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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

venerdì, giugno 25, 2021

🖤Raffinare

 Raffinare e assimilare.


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Michael Cheval Surrealist Art


Raffinare




🖤Disinnescare

 Disinnescare.


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Aykut Aydogtu Surrealist Art


Disinnescare




🖤I miei occhi

 I miei piedi sul tuo petto.

I miei occhi

dentro la tua Galassia.


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I miei occhi






🖤La Vanità

 La Vanità

è un Lusso per pochi.


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La Vanità




🖤Il dolore

 Il dolore

è come il Canto delle Sirene.


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Il dolore



🖤So stare

 So stare al mio posto

perché conosco quale è.


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So stare




🖤Dimentichiamo

 Dimentichiamo presto.

Ricordare è Impegno.


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Dimentichiamo




mercoledì, giugno 23, 2021

🖤La Morbidezza

 La Morbidezza è Potere.


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La. Morbidezza






🖤Sono nella mia sovrana

 Sono nella mia Sovrana

e Assoluta Perfezione.


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Tippi Hendren, "Birds" by Alfred Hitchcok

Sono nella mia sovrana




🖤Le corrispondenze

 Le corrispondenze

si rivelano 

a chi le sa decodificare.


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Le corrispondenze




🖤Rivelarsi

 Rivelarsi

é concettualmente

l'opposto del nascondersi.


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Aykut Aydogtu Surrealist Art


Rivelarsi




🖤Il Fuoco

 Il Fuoco è l'unico, tra i 4 Elementi che necessita di un qualcosa con il quale ardere.


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Aykut Aydogtu Surrealist Art


Il Fuoco




🖤La leggerezza

 La Leggerezza

è una Nota di Ottava

dell'Anima.


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Michael Cheval Surrealist Art


La leggerezza




🖤I merletti

 I merletti, le trasparenze, la seduzione,

le increspature,

appartengono all'Anima.


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Ray Caesar  Surrealist Art


I merletti




🖤Sei diverso

 Sei diverso dagli altri umani.


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Shiori Matsumoto Surrealist Art


Sei diverso






🖤Tra tante

 Tra tante

scelsi Te.

Non chiedevi carezze.

Eri Carezza.


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Mark Ryden   Pop Surrealist


Tra tante




🖤Se fossi un uomo

 Se fossi un uomo

mi incazzerei.


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Se fossi un uomo



🖤I sincronismi

 I Sincronismi

sono la Manifestazione

della nostra Frequenza.


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Debra Bernier Sculptures


I sincronismi




🖤Meritiamo

 Meritiamo tutto ciò

che siamo già stati

e che abbiamo dimenticato.


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Yasar Vurdem Surrealist Art


Meritiamo




💚Dea Madre Lajja Gauri

 La Dea Madre Lajja Gauri con la testa di loto

da Ter, India

III sec. a.C. 

(Museo britannico) 


Lajja Gauri è una dea indù associata all'abbondanza e alla sessualità, interpretata da alcuni come la divinità creatrice. Il suo culto è diffuso in tutta l'India, specialmente nelle regioni tribali dell'India centrale e meridionale. Il suo potere è enfatizzato dalla rappresentazione simbolica della vulva.

Devi, la Grande Dea Madre dell'Induismo, nella sua forma di Lajja Gauri, è la più antica forma di Dea nell'Induismo, il cui culto è prevalente nei villaggi tribali del Gujarat. I templi rupestri di Badami hanno una scultura della divinità nel locale Museo Archeologico, originariamente trovata nel Tempio di Naganatha, e ha un tempio esistente dedicato alla dea risalente all'Impero Chalukya che fiorì intorno al VI secolo d.C.


*Questa splendida Dea Madre è rappresentata con un fiore di loto al posto della testa.

Fiore di loto che sembrerebbe(ne sono sicura perché ho visto altre immagini di questa Dea) con 16 petali, e che quindi è collegato al quinto chakra della gola, della laringe, chiamato Vishudda.

Avevo già avuto modo di scrivere, in un mio precedente post, come ci fosse un'assonanza fonetica e concettuale tra la parola sanscrita Vishudda e la parola sarda "udda", che indica l'apparato riproduttivo femminile.

"Udda", nella forma "ud da", era anche un sintagma sacrale beneaugurante di fine cerimonia(come spiega prof. Dedola, glottologo, riguardo l'origine della parola "udda"), appartenente agli Antichi Shardana, e fatto proprio dai preti bizantini in epoca medioevale.

Sintagma sacrale che significherebbe "ud da", "andare verso il sole".

Ma è sempre stata l'assonanza fonetica e concettuale "udda/vishudda", ad avermi portato a riflettere sul fatto che questi due centri energetici siano in stretta correlazione.

Così come la laringe è il centro creativo della voce, del verbo, del suono, così "sa udda", l'apparato riproduttivo femminile, è il centro creativo della vita.

Si crea anche con il suono, e anche anatomicamente, sono due parti che sono strutturate nello stesso modo.

In sardo, "gola" si dice "gutturu".

"Gu-tt-uturu", dove la desinenza "-uturu" coincide con "utero".

"Gu" in sanscrito significa oscurità (come la cavità uterina), ma indica anche un suono onomatopeico simile al muggito del toro/bue, che simbolicamente rappresenta il potere fecondante maschile. 

"Gu" è presente anche nella parola "nuragu", dove "Nu-", come ho spiegato altre volte, fa da radice sia di Nur (fuoco) sia di "nun" (elemento trasformativo dell'acqua).

Rappresentare quindi questa bellissima dea Madre, con un fiore di loto che si espande dal chakra della gola e sostituisce la testa, in correlazione alla vagina, enfatizzata, in questo caso, da una posizione di donna "partoriente", tipica delle statuine Sheela Na Gig, che forma, con la posizione delle gambe, una "M" di "madre" e di "Mem" (archetipo madre dell'acqua, fonte di vita), significa mettere in correlazione ed enfatizzare la capacità creativa della Donna, attraverso il suono, il chakra della gola, e il suo apparato riproduttivo.

Come una Jana, che con la sua Yoni è capace di dare vita, anche attraverso la guarigione con il potere del suono, del verbo, della parola.

"Janas", letto al contrario, diventa "sanaj", e "sanai", in sardo significa "guarire".

E "sanai" è simile a "sonai", che significa "suonare, emettere un suono".

Perché il suono cura, guarisce, e la parola, il verbo, possono portare alla vita quanto lo stesso apparato riproduttivo.

Trovo veramente incredibile, la profonda saggezza e conoscenza espressa in questa stupenda statuina dipinta in ocra rossa, come il fertile colore del sangue mestruale.

La parte centrale, il ventre, è sottolineata da una conformazione a U, con l'ombelico al centro.

Perché lei, e arca che trasporta il sole, l'oro nel suo ventre, come indica la simbologia del sole, un cerchio con un punto al centro.

Lei è Sacra, è Arca, Arcano, Archetipo, e in questa rappresentazione ne viene esaltata tutta la sacralità, preziosa come un Fiore di loto che riesce a fiorire, in tutta la sua magnificenza, anche nel fango.


*mia personale interpretazione 


Tiziana Fenu


©®Diritti intellettuali riservati


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Dea Madre Lajja Gauri




💚Dea Madre Rodi

 Figurina in terracotta di Rodi. 

 Alabastro arcaico, VI secolo a.C. circa

 Le dee spesso tengono uccelli o hanno uccelli sulla testa( così come dice la didascalia) 


*Le Dee Madri, fin dai tempi antichissimi, fin dal Paleolitico, spesso venivano rappresentate in forma ornitomorfa, o perlomeno, erano spesso associate alla simbologia degli uccelli.

Lilith, Inanna, Athena, per la civetta, Venere per il cigno, per citarne solo qualcuna, e già dal 13.000 a.C., vi erano delle rappresentazioni parietali, nelle grotte, che rappresentavano l'oca, come portatrice di vita, rimasta, come simbologia fino ai giorni nostri, nell' immaginario collettivo, attraverso la cicogna che porta i neonati. 

Rappresentare queste Dee Madri con un qualsiasi uccello, assumeva una forte connotazione simbolica.

L'uccello rappresenta il ponte tra Cielo e Terra, tra gli opposti. La stessa simbologia della colomba è la rappresentazione dell'essenza maschile divina, incarnata in una forma femminile.

È quel Soffio divino, la Sacra Shekinah, che viene insufflato nell'Umano, e che anima, con un'Anima, appunto, le cose e le persone.

Anche le nostre pavoncelle sarde sono rappresentate mentre insufflato la vita, dal beccuccio, l'una difronte all'altra, davanti all'albero della vita.

Essere una Dea Madre Uccello, significa essere depositaria e custode, di quella completezza, rappresentata simbolicamente dall'Uovo Alchemico cosmico., elemento centrale di molte cosmogonie nelle varie civiltà e culture.

L' Uovo di per sé ha una simbologia monadica, di completezza, grazie alla quale può generare la vita.

Il tuorlo, con il suo giallo oro, richiama la simbologia del sole, il maschile, mentre l'albume, con la sua consistenza chiara, trasparente e filamentosa, richiama le secrezioni femminili durante il periodo ovulatorio e fertile.

E proprio a questa simbologia archetipale monadica, si è ispirata questa bellissima statuina di Alabastro.

Tiene sul petto, tra i seni, un uccellino.

Lo tiene con la mano destra, che rappresenta il mascolino, quasi a proteggerlo e a custodirlo.

Mascolino, che è presente, in modo discreto, anche attraverso la forma quasi fallica di questa statuina, che non presenta, appunto in questa parte inferiore, nessun elemento che possa essere ricollegato al femminino.

Nessun accenno di pube, nessuna scanalatura che possa enfatizzare le gambe.

È una parte inferiore completamente liscia e allungata, come un Lingam, come un fallo, e questo, esalta la connotazione sacrale, ierogamica e simbolica di questo magnifico manufatto.

La simbologia di Madre-Uccello, è enfatizzata anche dal copricapo circolare, che sembra un nido, con i bordi svasati.

Perché l'idea feconda, nasce prima come intento.

Prima sul cuore, sul quarto chakra del cuore, dove è custodito l'uccellino, poi come intuito e visualizzazione, nel sesto chakra del terzo occhio, e poi come realizzazione creativa, data dalla sinergia delle polarità opposte, che consentono la manifestazione, attraverso il settimo chakra della Corona.

L'espressione della Dea Madre è in raccoglimento, perfettamente armoniosa e perfettamente equilibrata in questa morbidezza stilistica, che ha comunque la forza e la potenza di una rappresentazione simbolica molto forte, espressione delle due energie, maschile e femminile, che portano avanti ogni ciclo terreno e universale.

(Cliccare sulla figura per vederla per intero)

*mia interpretazione personale 


Tiziana Fenu


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Dea Madre Rodi




💚Coperchio oro, Asia, protome taurina.

 Coperchio in oro dell'Asia occidentale con testa di toro barbuto con intarsio turchese Tur


 Oro con intarsi di turchesi, III-II millennio a.E.V., Asia centrale occidentale


 Profondità 8cm.


 Testo e immagine dal sito del Museo Miho, Kyoto, Japan


Questo stupendo manufatto dimostra come la simbologia del Toro, del Maschile, solare, fosse strettamente legata e complementare a quella lunare, Femminile.

Le corna taurine richiamano il grembo femminile, ma anche una conformazione ad Omega rovesciata, il compimento, la materia, la Forma nella quale trova realizzazione lo Spirito, il Mascolino.

Una conformazione uterina che si ripropone anche nelle linee che seguono il muso e gli occhi del Toro. rappresentato.

I riccioli della barba, sono rappresentati in numero di 14, quanto mezzo ciclo lunare, perché il Toro, il Sole, con la sua forza fertilizzante, rappresenta la metà alchemica della Luna.

Riccioli della barba, al contempo, cilindrici, fallico, e uterini, in quanto cavi all'interno.

Insieme, maschile e femminile, Sole e Luna, possono raggiungere l'unità, rappresentata da quella pietra centrale posizionata proprio al centro della fronte, nel terzo occhio, in concomitanza del sesto chakra Anja, dove risiede la nostra consapevolezza.

La consapevolezza è memoria, e la memoria è acqua, liquido amniotico.

Il colore del sesto chakra Anja, è l'indaco, esattamente come il colore della pietra centrale, indicata come un turchese, una pietra legata sia all'elemento terra, femminile, perché richiama il colore dell'acqua, sia all'elemento aria, maschile, perché richiama il colore del cielo. 

Ed è la memoria, quella animica, che ha in sé, il ricordo della completezza, di quando le due parti complementari erano unite, come in un Tao, come nella circonferenza sferica di questa pietra, che riluce, al centro della fronte, saggezza e consapevolezza insieme, manifestazione della vibrazione più sacra in assoluto, la vibrazione dell'Om, quella della creazione, possibile solo nella sinergia degli opposti. 


Tiziana Fenu


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Coperchio oro, Asia, protome taurina




💚Vaso Argento Enmetena

 Historia del Arte

Storia dell'arte: dalla preistoria ad oggi, di Eri Kokita


lunedì 3 giugno 2019

Vaso d'argento di Enmetena

L' Enmetena Silver Vessel è un vaso o vaso datato intorno al 2.400 a.C. circa, appartenente all'arte mesopotamica .

Vaso d'argento di Enmetena

Fu ritrovato nell'anno 1888 durante gli scavi archeologici effettuati dall'archeologo francese Ernest de Sarzec.

Nell'antica città sumera di Girsu o Ngrisu, situata a 25 km a nord-ovest della città sumera di Lagash.

Attualmente corrisponde alla città di Tel Telloh, nella provincia di Dhi Qar in Iraq.

Nel 1896 fu donato dal sultano Abdul Hamid II al museo del Louvre, dove entrò a far parte della collezione d'arte del dipartimento delle antichità orientali.

Chi era Enmetena?

Enmetena (noto anche come En-Temena ) fu uno degli ultimi re della prima dinastia Lagash (città-stato sumera).

Visse verso la fine del XXV secolo a.C. circa (periodo compreso tra il 2.500 a.C. e il 2.401 a.C.) durante il periodo dinastico arcaico o protodinastico della Mesopotamia.

Durante il suo regno riuscì a stabilire un "trattato di fratellanza" con il re di Uruk, raggiungendo una clausola di accordi al fine di garantire stabilità al suo regno.


Vaso d'argento di Enmetena

Descrizione

Ha un'altezza totale di 35 cm (la base ha un'altezza di 7 cm) e un diametro di 18 cm.

È realizzato in argento e rame, utilizzando le tecniche dell'incisione e della martellatura.

Si tratta di un grande bicchiere o vaso dalla forma ovoidale e dal collo alto che presenta nella parte inferiore un supporto a quattro gambe in rame (attualmente il rame è ossidato).

Si vede una decorazione incisa a bulino e divisa in una fascia di due fregi.

Sulla parte perimetrale del ventre del vaso, vi è un motivo rappresentato quattro volte: l'aquila testa di leone che rappresenta il dio-uccello Anzu o Imdugud. Leoni, cervi e capre sono rappresentati tra i loro artigli.


Vaso d'argento di Enmetena (particolare)

I leoni si trovano ad attaccare capre e cervi. Tutte le figure sono rappresentate nella parte superiore di una linea che rappresenta il suolo.

Da notare che il tema rappresentato simboleggia la protezione dell'ordine naturale voluto dagli dei.

Al di sopra di questo fregio vi è un altro fregio in cui sono rappresentate sette giovenche in posizione distesa. Si distingue come il posteriore è piegato e mentre negli anteriori è possibile apprezzare lo zoccolo.

Riguardo a questa composizione, va notato che mostra un contrasto tra il mondo animale selvaggio con i leoni che attaccano i cervi e le capre, e la calma dei pascoli con le giovenche.


Vaso d'argento di Enmetena

Alcuni ricercatori pensano che possa essere la rappresentazione simbolica del dio Ningirsu che governa e controlla il mondo.

Nella parte superiore del collo del vaso, intorno al bordo, è visibile un'iscrizione scritta in caratteri cuneiformi .

Grazie a questa iscrizione si sa che la funzionalità del vaso doveva essere un'offerta votiva del re Enmetena al dio Ningirsu (dio protettore della città di Lagash).


Una traduzione approssimativa dell'iscrizione è la seguente:


" A Ningirsu, l'eroe di Enlil,

 Enmetena, re di Lagash,

 ... il suo maestro che lo ama,

 fece creare un vaso d'argento purificato

 in cui Ningirsu poteva mangiare...

 e per la sua vita, lo portò al tempio Ningirsu di Eninnu. "


 "A quel tempo, Dudu era un prete Ningirsu ."


Per concludere, sottolineare che il Vaso d'argento Enmetena è considerato una delle opere più perfette dell'oreficeria sumera e dell'arte mesopotamica.


Attualmente è al Museo del Louvre a Parigi, Francia.


http://kokita-eri-historiadelarte.blogspot.com/2019/06/vaso-de-plata-de-enmetena.html


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Vaso Argento Enmetena




💚Dea Madre Tell Brak

 Gli idoli oculari di Tell Brak non hanno paralleli, né in Siria né in Mesopotamia

Tell Brak, situata nella regione dell'Alto Khabur, nel nord-est della Siria, nelle fertili pianure vicino al fiume Tigri, è uno dei più grandi siti antichi della Mesopotamia settentrionale e tra le prime città del mondo che furono costruite. 

Nell'antichità Tell Brak era considerata una città internazionale. Fu dimora di diverse civiltà nel corso dei secoli, tra cui Sumeri, Babilonesi, Accadi e Mittani. La città fu definitivamente abbandonata nel 2000 aC circa.

Sebbene Tell Brak si trovi nella Siria nord-orientale, sia la decorazione che la pianta del Tempio dell'Occhio assomigliano a quelle dei templi della Mesopotamia meridionale, come quelli di Uruk ed Eridu.

Il simbolismo dell'occhio era anche popolare in Mesopotamia in questo periodo, e disegni di occhi sono stati trovati su oggetti del cimitero reale di Ur e nei templi

Gli idoli oculari scoperti nel sito risalgono al 3300 aC circa.

Molti di loro sono incisi con più paia di occhi, altri con gioielli e altri ancora con rappresentazioni di "bambini" - occhi più piccoli e corpo scolpito sul corpo dell'idolo più grande.

Secondo storici e archeologi si pensa che gli idoli siano un'offerta. Si ritiene che gli occhi grandi dimostrino attenzione agli dei in molta arte mesopotamica. La ragione per cui così tante di queste figure furono lasciate nel templi era che erano considerate doni agli dei.


Questa in particolare, secondo me, rappresenta  una Dea Madre.

La simbologia dei quattro occhi può rappresentare i quattro punti cardinali, e i quattro elementi di Madre Terra, acqua, aria, terra e fuoco.

Quattro occhi ben aperti che custodiscono i quattro angoli della Terra, sottolineando il potere di questa Dea Madre.

La forma dell'occhio, è quella del rombo, che richiama la simbologia della vulva femminile., sottolineata anche da quella "V"(che richiama il pube femminile) alla base del collo. 

I quattro occhi si presentano come un "unicum embrionale", sottolineati, nella parte superiore da una accortezza stilistica molto raffinata : un'arcata sopraciliare unica, composta da un unico motivo a zig zag, esattamente identico a quelli che troviamo, in un modulo "a tre", nella parte centrale di quello che dovrebbe essere il ventre di questa Dea Madre.

Dea Madre dalla grande potenza creatrice, che si esplica attraverso la rappresentazione di questi tre motivi(il numero tre simboleggia la creazione) a zig zag, che simboleggiano l'acqua, la capacità di generare tramite il liquido amniotico.

Poiché Ella è Dea Madre che domina e governa  i cicli di "nascita/morte/rinascita", ed è depositaria e Custode della vita, poiché governa ed è custode, di tutti gli elementi di cui è composta la sua Essenza.

È aria, vento che trasporta i semi della creazione.

È acqua che trasporta vita e memoria.

È fuoco che arde con lei nel cuore di chi la ama.

E terra che custodisce la vita e la morte.


Tiziana Fenu


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Questi motivi a zig zag si trovano anche nelle nostre Domus de Janas

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/gli-dei-delle-spirali.html?m=1


Dea Madre Tell Brak




💚Arpa egizia

 Arpa ad arco (arpa a spalla) ca. 1390-1295 a. c.


Nuovo regno, il Egitto.


Questo tipo di arpa ad arco portatile a forma di barca era comune durante il Nuovo Regno ed è mostrato nelle mani di musicisti processionali che si esibiscono da soli o in gruppi con cantanti, strumenti a fiato, sistri e sonagli. L'estremità della cornice ad arco è decorata con la testa di un prudente nubiano che sembra legato dalle corde dell'arpa.


Un po di storia e simbologia sull'arpa

L’Antichità greca, la cui autorità pesa più significativamente di quanto oggi si possa immaginare sulla nostra cultura musicale, trasmette all’Occidente la convinzione che numeri, note e strumenti abbiano un sesso

La definizione della consonanza come conciliazione di tensioni antagoniste fa dell’ harmonia il simbolo per eccellenza dell’amore. I pitagorici del V secolo prima dell’era cristiana, decretano che le note traducono dei numeri e che l’harmonia in musica è il frutto dell’amore tra il pari e il dispari. Per dimostrarlo utilizzano una tecnica di calcolo che consiste nel dispore sassi sulla sabbia (psêphoi in greco, calculi in latino) che permette loro di associare il dispari al mascolineo e il pari al femmineo. Il dispari è maschile in virtù della sua unità centrale che si associa al membro virile; mentre “il vuoto centrale” nel cuore del numero pari ne fa un emblema della matrice del Kaos che ha generato il mondo, un simbolo dunque femminile.

Nella Grecia dell’Antichità, paese dove anche i numeri hanno un sesso, gli strumenti non possono che allinearsi allo stesso ordine di cose. Se l’arpa, in virtù del vuoto centrale della sua cassa di risonanza, lo stesso vuoto che si impone al centro di un numero pari, diviene l’immagine più eloquente dell’universo al femminile e dell’harmonia figlia dell’amore del pari e del dispari, l’aulos, il doppio oboe che riecheggia tra i marmi dei teatri greci, in ditirambi e riti fallici, è la rappresentazione per eccellenza dell’universo maschile. Un aulos tra le labbra di una gentil doma ne fa una cortigiana e se le prefiche professioniste possono farne uso è perché all’uomo, a quei tempi, non è permesso il pianto, debolezza e consolazione concessa unicamente al gentil sesso.

La visione antropologica del cosmo propria all’antichità crea, inoltre, una confusione feconda e parlante tra la tensione delle corde e quella dell’anima alla mercé delle passioni. In una celebre satira, Orazio è dipinto dal proprio schiavo Davus come un uomo istabile e schiavo dei sensi:

“Duceris ut nervis alienis mobile lignum”

(Sei menato come legno molle dai nervi altrui).

Facile rilevare una significativa analogia. Nervus, dal greco neuron, designa al tempo stesso i nervi umani e le corde della lira il cui potere magico può soggiogare l’uditore privandolo della propria libertà. L’anima è dunque una lira e la lira una sorta d’anima. Nell’immaginario pitagorico, l’harmonia è un corpo aereo che s’invola nei cieli incarnandosi poi negli strumenti musicali. Ancora oggi nel Medio Oriente non si esita a venerare nell’arpa le divinità la cui parola ha creato il mondo e, per la stessa ragione, l’arpa figurava tra gli attributi degli angeli del paradiso cristiano.

L’arpa, incarnazione “naturale” dell’immagine della donna , dell’amore e dell’ harmonia, attraversa gloriosa la nostra storia fino al Medioevo. Poi la scrittura musicale si complica, si arricchisce e per l’arpa cominciano i problemi. “L’angelico strumento” che ha fatto la gioia dei beati nelle visioni del paradiso medievale è di fatto uno strumento diatonico, – immaginate un pianoforte senza i tasti neri! – e, di conseguenza, inadatto alle esigenze della nuova musica, ricca di modulazioni e deviazioni modali.

Prima di “rifarsi il trucco”, di re-inventarsi, l’arpa genera una sfilza di “arpe meccaniche” e così nascono clavicitherium, clavicordi, spinette, virginali e clavicembali. Le dita dei musicisti dalle corde passano a tastiere provviste dei dodici semitoni della scala cromatica. Ma non siamo alla fine dell’ “apollineo instrumento”. Si tratta solo di una pausa. Il Rinascimento inventa arpe doppie e arpe triple. Poi, dalle fucine dei liutai nasceranno ancora le arpe a pedali, a semplice o doppio movimento.

C’è dell’altro, del nuovo. Se l’Antichità è molto liberale quanto al sesso dell’arpista, l’Occidente cristiano lo è meno e ripropone una diversa immagine femminile dell’arpa.

(...) Accordando l’arpa, producendo armonici su di una stessa corda o semplicemente lasciando scorrere le mani sulle corde dello strumento se ne visualizzano necessariamente sezione e lunghezza. L’arpista, toccando letteralmente con le dita la relazione tra i rapporti numerici semplici e le consonanze, come l’Apollo greco – divinità della chiarezza, della Ratio e coreografo delle Muse – è parte dell’harmonia universale.

L’arpa intrattiene inoltre legami con la demonologia e la magia legati questi però ad un differente fenomenmo armonico: la vibrazione simpatica delle corde, particolarmente percettibile su questo strumento. Come tutti sappiamo, se pizzichiamo la corda di uno strumento ben accordato, altre corde entrano in vibrazione senza essere state nemmeno sfiorate. L’assenza di ogni contatto diretto offre un modello particolarmente suggestivo per le spiegazione dei fenomeni magici

Tratto da http://www.associazioneitalianarpa.it/larpa-tra-mitologia-e-simboli/


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Arpa egizia








💚Danzatrice del Nilo

 Stupenda statuina neolitica in terracotta dipinta, esposta al Brooklyn Museum, conosciuta come "la Dea o Danzatrice del Nilo", risalente all'Egitto predinastico, esattamente periodo Naqada II(3500-3400 a.C.)

Essendo state ritrovate diverse statuine di figure femminili di questo tipo, nell'atto di celebrare una danza con le braccia alzate, si è pensato che fossero sacerdotesse del culto della Dea Hator, la maggiore rappresentante del principio Femminino tra le divinità egizie.

La Dea Hator è la Dea Madre per eccellenza, è la Dea del parto, della nascita, della celebrazione della vita, la Vacca Alata che dà vita al creato.

Essendo anche la Dea delle passioni, e dell'amore, ha avuto il suo corrispettivo ellenico in Afrodite, che celebrava con danze, canti e musica.

Il geroglifico che la rappresentava, era formato da un paio di corna bovine/taurine, tra le quali brilla il disco solare.

Ma è anche la Dea della distruzione quando si trasforma nella sanguinaria Sekhmet, quindi anche Dea della morte, che implica in sé, il concetto di rigenerazione.

In realtà, questa statuina, secondo il mio sentire, manifesta la sinergia delle polarità insieme, maschile e femminile, celebrate attraverso la danza amorosa.

La forma è taurina/uterina, nel senso che, rappresenta sia la stilizzazione di una protome taurina, con le corna ben evidenti, sia una forma uterina, nel senso che la forma a Y ricorda la forma dell'utero.

Ma qui abbiamo anche la particolarità di un corpo dipinto solo sulla parte superiore di ocra rossa.

L'ocra rossa indica il Femminino, il sangue mestruale, la fertilità.

Mentre la parte inferiore, dalla vita in giù, non presenta una copertura con l'ocra rossa.

Parte inferiore che non presenta nessun accenno al Femminino, se non nella stessa forma a punta verso il basso, come il pube femminile.

Ma potrebbe rappresentare anche, con questa forma affusolata, il fallo maschile, e quindi, una complementarietà di sinergie.

Questo aspetto lo trovo molto compatibile con il dinamismo energetico che vuole rappresentare la statuina.

Celebra, con queste movenze rivolte verso il cielo, il Sole, il Maschile, la danza dell'Amore, possibile solo se vi è complementarietà tra opposti.

Aggiungerei che la stilizzazione della statuina ricorda anche una Y, e la Y è legata, come simbolismo esoterico, alla Tau, ai riti Iniziatici, che sicuramente gravitavano anche intorno al culto della Dea Hator, praticato specialmente nel tempio a lei  dedicato, il Tempio di Dendera.

Un tempio misterioso, famoso non solo per le famose "Lampade di Dendera", che pare riproducessero la luce, ma anche per tutte le rappresentazioni nei bassorilievi, che parlano di creazione di energia.

Quelle che sembrano "batterie" sono rappresentate con il color rame, esattamente come la parte superiore del corpo della nostra Danzatrice, le cui braccia potrebbero essere benissimo le due polarità, il negativo e il positivo, per creare energia elettrica.

Proprio come si crea dall'incontro dell'energia Maschile e dell'energia Femminile.

Si dinamizzano ed energizzano a vicenda, in una danza di vita, di amore continuo.

Bellissima e incantevole.

L'Essenza dell'Amore, come un cuore formato dalle braccia, che è pura Energia.

Una statuina, che belle fattezze ricorda un nostro petroglifo, nell'area archeologica di Bruncu Suergiu, all'interno del Parco della Giara. Un'immagine stilizzata, ma estremamente simile. Perché, come sempre, la nostra Antica Civiltà Sarda è in anticipo con i tempi, sulle altre. 


Tiziana Fenu

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Danzatrice del Nilo







💚Statuina cultura Vinca

 Splendida statuina appartenente alla cultura Vinca, sviluppatasi nella penisola balcanica tra il VI e il III millennio a.C.

La forma della statuina è fortemente stilizzata e concettuale, poiché doveva esprimere il concetto del Femminino, della fertilità. Infatti è rappresentata senza testa e senza braccia.

Il pensare non è caratteristica del Sacro Femminino.

Ella non pensa.

Ella Crea.

E sul "corpo" sono incisi i segni di questo veicolo della creazione.

Un corpo che ha la forma di un triangolo sovrapposto ad un rombo.

Il triangolo con la punta verso il basso richiama il pube femminile, e il rombo, la vagina, in forma stilizzata.

Nella parte superiore del busto sono rappresentate due bande decorate a zig zag, che richiamano la simbologia dell'acqua.

Ma significano anche la triade della ciclicità "nascita/morte/rinascita"

La Raffinatezza di queste due bande di decorazione, è che accostate, creano una sequenza di rombi allineati, che simboleggiano la vulva femminile.

Infatti gli stessi motivi si ritrovano poco sopra il pube, sottolineato dalla spaccatura vulvare, ad indicare che il ventre femminile, attraverso l'acqua, il liquido amniotico, porta la vita.

Altri motivi, sempre a zigzag e a spiga, seguono le linee verticali del busto.

Sei linee, che indicano unione del maschile e del femminile, a fare da cornice a dei seni raffinati e discreti, per mantenere armoniose le proporzioni, bilanciate anche dall'assenza delle braccia. 

Perché la Donna, non è forza-lavoro, ma Essenza creatrice, è grembo.

È il concetto stesso di Vita, espresso nella sua essenzialità, in modo semplice ed intenso.


Tiziana Fenu


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Statuina cultura Vinca




💚Su lasu e sa zoica

 Una splendida riproduzione, in pochi esemplari, del maestro orafo Galdino Saba by Giesse, di due splendidi gioielli sardi. 

A sinistra abbiamo "su lasu", e a destra "sa Zoica" (gioia).


Su lasu, è meraviglioso gioiello sardo di elegantissima fattura, un ornamento in oro che si porta al collo con un nastro. Questo pendente d'oro é composto da tre elementi lavorati con foglie in lamina d'oro e filigrana lavorato a mano a cavallo del secolo. Gli elementi sono sostenuti da catenelle in filigrana con rosette. Pesa 27 gr ed é della zona dell'iglesiente

" Su lasu" è composto da "Su Froccu" (parte superiore), "Sa gioia" (parte centrale) e "Su Dominu" (parte inferiore). Questo gioiello se usato completo fa parte del corredo della sposa, veniva usato nelle cerimonie ufficiali. Mentre su Dominu, che può essere disgiunto dal resto del gioiello, veniva indossato esclusivamente all'interno della casa ad indicare la padrona de "sa domu" ad evitare l'imbarazzo di un ospite nell'individuare la persona da omaggiare come padrona di casa.

E' una riproduzione, eseguita completamente a mano secondo le antiche tecniche di lavorazione


"Su lasu", invece, è un gioiello molto ricco con lavorazioni a filigrana e incastonature di pietre preziose. Tipico delle barbagee (oliena, nuoro, dorgali, orgosolo, bitti e mammoiada), questo gioiello fa parte del corredo della sposa ed è simile nell'uso a "su lasu" del cagliaritano, ma a differenza di quest'ultimo la parte terminale è costituita da una croce al posto de "su dominu". Veniva indossato dalle donne col vestito tradizionale della festa in occasione di incontri pubblici. 

Questo gioiello oggi viene identificato in uso prevalente nei centri di Oliena e Dorgali, anche se le origini storicamente documentate lo fanno risalire al 700 e in uso nell'Iglesiente come dimostrano chiaramente stampe di datazione certa. E' comunque stato riprodotto in pochi esemplari.


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Su lasu e sa zoica




💛Simbologia angolo a 72° nel pozzo S.Cristina

#ripropongo.. 

Simbologia dell'angolo a 72° nel solstizio d'estate, in particolare nel pozzo di Santa Cristina. 


Oggi, 22 giugno, è una data particolare, legata al Solstizio d'estate, celebrato ieri.

Nella ruota dell'anno del paganesimo, si susseguono gli otto sabbat legati agli otto momenti tipici del percorso dell'anno e delle stagioni, dove la divinità solare, nasce a Yule (20/23 dicembre) , cresce e si unisce alla sua Dea, a Beltane(primo maggio) fino a morire e a riprendere il ciclo.

Questa fase del solstizio estivo è chiamata  Litha, ed è celebrata il 21/22 giugno, la massima espressione dell'unione tra acqua e fuoco. 

Il 22 però è considerato un numero molto più potente a livello alchemico, poiché è un numero Maestro, dove è racchiuso il segreto della creazione, il ventiduesimo Archetipo finale, la Tau, che indica il completamento dell'Unione degli opposti. 

Il 22 giugno, 22/06, è il naturale completamento di ciò che è esemplificato e manifestato al meglio proprio dall'angolazione dei raggi solari in questo momento dell'anno, il 21/06, solstizio estivo, l'angolazione a 72°. 

Questo perché, 72,  in riduzione teosofica diventa un 9(7+2), e la data 21/06, diventa un "2+1+6", quindi un "9"

La data successiva, invece, quella di oggi, 22/06, diventa un 10(2+2+6), il completamento, dove il cerchio, l'elemento femminile(lo zero),e l'elemento maschile (il numero uno) si incontrano. 

E dove si incontrano? 

Nel grembo, nell'acqua, nel grembo in quel "nove" del "7+2", dell'angolo solstiziale, che rappresenta il Sacro Archetipo Ebraico Teth, il Femminino, il grembo, nell'elemento amniotico della memoria.

Il ricercatore Sandro Angei ha verificato che proprio in occasione del solstizio estivo a mezzogiorno esatte, il sole illumina esattamente per metà il nono gradino del pozzo Sacro, oltre che crearsi la ierofania sul dodicesimo anello della Tholos.

Una straordinaria architettura e perfetto sincronismo con i movimenti astrali del cosmo. 

Il solstizio, vede nell'emblema del tempio Sacro per eccellenza, dove gli opposti si incontrano, nel pozzo di Santa Cristina, una perfetta realizzazione di questo incontro al centro del bacile. 

Ma non è su questo che volevo porre l'attenzione, ma sul fatto che l'ingresso del pozzo di Santa Cristina, porta con sé il parametro sacro dell'angolo a 72°, che indica la Dea Madre, poiché è lo stesso che si trova negli ingressi dei nuraghi, e nella struttura delle nostre Dee Madri, da quella di Cabras, a quella di Turriga, fino a quella di Porto Ferro di Alghero. 

Questo fattore in comune, dell'angolo a 72°, comune ad elementi così apparentemente diversi come possono essere le dee Madri Sarde, i nuraghi e il pozzo sacro di Santa Cristina(e chissà quanti altri), è invece importantissimo, poiché indica un linguaggio comune, una Koine' interpretativa, che ci riporta ad un'unica decodificazione importantissima, come avevo già scritto: l'interpretazione della dinamica della precessioni degli equinozi, poiché il numero 72, sacro in ogni civiltà, corrisponde agli anni necessari per lo spostamento di un grado precessionale durante la precessioni degli equinozi. 

Cosa significa questo? 

Che i nuraghi, le Dee Madri, il pozzo di Santa Cristina, con il loro parametro che li contraddistingue, dell'angolo a 72°, sono degli indicatori cosmici di questo avanzamento nella ruota celeste, sia del Sole equinoziale sull'orizzonte celeste, sia dell'orientamento dell'asse di rotazione della terra stessa. 

Questo significa, in parole povere(un'approfondimento più dettagliato lo trovate nel link che vi lascio a fine post), che gli antichi Sardi avevano individuato questo parametro, questo angolo a 72°, che è colonna portante di tutto l'enorme ingranaggio cosmico che fa muovere l'universo intorno a noi. 

Riportandolo come parametro angolare sulla terra, nella dimensione della materia, è come se avessero portato un angolino di immortalità che consentisse loro di sentirsi parte attiva di questo ingranaggio. 

Di sentirsi nel grembo stesso della creazione universale. 

Partecipi e Co-partecipi..

Di unire l'umano e il Divino.

Il Maschile e il Femminile.

L'acqua e il Fuoco del solstizio

E questo aspetto, se ci pensiamo, è di una Bellezza infinita. 

È la perfezione della Bellezza materializzata nella materia. 

E questo trova conferma nel fatto che questo rapporto aureo dell'angolo a 72° si trova anche nella stella a cinque punte, nel pentacolo, che corrisponde, sia al pianeta Venere, che alla costellazione del Toro. 

Maschile e Femminile insieme, che si ritrovano nel grembo del 9, del "7+2", di quell'angolo a 72° che consacra questa unità, questo matrimonio alchemico degli Opposti, esattamente quando l'inclinazione dei raggi solari sono a 72", esattamente nel solstizio estivo, esattamente nella data di oggi in particolare. 

Tutta questa perfezione, e cura, nel manifestare il Divino nella materia, non ci deve stupire.

Lo abbiamo visto anche con i Giganti di Mont'e Prama, gli Architetti Divini, e l'angolo equinoziale a 60°, come ho approfondito nei miei precedenti post. 

Non ci deve stupire, ma ci deve emozionare profondamente. 

Poiché se oggi, la Sardegna è considerata una terra magica, affascinante e sacra, lo deve al fatto che i nostri Antichi Padri e Madri erano intimamente connessi con le energie divine e dell'universo, tanto da averne colto le proporzioni auree, divine, e averle riprodotte nelle loro perfette costruzioni, al punto da renderle immortali, in una Bellezza che non è descrivibile a parole. 

Chi viene in Sardegna, ci lascia il cuore, perché si coglie la casa, l'origine, l'intima connessione con noi stessi e con l'Universo. 


Tiziana Fenu

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https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/le-tre-dee-madri-cosmiche-sarde-della.html

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/la-geometria-del-6-nel-mento-del.html


Simbologia angolo a 72° nel pozzo S.Cristina




















💛Simbologia alchemica solstizio estivo

 Simbologia alchemica del solstizio estivo. 


Domani alle 5:31, ora italiana, subentra il solstizio estivo, nell'emisfero boreale, celebrando l'ingresso del Sole nel segno del Cancro, il segno lunare delle profonde emozioni. 

È significativo che proprio domani, il giorno di massima manifestazione del Sole, ci sia l'ingresso del Sole in un segno d'acqua come il Cancro(l'anno scorso è stato in Gemelli, il 20 giugno) 

Indica, quest'anno, una ricerca di equilibrio tra Fuoco, rappresentato dal Sole, e acqua, rappresentato dal segno del Cancro.

L'era astrologica del Cancro, in tempi "recenti" ai nostri, risale all'8000-6000 a.C, dominato dalla Luna, dall'elemento acqua, che ha portato diluvi e alluvioni, e che probabilmente sommerse la mitica Atlantide.

È l'era complementare a quella del Leone, del Sole, dell'Oro, del Fuoco, che l'ha preceduta, poi è subentrata quella dei Gemelli, che rappresenta l'elemento aria, la comunicazione Mercuriale tra i popoli(dal 6.000 al 4000 a.C), quella del Toro, con l'elemento terra(dal 4000 al 2000 a.C.)legata al rame, al pianeta Venere, a Madre Terra, alle civiltà matriarcale, per poi arrivare all'era dell'Ariete, il ferro, il guerriero, fino all'anno zero, che segna l'inizio dell'era dei Pesci, la nostra, con la nascita del Cristo, un'era mistica, dove le polarità cercano di stare in equilibrio.

La somma della data di domani, 21/06/2021, dà come risultato un 14, che corrisponde proprio al Sacro Archetipo Ebraico Nun, con funzione trasformazione, poiché indica, come abbiamo visto ieri nel mio post sulla fonte Sacra di Noddule, in provincia di Nuoro, come questo archetipo sia profondamente presente nell'Antica Civiltà Sarda.

È presente nell'architettura, in quanto prodotto ogivale delle due circonferenze della Vesica Piscis, ed è Geometria Sacra che abbiamo visto presente nell'architettura, nelle proporzioni auree dei Giganti di Mont'e Prama, nelle Dee Madri sarde, nei svariati miei precedenti post. 

La Nun è presente anche nel simbolo della tribù dei Dan, insieme all'archetipo Dalet, che significa porta, passaggio, stabilità.

Trasformazione nel passaggio uterino, nelle acque della Madre.

Perché in nessun'altra civiltà si è visto un culto delle acque così importante e sentito come in Sardegna.

Culto delle acque che è veicolato da strutture architettoniche che rivelano una precisa geometria Sacra, come abbiamo visto ieri, e come si evince, come ho già sottolineato altre volte, dal nostro pozzo Sacro più importante, il pozzo di Santa Cristina a Paulilatino, anch'esso perfettamente inscrivibile nella Vesica Piscis.

Pozzo che rappresenta anche archittetonicamente questo incontro dei due elementi, fuoco e acqua.

Il solstizio estivo era considerato un momento importantissimo in passato.

Era considerato la "porta degli Umani", segnata dal segno del Cancro, contrapposta alla porta degli Dei, quella del Capricorno(teniamo presente che il 24 giugno sarà luna piena in Capricorno, quindi in perfetto controbilanciamento con il Cancro) , custodite dal Giano bifronte, con i due volti, uno per vedere il passato, e uno per vedere il futuro.

Giano bifronte romano che potrebbe essere un'evoluzione della nostra Jana(Jana /Jano), poiché anch'essa è un portale, una porta, una "Janna", che consente l'ingresso a nuove dimensioni.

Abbiamo molti megaliti ad orientamento solstiziale, ed elencarli tutti sarebbe stato un lavoro certosino.

Tra questi, forse il più bello, per i miei gusti, è il Nuraghe Palmavera ad Alghero. 

Questo del solstizio è un momento alchemico molto importante.

La luce è alla sua massima manifestazione, il calore del sole cuoce i frutti sugli alberi, e le piante, germogliando e crescendo dalla terra, portano in superficie i sali minerali della terra stessa.

Quando l'aria diventa satura di calore, avviene un processo che viene chiamato sulfurizzazione, con predominanza dell'elemento zolfo.

L'aria diventa satura di sale, Mercurio e zolfo, e lo stesso corpo umano risente di questa corrente caldo-luminosa, che percorre anche gli elementi naturali, come un "Drago-Serpente" che offre vitalità, ma anche dissipazione di energie.

Alchemicamente, questo stato, viene contrastato dal fenomeno delle stelle cadenti. Ai primordi dell'umanità, si narra che le prime armi in ferro furono forgiate dai primi meteoriti, grazie al ferro cosmico, il "sideron", il ferro degli Dei, che protegge da questo calore eccessivo estivo.

Infatti d'estate, tutto sembra puntare ed evaporare verso il cielo.

Il calore spinge verso l'alto. Quando piove d'estate, se ci fate caso, spesso si sente odore di zolfo.

Fa parte di quel processo alchemico di  trasmutazione verso l'Oro, verso il Sole.

Ecco perché gli Antichi davano massima importanza ai riti che si celebravano per il solstizio. Essendo un periodo di massima manifestazione del sole, era anche il momento di potenziale, massima trasformazione alchemica dell'umano in divino. 

La combinazione particolare di domani, inizio del solstizio estivo, con l'elemento acqua del Cancro, quello del Sole, e quello alchemico del quattordicesimo Archetipo Nun (pesce/Mandorla Mistica, opposti, maschile e femminile) di trasformazione, mi fa pensare ad una combinazione particolarmente interessante, dove lo zolfo viene considerato la materia prima dello stesso sole e dell'Oro filosofico, quindi un elemento androgino.

Lo zolfo infatti, è l'elemento fondamentale della materia, è la materia vulcanica interna della terra, e alchemicamente rappresenta l'unione tra l'elemento maschile e femminile.

Unione che può avvenire solo grazie al fuoco segreto, al Sale.

Si ha un'inversione.

Dal Sole, al sale.

Dall'esterno verso l'interno, verso l'intimità e interiorità, dove "l'Oro viene unito alla sua Sposa, e allora anche lo zolfo coagulante che nell'Oro volgare era rivolto verso l'esterno, viene rovesciato verso l'interno" come scrisse l'alchimista Eireneo Filatele, nel 1600.

Questo passaggio alchemico era considerato importantissimo, poiché portava all'integrazione delle due parti, al compimento dell'Opera alchemica, alle nozze alchemiche tra maschile e femminile, tra sole e luna.

A manifestare il Fuoco Trasmutante più potente, il Fuoco dell'acqua, poiché lo zolfo è puro fuoco nascosto nell'acqua, rappresentata dal Mercurio.

È quell'acqua ignea dove si lavano Re e Regina, pura, simile all' Oro.

Ecco perché i riti solstiziali estivi sono sempre stati così importanti, e venivano celebrati attraverso musiche, danze, accendendo fuochi, simbolo del sole, e benedicendo l'acqua, simbolo della luna e della terra, per creare "l'acqua di Fuoco", rappresentato dal simbolo dello zolfo rovesciato, un triangolo con la punta verso il basso, ad indicare il Femminino acqua che accoglie una croce (gli opposti) che lo sovrasta. 

"S'abba ardente" l'acqua ardente", anche se riferita alla nostra grappa fortissima, al nostro "fil'e ferru".

Ma "Abba ardente" rende l'idea. 

Perché acqua e fuoco insieme, rappresentano la possibilità di unione alchemica e di trasformazione.

Intento che è rimasto nei nostri pozzi e fonti sacre, dove sole e luna, fuoco e acqua, Re e Regina, si incontrano per favorire la trasformazione alchemica.

Naturalmente, il discorso è molto più complesso di questo, ma questo era per sottolineare come questi passaggi non erano solo astronomici, ma avevano una loro precisa simbologia, e una loro dimensione prettamente e scientificamente chimica, che gli sciamani e gli alchimisti di allora, conoscevano molto bene.

E tutto era perfettamente finalizzato all'unione degli opposti, al perfetto equilibrio, a quella sinergia dialettica e dinamica che consentiva la trasformazione.

Buon solstizio d'estate a tutti, qui bagnato, grigio e solforoso, giusto per stare in frequenza energetica con ciò che ho scritto in questo post.


Tiziana Fenu


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Nell'immagine, solstizio estivo nel nuraghe Palmavera


Simbologia alchemica solstizio estivo




💛Simbologia Fonte Noddule

 Fonte Sacra di Noddule, Nuoro, Sardegna, foto, splendida, di Paolo Lombardi. 

http://www.neroargento.com/page_galle/noddule_gallery.htm


L'Uovo cosmico della rinascita.

Nella galleria, collegata a questa immagine, la didascalia dice "vista prospettica a occhio di pesce della camera del pozzo".

Io direi che si tratta proprio della forma archetipale e ogivale della Vesica Piscis, della quale ho parlato tantissime volte, in quanto l'abbiamo ritrovata spessissimo nelle nostre architetture sarde., trattandosi di architetture che seguono, per perfezione e bellezza, i canoni della Geometria Sacra.

Anche altri Pozzi, nelle loro geometrie, sono perfettamente inscrivibili all'interno della Vesica Piscis, il Pozzo di Santa Cristina innanzitutto, e questa camera del. Pozzo di Noddule, ne è un esempio.

Gli Antichi Sardi, erano attentissimo all'equilibrio delle due energie degli opposti, del Maschile e del Femminile, di Sole e Luna, di Cielo e Terra, perché solo la sinergia equilibrata dei due elementi, simili ed opposti, può creare l'alchimia della trasformazione.

I Pozzi che avevano anche una valenza sacra, e non limitata ad una pura funzionalità di sostentamento per la comunità, dovevano poter rispondere anche a questo parametro di equilibrio e sinergia degli opposti, di cui il "pesce/mandorla" mistica, ne è una esplicazione grafica delle due perfette circonferenze che, compenetrandosi, creano l'elemento androgino completo, che è maschile e femminile nel contempo, pesce(maschile) e mandorla(femminile) contemporaneamente, le alte vibrazioni dell'energia della pineale, che ha la stessa forma, la ghiandola della consapevolezza e conoscenza ancestrale(qui in Sardegna, abbiamo, "casualmente" anche il fiume Tirso, il fiume della memoria ancestrale, e il tirso è anche il bastone di potere della conoscenza, che sulla sommita' ha una pigna, tanto cara all'iconografia sarda, che simboleggia la ghiandola pineale). 

È L'uovo cosmico primordiale della nascita e della trasformazione.

Un ambiente uterino sacro dove è possibile la rinascita e la trasformazione alchemica, in questo gioiello di archittetura sacra, risalente al II millennio a.C.

La Raffinatezza della cupola e del bacino interni, con le loro svariate sfumature della trachite usata, è perfettamente lavorata ad incastro, a filari concentrici, sottolineano la profonda sacralità che questa fonte esprime, circondata anche da due recinti che che sottolineano l'importanza simbolica di un luogo protetto, di rinascita, dove gli opposti interagiscono alchemicamente tra loro, dove la dura pietra è ammorbidita da forme circolari per accogliere la morbida acqua.

Dove il sole lambisce, come in una carezza, l'acqua, per fertilizzarla, Per creare, insieme, l'Alchimia della purificazione e della Rinascita alchemica, poiché si entra nel grembo acquifero da umani, e si emerge da esseri divinizzati. 

Rinascita sottolineata anche nel vestibolo, nell'ambiente di ingresso, come potete vedere nella galleria di foto, nel link che vi ho lasciato, ripreso dall'alto, dove si notano le tre cornici concentriche che anticipano l' ingresso della facciata della fonte. Tre, come nelle Domus de Janas, perché anche questo è un luogo di "nascita /morte/rinascita".

Un grembo colmo di liquido amniotico, che custodisce con sé la memoria, perché l'acqua è la migliore custode della memoria, e immergendosi in essa ci si ricorda degli Dei che siamo stati.


Tiziana Fenu


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Foto di Paolo Lombardi


Simbologia Fonte Noddule




💛Simbologia Dolmen

 Simbologia dei Dolmen in Sardegna


Prendo spunto dal bellissimo lavoro fatto dal ricercatore Héctor L'Arbalete, riguardo la geolocalizzazione di svariati dolmen in Sardegna, di cui vi lascio il link (https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=645922442588288&id=100015116148579), per porre l'attenzione su dei particolari che mi hanno colpito, di cui posto anche le immagini.

Il dolmen è un monumento funerario megalitico, risalente ad epoca preistorica, realizzato con lastre conficcate nel terreno, e sovrastate da grossi lastroni di pietra come copertura.

Spesso si presentano con un preciso orientamento astronomico, e delimitate in modo circolare da altrettante pietre, chiamate  "perdas litteradas", nel senso che spesso su queste pietre si trovano delle incisioni, ma anche "perdas fittas" ("pietre conficcate", letteralmente).

Menhir che non hanno niente da invidiare ai monoliti di Stonehenge.

Anzi, risalgono ad un periodo precedente di almeno 3000 anni(5000 anni fa) e fungono da antichi osservatori astronomici dei solstizi e degli equinozi, come nel caso del sito archeologico di Biru e concas a Sorgono che si trova esattamente al centro della Sardegna.

Ma è su alcuni Dolmen illustrati in questa galleria, che voglio porre l'attenzione, poiché risultano perfettamente in linea con quella koine', con quel linguaggio tipico della dimensione simbolica, nell'Antica Civiltà Sarda.

Alcuni Dolmen presentano una conformazione a "tre", sia nei massi che reggono la lastra superiore, sia, addirittura con tre coppelle scavate nella stessa, come nel Dolmen di Monte Acuto di Berchidda.

Tre coppelle, tre scavature, che, se pur inutilizzabili per contenere acqua, sono simboliche, perché hanno lo stesso simbolismo delle tre cornici nelle porticine e nelle false porte delle Domus de Janas.

Indicano cioè la simbologia della "nascita/morte/rinascita", essendo questi,, dei monumenti funebri, ai quali questa simbologia, da un senso al loro esistere.

In un altro Dolmen, quello de Sa Coveccada, a Mores, troviamo addirittura un simbolismo ancora più sofisticato, simile a quello che ritroviamo nella stele centrale dell'esedra delle Tombe dei Giganti.

Le tre lastre conficcate nel terreno, sono sagomate(perlomeno, quella centrale, ripresa frontalmente) come se fossero il corpo di una Dea Madre senza testa, che regge il lastrone superiore.

Nel basso, c'è il passaggio uterino, la porticina, dal quale entra il sole, sui tre fronti, per solarizzare, fertilizzare, divinizzare e favorire il passaggio e la rinascita nell'altra dimensione.

Dolmen, che, nel corso dei secoli, avendo questa funzione così sacrale, sono stati anche decorati con petroglifi con svariati simboli. 

Molti di questi Dolmen si trovano in prossimità dei punti "geopatogeni", che corrispondono ai "nodi di Hartmann", che sono quegli incroci dei raggi tellurici generati dalle faglie, dai corsi d'acqua sotterranei, da influenze energetiche cosmiche, e da elettromagnetismo.

E quindi, così come i menhir venivano piantati su queste linee di Hartmann, dove si pensava ci fossero corsi d'acqua sotterranei, così i Dolmen, pare fossero posizionati tra una griglia e l'altra dei nodi di Hartmann, nelle zone che erano considerate energeticamente tranquille, dove scorreva un'energia positiva con direzione nord-ovest, sud est, due linee chiamate "linee della fertilità".

E questo è perfettamente consono a quanto ho sottolineato prima, cioè che alcuni lastroni sembrano riprendere la forma di una Dea Madre con il passaggio uterino. 

Infatti secondo me, nonostante il nome maschile, il Dolmen rappresenta il Femminino, perché funge da grembo che accoglie nel ventre di Madre Terra, dopo la morte, ma è anche un Femminino che cura, terapeutico, poiché in esso si convogliano le energie più positive e tranquille di Madre Terra e del Cielo, quelle che consentono la trasformazione profonda, la guarigione, la rinascita, a differenza dei Menhir, che sono prettamente maschili, che uniscono cielo e terra, e che hanno una energia più concentrata, più dirompente, più intensa. 

L'energia dei Dolmen è accogliente, è terapeutica. Ingloba energie nel suo ventre, per poi restituirle come energia guaritrice, alchemica, come una carezza, per chi ha bisogno. 

Come una Sacra Madre, che assorbe energia dalla sua stessa acqua, dalle falde d'acqua sotterranee, dalla sua stessa memoria, e la restituisce sotto forma di emanazione energetica.

La stessa Madre amorevole che guida la trasformazione alchemica nelle Domus de Janas, nelle Tombe dei Giganti.

Tre coppelle, tre passaggi uterini, tre false porte.. Si tratta sempre dello stesso linguaggio.

Un linguaggio lunare, femminile.

La luna con le sue tre fasi(calante/crescente) luna piena e luna nuova, nelle quali nasce, muore e rinasce.

Sono le tre fasi della vita, Terrena e ultraterrena, che sono rese possibili, in concreto, anche dalla funzione simbolica dei pozzi sacri, dove l'acqua è veicolo di nascita, di purificazione e di rinascita.

Ecco perché i Dolmen sono in prossimità dei corsi d'acqua.

L'acqua trasporta, è energia, è purificazione, è rinascita, è memoria. 

Dovremo re-imparare queste forme infinite e inesauribili di energia rinnovabile, continua, terapeutica. 

Sentire la natura, entrare in contatto con essa, e trarne da essa la sua infinita energia d'amore, come facevano i nostri Antichi Sardi. 


Tiziana Fenu 


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Simbologia Dolmen


Dolmen di Monte Acuto, Berchidda, Sassari 

Dolmen Sa Coveccada, Mores, Sassari 

Dolmen Nela, Sindia, Nuoro

Dolmen di Biella, Luras, prov di Sassari 

Dolmen di Sarbogadas, Birori, Nuoro 

Dolmen di Crastu Covaccada, Torralba, Sassari