Informazioni personali

La mia foto
Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

martedì, novembre 15, 2022

💛La navicella di Baunei

 La navicella nuragica ritrovata a Baunei, è attualmente esposta al Museo Archeologico di Cagliari, rappresenta una scimmia a carponi, su un'imbarcazione a forma di goccia/cuore/vulva.

Una forma del genere, l'abbiamo trovata anche nel petroglifo di Ilbono (  https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/la-sacra-vulva-di-ilbono.html?m=0), di cui ho già approfondito, e che considero come simbologia del Sacro Femminino, della creazione.

Che vengano rappresentati degli animali, nelle nostre Navicelle nuragiche, piuttosto che umani, è quanto mai simbolico.

Come ho scritto altre volte, sembrano la rappresentazione di piccole Arche di Noè (quel Noè, il cui nome vero, Ziusuddu, è un nome molto sardo, come ho scritto altre volte -https://maldalchimia.blogspot.com/2022/06/stele-israele-con-capovolto.html?m=0), con gli animali in rappresentanza del regno animale, preposti alla creazione di una nuova civiltà, dopo il diluvio.

Simbolo quindi, di una continuità genetica.

Mi colpiscono sia la posizione delle zampe, anteriori e posteriori, sia la mezzaluna sulla schiena.

Potrebbe essere funzionale ad un qualcosa. Se fosse davvero una lucerna votiva, come molti sostengono siano le navicelle nuragiche, la mezzaluna potrebbe servire a sostegno di un qualche elemento che brucia.

Ma a livello simbolico, credo che ci sia molto altro.

La forma delle zampe anteriori e posteriori, insieme, in questa posizione, sono molto simboliche.

Ho già visto questa "struttura", a "porta", in un altro contesto.

Quando parlai dei due Sacri Archetipi Ebraici, Nun e Dalet, presenti sotto il simbolo della tribù dei Dan ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/il-simbolo-della-tribu-di-dan.html?m=0). 

L'Archetipo Nun, il quattordicesimo, ha la funzione di "trasformazione", mentre il quarto Archetipo Ebraico Dalet, ha la funzione "solidità".

La Dalet, simboleggia la porta, la zona di confine tra una dimensione e l'altra, la conoscenza alchemica degli Iniziati, che trasforma, che trasmuta.

Infatti, se uniamo la Lettera Nun, con la Dalet, abbiamo la ventiduesima lettera Tau, la tappa ultima, il livello finale della Conoscenza.

L'acquisizione della consapevolezza di essere degli Iniziati giunti al termine del percorso misterico iniziatico, che deve essere svolto sempre in umiltà, come indica la Dalet, come un uomo piegato disposto a ricevere le iniziazioni misteriche.

Per arrivare ad essere un Giudice.

Infatti, la Nun e la Dalet, insieme, formano anche la parola Giudice.

Per questo motivo sono le due lettere presenti nel simbolo della tribù dei Dan. Indica la tribù di Giuda, dei Giudici.

Quelli che poi fondarono i quattro Giudicati in Sardegna( Cagliari, Arborea, Torres/Logudoro, e Gallura).

Quattro, come i quattro punti della Nun e della Dalet insieme.

Quattro come il quarto Archetipo Dalet, che ha un'energia Femminina, la materia, la Forma, dove trova espressione la Sostanza.

I nostri Giudici, come i Giganti di Mont'e Prama, rappresentati con l'arcata sopraciliare e il setto nasale, con la T della Tau. Un simbolismo che indica degli esseri Iniziati, semidivini.

Ma, il simbolismo trasformativo dell'Archetipo Nun, insieme a quello della Dalet, che indica il passaggio, la porta, si lega benissimo alla valenza mercuriale, trasformativa, e al contempo, assolve alla funzione di "giudice", che proprio questa scimmia rappresenta.

Scimmia che potrebbe essere anche un Babbuino che rappresenta l'elemento mercuriale, trasformativo, per eccellenza, il Dio egizio Toth, collegato a Mercurio, in quanto pianeta che governa la scrittura, il calcolo e in quanto messaggero degli dei. E in quanto raffigurato mentre impugna lo scettro dai due serpenti, tra l'altro simbolo dei medici e dei farmacisti, ma soprattutto, simbolo della sinergia delle due polarità, maschile e femminile.

E qui in Sardegna, abbiamo una rappresentazione ben precisa del dio Toth, come sinergia delle due polarità, rappresentato dalla sacerdotessa di Sardara, della quale ho approfondito in un mio post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/10/la-divinita-androgina-di-sardara.html?m=0), rappresentata proprio con un viso da scimmia, da Babbuino.

Una figura sciamanica che è insieme, femminile e maschile, che si pone come elemento vettoriale, di comunicazione, tra le due dimensioni. 

Il Dio Toth, era il guardiano e giudice della soglia, tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. 

Questo spiegherebbe anche come mai la scimmia ha lo sguardo rivolto verso la parte opposta della prua, dove invece si trova la protome taurina, simbolo di vita, di fecondità, di creazione. 

La scimmia invece è rivolta dalla parte opposta, verso "la morte", la dimensione della non creazione. 

Sta in bilico, come una porta, simboleggiata dalla porta del suo corpo, tra le due dimensioni, quella dei vivi e quella dei morti. 

Ma sul dorso, porta la falce di luna, la coppa, il mezzo anello, che è la simbologia della coppa femminea di luna, che corrisponde, simbolicamente, al momento più fertile tra le due lunazione, quando la luna, è "in falce di luna" come una coppa, e può accogliere simbolicamente, il Seme maschile nella sua coppa, nel suo grembo, come nel quindicesimo giorno dell'ovulazione, il più fertile. 

Il giorno in cui si può creare la vita, e, simbolicamente, rinascere anche dopo la morte, verso la quale è rivolto lo sguardo della scimmietta/Babbuino. 

Perché essa può. 

Il Mercurio è per antonomasia, l'energia femminile della trasformazione. 

Governa la vita e la morte. In essa, gli opposti, agiscono in sinergia. 

Ecco perché la navicella è a forma di vulva femminile. 

Non è a forma di foglia o di cuore. 

Ma ha la forma di quella vulva femminile che è porta, passaggio per il grembo della vita, per la resurrezione. 

Questo senso di continuità, tra la vita e la morte, è estremamente presente nella nostra Antica Civiltà Sarda, ed è rappresentato attraverso molti moduli artistici e architettonici, che lasciano davvero senza fiato. Raffinati, non ostentati, da interpretare. 

Altamente simbolici e spirituali. 

Di una Bellezza senza fine e senza tempo. 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com 

La navicella di Baunei

Nell'immagine, la navicella di Baunei, ripresa dalla mediateca di Nurnet( https://www.nurnet.net/mediateca/14522860_606146026212847_4355147494512293643_n/) 



💛Sisaia di Dorgali

 In questo complesso(Su Crucifissu Mannu, situata nella piana della Nurra, lungo la strada che collega Sassari a Porto Torres), scavato in un banco di rocce calcaree che comprende circa ventidue sepolcri e che sembra risalire a un periodo compreso tra il iv e il iii millennio a.C., sono stati rinvenuti dei reperti molto importanti, che ci danno una chiara indicazione di quanto fosse evoluto il popolo che al tempo abitava la Sardegna. 

Nelle tombe i e xvi dell’edificio erano sepolti due scheletri con il cranio trapanato: inequivocabile testimonianza di antichi riti, officiati si pensa da sciamani, guaritori, stregoni o sacerdotesse, che mescolavano le arti magiche con una sorprendente conoscenza anatomica e chirurgica.

Come hanno accertato gli studiosi, infatti, simili trapanazioni avvenivano su pazienti vivi, per ragioni terapeutiche sconosciute ma facilmente ipotizzabili: attacchi epilettici, emicranie, tumori o ematomi. 

Manifestazioni fisiche di qualcosa di oscuro che doveva essere curato tramite rituali esoterici ed esorcismi volti a liberare il corpo posseduto dagli spiriti maligni.

Tali riti, probabilmente, si tramandavano di generazione in generazione, dallo sciamano padre al proprio figlio o dalla sacerdotessa alla propria discepola. I crani rinvenuti nella necropoli di Su Crucifissu Mannu presentano entrambi due trapanazioni. Quello della tomba i mostra segni di cicatrizzazione soltanto in uno dei fori, questo significa che il paziente sarebbe sopravvissuto al primo intervento, ma non al secondo eseguito circa un anno dopo. Quello della tomba xvi, invece, presenta segni di cicatrizzazione in entrambi i fori. 

Il paziente sarebbe quindi sopravvissuto a entrambi gli interventi subiti

Come il foro fosse praticato è difficile da determinare con certezza, si pensa tuttavia che il guaritore-chirurgo scarnificasse con una pietra ruvida la parte di cute interessata e, in seguito, erodesse l’osso fino a raggiungere la materia cerebrale. In altri casi, invece, veniva asportata una rondella d’osso cranico, presumibilmente con strumenti in ossidiana (o in bronzo in epoche più recenti), che in seguito all’intervento veniva risaldata. 

Ciò è dimostrato dal ritrovamento di uno scheletro femminile nella valle di Lanaittu, nel territorio di Dorgali. La donna, ribattezzata Sisaia – nome che indicherebbe il suo essere un’antichissima antenata dei sardi (Bisaia, in sardo, significa “bisnonna”) –, era stata sepolta in una grotta, su un letto di frasche, insieme ad alcuni oggetti di uso quotidiano, pochi ma tipici del corredo funebre femminile. Analizzando il cranio di Sisaia, si è scoperto il rinnesto di una rondella d’osso precedentemente asportata dalla calotta cranica. 

Un’operazione perfettamente riuscita, le cui cause ci sono ignote, ma alla quale la paziente sarebbe sopravvissuta. Sembra sorprendente, eppure è stato ritrovato perfino il cranio di un individuo sopravvissuto a ben tre trapanazioni, e deceduto nel corso della quarta, in quanto solo quest’ultima non presentava la formazione del callo osseo di cicatrizzazione. 

Davvero impressionante se si pensa agli scarsi strumenti con cui queste operazioni venivano eseguite. La pratica, peraltro, pare fosse largamente diffusa in Sardegna. Se ne ha testimonianza in vari reperti ossei provenienti da grotte o da Domus de Janas di diverse zone dell’isola: un cranio trapanato è stato rinvenuto a Siddi, nella Domus de Janas di Scaba ’e Arriu, risalente a un periodo compreso tra Neolitico ed Età del rame, un altro a Taulera, nel territorio di Alghero, un altro ancora, ma di epoca nuragica, nella Grutta de is Bittulleris, a Seulo. 

Tutte testimonianze dell’esistenza di stregoni o di sacerdotesse, operanti già nelle culture prenuragiche, che avevano grandi conoscenze in campo medico e anatomico, dal momento che non solo riuscivano a tagliare, estrarre e reimpiantare rondelle ossee, ma come abili chirurghi riuscivano a non recidere i vasi sanguigni o altre delicate parti del cranio, intervenendo sulla materia cerebrale senza causare – almeno in molti casi, come appurato – la morte del paziente. Una prova, insomma, di come questo popolo fosse progredito non solo “scientificamente”, ma anche spiritualmente, come dimostrano proprio le Domus de Janas, mausolei legati a riti complessi e quasi religiosi, seppur primitivi e fortemente influenzati da elementi magici.


Tratto da:  Gianmichele Lisai "Sardegna esoterica Il volto misterico di un'isola" Newton Compton Editori


Vorrei sottolineare che il "lapis niger" è un elemento tipico del Sacro Femminino 

Iside siede su un cubo nero. 

La Dea Cibele e rappresentata da una pietra nera ( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/03/dea-cibele-ed-equinozio-di-primavera.html?m=0) 

Sono le dee della Ruota del Tempo. 

Dei cicli. 

Sono il Sole Nero dietro il Sole, le Matrici Archetipali, Cronos

Le Dee Madri che scandivano i cicli precessionali dell'umanità ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/le-tre-dee-madri-cosmiche-sarde-della.html?m=0) 


Riporto un mio approfondimento riguardo la trapanazione terapeutica in Sardegna

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/04/in-questo-periodo-in-cui-la-malattia.html?m=0



Maldalchimia.blogspot.com

Nell'immagine, lo scheletro di Sisaia, rinvenuto a Dorgali ( Nuoro)

Sisaia di Dorgali




💛Brano di Augusto Mulas "L'isola Sacra"

 E se ne parla ancora in questi termini!! 


Nel corso del XX secolo gli studi meritori per importanza, vastità e lungimiranza dell’archeologo Giovanni Lilliu, uniti allo scavo sistematico e scientifico della cosiddetta reggia nuragica di Barumini, hanno definitivamente indirizzato gli studi e le tendenze di quasi tutti gli specialisti verso una visione del nuraghe come casa fortezza del princeps. 

Da quel momento in poi la stragrande maggioranza di studiosi ed esperti non ha fatto altro che avvallare pedissequamente le teorie proposte dal Lilliu: in taluni casi compiendo ricerche archeologiche sul campo in maniera acritica e fondando le proprie conclusioni sulle teorie sviluppate dallo stesso Lilliu e da altri ricercatori, ma mai ponendosi realmente il problema se tutti questi edifici potessero avere solo e soltanto carattere militare e/o civile. 

Tale problematica invece venne sollevata da uno dei più autorevoli linguisti sardi, Massimo Pittau, il quale nel suo fortunato libro La Sardegna nuragica, pubblicato nel lontano 1977 e riedito recentemente (2006), pur non avvalendosi degli strumenti dell’archeologo, ma con l’ausilio della sua disciplina, del ragionamento, e soprattutto dei resoconti di scavo di importanti archeologi degli inizi del XX secolo, avanzò nuove e brillanti ipotesi sull’uso delle nicchie, sul sincretismo religioso tra i nuraghi e i toponimi moderni a essi riferiti, frequentemente ribattezzati con il nome di un santo, o ancora l’evidente uso cultuale di alcune favisse come già sottolineato dal Levi o dallo stesso Taramelli, ma troppo presto dimenticati e sottovalutati dagli studiosi successivi. Se la visione che ci ha fornito il Lilliu della civiltà nuragica può essere giustificata dal fatto che le sue teorie nascono in un periodo in cui ancora erano stati effettuati pochi scavi scientifici sui nuraghi, nei santuari e nei villaggi e quindi i dati disponibili per poter avere un quadro d’insieme della situazione erano scarsi, meno giustificabili appaiono le conclusioni cui sono giunti gli studiosi successivi. E non mi riferisco solo agli archeologi, che tranne in pochi illuminati casi hanno cercato di affrancarsi dalle posizioni del Lilliu, divenute nel frattempo sbrigative e di comodo per quanti non volevano o non riuscivano a orientare la loro ricerca verso altri dati emersi dagli scavi archeologici, sforzandosi di comprendere i segreti di queste costruzioni ciclopiche, non per forza correlate, a mio modo di vedere, a un uso militare. 

Per fare solo un esempio di quanto questa impostazione del nuraghe-fortezza abbia inciso nella letteratura archeologica sarda, si rifletta sul fatto che ancora oggi in numerose guide turistiche dei siti nuragici, e peggio ancora in alcuni studi di valenti specialisti, si continua a definire la nicchia d’andito del corridoio d’ingresso del nuraghe come una “garitta”, lasciando intendere, se non affermando, che lì vi fosse un soldato di guardia.

Qualsiasi antropologo o etnologo potrebbe facilmente spiegarci che in una società come quella nuragica, sviluppatasi durante la protostoria, se non addirittura nella fase finale della preistoria, e considerando anche il livello culturale del Mediterraneo occidentale in cui si colloca l’isola dei nuraghi, sarebbe stato impossibile sprecare degli individui al solo scopo di fare la guardia a un ingresso, quando le risorse umane dovevano essere impiegate in ben altre occupazioni quali la caccia, l’agricoltura, l’edilizia, la guerra; i popoli della protostoria non appartenevano a società del superfluo, ma tutte le energie messe in campo erano indirizzate al sostentamento delle stesse. 

Possiamo allora ipotizzare che nel momento di massimo fulgore della civiltà nuragica migliaia di individui, 4.000-5.000 (presumibilmente non tutti i nuraghi esistettero contemporaneamente), fossero lasciati inoperosi all’interno di una garitta? E per vigilare su chi o su cosa? Al contrario è a dir poco sorprendente il fervore costruttivo di questo popolo che, in poco più di otto o nove secoli stando alle date forniteci dagli specialisti, ha edificato 8.000 nuraghi, 750 Tombe di Giganti, centinaia di villaggi, quasi 140 allo stato attuale delle ricerche tra fonti e pozzi sacri2, decine di villaggi-santuario, senza contare armi, suppellettili, carri, navi, ecc., sicuramente l’esito di uno sforzo comune e prolungato nel tempo di questa comunità, e forse non solo di essa, almeno nello sforzo costruttivo dei nuraghi, che non poteva certo permettersi di sprecare forza lavoro in attività di guardia.


Tratto da  AUGUSTO MULAS  "L’ISOLA SACRA Ipotesi sull’utilizzo cultuale dei nuraghi"  Edizioni Condaghes

Maldalchimia.blogspot.com

Nell'immagine, il nuraghe di Santu Antine a Torralba, in provincia di Sassari

Brano di Augusto Mulas "L'isola Sacra"



💛Cintura d'oro ceca

 Da un post ( https://reccom.org/trovata-unantica-cintura-doro-con-disegni-cosmologici/) che ho già commentato nel mio Gruppo un po di giorni fa, di cui riporto alcuni passi:

"Trovata un’antica cintura d’oro con disegni “cosmologici” dell'età del bronzo sulla sua terra nella Repubblica Ceca, che si è rivelata avere quasi 2.500 anni. L’oggetto ornato era coperto di terra ma ben conservato, ha ispirato il contadino, che ha preferito rimanere anonimo, a inviare foto agli archeologi del vicino Museo della Slesia a Opava.

La cintura d’oro è lunga 51 centimetri, realizzata in oro con inclusioni di argento, rame e ferro, ed era probabilmente la parte anteriore di una cintura di cuoio. “È decorata con cerchi concentrici rialzati e sormontato da fermagli a forma di rosa all'estremità. 

L’Europa centrale durante quel periodo (dal 2000 a.C. al 1200 a.C), era un amalgama di culture diverse collegate da una vasta rete di scambio. Sostenuta da agricoltori di sussistenza che coltivavano grano e orzo e allevavano bestiame addomesticato, la società tuttavia divenne più complessa, con una gerarchia che si formò tra i contadini poveri e la ricca élite politica ed economica. Le prove archeologiche indicano persone che vivevano in case a graticcio all’inizio dell’età del bronzo e che si sono trasferite in seguito in insediamenti più grandi.

Mentre l’età del bronzo è nota per la sua abbondanza di manufatti in bronzo, anche materie prime come l’oro venivano scambiate e trasformate in oggetti prestigiosi per l’élite. Gli archeologi hanno trovato oggetti d’oro in tombe di alto rango nell’Europa centrale dell’età del bronzo, ma sono stati scoperti oggetti d’oro anche in depositi in luoghi speciali e isolati, suggerendo una sorta di scambio di doni tra l’élite culturale e il soprannaturale. La cintura probabilmente “apparteneva a qualcuno in una posizione elevata nella società, perché all’epoca raramente venivano prodotti oggetti di tale valore”.

Catherine Frieman, archeologa dell’Università Nazionale Australiana, la cui specialità di ricerca comprende studi sulla lavorazione dei metalli nell’età del bronzo europea, ha convenuto che il proprietario della cintura d’oro era una persona di alto rango, sociale o spirituale.

Gli oggetti d’oro con motivi circolari sono spesso collegati a sistemi cosmologici dell’età del bronzo che si ritiene si concentrino sui cicli solari”.

Mentre i motivi decorativi devono ancora essere completamente studiati, l’importanza della cintura d’oro è già chiara. “È raro trovare ornamenti di questo tipo e una fragilità così intatta”, ha affermato Frieman, poiché “la lamiera d’oro si strappa come la carta. Dopo che la cintura sarà stata studiata e conservata, il Museo Bruntál prevede di esporla al pubblico.

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


Come ho scritto già nel mio gruppo, un po di giorni fa, nella bellissima cintura, delicata e sottile solo come può essere un un manufatto orafo sardo, si  vedono chiaramente cerchi concentrici /labirinti, a 7 percorsi, come il Labirinto di Benettutti, e a sei percorsi. 

Tipologia di labirinto a 7 percorsi, che definiscono "cretese", ma che, ne sono convintissima, come ho scritto altre volte, credo proprio sia nato qui, visto che Benettutti si trova sull'asse "braccio teso di Orione", con epicentro "cintura di Orione/Cabras-Giganti di Mont'e Prama, i cui inumati, sono rivolti ad Orione.

Vi sono anche spirali, tipica simbologia ancestrale della nostra Antica Civiltà Sarda. 

Presenta anche decorazioni lineari e a spiga, come nell'avambraccio del Gigante di Mont'e Prama. 

Non vi sembra di scorgere un volto proprio di un Gigante, in questa cintura, con setto nasale e arcata sopraciliare a T, come i nostri Giganti di Mont'e Prama?


Per approfondimenti sul labirinto a 7 percorsi, di Benettutti, e la sua simbologia:


https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/lo-stargate-di-orione-attraverso-sa.html?m=0


https://maldalchimia.blogspot.com/2021/08/il-labirinto-e-jana.html?m=0


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com

Cintura d'oro ceca









martedì, novembre 08, 2022

💙8/11/2022 Plenilunio in Toro. Eclissi lunare

 La Luna Piena di oggi, 8/11/2022, in Toro, è detta anche Luna di Sangue, o Luna del Castoro.

Del Castoro perché i nativi Americani erano soliti osservare questi operosi animaletti, prepararsi per l'inverno, costruendo ripari e dighe di protezione delle loro tane. Ma anche perché, essendo maggiormente dinamici in questo periodo, erano facile preda dei cacciatori, per via della loro preziosa pelliccia.

Ma la definizione "luna di sangue", è legata ad un contesto più simbolico, gnostico.

La Luna è legata alla ghiandola del timo, che si trova tra i polmoni, che sono un elemento metallo, dietro il cuore. Tra cuore e gola. 

E, il chakra della gola, è governato proprio dal segno del Toro. 

Cuore, che è un elemento fuoco, che è legato all'Oro.

Il timo regola energeticamente, le dinamiche di difesa e attacco. Le dinamiche del dare e avere, dello scambio. 

Le dinamiche del respiro e del battito, la loro armonia e regolarità, sono governate dall'energia del timo. 

Il timo, armonizza e bilancia queste due grandi energie, quella del Fuoco del cuore, e quella del Metallo dei polmoni. 

C'è una grande e potente dinamica di energie in questo plenilunio di sangue, enfatizzato dall'eclissi lunare totale, che si è svolta oggi. 

È il momento giusto per forgiare, come il fuoco fa con il metallo, i nostri pensieri, le nostre emozioni, la nostra energia, e indirizzarla correttamente. 

Il nostro stesso sangue, rappresentato da questa Luna piena di sangue. 

Il Toro, infatti, rappresenta proprio queste forze del sangue nell'elemento terra, a cui il Toro, astrologicamente, appartiene. 

Nel corpo fisico. 

Mi viene in mente Poseidone, re delle acque, del mare, che è stato capace di creare un toro bianco da offrire in dono al re Minosse.

È stato capace di creare un Toro bianco, perché ha purificato tutte le basse energie del Toro, portandole ad un livello superiore, oltre i primi chakra, purificandole e "lavandole", con le acque del Femminino, come in una nuova rinascita amniotica. 

Questo è il senso profondo della Tauromachia atlantidea, come era alle origini.

Dominare il toro, le potenti e basse energie carnali, animalesche, sanguigne, e sublimarle. Non uccidevano il toro, come fanno adesso nelle corride. Lo divinizzavano.

Era veicolo simbolico di un passaggio iniziatico, molto importante, che si svolgeva in grembo ad un Femminino che accoglieva e guidava questo importante rito di passaggio.

Il simbolismo del labirinto di Arianna è questo.

La razza Ar-jana

Ar-Ra.

Ra, il Sole

Arrivare al Sole, attraverso la Luna.

Attraverso il Femminino, il Grembo. Arianna. 

Il Minotauro, che è Mino-Tauro, un Toro minore, deve percorrere il viaggio iniziatico e uscire dal labirinto, rinascere a nuova vita, attraverso un percorso a ritroso nel cordone ombelicale dei 7 percorsi del labirinto cretese. Come i 7 chakra. 

Luna che è madre, è materia, è sangue.

Ancora, i toreri, vestiti con abiti d'oro, che simboleggiano il sole, si rivolgono alla Madonna, prima di entrare nel cerchio della corrida, che è semplicemente una trasposizione del ciclo delle stagioni, e dell'alternanza delle costellazioni.

Madonna che in tempi lontani poteva essere la Dea Hator, chiamata anche Apis.

Hator, Iside, Cibele, Maria. Rappresentano tutte il Femminino che accoglie il Mascolino tra le corna - grembo, per farlo nascere e rinascere continuamente.

Toro. 

Taurus. 

Tau + aurus. 

Il Tau come completamento del percorso iniziatico.

Bisogna arrivare al Toro dorato, al toro illuminato, al toro bianco, senza creare mattanze e sacrifici con i nostri personali "tori di sangue".

Il nostro percorso terreno non è fatto di sacrifici di sangue, ma è fatto di integrazione, di trasmutazione.

Di sacrifici, nel senso di "rendere sacro" e nobilitare le nostre basse energie.

È una Luna Piena di Sangue, molto potente. Il sangue attira sangue. È come una droga. I sacrifici umani, le guerre. Come se l'unico modo per nobilitare l'umano, fosse liberarlo da quell'unico elemento che contiene per la maggior parte plasma.

Il plasma dell'etere, della dimensione non sensibile.

Questa dualità concettuale, rivela, quanto l'uomo sia strettamente connesso, anche attraverso la sua carnalita', al mondo sovrasensibile.

Eclissi di luna.

Il denso, la materia, la carne, l'umano, che oscura la luna, che è simbolo di vita, di creazione, di sangue, ma in senso propositivo, prospettico.

Umano - humus. 

Fertile humus. 

Che è grembo, strettamente collegato al chakra della gola, di dominio del Toro.

Perché la parola, il suono, creano.

Non basta l'intento.

Si deve manifestare in Verbo.

Si deve coniugare.

Deve trovare una sua dimensione attraverso i tempi di coniugazione, che sono spazio-temporali.

Questa potentissima Luna Piena, per un breve Lasso di tempo, offuscata dalle nostre dense energie terrene, ci guida verso la nostra liberazione.

Verso il nostro Toro Bianco.

Rivela il nostro personale humus. 

Umani fertili, non aridi. 

Abbiamo stagnato, e stanato tanto, attraverso il paludoso Scorpione, in questi mesi tra le eclissi.

È tempo di varcare la soglia.

Di percepire e manifestare il nostro personale potere, il nostro verbo.

La nostra personale Parola, riflesso della nostra Essenza. 

Potente energia che è nel nostro corpo fisico, come sangue, la stessa sorgente di vita, degli ovuli, degli spermatozoi. 

Effettuare una "dialisi"  purificatrice costante, per non scivolare nella "dualisi", nella dualità della discrepanza tra "Essere e Apparire". 

Non è più tempo. 

È tempo di Essere, in tutta la nostra pienezza, verità e sangue. 

Reale. 

A tutti gli effetti. 

Non contraffatto. 

Di Rango. 

Il nostro. 

Figli di un lungo percorso di apprendimento ed evoluzione. 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com

8/11/2022 Plenilunio in Toro. Eclissi lunare



💙8/11/2022. Plenilunio in Toro. Eclissi lunare

 Martedì 8/11/2022, abbiamo una Luna Piena in Toro, con un'eclissi totale di Luna a 16° del Toro, guidati dall'energia del Sacro Archetipo Ebraico Ayin, con funzione "corrispondenza" ( notate la corrispondenza : sedicesimo grado del Toro, e sedicesimo Archetipo), e dall'energia dell'Arcano Maggiore della Torre, il sedicesimo.

Come ho spiegato nel mio precedente post, riguardo la Luna Nuova del 25 ottobre, in Scorpione, durante la quale abbiamo assistito ad una eclissi parziale di Sole, ci troviamo, con la Luna Piena di Martedì, alla fine del secondo corridoio tra le due eclissi, sole e luna, di cui avevamo già avuto esperienza tra aprile e maggio.

Sembra di assistere all'epilogo di cicli che si chiudono.

Abbiamo iniziato con l'eclissi di Luna parziale in Toro, il 30 aprile,  seguita dall'eclissi solare totale, e Luna piena in Scorpione, il 16 maggio, e con il Toro chiudiamo questo secondo corridoio speculare al primo,  attraversando gli abissi dello Scorpione delle due lunazioni ed eclissi di Sole e Luna, rispettivamente.

Passaggio centrale, nello Scorpione, paludoso, abissale, doloroso, per molti versi.

Un'immersione durata 6 mesi, partendo dall'elemento Terra del Toro, per poi ritornarvi, con quest'ultima tappa di Martedi.

Un Martedi, dedicato a Marte.

Un Marte, che è l'Archetipo del Guerriero.

Ma mentre digitavo, in automatico, è apparso Mater, che corrisponde all'anagramma di Marte. 

Marte il dio della guerra, della distruzione, ma anche della vitalità, della fioritura, del sangue, che simboleggia la morte, ma anche la vita.

Marte/Mater, imprescindibili l'uno dall'altra, perché dove c'è morte, c'è anche vita, e spesso si deve distruggere per poter costruire e ricostruire. Ed è proprio Marte a governare il segno dello Scorpione.

Marte il tagliente, che deve scendere nei suoi stessi abissi per avere capacità di discernimento.

Deve poter sentire, anche fisicamente, a livello di plesso solare, dei suoi sensi, l'intensità delle sue emozioni, del suo sentire.

Non può restare in superficie.

La spada della sua mente, necessita profondità di pensiero, per poter riconoscere, distinguere, selezionare.

Tagliare.

Il Marte italico, figlio della dea Tellus e di Iuppiter, sublima in modo magnifico questo forte dinamica simbolica dell'emergere dal ventre della Madre Terra, dalle acque amniotiche e oscure, come lo stesso mistero della vita, dello Scorpione, fino alla superficie.

Marte ha queste due polarità in sé.

Abisso e superficie.

Buio e luce.

Distruzione e vita.

Scorpione e Toro.

Come lo Scorpione, anche Marte, esotericamente, è governato dall'elemento acqua, e ha corrispondenza nel chakra della gola, come nel segno del Toro.. 

Come vedete, questa ultima tappa delle eclissi, si chiude in un giorno governato da un pianeta che riflette in modo perfetto, la sinergia dei due elementi, acqua e terra, che hanno caratterizzato questo lungo tunnel tra le quattro complessive eclissi. 

Ritorniamo sulle sponde. 

Si emerge, come guerrieri stanchi, ma non vinti. 

Ammaccati, ma Integri. 

Abbiamo imparato a stemperare l'impeto, la rabbia. Il risentimento. 

Abbiamo imparato a diluire il dolore, con l'acqua, con la Temperanza, che guida proprio la giornata di martedì. 

A creare, in noi stessi, le nostre intime corrispondenze. 

Perché non sempre la realtà circostante, o gli altri, ci corrispondono. 

Allora, l'unico modo per percepire l'integrità, la coesione, l'identificazione, è trovare quel modulo di frequenza, quella corrispondenza in noi stessi, che pacifichi cuore, mente e anima. 

Solo così possiamo incarnare il vero Guerriero, che non è al servizio delle sue pulsioni, che spesso diventano re-pulsioni, fanatismi, estremismi, ma si eleva, per emergere, come Eroe, il portatore di ierogamia, di armonia, di integrità, di accettazione. 

Dove le nostre basse energie, si trasmutano in attitudini dell'Anima, convogliando in intenti costruttivi, in passioni sane, in energia vitale. 

Non si tratta più di sopravvivere. 

Questo tipo di energia, di aggressività, istintualita' o difesa, non ci serve più. 

Ma il passaggio era necessario. 

Per andare oltre il sopra-vivere, imparare a vivere, scegliendo la profondità, ad ogni nostro respiro, integrando queste asperità, che ci hanno permesso sia la difesa che l'attacco, ma anche lo scalare vette più alte, come sacri spuntoni di ancoraggio e di supporto. 

Al di là dei luoghi, delle persone, delle circostanze, delle delusioni, dei tagli. 

Al di là di tutto, abbiamo ritrovato noi stessi, la nostra intima verità. 

Dagli abissi, alla cima della Torre, come l'Arcano Maggiore XVI che governa la Luna Piena di Martedì. 

E, ad ogni passaggio, tutta una serie di corrispondenze, che hanno consentito che diventassimo la stessa Torre. 

Passo dopo passo. 

Lacrima dopo lacrima. 

Perdita dopo perdita. 

Conquista dopo conquista. 

Sentita pulsare sottopelle, fino al midollo, perché è tutta nostra. È il nostro stesso percorso. 

Crollano tutte le nostre false torri. 

Un fulmine, come il fulmine che governa il dio Narte, squarcia la sommità della Torre. 

Crolla ciò che deve. 

In modo brusco, veloce. E nella caduta si libera, in modo deflagrante e inaspettato, tanta di quella energia, da farci quasi sbilanciare. 

Ma, si ci sbilancia, si oscilla, per ritrovare l'equilibrio. 

Nei "I Ching", il mese di Novembre, corrisponde all'esagramna 23  della distruzione. 

La staticità imprigiona energia. La fa stagnare. La indebolisce. La spegne.

Può essere un processo molto doloroso, che può riguardare anche sfere molto personali e intime. 

Ma la rottura, sovverte, ribalta. 

Rovescia la clessidra. 

È l'inizio di un'altra occasione.. 

Con i nostri tempi, con la nostra misura. 

Con ciò che siamo, e non più, con ciò che cerchiamo di essere, per trovare "un posto nel mondo". 

Quel luogo è in noi 

Vetta e abisso. 

Clessidre che fluscono con la stessa vita. 

E quando finisce il tempo che ci è stato concesso per un'esperienza, si capovolge tutto. Siamo pronti a ripartire. 

A prendere qualsiasi forma sia richiesta alla sabbia, pur senza perdere la propria identità. 

Ci aspetta un portale magnifico per l'11/11/2022,  con una Luna calante in Gemelli, due numeri Maestri come l'11, Gemelli Divini, un Archetipo Yod importantissimo, e un Arcano Maggiore X, della ruota della Fortuna, a coronamento e conferma di questo intensissimo passaggio. 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com 

Nell'immagine( apritela), in sovrapposizione, l'Arcano Maggiore XVI della Torre, di Matteo Arfanotti.

8/11/2022 Plenilunio in Toro. Eclissi lunare



mercoledì, novembre 02, 2022

💛Bronzetto di Vulci

 Da un post di prof Montalbano. 

( https://www.facebook.com/100001666287370/posts/pfbid02cpKuciyXXpbH8q5c7EhYAwcC1zVL9PXgoBeEsKWNFiWbTsm6Uk5gJUiHX9JCoGmMl/) 

Integro con le mie considerazioni sulla simbologia del palmo della mano rivolto verso l'esterno( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/sacchetta-sciamanica.html?m=0, insieme a quest'altra lettura https://maldalchimia.blogspot.com/2021/04/simbologia-delle-trecce-nel-bronzetto.html?m=0), e sul fatto che, come ho già ribadito altre volte, si tratti, secondo me, di una figura androgina, in quanto l'appartenenza al sesso maschile, è stata "verificata" dallo stesso direttore del Museo di Vulci ( https://youtu.be/1fjtWVDcHNg). 

Non credo ci siano attinenza con la definizione di "pugilatore". 

La stuoia arrotolata, è uno "strumento di lavoro degli sciamani, in quanto il sughero, isola e protegge energeticamente, oltre che assorbire le energie negative. 

Come il futon degli operatori olistici.

Ognuno ha il suo, personale

Anche i sandali presentano una sorta di zeppa, che indica il bisogno di sentirsi protetti, e di scaricare le energie negative durante i rituali sciamanici. 

Una sorta di "messa a terra".

Esotericamente può essere assimilabile alla stessa valenza simbolica dello scudo morbido che tiene sul capo, il Gigante di Mont'e Prama. 

Giganti, che sono esseri semidivini. 

Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com 

~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~


Vi lascio a questo interessante articolo di prof. Montalbano. 

Il bronzetto nuragico di Cavalupo, un prezioso manufatto realizzato 3000 anni fa. Cosa si cela dietro questa incantevole e misteriosa scultura in bronzo?

Tempo di lettura 10 minuti.

La divinità principale degli antichi sardi era la Dea Madre, considerata il principio femminile della Natura e identificata con essa. Il suo corpo era la Terra sulla quale viviamo, il suo respiro era il vento (aria), il suo sangue era l’acqua che scorre nei fiumi e il suo spirito era la luce (fuoco). Per queste caratteristiche veniva rappresentata con sembianze umane, una Madre il cui culto era diffuso in tutto il mondo. Gli uomini si accorsero che il susseguirsi delle stagioni era conseguenza di fenomeni celesti: l’interazione ciclica tra i fenomeni che avvenivao in cielo e in terra dava luogo alle stagioni, e la natura offriva un ciclo che va dalla nascita, alla crescita, alla maturazione, alla morte e, infine, alla rinascita.

Il seme moriva per dare vita a una nuova pianta, per cui in esso c’era qualcosa di eterno che si conservava dopo la morte: l'anima che si separava dal corpo e saliva in cielo fra le stelle (lo zodiaco) per poi reincarnarsi in un nuovo corpo.

Il moto annuale del Sole fra lo zodiaco scandiva le stagioni, e la costellazione in cui si trovava in Primavera, durante la civiltà nuragica, era quella del Toro.

L’anima dell’uomo morto, per rinascere in un nuovo corpo, doveva raggiungere la costellazione del Toro. All’equinozio di Primavera la natura rinasceva, così il rito funerario, che con le sue pratiche permetteva all’anima di separarsi dal cadavere, avveniva proprio al sorgere di questa costellazione, in varie ore del giorno e della notte secondo la stagione.

L’elemento principale della costellazione del Toro sono le corna e le tombe dei giganti, i sepolcri monumentali del Bronzo, hanno la forma della testa bovina cornuta. Anche la nave che simbolicamente trasportava le anime nell’aldilà (sino allo zodiaco) aveva sulla prora una protome taurina. I guerrieri portavano l’elmo con le corna non per perché se fossero morti in battaglia e non avessero ricevuto il rito di sepoltura, potevano comunque sperare che la loro anima raggiungesse quella costellazione. In altre parole, attuavano le condizioni per la reincarnazione. 

La Sardegna, per la sua ricchezza alimentare e per la posizione geografica, si mantenne lontana dagli eventi cruenti che caratterizzavano le vicende dei grandi imperi del Mediterraneo Orientale dove presero piede divinità maschili legate alla guerra e al dominio militare.

Nelle sue forme antiche, la Dea Madre mediterranea era rappresentata da un corpo di donna stilizzata con le braccia aperte, una sorta di croce somigliante alla costellazione della Croce del Sud. Alle nostre latitudini, nel lontano passato, questa costellazione luminosissima si poteva osservare alta sull’orizzonte, ma per il noto fenomeno del movimento di precessione dell’asse terrestre oggi si trova nell'emisfero australe, e le sue stelle sono rappresentate nelle bandiere di vari stati. Le statuine più antiche della Dea Madre, quelle ritrovate nella necropoli Cuccuru Is Arrius a Cabras, mostrano una donna seduta, con il bacino largo, con forme che mostrano un restringimento ai piedi e alla testa, a simboleggiare anche il legame con la Croce del Sud, la più lontana dal Nord, origine del vento freddo (la morte), mentre i venti caldi (la vita) spirano dalle direzioni da cui la si poteva osservare dal suo sorgere al suo tramontare.

Fin dall'alba dei tempi era la donna a dedicarsi alla raccolta e alla conoscenza delle piante medicinali e la tramandava, insieme a rituali magici e misteriosi. Le sciamane, o guaritrici, sono Sacerdotesse della Dea Madre, e ognuna di esse aveva una discepola, una bambina alla quale insegnava nel tempo le sue conoscenze.

È interessante osservare che sopra la Croce del Sud, ossia la Gran Madre, c'è una costellazione che raffigura una donna nell’atto di donare qualcosa che somiglia a una spiga di grano: è la costellazione della Vergine. Guardandola da Nord verso Sud (al suo passaggio al meridiano) e comprendendo anche parte della nostra costellazione del Centauro, e più a Sud la Croce del Sud, curiosamente si vede proprio l’immagine del bronzetto ritrovato nella tomba sarda di Vulci, un’antica città etrusca.

Questa piccola scultura di bronzo, oggi conservata nel museo della civiltà etrusca Villa Giulia, a Roma, viene definita sacerdote-pugilatore. Sacerdote per il cappello a punta e l’abito che termina dietro con una coda a punta. Pugilatore perché sotto la mano destra che saluta si nota qualcosa che somiglia a un guantone. Il gonnellino a punta, che rappresentava la Croce del Sud (e quindi la Dea Madre) era la parte posteriore del vestito delle sacerdotesse e in seguito dei sacerdoti, perché loro erano la manifestazione della costellazione.

Cosa rappresenta quel bronzetto lo rivela la costellazione stessa a cui fa riferimento. Tra le stelle, si nota chiaramente una mano destra lanciare in una scodella delle piccole stelle che le sciamane interpretarono come chicchi di grano. La stella Menkent, che per noi appartiene alla costellazione del Centauro, è il bordo destro della scodella. Nella mano sinistra ha un lungo telo avvolto e tenuto per un lembo sotto il braccio sinistro. La parte alta di questo telo è costituita dalle tre stelle sopra citate a proposito del Leone, ossia Zosma, Kertan e Denebola. Questa costellazione, era la rivelazione della Gran Madre nell’atto di insegnare i misteri del ciclo agricolo alle sciamane. 

Parliamo ora dei misteri, nucleo delle attività di sciamanesimo.

Le sciamane adottavano una bambina fin dalla tenera età. Per la scelta osservavano due caratteristiche particolari: l’iride degli occhi e le posizioni degli astri al momento della nascita. La bambina per tutta la vita viveva come una persona normale, come se la sciamana fosse sua madre. Le insegnava la conoscenza, con la raccomandazione di non trasmetterla ad altri. Poi, alla fine dell’adolescenza, veniva sottoposta a quattro prove: della Terra, dell’Aria, dell’Acqua e del Fuoco. Gli insegnamenti ricevuti avevano lo scopo di rivelare la presenza della propria anima alla bambina, inizialmente inconsapevole di ciò. Le prove avevano lo scopo di far morire l’Ego e dare vita a un nuovo essere che fisicamente non era cambiato, se non nel portamento. La vera metamorfosi avveniva a livello psichico-spirituale. Le ultime due prove avevano luogo in edifici particolari, forse in alcuni pozzi sacri presenti in Sardegna. Non tutti questi luoghi erano adatti al rituale. Uno di essi è il pozzo di Santa Cristina, nel comune di Paulilatino, un edificio che rappresenta la Gran Madre, e ha la forma del simbolo di Tanìt. 

Nella Gran Madre si nasce, si muore e si rinasce. Il simbolo di Tanìt, aspetto della Gran Madre che riguarda la morte e la reincarnazione, simboleggia il principio e la fine delle cose, ciò che per altri popoli erano l’Alfa e l’Omega.

Chi conosce i riti di iniziazione e i misteri eleusini (dalla città greca Eleusi) nota subito che il pozzo di Santa Cristina è un santuario dove avvenivano la prova dell’acqua e quella del fuoco. 

Ora, proviamo a immaginare uno di questo rituali: la candidata, la bambina, la pupilla della Sacerdotessa, veniva fatta entrare nel pozzo bendata e vestita con una bianca tunica di lino. Il pozzo veniva oscurato e lei poteva togliersi le bende. Seguendo le istruzioni impartite, scendeva la scalinata senza temere le conseguenze. Naturalmente la bambina non doveva conoscere la struttura del pozzo e, come lei, nessun altro doveva conoscerla, perché questi luoghi erano accessibili solo alle sacerdotesse in carica. Una volta caduta in acqua, nell’oscurità completa, travolta dal panico e a un passo dalla morte, con il fiato in gola, cercava la salvezza. Sentiva solo le fredde pareti, come in una trappola mortale, ma dopo i primi momenti di paura la bambina riusciva a orientarsi nell’oscurità, e risaliva la scalinata fermandosi ai primi gradini per prendere respiro. Aveva sfiorato il mondo dell’aldilà. Lì, nel buio, dove i suoi occhi non potevano catturare alcuna luce, sentiva la superficie dell’acqua calmarsi, e allo stesso modo qualcosa si calmava in lei: stava comunicando con la profondità della Terra, con la Grande Madre. A un passo dalla morte sentiva crescere la consapevolezza della futilità delle cose mondane, percepiva un cambiamento e le si rivelava lo scopo degli insegnamenti ricevuti. Tutta la sua vita era stata organizzata per preparare quel momento, e lei lo comprendeva in tutta la sua profondità. Nel buio si accorgeva di poter vedere perché era diventata chiaroveggente: le si era manifestata la presenza della sua anima.

La chiaroveggenza, a volte confusa con il potere di prevedere il futuro, è la facoltà di essere consapevoli della propria anima. Non è sufficiente dire: ”Si, io so di avere un’anima”; il chiaroveggente la percepisce e ne usa il potenziale come usa i suoi occhi, le sue mani e tutto il resto.

Arrivata a questo livello, dall’esterno al pozzo sollevavano il tappo della cupola e un fascio di luce solare penetrava nell’oscurità illuminando il pozzo. Ciò che vedeva era sorprendente perché la superficie dell’acqua era, allo stesso tempo, il riflesso della cupola e della scalinata, ossia funzionava come uno specchio magico.  C’era un momento in cui la bambina non distingueva l’alto dal basso, e questa era la rivelazione. Il fuoco l’aveva illuminata: ciò che è in basso è come ciò che è in alto, ciò che è in cielo è come ciò che è in terra. Solo gli iniziati percepiscono l'essenza del concetto di morte apparente e resurrezione, che va ben oltre la comprensione dei fenomeni.

Dall’esterno del pozzo, la sacerdotessa, nelle vesti della Gran Madre, la chiamava a nuova vita. Si eliminava la copertura dell’entrata e le parole che la sacerdotessa pronunciava dovevano essere formulate secondo precisi rituali. Forse erano: “Io sono il principio e la fine, risorgi dalle acque e vieni a noi”, ossia alle altre sacerdotesse sedute intorno al pozzo. Uscita dal buio antro, trovava davanti a sé la sacerdotessa che con il braccio destro alzato la salutava mentre lasciava cadere dei chicchi di grano all’interno della scodella legata al suo polso. Poi, la sacerdotessa mostrava il grano germogliato all’interno della scodella e quando vedeva che la candidata iniziava a comprendere, lasciava cadere il telo-stuoia (la cornucopia) tenuto avvolto al suo braccio sinistro rivelando le lunghe spighe di grano maturo. Quella era la rivelazione dei misteri della vita, un rito che funzionava per chi era già stato, come lei, iniziato alla comprensione dei misteri.

E’ chiaro che nel bronzetto non c’è rappresentato il grano nella scodella, e nemmeno all’interno del telo avvolto, perché il bronzetto era conservato nell’abitazione della sacerdotessa e la bambina candidata alla comprensione dei misteri poteva vederlo. Non doveva sapere cosa era fino a quando le sarebbe stato rivelato alla fine delle prove.

Da quel momento, se tutto era andato come previsto, era nato un nuovo essere, con lo stesso aspetto fisico di prima ma diverso spiritualmente. Le si manifestava davanti la vita con tutti i suoi misteri, e ne comprendeva l’essenza e la meccanica perché possedeva il potenziale della propria anima. La metamorfosi subita a livello psichico-spirituale la rendeva incapace di provare interesse verso per le cose mondane, compreso il sesso, e da ciò si capisce il motivo della verginità delle sacerdotesse. Proprio per questo la costellazione della Vergine fu chiamata così, pur se solo pochi sapevano di preciso dove era collocata nel cielo. Queste donne iniziavano a vivere per servire la comunità.

Il primo recinto di pietra, quello che contorna il pozzo, rappresenta l’inizio del cammino del nuovo essere, mentre il recinto esterno è l’uovo cosmico dal quale l’essere usciva a nuova vita.

Questo rituale ricorda i Misteri Eleusini celebrati in Grecia, posteriori di molti secoli. Il bronzetto di Vulci è del IX secolo a.C., ma il rituale in Sardegna è molto più antico perché in quella data la costellazione della Croce del Sud si trovava troppo bassa sull’orizzonte per essere valutata come rappresentazione della Dea Madre. Piu tardi, in Grecia, troviamo la scuola dei misteri Eleusini, un'istituzione sacra che educava l’individuo ad aumentarne la morale e avere meno paura della morte, ma erano passati tanti secoli e poco aveva a che fare con l’antico rito iniziatico sardo.

( prof. Pierluigi Montalbano)

Bronzetto Vulci