e sono tutt’ora 13, in 12 si specchiano le stelle mentre in quella grande si specchia la luna, queste pozze avevano un’altra funzione: presenziare a quell’evento aveva uno scopo curativo, la gente non andava per avere una buona annata o buon e sano bestiame, o una bella donna o un bell’uomo, ma bensì per guarigioni. 

Si accendeva un piccolo fuoco in mezzo alle pozze, e si doveva scegliere una di queste, la più adatta a te, fare un giro orario e un giro antiorario attorno alla pozza scelta e pregare in sardo o in latino, toccare l’acqua, spargerla dove avevi il male, se bene non ti faceva, male non te ne faceva

L’acqua piovana che finisce dentro le pozze, subisce come una purificazione profonda fino all’ultima goccia, batteriologicamente pura. 

Il popolo delle stelle (Atlantide) aveva una sua religione, che non si discosta di molto dalla religione attuale, adoravano il sole nella zona presso il nuraghe di Sirissi ovvero dove era presente il tempio del sole. 

Presso la Città Perduta vicino alla terra dell’ospedale adoravano una donna col bambino dove io stesso sono sono andato tante volte con mio nonno a cavallo per pregare sia in sardo che in latino. 

Questa statua di un metro e 20 raffigurava una donna con un bambino nel piede sinistro, nel 1974 avevo 12 anni, vennero tre scienziati da Cagliari e la portarono via. Poi adoravano le stelle e la luna: tutto questi lo facevano per Dio, in sardo Po Deusu, Poi diventato Zeus per la storia ufficiale, perché la madre di tutte le civiltà appartenesse alla Grecia. 

Il tempio dedicato alla luna era difronte alla Città Perduta, si chiamava Ginius poi diventato Giunone. 

Il paese di Lunamatrona ha preso il nome del tempio “Luna matrona, uguale a Madre della luna”. 

Esistono ancora 2 piccole statue dei leoni del tempio e un pezzo di colonna di granito rosa nella chiesa di san Giovanni battista di Lunamatrona


Luigi Muscas "Giganti. L'inganno di Atlantide" Edizioni Quarta

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Importantissime, le innumerevoli testimonianze di Luigi Muscas, riguardo la verità, occultata, sulla nostra storia. 

Voglio sotto sottolineare, a riguardo di questo estratto dal suo ultimo libro, che le tredici pozze, citate, si collegano anche alla simbologia dell'altare della tredicesima Luna, ad Oschiri, dall'altissimo valore simbolico, di cui ho già approfondito tempo fa( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/la-tredicesima-luna.html?m=0), correlato anche al pozzo di Santa Cristina, quindi al culto delle acque sopracitato. 

E anche, riguardo Lunamatrona, punto energetico importantissimo, con la sua Tomba dei Giganti di Nixias, di cui ho approfondito in un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/tomba-dei-giganti-di-nixias.html?m=0) 

"Nyx era la personificazione della notte terrestre, in contrapposizione al fratello Erebo, che rappresentava la notte del mondo infer*nale."  


Tiziana Fenu 

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Luigi Muscas




giovedì, ottobre 17, 2024

💙Luna in Ariete/plenilunio 17/10/2024

 La mia luna in Ariete, e l'ottava casa in Ariete, enfatizzano, in questo plenilunio in Ariete, un bilanciamento, che vale per tutti, tra bisogno e desiderio momentaneo, portando alla luce la nostra intima energia arietina di trasformazione, di slancio propulsivo verso ciò che ci Anima, ciò che ci Emoziona, ciò che fa vibrare. 

Trasmutazione. 

Rinnovamento, percepito, energeticamente, anche da un taglio di capelli repentino e improvvisato, per liberarsi da qualsiasi costrizione, come fasce, forcine, e quant'altro, che evidentemente, questo passaggio energetico, non tollera ulteriormente. 

In perfetta corrispondenza energetica, la Runa Fehu, che mi si è manifestata, di questa superluna, che è proprio correlata al segno dell'Ariete. 

Un segno di Fuoco, come il mio, Sagittario, entrambi stemperati dalla dimensione amniotica della Luna. 

La nostra energia primordiale, non contaminata da ricchezze effimere, che si manifesta in dono di comprensione, di perdono. 

Si viaggia leggeri, su spinta di Chirone, con il quale la superluna si trova in congiunzione 

Quadratura anche con Marte e Plutone. 

Si va a fondo, dove ancora fa male. 

Ma le ferite devono emergere, per poter sanare. 

Marte. 

Ariete. 

La runa Fehu. 

Tutti elementi di Fuoco. 

Il fuoco scalda, accoglie, protegge, illumina, crea focolare. 

Ma può anche distruggere, se non viene bilanciato tra l'aizzarlo e l'alimentarlo dolcemente con l'ossigeno. 

Con l'elemento Aria della Bilancia. 

Siamo sotto l'Archetipo Phe, come ho già scritto e approfondito  a riguardo, due giorni fa ( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/10/plenilunio-in-ariete-17102024.html?m=0). 

L'espansione. 

La bocca che decreta, che si fa portavoce di un Logos Divino al quale apparteniamo. 

Una bocca che può alimentare e governare questo fuoco, non per spegnerlo, come quando si soffia su una candela, ma come quando lo si avvia. 

Il Giusto impeto, il giusto intento, produce, alchemicamente un Fuoco vivificante, risolutivo, equilibrante. 

Un calore costante. 

Un'abbondanza di cuore che necessita solo Presenza e Gratitudine. 

Accettazione per ciò che è stato, e attitudine verso altro calore, che può essere manifestato in miliardi di modi diversi, verso noi stessi, Inanzittutto. 

È l'inizio di un nuovo percorso, l'azione nell'equilibrio, per ottenere il massimo risultato, che suggella, ancora una volta, il percorso traguardato dall'universo, in questi ultimi mesi, proprio su quest'asse Ariete/Bilancia, come scrissi già a marzo( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/03/eclissi-842024-il-segno-di-giona.html?m=0), che ha scandito i tunnel energetici dei pleniluni, noviluni ed eclissi. 

La Runa Fehu, come ho scritto, correlata proprio all'Ariete, ci porta abbondanza, ma soprattutto, nutrimento, da tutto ciò che ci è Sacro e Divino.

Con generosità deve essere accolta, e con discernimento, distribuita. 

Affinché sia Fuoco Sacro che mai estingue. 

Con infinita gratitudine sempre. 

Luna timida, prima che il cielo si copra nuovamente di una coltre di nuvole.. 


Tiziana Fenu ©®

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Luna in Ariete/plenilunio in Ariete




martedì, ottobre 15, 2024

💙Plenilunio in Ariete 17/10/2024

 Giovedì 17 ottobre siamo in luna piena in Ariete, con una bellissima energia del diciassettesimo Archetipo Ebraico Phe, con funzione "espansione", e sotto la guida dell'Arcano Maggiore XVII della Stella.

Come vedete, la somma dei numeri, cifra per cifra, della data, corrisponde al numero 17 della stessa data, e capita raramente.

Lo vivo sempre come una frequenza positiva, un allineamento che enfatizza la simbologia già intrinseca nei numeri, già così importanti di per sé stessi.

Siamo sotto il segno della Bilancia, come il novilunio che è stato il 2 ottobre, sempre in Bilancia, elemento aria, che si è manifestato con l'energia dell'undicesimo archetipo Kaf, la Corona, come abbiamo visto, e dell'Arcano XI della Forza.

L'Ariete è collegato all'energia dell'angelo Samael, ed è un segno che governa la testa, ed è simboleggiato, alchemicamente, da un toro alato. 

Samael governa sia l'Ariete che lo Scorpione 

Samael è il Logos del Giudizio di Dio. 

Questo è un passo molto importante, perché questo Archetipo è legato all'antica tribù dei Dan, Dan che significa, in ebraico, giudizio, una delle tribù di Israele, la tredicesima, collegata alla Sephiroth Geburah( quinta Sephira, una potenza femminile passiva, che significa severità e potere; per questo, è chiamata il Pilastro della Severità, ed è correlata proprio all'Ariete) che viene benedetta da Giacobbe, padre di Dan, attraverso la simbologia del Serpente, il Femminino. 

"Dan sarà un serpente lungo il cammino, una vipera, sul sentiero che morde i talloni del cavallo, così che il cavaliere cadrà all'indietro" 

Quindi Dan giudicherà il suo popolo, poiché è un Giudice. 

Gli antichi Dan/Shardana

La forza della creazione, lungo l'Albero della Vita, nella sua forza creatrice, è correlata proprio alla simbologia della tribù dei Dan, come forza creatrice, come Archetipo legato al serpente( Nachash, il serpente bronzo di Mosè), che viene esclusa, nel libro della Genesi e dell'Esodo, dalle 12 tribù di Israele, e Dan viene sostituito da Manases, uno dei figli di Giuseppe, che, alchemicamente, indica la dimensione materica, densa. 

La forza di Samael, nel corpo fisico, è nel sangue( Dom in ebraico) 

Il sangue nelle sue Ottave alte è nel cuore, nelle sue Ottave basse è nel fegato, e l'energia infuocata di Samael, lavora proprio nel sangue, verso l'alto, o verso il basso, poiché Samael ha molte corone, è molto potente, ha un'energia guida, di potere, di comando, e viene rappresentato, a livello alchemico, con una spada affilata, che gli esce dalla bocca, che colpisce le nazioni. 

Nella gola, quinto chakra( anche Samael é il quinto Angelo) abbiamo il potere della parola, del Logos, del Verbo, il potere di acquisire conoscenza, di insegnare e comprendere la parola divina. 

Nella gola, che è sede della ghiandola tiroidea, governata da due forze, Venere e Marte( che governa, appunto, l'Ariete) 

Il fuoco trasmutato, dai chakra più bassi, quelli sessuali, verso quelli della testa, è opera alchemica di Samael. 

Samael, il Re dei Re, con cui si scontra Giacobbe, che viene ferito proprio alla base della coscia. 

In un certo modo, trasmette, in questo modo, attraverso il sangue, la dimensione umana, il crisma della conoscenza a Giacobbe, la razza radice, Ariana, da Aries, Ariete, governata da Samael. 

Samael che viene rappresentato, metaforicamente, come una stella cadere dal cielo. 

L'Archetipo della Phe, che traguarda questo plenilunio, è l'espansione attraverso la bocca, attraverso il proferire, il decretare, e farsi portavoce del Verbo. 

E l'Arcano Maggiore XVII che lo rappresenta, è proprio la Stella. 

La stella, Samael, che scende dal cielo sulla terra, 

Dal Cervello( Aries /Ariete), a Yesod, nel corpo fisico, sulle fondamenta del corpo fisico. 

Nel sangue. 

Nel fegato, nelle Ottave basse, e nel cuore, alle Ottave alte, e trasmuta attraverso i reni. 

Offre all'umano una sorta di iniziazione. 

Per questo, astrologicamente è il primo dei 12 segni zodiacali. 

Questa dimensione di trasmutazione, si lega anche alla simbologia dell'Arcano Maggiore XII, la Stella, correlato al nostro Archetipo Phe di questo plenilunio. 

La stella a 8 punte( 1+7=8 )di questo Arcano, rappresenta Venere, il Sacro Femminino, la stella dell'alba. 

Un percorso lunare, che deve diventare solare, nel senso che deve portare alla luce, manifestare, espandere. 

Si lavora quindi con l'oro e l'argento, le due giare che tiene in mano la giovane donna dell'Arcano, e come indica lo stesso glifo di Venere, la croce sormontata da una circonferenza, perché la sinergia creatrice dei due opposti, deve essere sublimata in completezza, ad un livello superiore, che consenta l'espansione, attraverso il Fuoco Sacro ascendente della kundalini. 

L'oro si forgia attraverso il fuoco. 

Si trasmuta il piombo in oro. 

E questo potere creativo, si manifesta attraverso la parola, che è vibrazione, emissione di intento. 

La Peh, il nostro diciassettesimo Archetipo, che traguarda il passaggio di questo plenilunio, rappresenta proprio questo. 

Il potere della parola, della vibrazione, del decretare la nostra Essenza, ed espanderla, non appena le diamo vita sotto forma di emissione, di parola, di vibrazione. 

Attraverso la Sacra combinazione di voce e parola, che ai primordi, creò proprio il Logos dell'Universo. 

Parola che è Conoscenza. 

Che è Sophia. 

L'Iside rivelata dell'Arcano della Stella. 

La Madre Divina, che appare in tutto il suo splendore, rivelata e svestita davanti alla vista divina dell'Iniziato, che desidera, spera di poter accedere alla dimensione della sua Conoscenza

Hesperus, nome molto simile alla parola speranza. 

Il nome di Venere, la stella della sera per i Greci

Eosphorus, che significa ovest. 

Stella della sera e del mattino( Phosphorus, portatore di luce, come Lucifero). 

Infatti Mercurio( alchemicamente è il Femminino) e Venere, per la vicinanza al Sole, sono visibili solo per alcune ore prima dell'alba in autunno, e qualche ora dopo il tramonto in primavera. 

Nei due equinozi, quindi, in un perfetto equilibrio tra sole e luna 

Due momenti di luce, di Manifestazione. 

Afrodite. 

Afrodite /Venere/Lucifero. 

Lo stesso Cristo, o colei che annuncia l'arrivo del Sole o la sua partenza. 

La stella che "veglia il mondo al lavoro", come ci indica Ovidio nelle sue "Metamorfosi". 

Un lavoro alchemico di trasmutazione. 

Il glifo di Venere, infatti sembra un Ankh egizio stilizzato, la Chiave della Vita

Una croce, una Tau, sormontata da un cerchio. 

Una Ru, una porta, una bocca, un ingresso, un passaggio uterino, come la gola stessa. 

Il luogo di nascita nel cielo, per gli antichi Egizi, da cui emerge il Sole. 

La porta attraverso cui il sole entra ed esce. 

Poiché il cerchio è la Monade, la perfezione, la ciclicità, l'eternità, i cicli di Vita e di morte che si avvicendano attraverso i quattro elementi della terra, rappresentati all'incrocio della croce. 

Croce, che è sinergia attiva delle due polarità, si energizza, si infiamma, e diventa svastica solare 

In principio era la Parola

La parola è Sacra

È preghiera. 

Questo è un plenilunio di Manifestazione, di equilibrio, tra tanto caos. 

Di intenti. 

Di Frequenza 

Tanto può. 

Possiamo. 

Ora più che mai. 

Tra tanti bluff, contraffazioni e mistificazioni, stiamo nella nostra limpidezza e Verità. 

Molto è già stato. 

È ora di manifestare.

E sarà solo chi risplende di luce propria a fare da "portatore di luce". 


Tiziana Fenu 

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 Plenilunio Ariete 17 ottobre




giovedì, ottobre 10, 2024

💛Spirali Newgrange

 Simbologia della spirale, estremamente presente nella nostra civiltà sarda, così come la doppia spirale e la triplice, in alcuni casi, così come le ruote del sole

I costruttori delle tombe a corridoio erano gli stessi sardi, poiché qui in Sardegna, quasi tutte le Tombe sono a corridoio. 

Nella pietra di Newgrange è indicata la posizione del Sole durante il Solstizio invernale, e le doppie  spirali, l'equinozio. 

Tutte le Domus de Janas, in cui sono presenti moltissime spirali, sono orientate ai solstizi, specialmente a quelli invernale. 

Rappresentare le doppie spirali equinoziali, era un modo per accedere, ad una dimensione cosmogonica di rinascita, che contemplasse la dimensione solstiziale, equinoziale e precessionale, immortale, nello spazio e nel tempo. 

Argomenti di cui ho già trattato svariate volte e di cui gli antichi Sardi, conoscevano bene tutte le dinamiche. 

Tiziana Fenu ©®

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"Credo che molta della cosmologia di base fosse stata compresa, come si può vedere dai risultati raggiunti, ma credo anche che stessero conducendo lavori sperimentali, non privi di sforzi. Dopo la mappatura dei cicli lunari e solari, utilizzarono questa conoscenza per scoprire i cicli più complessi del tempo. 

Se stessi facendo quello che fecero e osservassi l'effetto della precessione, prenderei una stella o costellazione come riferimento per vedere quanto tempo impiega a compiere una deriva di un certo valore. Gli architetti megalitici lo fecero con la Luna e il Sole, quindi perché non con le stelle? 

Credo che sia proprio questo quello che fecero sulla pietra d'ingresso. Non sono il primo a proporre una teoria in merito alla raffigurazione della triplice spirale; attualmente ci sono un totale di 26 possibili interpretazioni relative alla pietra d'ingresso di Newgrange e la sua famosa triplice spirale, secondo cui non si tratterebbe di un simbolo astratto collegato a Sirio, come potrebbe inizialmente sembrare. 

La raffigurazione della triplice spirale è in realtà un doppia spirale con una spirale singola ad essa attaccata, formata quindi da tre spirali. 

Nel campo dell'interpretazione delle incisioni, la doppia spirale è considerata il simbolo dell'equinozio . 

Credo che la terza spirale rappresenti Sirio, adiacente al simbolo dell'equinozio, ossia la doppia spirale. La mia interpretazione è che questa triplice spirale mostra la precessione di Sirio attraverso l'effetto della precessione dell'equinozio (e quindi la doppia spirale). 

Per riassumere quindi la spirale singola che rappresenta Sirio precede la doppia spirale che rappresenta l'equinozio. Prendendo tutto ciò per vero, ci si aspetterà di vedere lo stesso all'interno. Ed in effetti così è. 

Non è tanto importante attribuire Sirio a una data specifica, quanto piuttosto concentrarsi sul significato della triplice spirale e sul conteggio degli anni solari. Stiamo calcolando un valore di precessione, che può essere di un certo numero di gradi all'anno in termini moderni. 

I costruttori megalitici invece misurarono la distanza tra la triplice spirale e la linea centrale sulla pietra d'ingresso in moltissimi anni.

Sirio, oltre ad essere una stella venerata da molte culture antiche, costituisce un sistema a tre stelle, di cui la tribù dei Dogon nell'Africa Occidentale era pienamente a conoscenza. 

Anche i Dogon utilizzavano le stesse identiche spirali nella loro simbologia. Utilizzavano anche le “ruote del Sole” esattamente nello stesso modo in cui si presentano a Loughcrew e Dowth. 

La loro intera mitologia e tradizione celeste si basa su Sirio e la costellazione delle Pleiadi. 

Queste coincidenze richiedono serie spiegazioni. I Dogon in realtà attraversarono il Nord Africa dall'Antico

Egitto per raggiungere il loro luogo d'insediamento a Mali. 

Nel fare ciò, si trovarono in prossimità del complesso della tomba a corridoio di Alcalar in Portogallo. 

Non sarebbe stato impossibile per i costruttori megalitici intraprendere il viaggio nordafricano per mare attraverso lo stretto di Gibilterra, essendo abili marinai. Questa è solo un'ipotesi su come sia avvenuto un passaggio di conoscenza in merito a questa simbologia comune. 

I costruttori delle tombe a corridoio si trovavano in prossimità del percorso migratorio dei Dogon, poiché anche loro viaggiarono lungo la costa dell'Europa sud-occidentale. Entrambi possedevano simili conoscenze. 

Che si trattasse di un commercio di informazioni? O piuttosto seguirono gli stessi insegnanti o “fornitori” di conoscenza?

La cosa chiara è che se la triplice spirale sulla pietra d'ingresso rappresenta l'allineamento di Sirio, si troverebbe proprio nel punto preciso in cui collocare un segno. 

La linea retta che segna il Sole al centro della pietra indica il solstizio d'inverno. Ciò avviene anche oggi e chiunque può assistere a tale fenomeno. 

Nel periodo della costruzione, Sirio sorgeva e colpiva un punto a sinistra di questa linea centrale. Successivamente la stella sorgeva anno dopo anno sempre più vicina alla linea al centro della pietra d'ingresso fino a colpirla in pieno. In questo modo colpiva ovviamente anche la camera interna"


Tratto da "Il mistero di Sirio a Newgrange" 

di È. A. James Swagger

︱La pietra d'ingresso a Newgrange raffigurante la famosa triplice spirale a sinistra della linea centrale del solstizio d'inverno

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Spirali Newgrange



💙Si ha maggiormente paura

 Si ha maggiormente paura di essere amati, piuttosto che di amare

Di lasciare che un altro ci ami per ciò che siamo

Amare è facile, è gestibile.

Lasciarsi amare no

È af-fidarsi e fidarsi dell' altro, dargli il nostro sacro cuore tra le mani. 

Farlo accomodare tra le arricciature della nostra anima, con il pericolo che ne scopra tutti gli anfratti nei quali ci nascondiamo, volutamente o meno

Lasciarsi amare significa chiudere gli occhi

Lasciarsi cadere all' indietro 

Ed essere fiduciosi che l' altro c'è, e ci sosterrà

Lasciarsi amare è sapere che dovrai restituire la carezza. 

E non sai se ce la fai

Perché finora hai sempre tenuto i pugni chiusi.

E stavolta si tratta di aprirli e offrire il tuo niente

Che per l' altro significa tutto

È la vertigine dello sbilanciamento che ti spinge verso l"alto. 

Verso l' altro. 

Che ti fa uscire fuori dal guscio. 

Lì dove, elargivi amore con il braccio teso, a debita distanza

L' Amore implica che le distanze si accorcino. 

Niente più braccia tese a dare. Ma aperte a cingere ed ad accogliere un altro petto tra le tue. Che ha il tuo stesso battito.

È avvicinarsi e sentirlo

E riconoscerlo nell' altro. 

Dove è sempre stato. Dove non hai mai avuto il coraggio di cercarlo, per paura di trovarlo


Tiziana Fenu


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Si ha maggiormente paura



mercoledì, ottobre 09, 2024

💙Le profezie

 Le profezie, sono solo costanti, perché le linee spazio-temporali di questa dimensione, sono cicliche.

Ma le variabili, sono infinitamente più importanti delle costanti.

Gli esseri umani, in quanto esseri dotati di libero arbitrio, possono scegliere.

Sono anima e corpo.

Intelligenza e intuito.

Frattali di Intelletto.

L'evoluzione è la non adesione alla reiterazione fine a sé stessa.


Tiziana Fenu ©®

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Daria Petrilli Artist

Le profezie



, 💜Misteri Eleusini

 


La fonte più antica intorno alla fondazione dei Misteri è sicuramente l’Inno a Demetra omerico.

Esso riguarda la fase più arcaica, probabilmente databile a partire dal XV secolo a.C., quando Demetra viene introdotta a Eleusi.

A partire dal VI secolo a.C. si verifica una sorta di rifondazione dei Misteri, che assumono la configurazione con cui ci sono noti: ciò in seguito all’affermazione definitiva degli Eumolpidi come egemoni del sacerdozio eleusino.

L’Inno a Demetra, una sorta di Laudatio Cereris in esametri, destinato alla recitazione da parte dell’aedo con l’accompagnamento della cetra, forse fu composto e recitato in occasione della festa degli Eleusinia, che prevedeva gare di aedi, e che insieme con i Demetria, gli Haloa e i Thesmophoria era dedicata a Demetra e Kore. 

L’Inno, che può essere datato tra il secondo quarto del VII secolo a.C. e la metà del VI secolo a.C.,si apre con il rapimento di Kore-Persefone, la figlia di Demetra, da parte di Hades, il dio degli Inferi: in questo si dichiara il carattere catabatico, di contatto con il mondo dei morti, caratteristico della tradizione sciamanica e in generale iniziatica; ma la katábasis iniziatica prelude sempre a una risalita verso la luce (anábasis): non si dimentichi che Demetra è la Dea Terra Madre, e dunque si presenta sia sotto l’aspetto di chthón, il sottosuolo oscuro, che di ghê, la superficie illuminata dal Sole.

Il rapimento di Kore voluto da Zeus sprofonda Demetra in un “dolore lancinante”,e la Dea Madre “come un uccello si slanciò sopra la terra asciutta e l’umido mare / cercandola”.

Si aggira per la terra nove giorni, impugnando torce ardenti – uno dei simboli della ricerca iniziatica eleusina – in totale digiuno, senza neanche lavarsi: pellegrinaggio e digiuno della dea che saranno ripresi nelle celebrazioni preliminari dei Misteri, e probabilmente anche nell’ambito delle azioni rituali esoteriche proprie della mýesis. 

Da Helios “che veglia sugli dei e sugli uomini” apprende che Kore è stata rapita da Hades, per volere di Zeus. Infuriata, “occultando il suo aspetto” – anche questo gesto allude a una parte del cerimoniale che prevedeva un periodo di ritiro degli iniziandi, i giorni 17 e 18 del mese di Boedromione – si tiene lontana dal consesso degli dei nell’Olimpo e si aggira in incognito tra gli umani. In questo suo peregrinare giunge presso la dimora di Celeo, signore di Eleusi, e siede presso il pozzo Partenio, sul ciglio della strada.

La scorgono le quattro figlie di Celeo, ma non la riconoscono, e Demetra dichiara di chiamarsi Dono (Dós), e di venire da Creta, dopo essere stata rapita dai pirati, e chiede di essere accolta in casa come domestica o nutrice. Metanira e Celeo accettano la sua proposta e la accolgono accolgono nella reggia, ma la dea si copre il capo con un velo – altro gesto rituale che troviamo nell’iniziazione eleusina – e si chiude nel silenzio, rifiutando acqua e cibo. Soltanto Iambe riesce a farla sorridere e a rasserenarla “con le sue facezie e i suoi molti motteggi”.

Quando Metanira le offre una coppa di vino rosso la dea rifiuta, perché il vino è prerogativa non sua, ma di Dioniso, e la invita “a darle da bere acqua e farina di orzo, / mista a menta delicata”: è l’atto di consacrazione mitopoietica del ciceone, la bevanda sacra dei Misteri, dotata o non dotata che fosse di qualità psicotrope e enteogene alla maniera del peyote sudamericano o del soma vedico, derivanti dalla fermentazione della segale cornuta.

Demetra accetta di allevare il figlio di Metanira e Celeo, Demofonte, che cresce “simile a una divinità, / senza cibarsi, senza succhiare il latte” la dea lo unge di ambrosia e alita su di lui il suo respiro divino, e di notte “lo nascondeva nel vigore del fuoco, come un tizzone, / di nascosto dai genitori”, in un battesimo igneo che trasforma e purifica il fanciullo, assimilandolo alla sostanza divina e destinandolo a un’immortalità esente da vecchiaia.


Nota

Boedromione

Terzo mese dell’antico anno ionico-attico (settembre-ottobre); ad Atene vi venivano celebrate le Boedromie, feste in onore di Apollo Boedromio, soccorritore nelle battaglie.


Tratto da

"ELEUSIS E ORFISMO. I Misteri e la tradizione iniziatica greca". A cura di Angelo Tonelli


Il Ratto di Proserpina è un gruppo scultoreo realizzato da Gian Lorenzo Bernini, eseguito tra il 1621 e il 1622 ed esposto nella Galleria Borghese di Roma.

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Misteri eleusini



💛Simbologia delle launeddas

 Oggi vorrei parlare della simbologia delle launeddas, di cui avevo già parlato, in correlazione al nome, e alla Dea Laurentia, padedra del dio Priapo, di cui ho parlato in occasione di San Lorenzo e della notte delle stelle cadenti( potete approfondire nel mio scritto nella sua versione integrale, nella mia pagina, o nel mio blog https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/dea-acca-laurentiaaccabadorasan-lorenzo.html?m=0) 

Avevo sottolineato come il nome Lorenzo, rimandi alla Dea Laurentia, la Grande Madre, ma la cui origine, secondo me, è da ricercare proprio nel nome delle launeddas, e non viceversa. 

Partiamo dal fatto che un suonatore itifallico di Launeddas di Ittiri, lo abbiamo molto prima delle divinità greco romane, quindi prima del Priapo, del Pan, della Laurentia, visto che il nostro bronzetto risale al VI-VII sec aC, se non prima. 

Un bronzetto che ha un'energia androgina, visto che presenta anche dei seni ben evidenziati. 

Quindi ha un certo equilibrio mercuriale ben evidenziato. 

Laurentia/Lorenzo. 

La notte delle stelle cadenti, come lacrime. 

Essendo dea della fertilità etrusca,  l'Acca Laurentia, è legata alla dimensione dell'acqua, metaforicamente, alle lacrime di San Lorenzo, le stelle cadenti, senza la quale la vita non può germogliare. 

Quindi le celebrazioni di fertilità, legate ad Acca Laurentia e Priapo, identificate anche con le celebrazioni  bucoliche in onore di Pan/Dionisio / Luperco/Fauno, spesso rappresentati in atteggiamento itifallico come lo stesso Priapo e il nostro bronzetto itifallico, erano officiate sopratutto il giorno della manifestazione dello sciame meteoritico della notte di San Lorenzo. 

Erano le Falloforie, simbolo della pioggia dorata delle stelle che cade sulla terra, ad inseminarla di fertilità.

Durante queste Falloforie, era consuetudine, divinizzare, benedire la terra, con l'urina, poiché era considerata l'oro liquido del nostro corpo. 

Ho già avuto modo di parlare dell'importanza simbolica di questo aspetto, presente anche nei Giganti di Mont'e Prama, di cui uno, mostra il meato uretrale ben in evidenza, per la cui interpretazione simbolica, vi rimando alla lettura dei miei due scritti, nel mio blog

( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-regalita-dell-ur.html?m=0

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-discrezione-della-regalita-sinergica.html) 

"In alchimia, questo Oro liquido potabile, è chiamato "Acqua di Fuoco", il Mercurio alchemico, citata in tutti i testi Sacri, comprese le Sacre Scritture"

Il Mercurio, in alchimia, è sempre legato al Femminino. 

Ma, come possiamo notare, come ho già scritto, Laurenzia/Laurentia, ha la stessa radice "Lau-", di Launeddas, e, Acca Laurentia, rimanda, con quella H, all'equilibrio delle due polarità, così ben rappresentato dal Sacro Femminino, fin dai tempi di Inanna, rappresentata a braccia aperte, mentre domina due serpenti, o leoni, le forze della natura più potenti.

E la H, graficamente, nell'Antica scrittura Sarda, era rappresentata proprio dalla Tanit.

Un equilibrio mercuriale ( il Mercurio ha una polarità femminile che interagisce con lo zolfo, di polarità maschile) tipico delle creature divinizzate, come questo bronzetto itifallico, precursore di San Lorenzo, del Priapo, figlio di Dionisio e di Afrodite, della stessa Laurentia, la grande Madre della fertilità e dell'abbondanza, c'era lui, il nostro bronzetto di Ittiri, simbolico in ogni tratto. 

Oltre la radice" Lau-", in comune con le nostre Launeddas, rappresentate come elemento caratterizzante di quel bronzetto sardo itifallico precursore del Priapo, del Dionisio, e di quello stesso San Lorenzo, vi è un questa Dea, Matrice Androgina, un elemento che mi fa pensare che abbia una Matrice sarda.

Il suo nome per intero è Acca Laurentia, come ho già scritto, adorata soprattutto in ambito etrusco( ma molti studi, attualmente, identificano gli Etruschi, con gli antichi Sardi abitanti dell'Etruria, considerazione che condivido totalmente, visto le numerose similitudini che io stessa ho evidenziato, tra le due civiltà, nei miei scritti).

Una Dea prostituta, protettrice di Roma, che inizialmente era considerata una dea pennuta, in quanto correlata alla morte e al mondo dell'oltretomba.

Una Dea che agiva nell'ambito della prostituzione Sacra, e che probabilmente fu la Matrice del mito di Romolo e Remo, i due gemelli allattati da una lupa.

Sappiamo come il concetto di gemellare (https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/il-concetto-di-gemellare.html?m=0) e di speculare, fosse molto sentito nella nostra Antica Civiltà Sarda, così come il concetto di speculare, che ho già approfondito. 

In questo senso, le Sacerdotesse di questa ierodulia in onore della Dea Laurentia, erano chiamate Lupanare, poiché durante le sacre cerimonie, indossavano le pelli di lupo.

L'appellativo "Acca", Acca Laurentia, riprende la parola sanscrita "Akka", che significa Madre, appellativo applicato anche a Demetra.

Ma c'è da sottolineare che Acca Laurentia, in questa sua peculiarità, ed emanazione, sia legata al mondo dei morti e dell'oltretomba.

D'altronde, anche Demetra, simbolo di Madre e della ciclicità delle stagioni, esemplificativa della metafora delle stagioni, in collegamento alla figlia Kore, è legata allo stesso concetto di vita e di morte, alle tenebre come momento catarchico di passaggio per una nuova vita.

E in questa dimensione, la Dea Acca Laurentia, era identificata come la Dea Muta, silenziosa, dei Sacri Misteri, celebrata come Accalia, il 23 dicembre, durante il Solstizio d'inverno.

Ho già scritto più volte, come i solstizi siano legati al Sacro Femminino.

Ciò che mi stupisce di questo aspetto di questa Dea Laurentia, è che, non solo, la radice del nome, rimanda alle nostre launeddas, simbolo sciamanico di potenza rigeneratrice, ma anche il nome Acca, in questa precisa manifestazione di Dea delloltreromba, rimanda alla nostra figura portante delle nostre antiche tradizioni, legata alla dimensione misterica della vita e della morte, è quindi alla dimensione della sacralità dell'oltretomba.

Sto parlando della figura dell'Accabadora, sulla quale ho già approfondito, per la quale vi rimando ad un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/simbologia-de-s-accabadora-in-sardegna.html?m=0).


" Il suono delle launeddas, è un suono ritualistico, sciamanico, ipnotizzante, che veniva sicuramente usato per le cerimonie ritualistiche, per le pratiche sciamaniche.

Un suono come uno sciame d'api( "sciame/sciamanico"), che agisce a livello vibrazionale, alterando gli stati di coscienza( casualmente, "sciame" è definito anche delle stelle cadenti per San Lorenzo. 

Sciame/sciamano. 

Che sia proprio questo, il nesso? 

Una celebrazione sciamanica, celebrata con le launeddas, per lo sciame delle stelle cadenti di San Lorenzo, il cui nome, nella padedra Femminile, Laurentia, deriva proprio da uno strumento sciamanico vibratorio per eccellenza, come la nostra trunfa, di cui ho già approfondito parlando di archeoacustica ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/archeoacustica-degli-ipogei-in-sardegna.html?m=0), e che rappresenta la vibrazione vibratoria espressa dalle due polarità in sinergia, esemplificato poi, in maniera più macroscopica, attraverso lo Shiva lingam? 


[...] la nostra Accabadora, come dice il verbo sardo "accabare" ("finire"), pone fine, con rispetto, ed equilibrando il passaggio, con tutta una ritualistica particolare, alla vita in questa dimensione, per consentire la rinascita, equilibrata, come la H, la Acca-, mercuriale del suo nome, nell'altra dimensione.

Sono molto propensa a credere che questa Dea, Acca Laurentia, definita "etrusca", abbia origini qua in Sardegna, visto il suo collegamento con il primordiale San Lorenzo/Priapo/Dionisio, di cui il nostro suonatore di Launeddas, è primordiale rappresentante.

C'è anche l'aspetto della Dea silenziosa, della Dea muta, presente in questa Dea Acca Laurentia. 

Avevo scritto, tempo fa, di un nostro bronzetto sardo, in cui si rappresenta una Madre che tiene in braccio, non più un bambino, ma un uomo, già che fa il gesto del silenzio( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/seu-sou-seu-sousono-solosono-luovo-l.html?m=0). 

Un essere, che non è sicuramente un bambino, ma che ho sempre considerato come un anziano, perlomeno un adulto, che sta per passare in un'altra dimensione. 

Scrivevo:

"E questo Horus, è rappresentato in un'immagine iconografica che nell’arte egizia (anche geroglifica) è chiamato il "signum arpocraticum", che indica l’età infantile, ma già nella consapevolezza dell' età adulta, di chi porta l’indice destro alla bocca. 

Così fa Arpocrate, figlio di Iside e Osiride. 


In questo bronzetto itifallico, del suonatore di launeddas, estremamente simbolico, non solo ci sono simbologie importanti tutte collegate tra loro, come l'essere itifallico, l'androginia della rappresentazione, itifallico legato al Dio Min, probabilmente anticipato di secoli, rispetto a quello egizio, ma vi è l'importante simbologia delle tre canne delle launeddas, estremamente simbolica. 

Min-

Minzione

Ur. 

Urina 

Ur-

N-ur-aghe

Fuoco divino

Horus 

Laurentia 

Lorenzo

Stelle cadenti

Falloforie celebrate con l'oro liquido.

Sciame di stelle cadenti 

Sciame del suono delle launeddas

Lau-neddas


Le launeddas. 

Riflettono esattamente questa energia creatrice espressa dal bronzetto itifallico. 

Molto sommariamente e superficialmente, sono state definite, da più parti, secondo una definizione altamente standardizzata e convenzionale, come la simbologia del maschile e del Femminile uniti, con un elemento neutrale, senza fori. 

Ma c'è molto di più. 

Tecnicamente lo strumento è formato da tre canne, di diverse misure e spessore, con in cima la cabitzina dove è ricavata l'ancia.


Il basso (basciu o tumbu) è la canna più lunga e fornisce una sola nota: quella della tonica su cui è intonato l'intero strumento (nota di "pedale" o "bordone"), ed è privo di fori.

Questo, data la sua lunghezza che può arrivare ad oltre un metro, viene spesso diviso in due o tre pezzi facilmente assemblabili tra di loro.


La seconda canna (mancosa manna) ha la funzione di produrre le note dell'accompagnamento e viene legata con spago impeciato( impregnato di pece)  al basso (formando la croba).


La terza canna (mancosedda) è libera, ovvero non è legata alle altre due, ed ha la funzione di produrre le note della melodia.


Sulla mancosa e sulla mancosedda vengono intagliati a distanze prestabilite quattro fori rettangolari per la diteggiatura delle note musicali. Un quinto foro (arreffinu) è praticato nella parte terminale delle canne (opposta all'ancia).

Le ance, realizzate sempre in canna, sono semplici, battenti ed escisse in unico taglio sino al nodo.

L'accordatura viene effettuata appesantendo o alleggerendo le ance con l'ausilio di cera d'api.


All’estremità di ognuna delle tre canne di questo strumento musicale a fiato si può invece trovare la cabitzina. Essa può variare in dimensioni e diametro in base alla tipologia ed alla tonalità. All’interno della cabitzina si trova invece l’elemento chiave dello strumento. C’è chi la chiama: l’anima della Launeddas … Parliamo dell’ancia. In sardo linguatzu, esso è composto da una sola lamella e, a differenza dei clarinetti per esempio, essa viene creata direttamente sulla canna.


Le due canne melodiche, la mancosa e la mancosedda, hanno 5 fori, di cui quattro sono digitabili,  mentre il quinto foro (arrefinu) emette la nota più bassa e suona quando gli altri 4 sono chiusi.


Per la costruzione delle Launeddas non si usa la canna palustre phragmites australis, bensì la canna di fiume arundo donax, o canna comune, e la arundo pliniana turra, detta canna mascu o cann'e Seddori, un tipo particolare di canna che cresce principalmente nel territorio compreso fra Samatzai, Sanluri e Barumini.

La launeddas, a differenza di altri strumenti a fiato come la tromba o il flauto, producono un suono continuo e senza alcuna interruzione. Questo è possibile grazie alla tecnica della respirazione circolare o conosciuta anche come a fiato continuo. Questa tecnica consente di suonare lo strumento senza dover interrompere il flusso d’aria per poter prendere fiato. È una tecnica chiamata "respirazione circolare" 

Questo fattore è molto importante, perché essendo uno strumento sciamanico, usato ancora oggi, non solo nelle celebrazioni di sagre o ricorrenze, ma soprattutto in pratiche terapeutiche come quella de "S' argia Medina", di cui ho approfondito in un post. 


Osserviamo 

Tre canne

Nessun foro nel Tumbu, la canna più lunga

5 nella Mancosa, che viene legata a Su Tumbu. 

5 fori nella Mancosedda, la canna libera. 

5 fori. 

Direte. Cinque sono le dita, è chiaro che ci siano 5 fori. 

Ma data l'altissima frequenza emessa dal suono delle launeddas, è un qualcosa che va oltre 

5+ 5= 10 ( anche San Lorenzo di celebra il 10..casualità?) 

Dieci fori. 

Il principio creatore per eccellenza, si rivela attraverso la Frequenza, il Verbo, il suono. 

Archetipo Yod, Sacro Archetipo Ebraico 10

Prima lettera del tetragramma divino YHWH, o YHW, srmpre molto presente, in Sardegna, in ogni contesto e modo, anche nelle 10 scanalature della protezione nel braccio del Gigante di Mont'e Prama 

Archetipo Yod, con funzione "concentrazione". 

Il suono che emettono le launeddas è pregno, concentrato, penetrante, ipnotico. 

Il numero 5 ripetuto due volte. 

Sacro Archetipo Ebraico He', con funzione vita. Rappresenta il Sacro Femminino, la H mercuriale trasformativa, alchemica. 

Guardacaso, nel tetragramma divino, anche questo Archetipo He, il quinto, è ripetuto due volte. 

Questa tecnica viene utilizzata solo da pochi strumenti etnici nel mondo ed è spesso additata come più difficile della stessa diteggiatura. Riuscire nella respirazione circolare è il primo requisito per poter imparare a suonare le launeddas. 

Perché richiama lo stesso afflato divino della creazione. 

Il verbo

Il suono

La frequenza. 

Tre canne. Il principio stesso della creazione 

Le prime due, una maschile (senza foro), in rappresentanza dell'uno, come unità del Tutto, decimale, la Yod, 

La seconda, femminile, quinto archetipo Ebraico, He, con funzione vita. Valore numerico ghematrico, 5

Ripetuto anche nella terza canna, valore 5

Quindi abbiamo un 

10 +5 + 5

Valore ghematrico 20

Il 20 è il valore ghematrico della lettera, dell'Archetipo Kaf, undicesimo Archetipo, con funzione "penetrazione" 

Rappresenta l'energia divina che "penetra" attraverso l'ultimo dei 7 chakra, il chakra della Corona, Sahasrara, chiamato anche Regina. 

Questo, combacia perfettamente con la vibrazione penetrante, ipnotica, sciamanica, delle launeddas, che mettono in contatto con la dimensione spirituale, con il Divino. 

E, nello stesso tempo, rappresentano, in un linguaggio crittografato, come è nello stile della comunicazione della nostra Antica Civiltà, lo stesso Divino, nella sua versione di tetragramma YHWH 

Perché abbiamo la Y

Abbiamo le due H

e abbiamo anche l'anello di congiunzione 

1 + 5

Perché anche la canna più lunga, su tumbu, a cui viene legata Sa mancosa manna, produce una nota, quella tonica, su sui è incentrata l'intera impostazione melodica delle tre canne. 

Teniamo presente che su tumbu è lungo 60 cm, e, insieme alla Mancosa Manna, creano proprio un " 1+ 5", un 6.

Il 6, corrisponde al valore ghematrico della Vav, sesto Sacro Archetipo Ebraico, con funzione congiunzione. 

La WAW, o Vav, che indica unione degli Opposti, e che, nel tetragramma divino YHWH, unisce proprio la Y( su Tumbu) e la H( Sa Mancosa Nanna), le due polarità maschile e femminile.

Inoltre, sappiamo bene l'importanza del 6, del simbolo dell'esagono, drl fiore della vita a sei petali, della stella a sei punte, legato anche al cubito reale, tutti elementi di importanza primaria nella nostra Antica Civiltà, di cui ho parlato innumerevoli volte 

Il numero 60, in ghematria, corrisponde all'Archetipo Samech, il quindicesimo, con funzione "pressione" 

È la pressione esercitata da questo Archetipo ( gli Archetipi sono pura energia), affinché il Divino si manifesti. 

Ed essendo il quindicesimo Archetipo, sappiamo, come ho scritto molte volte, che è un numero sacro legato alla fertilità, giorno centrale, il più fertile, del ciclo lunare e mestruale. 

Ma conosciamo già questo 60, perché ho sottolineato come anche i 24 gradini della discesa del pozzo Sacro di Santa Cristina, i suoi 12 speculari, i 24 anelli della tholos, diano come somma, proprio un 60, perché anche nel pozzo di Santa Cristina, simbolo della manifestazione del Divino, è l'emblema stesso della fecondazione, della fertilità. 

Vedete quindi, come, tutto ha sempre una sua specifica simbologia molto profonda, in cui gli elementi sono legati tra loro.

In cui c'è una continua dialettica, una continua narrazione concettuale e simbolica che fa da filo conduttore, da koine', attraverso le più svariate manifestazioni di questa nostra civiltà ricchissima di contenuti, di simbologie, di narrazione, in continua dialettica con l'interlocutore, che diventa parte attiva di questa vasta letteratura densa di storia, al di là delle facili definizioni stereotipate, di uno strumento, come in questo caso, che rappresenta l'unione del maschile e del femminile. 

È molto, molto più di questo.

Rappresenta il principio creatore, come un tetragramma musicale, reso attaverso la creazione di questo strumento sciamanico. 

Non mi interessa indagare le comparazioni con altri strumenti simili.

Il prima e il dopo, di questo strumento. 

Per me, secondo i miei parametri, è abbastanza chiara, la sua decodifica. 

Uno strumento divino, di connessione con il Divino, così come è semidivino il bronzetto itifallico che lo fa esprimere. 

Il bronzetto di Ittiri. 

Ittiri

Ittico

ichthys

Relativo al "pesce alchemico" 

Alla Vesica Piscis, in cui convergono le due polarità, necessarie alla creazione. 

E, ogni volta, indagando, scoprendo che i pezzi del puzzle combaciano perfettamente, è un'emozione che a parole non si può descrivere.

Un Dono, anche oggi. 


Tiziana Fenu 

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Simbologia delle launeddas







sabato, ottobre 05, 2024

💜Amma dio dei Dogon

 AMMA 

È il dio supremo del popolo dei Dogon del Mali. 

Secondo il mito della creazione dei Dogon, Amma esisteva in forma di uovo, le cui quattro clavicole, unite tra loro, formavano quattro angoli contenenti i quattro elementi: terra, aria, fuoco e acqua. 

Dopo un primo tentativo di creazione non riuscito, Amma pose al proprio interno un seme e, pronunciando sette parole creative, lo fece vibrare e fece sì che esso si ingrandisse fino a trasformarsi in un’immagine umana. Amma divise in due l’uovo creando due placente, in ognuna delle quali pose dei gemelli, una coppia di maschi e una coppia di femmine. 

Questi gemelli erano emanazioni dirette e figli di Amma. 

Tuttavia, uno dei gemelli maschi, Yurugu (conosciuto anche come Ogo), desideroso di avere per sé una femmina, ruppe la placenta e tentò di ripetere la creazione di Amma. 

Nello strappo, Yurugu portò via un pezzo di placenta che divenne la terra. Non essendo riuscito a ripetere la creazione, né a trovare una compagna, Yurugu si accoppiò con la terra ma, così facendo, la corruppe, poiché accoppiandosi con essa si era accoppiato con la sua stessa madre. 

Amma tentò di risanare la creazione facendo dell’altro gemello maschio, Nommo, il signore dell’universo. 

Da Nommo, Amma creò altri quattro spiriti Nommo, che furono gli antenati dei Dogon. Gli spiriti Nommo e gli antenati discesero in terra su un’arca piena di tutto ciò che era necessario al risanamento della creazione. 

Con essi arrivarono la luce e la pioggia purificatoria, e attraverso di essi Amma creò tutte le cose – gli esseri umani, gli animali, le piante – per mezzo del seme che ognuno di loro portò con sé. Queste quattro tro coppie di Nommo generarono le quattro divisioni dei Dogon e l’organizzazione sociale dell’umanità. 

Amma risanò ulteriormente la creazione trasformando Yurugu in un animale, chiamato «volpe pallida», che vaga per la terra in cerca della sua controparte femminile. 

La «volpe pallida» lascia dei segni sulla terra perché siano interpretati dagli indovini, ma è Nommo che dirige e guida l’umanità. Quasi tutti gli eventi importanti nella vita dei Dogon sono preceduti dalla divinazione, che è dominio di Yurugu. 

Così Amma ha guidato l’universo attraverso la creazione, la rivolta di Yurugu e la parziale restaurazione da parte di Nommo. 

L’eredità del disordine di Yurugu – oscurità, sterilità, incesto e morte – è controbilanciata dalla luce, dalla pioggia e dalla fertilità istituite da Nommo. Yurugu rappresenta quindi la notte, e a lui appartengono i luoghi aridi e disabitati della terra. Per i Dogon, quindi, la creazione è caratterizzata da elementi complementari come il maschile e il femminile, cui si aggiunge l’elemento dei gemelli. 

Il buon ordine della creazione di Amma ha la sua controparte nel disordine della creazione di Yurugu.


Tratto da "Dizionario degli Dei" di Mircea Eliade Edizioni Jaca Book

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Amma dio dei Dogon