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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

martedì, marzo 29, 2022

💛"su Nenniri"

 Pensavo ad una parola oggi, che mi piace particolarmente.."affrori".."a fiore".

In lingua sarda sta ad indicare una cosa o persona che è l'esatto contrario di un fiore.. Quindi trasandata, conciata male.

Trovare un senso logico a questa espressione, per contrasto, al concetto di fiore contrapposto al concetto di malandato, è troppo semplicistico.

Affrori come fiore, ma anche , come radice di afrodisiaco, di Afrodite. 

Sappiamo che in Sardegna c'era il culto di Afrodite, dea dell'Amore e della Natura, perché era legato al culto di Adone, dio sirio fenicio della Natura. 

Abbiamo un tempio di Astarte(Afrodite/Iside/Athor) le cui rovine sono visibili sulla sommità della Sella del Diavolo di Cagliari. Questa divinità fenicia, identificabile con la punica Tanit, rappresentava la dea madre ma era anche associata alla fertilità, all’amore e al piacere. 

Ne parlai in un post, in correlazione al pozzo di Santa Cristina e al Menat egizio(https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/astarte-e-il-menat.html?m=0) 

Le Adonie, le celebrazioni in onore di Adone, si svolgevano dopo l'equinozio di Primavera, le feste della resurrezione di Adone. 

Erano celebrate nel santuario di Afrodite con le Erma, che erano delle composizioni floreali di fiori e frutti e dolci impastati con estratto di fiori farina e miele, che ricordano i nostri Nenneri preparati prima di Pasqua, proprio a metà quaresima, con terra, e semi di orzo, lino, grano, fatti crescere al buio, così cresceranno verdi-gialli e verranno addobbati in maniera sgargiante anche con pietre e oro, simboli di fertilità e buon auspicio, ed esposti il mercoledì della settimana Santa, quando si preparano le Chiese per i rituali del Santo Sepolcro.

Antiche tradizioni che ci accumunano soprattutto alla Sicilia in particolare. 

"Nenniri" viene dall'accadico( la lingua semita con una scrittura cuneiforme parlata nell'Antica Mesopotamia dal 2300 circa a.C. fino al 100 d.C.) "Niru"( preghiera) ripetuto due volte. 

In Sardegna abbiamo proprio un villaggio di Gadoni, provincia di Nuoro, Barbagia centrale, e un nuraghe Adoni( risalente al 1350 a.C.) entrambi dominanti la gola selvaggia, simile a quella fenicia del fiume Adoni, che si tinge di rosso e dove le fanciulle siriane, le vestali di Adone( in Siria c'era l'antica Fenicia) piangevano la crudele morte del loro Dio Adone( "Ad -Un" significa "zoppo del cielo", perché Adone morì per emorragia all'arteria femorale per l'attacco di un cinghiale e dal suo sangue germogliarono anemoni rossi)..colore dato dalle foglie morte del cisto. 

Qui le genti nuragiche estraevano il componente essenziale del bronzo, fuso per modellare statuine, utensili, gioielli e armi. Funtana Raminosa tra i più ricchi giacimenti di rame in Europa, è una delle otto aree che compongono il parco geominerario della Sardegna, annoverato tra Geoparks dell’Unesco, un museo a cielo aperto, e protagonista della metallurgia in ambito Mediterraneo. 

Ad Alessandria d'Egitto le effigi di Afrodite  e del suo amato Adone  venivano collocate su due giacigli affiancati   con accanto frutti maturi, e le donne, le vestali,  spruzzando acqua sul nenniri, imitavano la pioggia. 

E il Santo Sepolcro che viene simbolicamente preparato con questi "nenniri", che in Sicilia vengono chiamati "lavureddi", è quello sul quale risorgera' il Cristo, simbolicamente, come la Primavera che risorge dopo il buio inverno, su una coltre soffice, abbondante e fiorita, che viene bagnata d'acqua ogni due giorni, come vuole la tradizione, con grano, orzo e lino, per lo più. 

 “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane da solo; se invece muore produce molto frutto”(Giovanni 12, 24)

Una "resurrezione", legata agli antichi culti di Madre Terra, e ai suoi semi che germogliano con l'arrivo del primo caldo primaverile. 

Una resurrezione, legata al grano, ad una spiga che viene tagliata come unità, ma che da vita ad una molteplicità di vite. 

Come il corpo di Osiride dopo la morte, di cui avevo già fatto cenno, da cui germoglieranno 28 spighe, che guardacaso, è il numero dei Giganti di Mont'e Prama ritrovati finora. 

La spiga rappresenta il corpo di luce, l'Oro, l'Horus, l'Essenza trasfigurata in qualcosa di più elevato, di più nobile, purificato. 

È il culto misterico dell'iniziazione ai cicli della vita. 28 come il ciclo lunare. É il culto dionisiaco, dei misteri eleusini, di Iside, il culto di Demetra, che si ripete in epoche diverse, con "testimoni" diversi. 

La spiga è collegata alla costellazione della Vergine, la "Spica", poiché il "corpo di luce", può nascere solo in un cuore vergine, non corrotto. 

Lo smembramento della spiga, e quindi di Osiride, sono stati necessari, poiché solo smembrando la spiga, trasformandola in farina, si può poi impastare simbolicamente con l'acqua amniotica del Femminino, di Iside, che darà vita ad Horus. 

È il sacrificio necessario. 

È il "fare sacro" in senso letterale. 

Il "pane di vita" cristiano, l'Eucaristia, affonda le radici in tempi ben più lontani. 

È il processo di osirificazione, di distruzione e rinascita nel corpo di luce, rappresentato da Osiride, dal Cristo, da Adone, in questo caso. 

Alle palmette per la domenica delle palme viene unito di solito un rametto d'ulivo. Simbolo sicuramente di pace, ma anche simbolo di quell'olio simbolico con cui viene unto il Cristo, il cui nome significa, appunto, "unto". 

Per fare l'olio, le olive si portano in un frantoio, stessa radice di "frantumare", perché si deve destrutturare la materia, per arrivare all'essenza, all'olio. 

Quello stesso olio, che asperso a filo d'acqua nel pozzo di Santa Cristina, ne rivela poi la ierofania nel dodicesimo anello della tholos, per indicare la "misura", il parametro della maturazione del grano( da qui, credo, sarà l'origine, come ho già scritto, della medicina dell'occhio, "sa meschina de s'ogu", fatta con olio e acqua, o con grano e acqua-  https://maldalchimia.blogspot.com/2022/03/la-pietra-di-villamassargia.html?m=0) 

L'ulivo, e quindi, l'olio, sono abbinati alla Palma, perché la palma rappresenta la colonna vertebrale, l'albero della vita, il Djed, che corrisponde alla Palma, il datteri maschio, l'Ima, considerato un albero Sacro, legato alla controparte Imait, che era l'altro nome della dea Athor. 

Si deve risorgere per ricompattare la colonna vertebrale, simbolicamente. 

I Giganti di Mont'e Prama, i 28 Giganti, finora ritrovati, come le 28 spighe di Luce che rinascono da Osiride dopo la morte, rappresentano proprio questi uomini SemiDei, divinizzati, proprio nel luogo delle palme, a Mont'e Prama, dove vi è la sinergia di entrambe le energie. 

La Dea Athor

S' Ator

La "s" usata nella nostra lingua 

Il Sator. Il quadrato magico creato nel Sinis, dagli Architetti divini. 

Il quadrato del Sinis, come già dissi a suo tempo(https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/il-progenitore-del-quadrato-di-sator-il.html?m=0).

I Giganti di Mont'e Prama sono Iniziati, consacrati alla spiga. Alla prima stella del mattino, Venere, Sirio, Iside 

Sono dei Sacerdoti, Sacri, delle colonne del Tempio. 

Ma non solo. Oltre la simbologia della spiga, del grano usato per "su nenneri", abbiamo anche la simbologia dei culurgiones, simbolo dell'abbondanza, i nostri particolari ravioli con il ripieno di menta e patate, con la chiusura a spighetta. 

Abbiamo anche la simbologia  della Dea Afrodite, afflitta, affranta, che regge tra le braccia l'amante morto, Adone, in ambito greco. 

Ma sarà per questo che si dice "affranto", anche questo da una radice comune "affr-"?

Quindi abbiamo un "affrori" che deriva da "frori'. 

Su "frori", il fiore,  che veniva usato come essenza per impastare i dolci per la preparazione delle offerte votive con su nenniri  nell' equinozio di primavera per il rito di Adone che era lo sposo della dea Afrodite. 

Quindi erano dolcetti afrodisiaci. 

Poi abbiamo, come nella pietà di Michelangelo, dei Sardi che hanno da millenni la loro Pietà "la madre dell'Ucciso" che documenta il compianto guerriero che tiene a Sé la spada.

Metaforicamente rappresenta il sacrificio necessario alla rinascita. 

Un bronzetto ritrovato a Urzulei (stessa zona del villaggio Gadoni e del nuraghe Adoni) nella grotta "Sa dom'e  s'orcu",  nella montagna "Punta is gruttas", risalente a 3500 anni fa, che si trova al Museo di Cagliari.

La mano destra aperta, con il palmo della mano in vista, come spesso si vede nei nostri bronzetti, simboleggia un saluto di potere, da Iniziati, come già avevo spiegato in un post(https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/simbologia-del-palmo-della-mano-in.html?m=0)

La mano destra è quella che offre energia, guaritrice. 

E guardacaso, ma mai per caso, Adone nacque da un poderoso colpo di spada di Ciniria, re di  Cipro, nella corteccia di un albero di Mirra, nel quale era stata trasformata la figlia incinta di lui, Smirna, rabbioso perché Smirna aveva consumato un rapporto incestuoso con lui, ma solo perché vittima di un incantesimo della madre, che la voleva più bella di Afrodite. 

Quindi abbiamo un "affrori" che  -contiene la desinenza "-frori"( i fiori nati dalle ferite di Adone e l'essenza di fiori impastati nei dolcetti afrodisiaci)

- che si trova in Afrodite

- che si trova in Afrodisiaco( come la Mirra e le essenze dei fiori)

- ma si trova anche in "Affroddius" o "Affrorius", parola sarda che indica dire cose senza senso, le stupidinerie, magari come quelle che dicevano tra loro le Vestali del Dio Adone quando preparavano su Nenniri e i dolcetti afrodisiaci. 

Quindi è anche lecito pensare che la radice "frori" sia la radice lessicale dalla quale poi si sono snodati i vari

"Affrori/Afrodite/afrodisiaco, o anche affroddius", o anche "affranto". 

Come sempre, intuizioni..sentori..ma radici evidenti..che profumano ancora "commenti is frorisi "("come i fiori", in sardo), a distanza di secoli e secoli.


Tiziana Fenu

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Su nenniri














venerdì, marzo 25, 2022

💙20/03/2022 Equinozio di Primavera

 Domenica 20/03/2022, h 15:33, subentra l'equinozio di primavera, nell'istante in cui durante il moto di rivoluzione della Terra, il Sole si trova esattamente allo zenit dell'equatore. In questa giornata, la durata del giorno e della notte è uguale, proprio come avviene nell'equinozio di autunno, che si verifica a settembre.

In questo equinozio, al suo ingresso, siamo ancora con la luna in Bilancia(il plenilunio è stato a cavallo tra Vergine e Bilancia, come ho scritto nel mio post a riguardo), pronta ad entrare in Scorpione, nello stesso pomeriggio.

Quindi siamo ancora nella piena energia dell'equilibrio del plenilunio, perfettamente consono, energeticamente alla celebrazione di questo Oestara, di questo Equinozio di primavera, che celebra il risveglio della primavera, ma soprattutto celebra il momento di unione tra l'energia solare maschile, e l'energia terrena femminile, lunare, perché oscura, come il ventre che ospita i semi che ora devono germogliare.

Infatti, anticamente, la festa di Oestara, che anticipava la Pasqua, era una festa lunare, e si celebrava sulla prima luna piena dopo l'equinozio di Primavera.

L'Equinozio implica comunque una discesa nel mondo sotterraneo, nelle tenebre, rappresentata dai Sacri Femminili di ogni epoca e civiltà.

Persepone, Kore, Afrodite, Iside, Ishtar, Minerva, Venere, ecc, che risalgono in superficie per unirsi allo Sposo solare.

Questo passaggio è molto simbolico, perché il seme, per germogliare, e arrivare in superficie, deve abbandonare la sofferenza degli abissi, del buio, della solitudine, della crepa, dello strappo necessario, per la rinascita.

In questo passaggio così importante, ci viene in aiuto l'energia del Sacro Archetipo Ebraico di questo Equinozio, l'Archetipo undici, Kaf, con funzione "penetrante". 

Rappresenta il desiderio di uscire fuori dalla protezione del Seme, di salire in superficie, e di carpire, di penetrare, le potenti forze vivificanti, luminose, che sono alla base della radice stessa della vita, e che si esprimono al massimo della loro manifestazione, proprio per la primavera, e in particolare, in questo giorno di equinozio.

Si cerca nuovamente questa connessione primordiale con la natura, con i suoi ritmi, con i suoi cicli sacri, si diventa, energeticamente, tutt'uno con essa, aiutati da un plenilunio molto carico positivamente, proprio a ridosso dell'equinozio. 

Si fiorisce insieme ai fiori.

Si profuma di nuovo, di essenze inebrianti, in una vitalità dirompente.

Questa sublimazione, veicolata dal Divino presente, in modo naturale, in natura e anche in noi, è il modo più naturale per contrastare la forza di gravità delle basse energie.

Nelle Antiche Civiltà, il periodo più favorevole per il concepimento, era proprio l'equinozio, in modo che si attraversasse la porta del Solstizio durante la nascita.

Anche le nostre Domus de Janas in Sardegna, sono orientate ai Solstizi, considerate le porte degli umani(solstizio estivo, sotto il segno del Cancro) e degli Dei(sotto il segno del Capricorno).

È un passaggio mercuriale, questo dell'equinozio di primavera, poiché l'aria diventa più calda e l'acqua evapora più velocemente.

Mercurio il guaritore, con il suo caduceo che è rappresentato proprio da quel numero 11 del nostro Archetipo Kaf.

E, come Mercurio, in connessione con questi ritmi della natura, possiamo sentire come, in modo naturale il rinnovamento possa avvenire miscelando le nostre forze contrapposte, in un movimento che fa parte del movimento stesso della vita.

È la forza della stessa Kundalini, del numero 11, delle due nadi, Ida e Pingala, che, insieme, creano la sinergia stessa della vita.

L'undici, non a caso, è il numero Maestro più importante.

Il numero delle Fiamme Gemelle.

Il numero della nostra Fiamma interiore, quella che ci consente la connessione con gli stati più elevati di coscienza.

Entrare nella vibrazione di questa connessione, significa "penetrare" la materia, carpirne il mistero, pur nei nostri umani limiti, in accoglienza, come la mano aperta che rappresenta la Kaf.

E in questo gioco del percepire, di affinare la sensibilità, dell'equilibrio tra gli estremi, per meglio captare, nel giusto modo, proprio l'Arcano Maggiore XI, la Forza, ci manifesta, come, con il giusto equilibrio di Forza e Dolcezza, degli opposti, si può ottenere l'impensabile: aprire la bocca del Leone.

Questo è possibile perché c'è corrispondenza tra le due parti opposte.

Perché si è trovato un equilibrio tra le due energie.

Perché si è entrati in connessione profonda, in "penetrazione energetica", come ci indica l'Archetipo Kaf, in modo da percepire il punto di incontro possibile tra le due due parti, tra gli Opposti.

Opposti, che sono in connessione, in comunione profonda, proprio come due Fiamme. L'uno sente la natura dell'altro, e insieme, in sinergia, creano quel momento di infinito che si manifesta sui loro capi, con il simbolo dell'infinito, rappresentato proprio in questo Arcano Maggiore, e che rappresenta un'energia di complementarietà che va al di là delle divisioni, del loro essere opposti.

Opposti e complementari.

L'energia di questo Equinozio, molto potente, ci richiede l'ascolto e la complementarietà con la nostra intima Essenza, la nostra Fiamma interiore, che è connessa con la dimensione divina della Natura e dell'Universo.

L'Equinozio, quest'anno cade di Domenica, che è proprio l'energia del Sole, legata a questo Archetipo.

La forza del Sole, di Giove, dei fulmini, nella mitologia.

Un'energia elettrica, maschile, a cui la magnetica Madre Terra, femminea, tende con istinto e naturalezza.

Dobbiamo tendere, al nostro Sole interiore.

Non è più tempo si stare nell'Ade.

L'Universo reclama la nostra manifestazione, perché ha bisogno anche della nostra Energia, dinamica, creativa, calda, amorevole, sessuale, folle, meravigliosamente umana.

L'Universo si ferma incantato, quando danza la sua Creatura più bella, e partecipa a questa danza, con segni, sincronismi, messaggi subliminali, e tutto ciò che ci mostra, per farci capire quanto ci ama, perché siamo un suo riflesso, e ama ciò che di bello, di essa, portiamo nel mondo.


Tiziana Fenu

©®Diritti intellettuali riservati

Maldalchimia.blogspot.com

Particolare dell'opera scultorea in gesso di Antonio Canova, del 1789, "Adone inghirlandato da Venere".

20/03/2022 Equinozio di Primavera



💙Perché sei l'unico Padre..

 Perché sei l'unico Padre che conosco.

Che riconosco.

Tra mille padri terreni.

Perché mi hai voluto

tua Figlia.

Ancora prima di essere

tra le tue braccia.

Sono stata concepita

nel tuo Intelletto.

Nel tuo Intento.

Nel tuo Cuore. 

Avevo già la Forma

che tu hai desiderato per me.

Perché mi hai concepito

con quel desiderio

che solo un Padre può avere

per i suoi Figli.

Per sua Figlia.

Offrirle la possibilità di manifestarsi.

Offrirle la scelta, la libertà.

E liberamente ti scelgo.

Come mio Unico Padre.

Come mio Sposo.

Come Figlio.

Come Amico e Confidente.

Come Alleato e Protettore.

Come io proteggo te

dalle insidie, dalle mistificazioni,

dalle basse energie

che inficiano questo canto d'Amore

che vibra di Frequenze altissime.

Tienici con te, nel tuo abbraccio.

Tienici alti, sulle tue Sacre Frequenze.

Come note musicali

su uno spartito teso

da un cuore all'altro

come corde di seta e di acciaio,

sospese al di sopra

delle nostre piccolezze e fragilità.

Perdona la nostra pochezza.

Perdona il nostro sguardo

rivolto sempre sui nostri passi terreni.

Proteggi chi si chi fida di te.

Chi ha lo sguardo e il cuore

sempre verso Te.

Unico nostro Amato Padre.


Tiziana Fenu

©®Diritti intellettuali riservati

Maldalchimia.blogspot.com 


https://youtu.be/o-DZ-Ae0Ey0

Perché sei l'unico Padre..

💙18/03/2022. Luna Piena in Vergine

 Venerdì 18/03/2022, ci sarà la Luna Piena sotto il segno della Vergine, a cavallo tra due segni, precisamente, Vergine e Bilancia, poiché nella Bilancia subentra dalle 8:17 in poi.

18/03/2022

9/3/6

Noto subito un "3/6/9" quantisticamente creativo che già traccia un'imprinting energetico di una certa importanza.

Potrebbe essere anche un "9/9", che come somma darebbe un 18.

Un "1+8", che sarebbe ancora un "9", il numero della Creazione per eccellenza, rappresentato dal nono sacro Archetipo Ebraico Teth, con funzione "cedente", perché è il grembo che si adatta, che prende Forma, la Sophia, la Kundalini, il Serpente, per manifestare la Creazione.

Siamo anche a ridosso dell'equinozio

Ma è, ancora prima del "9", soprattutto l'Archetipo 18, l'Archetipo Tsade', con funzione divisione, a guidare energeticamente questa giornata di Luna Piena.

Una divisione apparente, come andremmo a vedere..

Due segni, Vergine e Bilancia, di polarità opposte. Vergine, segno femminile, di terra, e Bilancia, maschile, segno d'aria. 

Il segno della Vergine rappresenta il seme della consapevolezza che prende forma nel ventre materno, nella terra, nella concreta materia. 

Il percorso iniziatico a ridosso dei due portali di febbraio, approdato alla chiusura sotto lo Scorpione e la luna nuova in Pesci, ci ha portato sentire intimamente la natura della nostra Essenza monadica.

Ci ha fatto percepire quanto siamo Matrici, senza dualità, senza giudizio, senza opposizione. Integri. 

È tempo di far calare questa nuova Integrità acquisita, nella materia, radicarla nella terra, in modo che non rimanga soltanto nell'ambito della percezione animica, e si offra il modo di manifestare questo Bambino interiore che ha preso vita in noi, in questo ultimo periodo. 

Come una nuova nascita.

Come la nostra personale Betlemme, il cui nome significa "la casa del pane". 

Il pane richiede che si mettano concretamente "le mani in pasta", nella materia. Nel proprio granaio interiore(il grano è il simbolo della Vergine, era associata alla Dea Greca Demetra-Cerere). 

E materia significa lavorare adesso, sul piano della mente, della logica.

"Impastare" e "far lievitare" nel giusto modo.

Far "alveolare" bene il pane, con l'elemento "aria", quello della Bilancia, che sublima l'elemento terra(la Vergine) del grano, della farina. 

Il "granaio interiore" significa, nel segno della Vergine, setacciatura, discernimento, il separare il vero dal falso, la verità dalla menzogna. 

Mercurio, che governa la Vergine, aiuta in questo lavoro di affinamento, in modo che i semi "mentali", vengano alla luce alla ricerca del sole, e siano fecondi, utili e "nutritivi", senza stagnare nelle basse energie delle speculazioni mentali che non portano a nulla, se non a sganciarsi da quella energia espressa dall'Archetipo che governa questa Luna Piena, l'Archetipo Tsade', che ha una funzione energetica importantissima in questo contesto. 

Mai come in questo periodo storico siamo portati all'osservazione, all'analisi, al discernere il falso dal vero. 

L'Archetipo Tsade', con funzione divisione, ci permette un salto evolutivo di estrema portata, facendoci entrare nell'ottica che la divisione è solo apparente, perché siamo frattali di dimensioni superiori a quella terrena, delle quali ci fa percepire la vibrazione energetica. 

Tutta la natura ha una geometria in frattali. Anche noi umani, il nostro Dna. 

E soprattutto, anche la nostra Coscienza, che possiamo percepire in dimensione universale, solo se riusciamo a trascendere l'analisi, la logica, la materia, le limitazioni della dimensione terrena, il karma, in modalità multidimensionale, la nostra vera natura come anime, come Coscienza. 

Il numero sei, moltiplicato tre volte, dà come somma, proprio un 18, e il sei, ripetuto tre volte, rappresenta l'uomo divinizzato, consapevole, quel "9"(1+8), che si lascia rinnovare a nuova Forma, come un grembo che contiene ogni volta una nuova vita, diversa dalla precedente, nella quale si può percepire questo sentirsi implementati  nell'Anima Mundi, nella grande Madre Cosmica, della quale è rappresentazione l'Arcano Maggiore XVIII della Luna. 

Arcano della Luna, che invita a cogliere il lato nascosto delle cose, grazie, appunto, al discernimento. 

La Luna brilla di luce riflessa. 

A quali fonti di luce, stiamo dando importanza, per rilucere? 

La Luna è ricettività, intuizione, mutamento. Se percepiamo divisione in noi, vediamo divisione anche all'esterno. Si sopravvive all'illusorieta' della divisione, solo scremando, arrivando all'uno, all'integrita', alla consapevolezza di essere dei frattali mai separati dalla Matrice, da noi stessi come Essenza. 

Siamo Essenza divina. 

Fare vuoto in noi, significa fare spazio, affinché la gestazione, la creazione di concretizzi, senza vincoli, senza paure, poiché l'Antica Alleanza tra noi e il Divino, tra noi e l'Universo, è continuamente rinnovabile. 

E in questo ci guida la Bilancia, che, insieme alla Vergine, presiede energeticamente  questa Luna Piena di Marzo. 

Una Bilancia assolutamente necessaria, in questo passaggio di presa di coscienza della "non-divisione", perché nella Bilancia si esprimono la Bellezza, l'Armonia, l'Amore dello stesso Universo, di cui le sue creature sono portatrici nella loro perfezione. 

Nella Bilancia impariamo ad armonizzare, a scegliere, ad inseguire e percepire Bellezza, Amore. 

Non si può sbagliare strada. 

Questa è la via dell'integrazione, della Completezza, dell'equilibrio, del dominare gli eccessi, il giudizio. 

Del conquistare l'equilibrio degli opposti, destreggiandosi con maestria, perché ha già attraversato il lungo tunnel iniziatico dei 31 giorni, a febbraio, fino a scendere delle profondità dello Scorpione, ed è stato in grado di risalirne rinnovato, attivo, fecondo, ricettivo, aperto, nel chakra del cuore, soprattutto, a cui corrisponde energeticamente la Bilancia, in nome di Venere, la dea dell'Amore e della Bellezza, che presiede energeticamente questo Venerdì, dedicato, appunto, a Venere. 

Saper oscillare nel giusto modo, tra le due polarità, è il segreto per restare in equilibrio, per funambolare al di sopra delle divisioni, dei conflitti, delle illusioni, e sentirsi, in pienezza, in Armonia e Bellezza, profondamente connessi, come dei frattali, a quelle multidimensioni alle quali apparteniamo, e che ci permettono di manifestarci, in questa dimensione, in Bellezza, nonostante il contesto, nonostante le brutture esterne. 

Non dobbiamo mai perdere questa intima connessione. 

Dobbiamo coltivare la nostra Betlemme interiore. 

Tra pochissimi giorni, il 20 marzo, quest'anno, sarà Equinozio di Primavera, ancora con la luna sotto il segno della Bilancia, perfettamente armonizzati vicendevolmente. 

Ma di questo ne parlerò domenica. 

E che Luna Piena in Bellezza sia. 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

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18/03/2022 Luna Piena in Vergine




💙Il Sacro Femminino è Sophia

Per chi vuole capire..

12/03/2022 >3/3 /6>12
15:30>9
12+9>21>3
Ma anche 1+2+9>12>3
Sempre tre.
Fleur de Lis.
Piazza della Santa Croce.
Stella a sei punte della Basilica di Santa Croce.
Siamo in un Anno sei.
Ci si attiva reciprocamente al risveglio. 
La Via del Sacro Femminino, ancora una volta strumentalizzata, mistificata, come si è fatto, per tutti i simboli sacri finora.
Fare un passo indietro, vedere le cose dalla giusta prospettiva, da uno sguardo d'insieme, aiuta a capire dove sta la verità.
"3/6/9"
"L'Universo crea".
Ma crea alla sua Frequenza, non a quella che gli viene imposta.
Il Sacro Femminino è Sophia.
Per Cuori Puri. 

Tiziana Fenu
©®Diritti intellettuali riservati
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🖤La Donna è Acqua..

 #giornatamondialedellacqua.


La Donna è Acqua.

Deve poter fluire.

È Custode di Memorie, 

di Emozioni, 

che vanno rivelate.


#RebelSoul©®

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Samy Chamine Surrealist Art



🖤Sii poesia..

 #giornatamondialedellapoesia.


Sii poesia

tra le labbra

di chi ti bacia l'Anima.


#RebelSoul©®

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Aykut Aydogtu Surrealist Art




🖤Primavera è..

 Primavera

è ciò che fai sbocciare

nel tuo grembo

anche tra le macerie. 


#RebelSoul©®

Maldalchimia.blogspot.com

Particolare della "Primavera" di Sandro Botticelli, 1480.



🖤Il cuore percepisce...

 Il Cuore percepisce Bellezza,

non ciò che piace agli occhi.


#RebelSoul©®

Maldalchimia.blogspot.com 

David Seidman Surrealist Art



🖤Il vedere...

 Il vedere è superfluo

quando ne cogli l'energia.


#RebelSoul©®

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Claudia Giraudo Visionary Art



🖤La donna è Arte...

 La Donna è Arte

da dipingere sul cuore.


#RebelSoul©®

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Artwork by Matteo Arfanotti "Ver"



🖤Si festeggia...

 Si festeggia in ogni istante

quando si è Dono

l'uno per l'altro.


#RebelSoul©®

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"The mute Swan" Demelsa Haughton

Surrealist Art



💛Vaso a "biberon" di Tharros

 "Vasetto di epoca punica ritrovato a Tharros, in territorio di Cabras, risalente al IV secolo a.C., definito “a biberon” con fattezze femminili con due beccucci versatoi che ne riproducono i seni, con naso, occhi, bocca e braccia applicate.

Vasi a biberon sono stati ritrovati nei tofet della Sardegna, le aree sacre cimiteriali destinate ai bambini nati morti o defunti nei primi anni di età. La loro funzione era legata all’alimentazione infantile, dovevano contenere infatti il latte.

La forma del vaso di cui stiamo parlando richiama proprio il ruolo fondamentale svolto dalle madri nel nutrimento e nella crescita dei bambini attraverso l’allattamento.

Il colore vivace applicato sul vaso lo poteva anche facilmente trasformare in un piccolo e allegro giocattolo". 

Esposto al Museo Archeologico di Cagliari. 


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Questo dice la didascalia riguardo questo bellissimo "biberon" della nostra Antica Civiltà Sarda. 

Dal mio punto di vista, secondo la mia interpretazione, sempre molto personale, riproduce quella che per antonomasia è la Madre delle Madri, la Madre "Gallina", l'Archetipo naturale della Mamma chioccia che si prende cura dei suoi piccoli. 

Gallina psicopompo, gallina nei riti, gallina dalle uova d'oro, gallina che cova le uova, i segreti di Madre Terra, e che ha come controparte animica il gallo, che rappresenta la forza solare. 

La Genesi del mondo, in molte cosmogonie, ha origine da un uovo primordiale, l'uovo misterico primigenio, che custodisce entrambe le polarità, maschile e femminile. 

Questo vaso, quindi, riproduce una gallina. 

Una "pudda", in lingua sarda. 

Una "pudda" che viene rappresentata con i suoi tratti caratteristici. 

Il becco, con l'arcata sopraciliare e il setto nasale a "T", che, abbiamo detto altre volte, è un simbolo di iniziazione, di portale energetico tra dimensioni. 

E di iniziazione parla anche quel simbolo chiamato "a zampa d'oca", che porta al centro del petto, come una V rovesciata, con un segmento centrale. Parlo di zampa d'oca, perché esattamente questo simbolo, apparteneva alla regina di Saba, la grande iniziata, consorte di Re Salomone, colei che diede inizio alla stirpe dei Falasha, gli Etiopi ebrei, di cui risuonano, forse come appartenenza, i nostri falascia di Cabras, le strutture di giunco, abitazioni antiche dei pescatori. 

Un simbolo, che, in questo caso, è rappresentato con il vertice verso l'alto, contrapposto al simbolo che vediamo più in basso, rappresentato invece, con il vertice verso il basso. 

Vertice verso il basso, che rappresenta quell'insieme di apparato riproduttivo(intestino retto e vagina) tipico della gallina, della "pudda", che viene chiamato "udda". 

"Pudda/udda". 

Prof. Dedola spiega come "udda", fosse in origine un sintagma sacrale di benedizione usato a fine cerimonia in ambito sumerico, che indicava "ud da", "andare verso il sole" come segno di benedizione, di ricongiungimento con la divinità solare primigenia. 

Parola che si è involgarita nel corso del tempo, perdendo la sua semanticita' collegata alla metempsicosi, di ritorno all'Uno, al Padre. 

Ecco perché i due simboli, quello della zampa d'oca/gallina, e quello più basso della "udda", hanno i vertici contrapposti. 

Indicano le polarità contrapposte, necessarie alla creazione, alla nascita e rinascita. 

D'altronde, lo stesso simbolo del piede d'oca, ha anche questa simbologia di "nascita/morte/rinascita". 

Lo stesso simbolo lo ritroviamo nella struttura delle zampe, che cingono lateralmente, la parte più bombata del vaso, come se fosse un grembo. 

Simbolo che si nota anche sulla "spalla", come un fiore di loto, simbolo comunque di rinascita. Una qualità comunque  intrinseca del Femminino, di offrire "la nascita, morte e rinascita", nelle sue acque amniotiche, nel suo ventre terreno. 

Infatti, ai lati del collo sono presenti quattro segni orizzontali. 

Il quattro indica Madre Terra, con i suoi quattro elementi e i suoi punti cardinali. 

Una "pudda" che appartiene a Madre Terra, che è lo stesso emblema di nutrimento, di procreazione, di mistero, di sacralità, di potenza conoscitiva, riservata agli Iniziati, di Custode del confine tra le due dimensioni. 

Una Madre che allatta, che disseta, con i suoi lunghi seni, tenuti tra le zampe a tre dita, e che tracciano la stessa traiettoria a "V" della Vulva, o meglio, della "Udda" sottostante, in una magnifica e raffinata armonia di forma e colore( i simboli grafici sono enfatizzati dall'ocra rossa, che rimanda al fertile sangue mestruale). 

Un oggetto straordinario, raffinatissimo e simbolico, di grande presenza e valore. 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com

Un grazie sentito, al ricercatore Roberto Giacalone per la segnalazione di questo straordinario reperto.

Vaso a "biberon" di Tharros




💛Tomba di Ḫattuša e Tomba di Fonni

 Da un post di un gruppo, "Il Sondaggio" (https://www.facebook.com/groups/210974976999246/permalink/536735371089870/), che riporta questo post che parla della Camera dei geroglifici nell'antica città di Ḫattuša, che fu la capitale dell'impero ittita. 

Nelle Lettere di Amarna, che risalgono al XIV secolo a.C., gli Ittiti erano indicati dagli Egiziani come una delle maggiori potenze, insieme all’Assiria, a Mitanni e a Babilonia, e venivano trattati alla pari.

Nel corso del III millennio a.C., gli Hatti avevano istituito una città-stato in Hattusa. 

 "Vicino alla Cittadella Meridionale, nella parte orientale della Città Alta, due monumentali camere a cupola potrebbero essere parzialmente restaurate da grandi blocchi di calcare.

Camera 2 con rilievi sopravvissuti in ottime condizioni grazie alla coltre di terra sotto la quale giacevano protetti nel corso dei millenni.  Sulla parete di fondo c'è un dio del sole con un lungo mantello e pantofole arricciate sulla punta.  Identificato dal doppio sole alato posizionato sopra la sua testa, tiene nella mano sinistra un'asta ricurva e nella destra - come si addice a un donatore di vita - una versione alquanto modificata dell'ankh egiziano - l'emblema della vita.


 Il rilievo a sinistra rappresenta Shupiluliuma II, l'ultimo dei famosi Grandi Re di Hattusha e il sovrano responsabile della costruzione della camera.  È ritratto con la gonna corta del guerriero, una spada alla cintura e una lancia nella mano destra;  un fiocco è appeso sopra la sua spalla.  Ai suoi piedi si scorgono delle pantofole accartocciate all'altezza delle punte, e in testa porta il cappello a punta tipico delle divinità;  questo ha tre corna nella parte anteriore.  Davanti a lui ci sono il suo titolo e nome, iscritti nei geroglifici luviani.  Sembra che il Gran Re si sia fatto raffigurare come un dio anche se all'epoca era ancora vivo e attivo, come è confermato dalla parete di fronte.


 Abbiamo un'iscrizione di sei righe in geroglifici luviani cesellata nella parete di fronte.  (I geroglifici luviani sono un copione illustrato sviluppato in Anatolia; né linguisticamente né pittoricamente hanno a che fare con i geroglifici egizi).  Sebbene l'iscrizione non sia stata ancora completamente decifrata, l'essenza principale è chiara: il Gran Re Shupiluliuma riferisce che con la benedizione degli dei ha conquistato diverse terre, tra cui quella di Tarhuntassa, e che ha fondato nuove città e costruito  sacrifici agli dei in vari luoghi.  L'ultima frase menziona "una divina strada-terra".  D. Hawkins, specialista dei geroglifici luviani, accetta questa come l'iscrizione dedicatoria dell'edificio che afferma lo scopo della struttura, qui indicata come un passaggio che conduce nella terra, nel sottosuolo.  Quindi la camera avrebbe potuto essere un ingresso simbolico agli Inferi."

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Ora, guardate la notevole somiglianza con la nostra tomba dei Giganti. 

Il luogo, è quello delle tombe dei Giganti di Madau, a Fonni, in provincia di Nuoro, quattro sepolture con un orientamento a sud-est, ai piedi del passo "corr'e Boi" (così chiamato perché somiglia ad una testa di bue con le corna), disposte ad anfiteatro, e risalenti a 3500 anni fa, se non prima, sicuramente

Vi lascio il link di approfondimento, del mio post, a riguardo(https://maldalchimia.blogspot.com/2021/07/il-gigante-nella-tomba-madau-di-fonni.html?m=0) 

Hanno anche lo stesso angolo a 72 °

"Rappresentare un Gigante come quelli di Mont'e Prama, in una forma ogivale a 72°, significa sottolinearne la valenza sacrale, come avevo già sottolineato sulla simbologia di questo angolo, presente in tutti gli ingressi dei Nuraghi, nella Sacra Geometria delle nostre Dee Madri, nel pozzo di Santa Cristina, che sono tutti indicatori di un linguaggio comune.

Sono tutti indicatori cosmici di questo avanzamento nella ruota celeste, sia del Sole equinoziale sull'orizzonte celeste, sia dell'orientamento dell'asse di rotazione della terra stessa.

L'angolo a 72° è un parametro Sacro, colonna portante di tutto l'enorme ingranaggio cosmico che fa muovere l'universo intorno a noi(72 sono gli anni necessari per lo spostamento di un grado precessionale durante la precessione degli equinozi, che dura 25772 anni, per un giro completo dell'asse di rotazione della terra sulla sfera celeste). https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/le-tre-dee-madri-cosmiche-sarde-della.html?m=0

Riportandolo come parametro angolare sulla terra, in queste costruzioni megalitiche, nella dimensione della materia(infatti lo ritroviamo nell'ingresso dei nuraghi e nel pozzo sacro di Santa Cristina, come ho scritto in svariati post

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/06/simbologia-angolo-72-nel-pozzo-scristina.html?m=0), è come se gli antichi Sardi, gli Antichi Architetti Divini, avessero portato un angolino di immortalità che consentisse loro di sentirsi parte attiva di questo ingranaggio, nel grembo stesso della creazione universale, unendo l'Umano e il Divino.

Per questo motivo hanno rappresentato a fine corridoio, proprio una creatura che rappresentasse la manifestazione immortale del Divino in terra: un Gigante di Mont'e Prama.

Giganti che rappresentano la manifestazione concreta  dell'immortalità, poiché rappresentano, il forte legame con la cintura di Orione, il portale dell'immortalità, rappresentata proprio dall'altezza della loro cintura, perfettamente coincidente con il centro della Sacra Geometria, sia nella Vesica Piscis, sia nella quadratura del cerchio."


Ittiri.. Ittiti...

Ittico..riferito al pesce, alla Vesica Piscis, Unione degli Opposti... 

Hattusa, la capitale dell'impero Ittita. 

La H  mercuriale, che indica equilibrio degli opposti. 

Ci sono sempre tracce da seguire, un po ovunque, sparse qua e là per il mondo, quando si tratta di Antica Civiltà Sarda e dei nostri formidabili uomini di mare, abili commercianti e costruttori.. 

Sono arrivati anche qui in Turchia.. La somiglianza tra le due strutture è notevolissima.. 

Ma di cosa ci stupiamo.. Ogni giorno se ne scopre una.. 


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com 


Nelle prime due foto, la tomba nella città di Ḫattuša, nelle ultime due, la tomba dei Giganti Madau, a Fonni

Tomba di Ḫattuša e Tomba di Fonni








💛"Il grano e la Dea" M. I. Tanga

 . ‘Sa guada’ è, invece, il nome di una focaccia beneaugurante della tradizione sarda, che il proprietario del podere regala ai propri lavoranti il giorno di Capodanno.

E’ una sorta di bassorilievo di pasta di pane raffigurante un’aia con ceste di grano e messi mature, contornata dai tipici attrezzi da lavoro, come vanghe, pale, aratri e il giogo dei buoi, dal quale prende il nome di ‘sa guada’.

Un pane simile, il cosiddetto ‘arzòla’, tipico del Capodanno di Paulilàtino, ha impressa un’ aia adibita alla trebbiatura.

Ispirati alla vita pastorale sono altri due pani simbolici sardi, ‘sa mandra’ e ‘sa peltusitta’, raffiguranti scene e attrezzi tipici dell’ovile. ‘Sa peltusitta’ di Tresnuraghes, di forma tondeggiante, reca impressa la ‘pinnetta’ (la capanna rotonda), con le pecore intorno e un pastore con il cane.

Nel Logudoro, sempre per Capodanno, presso le famiglie dei proprietari terrieri, venivano preparati i ‘cabude’, da donare ai propri dipendenti, a pastori e braccianti, che vivevano nella ‘tanca’.

Donare il pane era visto, non solo, come un’ azione che avrebbe portato fortuna e prosperità alla famiglia offerente, ma anche come un’ operazione di redistribuzione dei beni, tendente a ricostruire una condizione di uguaglianza tra tutti i membri della comunità. Oltre al pane quotidiano, che si consumava tutti i giorni, in Sardegna, numerosi erano i pani cerimoniali. Già in epoca ‘nuragica’, in piena età del bronzo, si ha traccia di bronzetti raffiguranti degli oranti che offrono del pane alle divinità. Nei nuraghi, inoltre, sono state rinvenute numerose ‘pintadere’, piccole matrici di terracotta usate per decorare i pani votivi. Antichissimi pani votivi sardi sono i ‘sos Puzzoneddos de su Cossolu’, preparati a Orune in occasione della festa della Madonna della Consolata, che si festeggia il primo lunedì di agosto.

I ‘Puzzoneddos’ sono forgiati a forma di colomba, uccello sacro per antonoma

sia, emblema dell’ armonia cosmica, una delle più importanti ipostasi della Grande Madre. In questo caso, dietro l’ immagine della Madonna della Consolata, è possibile scorgere, in filigrana, il profilo numinoso della Grande Dea pagana.

A Orotelli, Villacidro e Gonnos le ‘is tundas’, pani in forma rotonda, erano offerti come ex voto, durante la messa. A Barunei le ‘is tundas’ erano protagonisti del grande banchetto in onore di San Basilio. I pani che avanzavano erano distribuiti ai mendicanti, un’usanza, questa, comune a quasi tutte le feste patronali sarde. Tanto che frotte di postulanti e di poveri cristi partecipavano assiduamente ad ogni festa, spostandosi a piedi, in ogni stagione, da un capo all’altro dell’isola.

Ogni Santo ed ogni festività o ricorrenza aveva il suo pane. Famosi erano i ‘coccoi’ di San Marco e di Sant’Isidoro, un vero trionfo naturalista, in cui foglie, fiori, frutti, uccelli sembrano intrecciare il loro canto a madre natura

Sos coccòi’ e ‘Santu Marcu’ venivano portati in processione accanto alla statua del Santo, il 24 di Aprile a Borone, a Macomer, a Lei e a Bordigali. Una volta benedetto, veniva ridotto in briciole e sparso nei campi in funzione pro

oria.

‘Sas cogònes pintàdas’ è il pane offerto a Sant’Isidoro, in qualità di patrono degli agricoltori, allo scopo di ottenere un buon raccolto. È un pane azzimo, di semola di grano duro, a forma di ghirlanda, decorato con palline di pasta riproducenti i chicchi di grano. Questo pane veniva portato in processione e poi benedetto. Lo si custodiva in casa come amuleto.

Nel comune di Senorbì (Cagliari), in onore di Sant’ Isidoro, si indice, ogni mese di maggio, la sagra del ‘su pani arridau’, il pane abbrustolito sulle braci del camino. Anche i piccoli pani di San Filippo fungono da preziosi amuleti, non solo in quanto benedetti in chiesa la sera del giovedì santo, ma perché nell’impasto vengono disciolti tre grani di sale, potente talismano contro il malocchio. Tanto che ‘su pane ‘e Santu Tilippu’ veniva conservato gelosamente nelle case, per proteggerle dai temporali e da altre calamità. E’ incredibile come sacro e profano continuino a convivere, in maniera quasi insospettata, nelle pieghe della quotidianità del mondo subalterno, nutrendone miti e riti, animandone usanze e credenze in una fecondissima amalgama.

[...] Il pane era ed è, ancora oggi, protagonista della commemorazione dei defunti. I cosiddetti ‘pani de is animas’, bianchissimi, sono diffusi in tutta la Sardegna. Il settimo ed il nono giorno dalla morte del congiunto si usava distribuire, a parenti e vicini, dei pani speciali, i cosiddetti ‘panèddas’, insieme a maccheroni e carne268. In tutta la Sardegna, ricorrenti erano le questue in nome dei defunti. Gruppi di bambini, vestiti di bianco, come dei fantasmini, bussavano di casa in casa, pronunciando la formula: ‘A bene ‘e is animas’, ‘per il bene delle anime’.

[...] Nel Campidano cagliaritano, per il 2 novembre, si preparano dei pani speciali, ‘is panixeddas’, che vengono donati ai poveri in suffragio dei cari estinti. ‘Sas paneddas’ e ‘su pani de animas’ sono pani di pura semola, caratteristici della ricorrenza dei morti nella regione del Sarrabus. Sempre per il 2 di novembre, a Cagliari e a Sassari è tradizione preparare ‘is animeddas’, un pane bianchissimo. ‘Sas corroncias’ è un altro pane tipico del giorno dei defunti, realizzato a forma di ciambella ‘piccada’ (da ‘picta’ - ‘decoro’), decorata, sulla quale viene inciso il segno di una ‘V’. Alcuni studiosi locali hanno visto un’ analogia con il ‘triangolo’, uno dei simboli della divinità femminile e del suo potere rigenerativo.

[...] A Laconi, in provincia di Oristano, è usanza preparare il ‘pane di sapa’ il 17 di Gennaio, in omaggio a Sant’Antonio Abate. Pane che ritroviamo anche a Sini, sempre in provincia di Oristano, il 25 aprile, per onorare San Giorgio, patrono della comunità. Il pane di sapa, preparato dalle famiglie del paese, viene portato in chiesa la vigilia della festa e, dopo la benedizione, venduto ai fedeli. Mentre, sulle tavole natalizie non mancava mai il ‘sa rughe’, un pane a forma di croce che veniva spezzato e distribuito dal capo famiglia ai parenti durante il pranzo, in segno beneaugurante, propiziatorio.

In Ogliastra, il giorno di Natale, si usava donare un bellissimo pane a forma di cuore, di giglio, di stella, di pesce o di uccello.

Più raro ra, invece, un pane antropomorfo, che riproduceva le fattezze di un neonato, ‘su accèddhu’ (lett. ‘bambinello’), cesellato con tanto di capelli, sesso e cordoncino legato intorno alla vita. In Gallura invece, il 25 dicembre, si era soliti donare ai bambini due tipi di pane, ‘la franka’ e ‘lu kubòni’.

Il primo, a forma di bambola, destinato alle bambine, l’altro, forgiato a forma di corvo, era donato ai maschietti.

A Thiesi, la sera della vigilia di Natale, erano i bambini più poveri a chiedere del pane, presso le case dei benestanti. Lo si faceva recitando una breve filastrocca, che augurava tutto il bene possibile a chi avesse donato ‘su bakkìddhu’, un pane a forma di bastone, tipico della ‘questua’. In Sardegna ‘un uso magico di grano, farine e pani era legato ai riti del ciclo invernale’, quando la natura è al suo minimo produttivo. Una bella usanza, viva ancora oggi nelle zone interne dell’ isola, è quella della questua rituale di fine anno. La mattina del 31 dicembre i bambini di Orgosolo si recano di casa in casa per chiedere ‘sa candelarìa’. ‘A nolla dàzes sa candelarìa?’('ci date la candelarìa?’), è la domanda che riecheggia, dalle prime luci del mattino, per tu

l paese. Riportiamo, qui di seguito, il ‘canto’ della ‘candelarìa’:

‘Datecelo, il pane

per amore di Gesù Bambino

Abbiate denaro e vino,

grano e orzo a mucchi.

Datecelo, il pane!!’


La ‘candelarìa’ consiste nell’ offerta di un pane (su coccòne), appositamente preparato per l’ occasione, e donato ai ragazzini orgosolesi insieme a frutta, biscotti e denaro.

Una consuetudine, questa, ancora vivissima. Il ‘coccòne’ viene approntato, nei giorni precedenti la fine dell’anno, da gruppetti di donne con rapporti di parentela o di buon vicinato. È composto di farina di grano duro, ‘sa sìmula’, impastata con lievito ‘madre’, acqua tiepida, sale e strutto.

Grazia Deledda ce lo descrive come un ‘piccolo pane bianco, frastagliato, lucido, in forma di uccello e di altri animali’.

Secondo alcuni studiosi di storia locale, ‘sa candelarìa’ deriverebbe dal ‘donum candelarium’, il dono tipico delle Calende di gennaio

[...] Altra importante data del calendario rituale contadino è il 17 di gennaio. In questo giorno, gli abitanti di Bòttida, centro del nuorese, festeggiano Sant’ Antonio Abate con un grande falò, intorno al quale un cavaliere, su un cavallo bardato a festa, compie sei giri rituali intorno al fuoco, tre in senso orario e tre in senso antiorario, ‘s’ inghiriu’, reggendo l’ ‘àrdia’, lo stendardo sul cui apice è infilzata una pagnotta tonda di pane tradizionale, confezionato esclusivamente per questa occasione.

A turno, in gruppi, gli abitanti compiono i sei giri intorno al falò, mangiando i pani e i dolci, detti ‘de su fogu’.

Il fuoco riveste un ruolo importante nella ricorrenza di Sant’ Antonio Abate.

Simbolo di purificazione e di rigenerazione, in un’ epoca di passaggio particolarmente delicata, esso prepara la terra a rigenerarsi, a dare nuovi frutti.

Nuovi frutti evocati, metaforicamente, dai pani e dai dolci ‘de su fogu’. Dietro la figura del Santo anacoreta, nel particolare contesto mediterraneo, si intravede l’ ombra ierofanica di un nume della vegetazione.

Il ‘pistiddu’ è un altro pane devozionale, molto caratteristico, preparato a Oliena e a Dorgali, nel nuorese, in onore del Santo eremita, farcito di ‘sapa’ e semola.

A Sarule (Nuoro), i ‘pistiddos’ vengono offerti, da donne velate di nero, a coloro che portano il nome di Antonio.

A Fonni, remoto paesino della Barbagia, dopo la funzione religiosa, il prete benedice il grande falò nella piazzetta del centro storico, insieme ai ‘pani di sapa’, offerti dalle fonnesi in onore del Santo.

A Orani, ai Sos Bundos, uomini mascherati con maschere di sughero che visitano ‘su fogu’, viene offerto il pane ‘pistiddu’ precedentemente benedetto in chiesa.

Altri ‘pani di Sant’ Antonio’ sono ‘su pane nieddu’ di Orosei, confezionato con farina, miele e sapa e i ‘calistredhos’ di Lodè (Nuoro), i quali vengono appesi, insieme alle arance, al tronco centrale che regge il grande falò, a forma di ‘pennettu de Santu Antoni’, di ‘capanna di Sant’ Antonio’.

Una volta appiccato il fuoco al ‘fogone’, i ragazzi più agili si lanciano di corsa sulle frasche cercando di arrivare fino in cima alla catasta di legna per prendere i pani e le arance prima che il fuoco bruci ogni cosa. Fuoco-pane-arance: come non pensare ad una festa celebrativa in onore di madre natura?! Come non pensare ad una propiziatoria ‘festa della cuccagna’ tutta rivolta ai futuri germogli primaverili?!

Durante il pomeriggio del 16 gennaio, frotte di rgazzini invadono le strade di Lodè per la tradizionale questua in onore del Santo.

‘Tzia, a lu jumpamos su ocu?’, ‘Signora lo saltiamo il fuoco?’, è la frase di rito che viene ripetuta sull’ uscio di ogni casa.

Alla domanda, di solito, viene risposto di ‘sì’. Prima di accomiatarsi, la padrona di casa fa dono ai questuanti di arance e ‘calistredhos’ in segno beneaugurante.

Ad Ardauli, in provincia di Oristano, ai questuanti di Sant’ Antonio viene donata ‘sa panizzedda’, un pane impastato con la sapa. Secondo una leggenda sarda, Sant’Antonio avrebbe rubato il fuoco ai diavoli dell’inferno, attraverso la complicità di un maialino. Leggenda questa che rispecchia quella di Prometeo, che i greci, evangelizzatori dell’ isola, hanno confezionato apposta per i miscre

ori sardi, per far loro accettare la protezione del Santo eremita. Dei veri e propri gioielli di acqua e farina adornano il simulacro di Sant’Antìoco, portato ogni anno in processione da una folla osannante.

Grappoli d’uva, colombelle, spighe e fiori intagliati nella pasta di pane fanno del ‘su coccoi de su Santu’ una piccola opera d’ arte ‘effimera’ (per dirla con Cirese), segno della grande devozione che gli abitanti della piccola isoletta di Sant’Antìoco provano per il loro patrono.

Mentre, ‘giorni del pane dolce’ sono definiti quelli che da metà gennaio vanno al 2 febbraio, giorno della Candelora, festa di purificazione per eccellenza. In questo giorno si usa benedire le candele che, si dice, difendano dalle calamità e dalle tempeste. Le candele accese simboleggiano Gesù, quale luce del mondo.

La cerimonia delle candele, probabilmente, deriva dal rituale del ‘Februato’, ossia, dall’ usanza dei Romani antichi di accendere torce in onore di Giunone Februata, la ‘purificatrice’. In questo giorno si usa portare in processione, fra canti e litanìe, dei pani speciali, infilzati con candele accese. Religiosità popolare e reminiscenze pagane, devozione e tradizione, fede e farina, rivivono in questa suggestiva usanza di Perdasdefogu-Foghesu.

‘Il mistero del pane dolce riporta a popoli antichi, a usanze ebraiche, delle popolazioni del bacino del Mediterraneo con gesti fortemente religiosi e apotropaici’ osserva Alberto Cirese.

La benedizione dei pani e la distribuzione ai fedeli caratterizzano l’aspetto liturgico. Mentre il ciclo della panificazione è tutto punteggiato da usi e gesta che rimandano alla remota paganità. Le donne sedute a terra, in cerchio, davanti al forno, ricordano antiche deità del focolare, i loro gesti ripetono usanze ancestrali, consolidate da una consuetudine millenaria, come quella di appoggiare i coltelli alla bocca del forno o di versare il sale grosso sulle braci ardenti, in segno scaramantico.

Un tipo di pane ‘unico in Sardegna e in Europa’ (Cirese) questo della Candelora sarda, detto anche ‘panis Angelorum’, ‘pane degli Angeli’.

Non lo si vende. Si dona a chi si ama e si rispetta. Lo si distribuisce in fette sottili, alla fine del rito della Candelora.

È un pane a forma di ciambella di pasta compatta, insaporita con semi di anice, chiodi di garofano, noce moscata, finocchietto selvatico. Un pane che sembra preannunciare i profumi della primavera sarda. 


Tratto da "Il grano e la Dea" di Maria Ivana Tanga

Maldalchimia.blogspot.com

(Nello specifico, non ho trovato immagini dei pani citati, quindi ho fatto un mix di vari tipi di pane)


"Il grano e la Dea" M.I.Tanga
















💛La pietra di Villamassargia

 Da un post di prof. Sanna, docente, autore, esperto di antiche scritture. 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10222978661748551&id=1039280542


VILLAMASSARGIA. QUELLE LETTERE NURAGICHE  ASSURDAMENTE DIMENTICATE CHE FANNO LA STORIA DELLA SCRITTURA.


Scandalo tra gli scandali. Le lettere della pietra di Villamassargia prima richieste con insistenza dagli archeologi ma ad essi negate e quindi ...trascurate. Nelle università palestinesi e israeliani la pietra se la contenderebbero con una guerra santa tanto sono intriganti. Tutti gli studiosi sarebbero pronti a studiare e a dire. Con le riviste scientifiche pronte ad accogliere, in tutto il mondo. 'In tutto il mondo' sì, perchè il cosiddetto protosinaitico e il cosiddetto protocananico, essendo all'origine della scrittura (purtroppo con ancora scarsa documentazione) sono notissimi in tutte le università che trattano di epigrafia e paleografia antiche. Certi nostri archeologi e la Sovrintendenza per la tutela (!!!) del patrimonio culturale sardo cosa dicono invece? 'Non ce ne frega nulla. Tutta spazzatura!'Qui da noi, nella comunità 'scientifica', il protosinaitico è roba da falsari, il protocananaico pure che è anche schifezza di organizzazioni mitopoietiche sparse in tutta la Sardegna!' E come no? Tutto tutto, proprio tutto, scientifico, proclamato dal fior fior di farina della scienza accademica sarda! Il nostro Dipartimento improprio è da anni se non da decenni che ride per non piangere. Anche la pietra di Santu Pedru di Villamassargia è una schifezza, anche quella di Jerzu lo è, anche quelle conosciute recentissimamente delle campagne di Uta sono spazzatura. E come no? Loro continuano con l'inutile difesa del dogma morto e sepolto per prove provatissime scientifiche. Ma si continua anche da parte nostra, cari miei, ma agendo al contrario: mostrando non con vergogna ma con fierezza i segni di  Villamassargia. Perchè di quei segni ci ricordiamo bene e quei segni con orgoglio mostriamo al mondo. Osservatele quelle 'lamed', quelle 'shin', quella 'aleph e 'gimel' agglutinate. Osservatela quella 'shin' a cuore (un 'unicum'?), quella 'yod' a forcella, quella 'zayin' antica di cinquemila anni! Osservatelo bene infine l'ultimo segno, quella ''ayin' a 'V' introvabile altrove o quasi mentre da noi in Sardegna si spreca'! Sì. Sì, proprio spazzatura e schifezza!     


(in all. La pietra di Villamassargia trovata alcuni decenni fa in località Santu Perdu).


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Sulla lettera Ayin, vorrei aggiungere che corrisponde al sedicesimo Sacro Archetipo Ebraico Ayin, con funzione "corrispondenza".

Ed è una corrispondenza tra il piano terreno e quello divino, ciò che cercavano costantemente nei tempi passati.

La lettera Ayin significa "occhio", l'occhio che Riflette un altro occhio, che aiuta nella visione globale, come i due occhi di Osiride, legati da un filo.

L'occhio che trasmette(l'occhio Mascolino, il destro) e l'occhio che riceve(il Femminino)

Con la Lamed abbiamo la misura, il parametro, il punto di riferimento(come il dodicesimo anello della tholos del pozzo  Sacro di Santa Cristina, a Paulilatino, traguardato dalla ierofania che si riflette, che "corrisponde" anche nella parete della Tholos, proprio sul dodicesimo anello, in corrispondenza del 21 aprile, come verificato dal ricercatore Sandro Angei, e come avevo spiegato, nella sua simbologia nel mio post a riguardo https://maldalchimia.blogspot.com/2020/06/osservavo-la-piantina-del-pozzo-di.html?m=0). 

La Ghimel, il terzo Sacro Archetipo Ebraico, è lo spazio della Creazione, dove i due Archetipi Aleph(l'energia mascolina creatrice), il primo Archetipo, e la Beth, il secondo Archetipo(l'energia femminile creatrice), si incontrano, nella Ghimel, terzo Archetipo, e incominciano a creare uno spazio tridimensionale.

Con la lettera, e l'Archetipo Ayin, così presente, nella nostra Antica Civiltà Sarda, si va oltre.

È un Archetipo 16

Un "4x4".

Un quattro(che indica la dimensione terrena), elevato al quadrato.

Elevato di un'Ottava, nella dimensione spirituale, divina, di cui, la dimensione divina, rappresenta una corrispondenza, un riflesso, di quella luce divina, di quella sorgente, che rappresenta la Ayin.

È come un occhio del Divino, e un occhio terreno, che consentono, insieme, una visione di insieme totale, per carpire i segreti dell'Universo.

L'Uomo, fin dai tempi antichissimi, ha sempre cercato questa intima connessione con il Divino. Un'attitudine innata, al quale ha sempre teso con opere e pensieri.

L'Archetipo Ayin, è il crinale tra le due dimensioni. Padroneggiarle, capire la corrispondenza, base di ogni insegnamento alchemico, "come sopra, sotto", significa, non solo comprendere questo tipo di energie più universali, ma anche di sentirsi parte, partecipi e co-partecipi, creatori, insieme al Divino.


Una piccola parentesi.

Il ricercatore Sandro Angei, ha sottolineato come, per rafforzare queste splendide ierofanie, che traguardavano momenti ritualistici importanti di interesse per tutta la comunità, come il vedere il grado di maturazione del grano, usassero dell'olio, che restando a pelo d'acqua, creava lo specchio ideale per creare una ierofania dorata.

Io ho pensato, che visto che le acque del pozzo (dei pozzi), erano considerate Sacre, che l'origine de "sa mexina de s'ogu" (la medicina dell'occhio, tipica della nostra terra, contro il malocchio), eseguita di solito con l'olio e l'acqua, o con il grano e l'acqua, avesse origine proprio da questa ritualistica, del benedire l'acqua con l'olio, per intensificarne la connessione con il Divino. Cosa che è assolutamente plausibile, visto che "is brebus", le formule ritualistiche che si pronunciano durante i riti de "Sa mexina de s'ogu", non sono altro che preghiere, invocazioni al Divino. 


Tiziana Fenu

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La pietra di Villamasargia




💛I pettorali di Tartesso"

 Da un post di una pagina(https://www.facebook.com/1274405409430039/posts/2166426006894637/), in cui si dice che a Camos, in Spagna, trovarono, negli anni '50, delle anfore con il tesoro, chiamato "El Carambolo", del re Terios, proveniente dalla città Tartessiana, risalente al VI sec. aC, comprendente 21 pezzi, tra cui due pettorali a pelle di bue.

Questi pettorali, o panelle di rame, sono similissimi a quelli ritrovati nel nuraghe Antigori di Sarroch. Si ipotizza potessero arrivare da Cipro. 

Ma io credo, avallando l'ipotesi di molti studiosi a riguardo, che Tartesso non si trovasse nell'attuale Spagna, ma proprio in Sardegna, e che questi ritrovamenti siano la prova degli scambi commerciali e dell'esportazione(e non, dell'importazione) di questo manufatti Sardi, verso le regioni del bacino Mediterraneo e oltre.

Sappiamo che la stele di Nora, ritrovata vicino a Pula, risalente al XIX sec. aC, definita con caratteri "fenici", presenta una sottolineatura in rosso della parola b-TRShSh, che si traduce come T(a)rsh(i)sh, la Tartesso di cui parlano i Greci, perché significa proprio "in Tartesso, identificando Nora con Tartesso. 

Wagner invece, identifica Tharros con l'Antica Tartesso. 

Anche nel coccio di Orani, si legge la stessa scritta b-TRShSh, e prof. Sanna, reinterpretando l'iscrizione della stele di Nora, grazie a questo Coccio, riesce a decifrare il nome antico della città di Tharros, che era Tarsos. 

In Spagna non esistono toponimi, specialmente nella zona dove ipoteticamente sarebbe dovuta essere Tartesso, che siano foneticamente simili a Tartesso. 

Qui abbiamo Tharros, il Tirso, ed altri toponimi che contengono la TRS di Tartesso. 

La Sardegna con il suo Gennargentu/Genn'argentu/ena("vena")argento, rimanda ad una ricca zona di metalli, ricca di vene d'argento. Anche la Bibbia parla di una  Tharshish, una civiltà particolarmente evoluta, nel II millennio aC, e non può essere che la Sardegna.  

Nel passo della Genesi 10,1-5, parla chiaramente di due luoghi  differenziati, riferiti alla discendenza di Noè, e non identifica quindi Tartesso con Cipro: "questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet, ai quali nacquero figli dopo il diluvio. I Figli di Iafet : Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubal, Mesech e Tiras. I figli di Gomer : Askenaz, Rifat e Togarma. I Figli di Iavan : Elisa, Tarsis, quelli di Cipro e quelli di Rodi. Da costoro derivarono le nazioni disperse per le isole nei loro territori, ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni".

Se ne parla nel libro dei Re, riguardo re Salomone che aveva la sua flotta di mare chiamata di Tarsis, con grandi carichi d'oro e d'argento e di Babbuini(spesso ci sono i babbuini, nelle nostre navicelle nuragiche, ma questo, perché rappresentavano il dio Thot, il "civilizzatore" dell'umanità, di cui abbiamo una splendida rappresentazione nel coccio di Orani(https://maldalchimia.blogspot.com/2021/10/la-divinita-androgina-di-sardara.html), una divinità androgina, come l'energia del sigillo del re Salomone, che è una stella a sei punte, come la nostra stella della Sartiglia, come il Fiore della vita a sei punte della Maschera dei Boes, come l'esagono simbolo degli Architetti Divini, i Giganti di Mont'e Prama, i nostri semidei civilizzatori. 

Stella che indica l'equilibrio degli opposti. 

La compagna, la Regina di Saba, grande iniziata anch'essa, della quale ho parlato svariate volte, inaugura la discendenza dei Falasha, gli ebrei etiopi, forse i veri protagonisti della bandiera dei quattro morì. 

Falasha il cui nome, ancora eccheggia nelle antiche abitazioni in giunco dei pescatori di Cabras, i falascia. 

Ci sono svariati passi biblici, almeno una dozzina buoni, sui quali non mi voglio attardare, che nominano Tarsis, e la descrivono  verosimilmente come localizzata in Sardegna. 

Quindi, ritornando ai "pettorali spagnoli", correlati alle panelle ritrovate a Sarroch, ritengo che potessero essere una produzione locale, piuttosto che un'importazione, e che Tartesso, verosimilmente, potesse essere davvero qui in Sardegna.

E vogliamo parlare della lavorazione a "pibiones" delle degli ornamenti sulle braccia e nel giro vita? Tipicamente sarde(https://maldalchimia.blogspot.com/2020/10/i-motivi-pibiones-nella-cultura-sarda.html?m=0)


Anche le sei "bolas", le sei sfere sul davanti, ricordano quelle, anche se in numero doppio, del bronzetto, con le "bolas" in spalla. E sappiamo bene, l'importanza del numero sei nella nostra Antica Civiltà Sarda

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Tiziana Fenu

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