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lunedì, febbraio 27, 2023

💚Sirena Bicauda

 La figura della Sirena Bicauda, chiamata anche la Melusina, raffigurata spesso con le gambe pinnate divaricate, quasi a mettere in evidenza l’inguine femminile, è una figura molto frequente, nell'iconografia religiosa classica, e che ha origini antiche, rappresentando, comunque, una Dea portatrice di fertilità di cui si trovano le tracce già a partire da 9000 anni fa, nel sito archeologico di Çatal Hüyük, nel cuore dell’altopiano anatolico, dove furono trovati altorilievi  monumentali della grande Dea Madre, con le gambe divaricate, nell'atto di partorire dei tori, controparte maschile, simbolo di fertilità. 

L'ostentazione degli attributi sessuali, femminili e maschili è sempre esistita, fin dai tempi antichissimi, ed era funzionale a garantire e augurare fertilità e abbondanza, fin oltre al Medioevo inoltrato, fino a quando la Chiesa non ha iniziato ad esorcizzare questi gesti, come osceni e blasfemi. 

Nell'area franco-provenzale,  ritroviamo la simbologia della Sirena Bicauda, con il nome di Melusina, che ritroviamo anche in molte aree dell'Italia, conosciuta come la ninfa del bosco, che si trasforma in serpente, la sirena il cui archetipo è la grande madre pagana, la divinità dei Serpenti, che poi, si "evolve" nella figura della Sheela Na Gig, che sopravvive come divinità celtica integrata all'interno del culto dei riti del cristianesimo. 

Una figura presente specialmente nel Nord Europa, in Irlanda in particolare. 

La simbologia della vulva esposta, simbolo di nutrimento e fertilità, trasversalmente, in tutte le civiltà,  rimane in epoca cristiana e successivamente cattolica, come  Vesica Piscis, simbolo antichissimo, che sarà un elemento simbolico, adottato, che risulta presente in ogni architettura di tipo religioso, a rappresentare sia la Mandorla Mistica/il Sacro pesce , sia la sinergia degli Opposti, all'interno della quale, spessissimo, troviamo rappresentata sia la Vergine Maria, che lo stesso Cristo ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/la-perfezione-della-vesica-piscis-nel.html?m=0) 

In ambito medio orientale, la dea della fertilità, era conosciuta come Asherah, di cui ho già avuto modo di parlare ( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/05/statuina-dea-madre-asherah.html?m=0). Una Dea simbolo di fertilità, con la conformazione a goccia ( come una Sirena Bicauda ribaltata, speculare) custode di due gemelli. 

Per gli Etruschi, la Sirena Bicauda era la grande Dea, la Dea Madre, e nella storia antica, era conosciuta con nomi diversi: Urcla, Norzia, Voltumna, Fortuna e Ianua/Di-Ana.

Era considerata come un portale di comunicazione tra i due mondi, uno psicopompo, la custode della dimensione spirituale su questa terra, la cui Sophia era rappresentata dalle due code di serpente, simbolo di connessione con la terra, nel quale il serpente/drago/pesce, è l'elemento ctonio dell'energia primordiale di Madre Terra, che risiede nelle sue Acque del Caos primordiale. 

Dimensione Terra, della quale era custode in particolare nei periodi solstiziali, in cui la connessione tra le due dimensioni si assottiglia, ed è possibile il passaggio alchemico dalla porta degli Umani, verso la porta degli Dei. 

E questo fattore, di connessione con i solstizi, è evidente e lo avevo già individuato in una primordiale simbologia della Sheela Na Gig, che avevo evidenziato in un mio post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/perche-il-nostro-presepe-in-sardegna-lo.html?m=0), in cui sottolineo la presenza, nella Domus de Janas Mesu'e Montes ( Ossi-Sassari), datazione 3500/4.000 a. C. circa, qui in Sardegna, in quella che io chiamo "la Sala della Sacra Natività" di un petroglifo che richiama una primordiale antenata proprio della Sirena Bicauda, della Sheela Na Gig, con quella forma stilizzata a rombo, con due appendici ad angolo, laterali, simbologia della vulva, con le gambe aperte ad angolo, ad emulazione del momento del parto/concepimento. 

E voglio ricordare, come ho scritto tante altre volte, che tutte le Domus de Janas, in Sardegna, sono rivolte ai solstizi. 

Ed era proprio lei, quindi, la Sirena Bicauda, la custode del mondo inferiore e superiore, a decidere quali anime far passare, in discesa o in ascesa. 

In discesa, durante il Solstizio estivo, quando le anime si incarnavano, discendevano un nuovo corpo, e in inverno, durante il passaggio del Solstizio invernale, quando le Anime ascendevano dopo il percorso terreno. 

Naturalmente aveva una controparte maschile, che poi fu definitivamente monopolizzata dall'unica figura del Giano bifronte romano, custode del destino, dei solstizi. 

Ma già la Dea madre ugaritica della fertilità Asherah, che la rappresenta  ambito Mesopotamico, padedra del dio del cielo El, viene rappresentata mentre tiene in grembo i due gemelli Shalem e Shahar, simbolo della gemellarita' di questi due portali solstiziali, come scrissi nel mio post a riguardo. 

Asherah, consorte di Yahweh, che  ha il suo stesso rango divino, come "regina dei cieli e creatrice degli Dei". 

La statuina di Asherah, si presenta con  due doppie conformazioni a "goccia/vulva", delineate dalla forma dei capelli e delle spalle e braccia, che contengono i due gemelli speculari. 

Metaforicamente, questa rappresentazione è molto importante, perché simbolicamente delinea l'inizio dell'umanità, che avviene per "confricazione" di due gemelli, di due polarità opposte. 

Oggi trovo ulteriore conferma in questa statuina israelita di Asherah, con la stessa identica conformazione delle altre due, di Bruncu Suergiu e Danzatrice del Nilo, e la stessa conformazione della lampada di Dendera. 

Perché quando le  polarità opposte  della kundalini, si uniscono  per "confricazione" si emana energia, luce interiore. Si dà inizio ad una nuova vita, all'umanità . 

La concezione cosmogonica del "doppio", delle coppie primordiali Gemelle cosmogoniche che creano la prima civiltà, il primo fuoco degli umani, venne acceso nell'età aurea dei Gemelli, forse un milione e mezzo di anni fa, quando si scoprì che con due bastoncini "gemelli", per confricazione, cioè per notevole sfregamento, si poteva creare la scintilla di vita, di sopravvivenza, del fuoco. 

[...] L'era della comunicazione, degli scambi, governata da Mercurio. 

Mercurio/Hermes, la cui H mercuriale, indica, alchemicamente l'agente collante e trasmutante tra le due energie, tra Opposti, tra Gemelli, tra due energie che devono stare in equilibrio, per consentire la creazione e la manifestazione della divinità interiore ( ogni divinità, in ogni cultura e civiltà, è infatti rappresentata con questa conformazione ad H, mentre tiene per mano, in equilibrio a braccia aperte, due figure speculari, due gemelli, appunto)".

E proprio nella simbologia della Sirena Bicauda, ritroviamo la sinergia delle due polarità, con le due code che tiene sollevate, quasi in atto di congiunzione tra di loro, necessarie per la creazione. Talmente importante, come simbolo, da essere stata immortalata in molti stemmi araldici in onore della fondazione delle città. 

Lo  stesso stemma di Cagliari, presenta due "sirenetti", in un moto molto maschilista e patriarcale, che avrà sicuramente soppiantato la simbologia araldica originaria, con le due sirene al femminile, ai lati di uno scudo triangolare, con il vertice verso il basso, una chiara simbologia pubica femminile. 

Una Dea imprescindibile dalla sua controparte maschile, che nel corso delle civiltà, dei secoli, dei millenni, ha avuto nomi diversi Yahweh, come abbiamo visto, Oannes, l'Uomo Verde celtico, the Green Man, legato ai ritmi di Madre Terra, e, alla cui dimensione di fertilità, è particolarmente legato il culto della Sheela Na Gig,  che era presente anche nelle chiese, così come la rappresentazione della Sirena Bicauda, accompagnata, per lo più, dai due animali simbolo di questa unione terra e acqua : il toro e il pesce. 

Il toro per la sua simbologia di fertilità solare, mascolina e femminea insieme, segno astrologico femminile di terra, che nelle sue corna taurine/uterine, custodisce anche la simbologia del Femminino (simbologia estremamente presente qui in Sardegna). 

Nell'antico Egitto, al passaggio del Dio Api, personificato della figura di un Toro bianco, le donne, usavano, come buon auspicio di fertilità e gravidanze, esporre la loro vulva, per catalizzare l'energia fecondante della divinità. 

Il pesce, per la sua valenza alchemica, non solo di elemento legato alla dimensione dell'acqua, ma anche alla Vesica Piscis della Geometria Sacra, in cui maschile e femminile si complementano. 

Uno dei suoi partner alchemici è sicuramente riscontrabile nella figura del Cristo, il quale, esso stesso fu identificato  con il nome Ichtys, un anagramma che significa “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore" e che in greco significa "pesce". 

Un nome che fa chiaro riferimento, a livello esoterico, alla Vesica Piscis, quindi ad Essere Divinizzato che ha un'energia androgina, come la stessa Sirena Bicauda. 

Un Cristo, avatar dell'era astrologica dei Pesci, salvezza per gli umani,  frequente soprattutto nelle catacombe cristiane, che viene identificato proprio con un simbolo, l'ancora, che risulta essere la stilizzazione della Sirena Bicauda, con le estremità divise, serpentine e aperte, sulla quale si inerpica, proprio un pesce, il delfino, simbolo del Femminino, del quale avevo già approfondito in un post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/05/delfini-minoici.html?m=0) 

"Particolarmente sentito e rappresentato in ambito minoico e greco, il delfino, era ritenuto un aspetto del Sacro Femminino, un attributo di Iside, ma è proprio in ambito greco, che trova la sua massima valenza Sacra e simbolica, tanto da diventare sacro ad Apollo e Poseidone"

Notate come vi sia affinità fonetica tra le due parole "Sirena - Sirio". 

Sirio era la stella simbolo dell'Anima di Iside, associata alla nascita magica del figlio Horus. 

La levata eliaca di Sirio( all'alba, in sincrono con il sorgere del sole) nell’anno 3300 a.C.( osservate come il numero 33, che indica questa accoppiata Sirio/Sole, femminile e maschile, abbia traguardato anche l'età della morte/resurrezione del Cristo androgino. È potuto risorgere, rinascere, perché, da essere divinizzato quale era, aveva le due polarità in equilibrio) 

avvenne esattamente il giorno del solstizio d'estate, e questa sorprendente congiunzione costituì un potente presagio,  che avvenne in concomitanza con un altro avvenimento che, in modo abbastanza letterale, provocò la rinascita di tutto il paese: la piena annuale del Nilo.

Inondazione che marcava, sotto il segno della fertilità, quindi, l'inizio del nuovo anno. 

Quindi, la simbologia della Sirena, come simbolo collegato a Sirio, e alla sua complementarietà al Sole, che hanno, in sinergia, consentito fertilità, abbondanza, oro/Horus. 


A partire dagli inizi III sec. la passione di Cristo viene raffigurata con un linguaggio criptografico, fatto di simboli e di segni, oscuri e misteriosi, tra cui l'ancora, che riprende, in forma stilizzata la forma della Sirena Bicauda. 

L'ancora era già simbolo di salvezza  nell’iconografia classica, ma la forma di croce, accompagnata dai due pesci laterali, simbolo cristologico per eccellenza, ne amplifica il concetto di salvezza in Cristo. 

Diffusissima, è la rappresentazione del delfino attorcigliato all’ancora, che nella mitologia classica si credeva portasse i marinai verso rive sicure, ma che, inesorabilmente, mi riporta alla simbologia di Iside/Sirio/Sirena, e del Sacro Femminino, che la Sirena Bicauda rappresenta, in complementarietà con l'energia Mascolina, in sinergia per la creazione.


Lo stesso Apollo, simbolo del Sole, quindi dell'energia Mascolina, trasformatosi in delfino, battezzo' con il nome di Delfi, il suo santuario, che diede vita al fulcro dell'oracolo di Delfi, portando sul dorso i sacerdoti di Creta. 

Ma Delfi, come sinonimo di "delfino", era chiamato "delphi", ma anche  "delphy", che significa "grembo/utero", simbolo, appunto di quel Sacro Femminino, il cui elemento simbolo è proprio l'acqua, ed è per questo che i delfini erano considerati i Custodi delle acque e dei pozzi sacri. 

Ritorniamo quindi, sempre a questo connubio fuoco/acqua, maschile /femminile, che in questo caso, è rappresentato dal delfino che fa da ulteriore simbologia rafforzativa, ad un'ancora, che già di per sé è simbologia dell'energia androgina cristica, e, della più primordiale energia, sempre androgina, della Sirena Bicauda, simbolo di continua rinascita. 

Non è raro, infatti, trovare le rappresentazioni del Cristo insieme alla Sirena Bicauda in qualche chiesa cristiana, magari nei bassorilievi. 

La stessa simbologia delle corna taurine, ricalcano la struttura, la posa della Sirena Bicauda, che tiene, per le estremità le due code del serpente, che gli fungono da gambe, in equilibrio armonico, equinoziale, tra le due simboliche polarità, come le grandi Dee del passato, Inanna, Astarte, la dea dei Serpenti minoica, e molte altre dee di potere, custodi dell'equilibrio delle due polarità, e quindi, anche dei passaggi alchemici solstiziali. 

Spesso la Sirena Bicauda viene rappresentata nell'atto di allattare. 

Una simbologia, quella del latte, che richiama la purezza, la capacità di stemperare le Fiamme. 

In Etruria, infatti, la Dea, aveva un compagno di nome Velth o Volth. 

Era il Dio dei vulcani e del sole, e quindi dell’elemento fuoco, che si complementa bene con la natura acquifera della Sirena  che, nelle sue forme più arcaiche, viene rappresentata anche con la testa di uccello. 

Una Dea Madre straordinaria, che attraversa svariate epoche, sotto svariate forme e simbologia, con la sua ancestrale simbologia di fecondità e creazione. 


Tiziana Fenu 

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Sirena Bicauda


Centro storico di Como, via Odescalchi 16. Melusina rappresentata in un portone con volta ad arco. Notare il numero civico, il 16, Sacro Archetipo Ebraico Ayin, con funzione "corrispondenza", tra gli Opposti, tra le due dimensioni, e il fiore della vita a sei punte, sempre simbolo di Unione degli Opposti

Sirena Bicauda nel  Museo Lapidario del duomo di Modena

Sirena Bicauda nel  Museo Lapidario del duomo di Modena, perfettamente armonica con la Vesica Piscis


Sheela-Na-Gig nella chiesa di Kilpeck, vicino Hereford, Inghilterra.
Ancora  cristiana con il simbolo del delfino

Domus de Janas Mesu'e Montes ( Ossi-Sassari)
Datazione 3500/4.000 a. C. circa
Petroglifo di una primordiale Sheela Na Gig


mercoledì, febbraio 22, 2023

💙Mercoledì delle Ceneri

 Oggi mercoledì 22/02/2023, inizia, con il mercoledì delle Ceneri, il periodo di Quaresima. 

Siamo sotto l'energia del Sacro Archetipo Ebraico Mem, il tredicesimo, con funzione fluidità, che indica il Sacro Femminino, la dimensione amniotica delle Acque Ancestrali, del Caos primordiale.

Il tredici è legato anche all'Arcano Maggiore XIII della Morte, in un mercoledì, mercuriale, di transizione, alchemico, con una Luna Crescente in Ariete, che segna l'inizio di un nuovo ciclo, dopo la luna Nuova in Pesci, del 20, appena trascorsa, e di cui io già approfondito.

Un Mercoledì delle Ceneri che si celebra sotto una lunazione in un segno di Fuoco, per ridurre, metaforicamente, in cenere, per far morire, come nell'Arcano Maggiore della Morte, ciò che non serve a questo periodo di intensa purificazione.

E ciò avviene proprio sotto un segno di Fuoco, l'Ariete, che è contrassegnato da quella figura alchemica e simbolica dell'Eroe che deve affrontare le sue prove, le sue sfide.

Eroe inteso come portatore dell'energia ierogamica, della sinergia degli Opposti. Perché solo un Eroe in equilibrio con le sue energie complementari, può essere in grado, non solo di affrontare le prove, ma di superarle.

E, proprio il mercoledì mercuriale, custode dell'energia alchemica e trasformativa del caduceo di Mercurio, con le due energie della Kundalini che si armonizzano tra loro, fa da spalla energetica a questa giornata di oggi, che sembra orchestrata alla perfezione, in una combinazione perfetta di numeri, Archetipi, Arcani Maggiori, segni zodiacali e simboli alchemici, come il Mercurio.

Tra l'altro, il Mercurio, alchemicamente, è simbolo del Femminino, perché è il Custode delle due polarità. 

E chi, meglio dell'Archetipo Mem, il tredicesimo, con la sua dimensione di  grande grembo cosmico, amniotico, può rappresentare questo Mercurio di trasformazione, di morte e rinascita come nell'Arcano Maggiore XIII?

C'era già il sentore di un forte cambiamento, almeno nella nostra reattività verso l'esterno, già dalla Luna Nuova in Pesci, il 20, che, come ho già scritto, rappresenta "l'acqua del fuoco", a livello esoterico, e che ci sta preparando a quel periodo di purificazione, che passa attraverso la Luna Piena in Vergine, del 7 marzo, verso l'equinozio di primavera, il 20 marzo, con una Luna calante, nuovamente in Pesci, prima della Santa Pasqua, il 9 aprile, tra Scorpione e Sagittario. Tra acqua e fuoco, quindi, per restare il linea con "l'acqua di fuoco", dei Pesci. 

"Acqua di fuoco", così come l'energia mercuriale, che ha in sé, i due elementi complementari.

Strani rimandi, che danno pensare ad un intenso periodo in cui si richiede equilibrio, capacità, discernimento, all'interno di una quarantena spirituale, che è una vera e propria quarantena iniziatica.

Infatti, il numero 40, compare spesso nella tradizione esoterica mediterranea, in relazione alla grande opera di rigenerazione iniziatica, con un numero 40 fortemente simbolico.

Una dimensione di restrizione, di morte apparente, di "oscurità", per arrivare alla condizione opposta.

Dalla Morte, alla rinascita, alla resurrezione.

In ebraico, 40, si dice "arbaim", che significa moltitudine, grandezza, compiutezza, mentre nell'antico egizio, "ab", significa luna.

Quindi il numero 40, il 4, era legato ai cicli lunari, al Femminino, e anche a Madre Terra, rappresentata proprio dal numero 4, con i suoi 4 punti cardinali, i suoi 4 elementi, le sue 4 stagioni, che anticamente, seguendo il calendario lunare, erano composte da 4 mesi.

Il 40 esprime la totalità di un periodo, di un periodo intenso di Morte e rinascita che si inaugura proprio nel grembo della Madre.

Della Mater.

Che è Materia.

Che è Memoria ( Mem/memoria). 

Tutto ciò è funzionale alla rinascita.

Morte/inizio/iniziazione.

La Mem è indicata, in ghematria, guardacaso, proprio dal numero 40.

Il diluvio universale, durò 40 giorni.

Appena terminò, uscì dall'Arca, il corvo, per non farsi più rivedere, seguito, subito dopo, dalla colomba, dall'apparizione del sole, e dai colori dell'arcobaleno.

Sono i colori della Grande Opera alchemica, Nigredo, Albedo, Rubedo.

Si impara, attraverso le prove, e si vede la misura  ( archetipo 12, Lamed) del nostro valore, attraverso una morte e resurrezione continua.

La Mem, lava, discioglie, fa fluire, e porta con sé anche le memorie.

Questo, significa anche karma, ferite.

Che devono emergere, per essere depurate, ridotte in cenere, alchemizzate.

La cenere, paradossalmente, è ciò che sbianca i tessuti. Si usava la cenere, anticamente,  per lavare e sbiancare i tessuti, e alchemicamente, porta in sé, il concetto di pulizia e depurazione.

Questo mercoledì delle ceneri in Ariete è molto più che simbolico.

Il simbolo zodiacale dell'Ariete, è stato usato dagli alchimisti, in passato, per indicare lo zolfo, molto  igneo e infiammabile, ma, lo stesso zolfo, in greco, si esprime con la parola "theion", che significa anche divino.

Un Ariete, quindi, igneo e divino, che simboleggia, al contempo, l'essenza dell'Agnello pasquale.

Mem, tredicesima lettera dell'alfabeto ebraico e Ariete, in un certo senso, tredicesimo  segno, del ciclo che segue ai dodici segni.

Mem, acqua. 

Ariete, fuoco.

Acqua e fuoco insieme, per l'inizio di un nuovo importante ciclo alchemico, che ingloba in sé anche l'importante passaggio equinoziale, che ci vuole con i nostri opposti armonizzati, in equilibrio, per fiorire, per germogliare, per esplodere di profumi e colori, con Giove e Venere, in congiunzione con la Luna, proprio stasera. 

Soluzione, solvere, e risolvere, coagulare.

Un periodo che chiede di ri-solvere, e risolutezza, senza mezze misure. 

Centratura. 

La Cenere catarchica.

Ci aspetta tanto lavoro, come sempre.

Ma ci trova ogni volta, un po più pronti.

Con immensa e profonda gratitudine, perché anche stavolta, in questo passaggio, la perfezione degli accordi, è tale, da farci sentire parte di un'unica, meravigliosa melodia, per chi sa ascoltare con il cuore, con il sentire, e con tutto ciò che di divino, è già in noi. 


Tiziana Fenu 

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💙Mercoledì delle Ceneri 2023



💚Ascia bipenne

 Prendo spunto da un post in un gruppo( https://www.facebook.com/groups/1659777054289465/permalink/3302393600027794/), che ho già avuto modo di commentare ieri, riproponendo il mio commento, ulteriormente approfondito, visto che sono temi a me cari, già spesso sondati in altri miei scritti. 

"Incredibile ascia d'oro (lábrys) - simbolo di potere minoico - databile tra il 3500 e il 3550 a.C. sul lato sinistro è presente un'iscrizione lineare che potrebbe essere dedicata a Demetra".


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I simboli sulla sinistra  dell'ascia, sono interessanti, soprattutto l'ultimo a destra, che sembrerebbe una Samech, una lettera ebraica nella sua primordiale forma, a cui corrisponde, il quindicesimo  Sacro Archetipo Ebraico, Samech, appunto.

È un Archetipo con funzione "pressione", che simboleggia l'azione necessaria del Divino per portare alla luce la nostra stessa divinità. 

Essendo l'Archetipo 15, è legato al concetto di fertilità e di creazione, essendo, il quindicesimo giorno, un giorno sacro, che corrisponde al giorno di massima fertilità per la donna, il giorno centrale dell'ovulazione, nel ciclo mestruale/lunare.

E questo concetto di fertilità e creazione, di sposa perfettamente con la simbologia della labrys, che simboleggia, con questa sua forma a farfalla, la sinergia degli opposti, della polarità maschile e femminile, che agiscono in sinergia per la creazione. 

Parlai già dell'ascia bipenne in un mio post  ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/riflettevo-ancora-sul-nome-della.html?m=0) 

"[...] Abbiamo detto  che l'Arca dell'Alleanza, era considerata come un contenitore di un sapere, di un percorso iniziatico che segue una precisa  traiettoria, un preciso percorso. 

La cassa. 

" Sa Cascia", in sardo. 

S' ascia

La Sardegna ha molto a che fare con l'ascia bipenne, in particolare, chiamata così perché era una scure a due lame in bronzo, simbolo del potere minoico, detta anche labrys in greco, in Sardegna legata all'età del bronzo, come un oggetto votivo, come documenta in particolare il ritrovamento nella capanna a Santa Vittoria di Serri nel santuario archeologico dall'omonimo nome.

Guardando la sua conformazione, richiama ad alcuni concetti, una clessidra, lo scorrere del tempo, un contenitore. 

La forma concava delle due  Lame unite, sembra un contenitore ma anche  un arco, e se unita ad un'altra contrapposta, come in uno specchio, descrive perfettamente  un' ogiva, quello che si crea nella perfezione  della Vescica Piscis. 

Quell'ogiva che rappresenta sia la vulva femminile, che il pesce fallico maschile, la cui perfezione l'abbiamo già riscontrata anche nel suo coincidere perfettamente con la  piantina  del Pozzo di Santa Cristina. 

È stata trovata  una rappresentazione antichissima di una Tanit del 4000 a. C. che sta al museo di Cartagine, che rappresenta una dea con il corpo  labrymorfico che brandisce due labrys in atteggiamento cerimoniale e rituale. 

L'ascia bipenne potrebbe rappresentare anche una farfalla stilizzata, come simbolo di trasformazione, stilizzata come la Runa Dagaz che indica trasformazione, e ci può stare, visto che  "sa Cascia",  la Cassa, ( "cascia/ascia") , l'Arca dell'Alleanza, era il simbolo della conoscenza iniziatica, acquisita attraverso la Sofia, che trasformava. 

L' ascia, come  "sa Cascia", rappresentano simbolicamente un percorso iniziatico di acquisizione di consapevolezza. 

Arca / S' Arca/ sarca/ sacra.

"S'Arca" , anagrammato  in sardo, diventa "sacra". 

Ascia bipenne come le due penne della Dea Alata primordiale, come le ali dei due Cherubini sul coperchio dell'Arca dell'Alleanza. 

Come molte immagini della Tanit Dea Alata che rimanda alle immagini della Jana, della Barba- jana/ barbagianna/ B-aba-Jana, quella dei doppi occhi, rappresentata nelle Domus de Janas. 

Quella il cui simbolo è rappresentato da quella porta finta  tripla, quella sorta di trespolo, come i Torii giapponesi, le porte di accesso ai luoghi Sacri, custoditi dalle Dee Uccello, a rappresenta la sacralità di quella finta porta che la Jana stessa rappresenta, visto che " Janna" significa "porta". 

L'ascia bipenne, in greco è chiamata anche labrys, che ha la stessa radice di "labirinto". 

Quel labirinto è rappresentato attraverso la spirale, che rappresenta il femminile, il serpente, la Sofia, alla quale si deve arrivare dopo aver fatto un certo percorso iniziatico di conoscenza e consapevolezza. 

Labirinto /spirale che rappresenta le corna dell'Ariete, del Toro, simbolo di fertilità, dello stesso utero, e che non è di facile accesso. 

Un percorso labirintico riservato solo ai pochi iniziati al cuore, verso il Cuore della Sacra Madre Arc, la Monade Primordiale, verso il cuore della Sofia. 

Il Labirinto alla conoscenza. 

Il fatto che la Tanit sia con due labrys in mano, significa che per arrivare alla vera conoscenza bisogna avere la potenza di entrambe le  energia, maschile e femminile, la potenza di Madre Arc, la Monade ermafrodita, la Sigizia, che contiene entrambe le polarità ( come i due quadratini, bianco e rosso, maschile e femminile della scacchiera della Domus de Janas di Pubusattile , di cui ho approfondito) come i  due serpenti  della Kundalini, il Caduceo di Mercurio. 

Quel Mercurio Alchemico trasformatore, che si attiva solo con l'Unione di due polarità opposte, come la configurazione dell'Ascia bipenne. 

Ho sottolineato, sempre, ogni mio post, quanto i sardi fossero assolutamente consapevoli della forza creatrice, della sinergia creativa, necessaria e indispensabile, tra maschile e femminile, in ogni  loro espressione architettonica, megalitica, simbolica. 

La stella a sei punte della Sartiglia, come ho già descritto in passato, ne è l'esempio più folcloristico. 

La conquista di una stella di David, che è Unione di due triangoli, maschile e femminile che si intersecano, per manifestare l'equilibrio di un buon raccolto. 

Infatti anche  l'ascia bipenne, essendo portavoce di questa sinergia di Opposti, sacra e creativa, rappresenta la divinità fecondatrice, tra le culture antiche, diffusa in tutto il Mediterraneo. 

L'Ascia bipenne, si trova di solito in luoghi sacri di culto, luoghi  del re- sacerdote, e la si trova  per esempio, all'interno del labirinto nel palazzo di Cnosso, quello del mitologico Minotauro, nel Santuario della doppia ascia. 

Un'ascia bipenne che rappresenta le due polarità maschile e femminile, come il caduceo di mercurio. 

Mercurio  che è l'elemento trasformante per eccellenza, ma non solo. 

Mercurio è lo Psicopompo, colui che può passare dal Regno dei vivi al Regno dei morti,  colui che accompagna i defunti nel regno dei morti, come fanno la Janas nelle loro Domus de Janas

Le Janas traghettano in un'altra dimensione, dove la  parabola del viaggio iniziatico inizia ad est, e tramonta a ovest, la stessa direzione cardinale di tutte le strutture megalitiche in Sardegna

S' Archedda che custodisce un percorso di vita sulla terra, usata come simbolo nuziale per riporre il prezioso corredo, di solito ricamato a mano, delle nozze. 

Ma anche quella che custodiva gli antichi tesori segreti e preziosi delle Janas, si narra, i loro preziosi manufatti dai fili d'Oro. 

Arca dell'Alleanza che custodisce i segreti di un percorso iniziatico, ai quali pochi possono accedere, altrimenti si resta folgoranti, ustionati, accecati. 

Perche ci vuole maestria per saper gestire il Sacro Fuoco della Conoscenza. 

Se usato male, può bruciare, o può accecare. 

"S'arca", che  in sé acquisisce la presenza del Sacro, perché è un mezzo simbolico, "s'arca/sacra", un'imbarcazione che porta in un'altra dimensione, che porta ad una conoscenza Superiore spirituale"

 

E in questa ottica si capisce allora come  in molte Domus de Janas, abbiamo come soffitto il fondo di una barca". ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/01/le-domus-de-janas-non-sono-capanne.html?m=0) 

Vorrei sottolineare anche, come la morfologia della Labrys, con i due triangoli uniti per i vertici, sia un motivo presente nelle decorazioni della cultura di Ozieri ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/10/ballu-tundu.html?m=0), 

che mima proprio quel ballo delle gru( o erano fenicotteri sardi, molto più probabilmente) che si svolgeva a Cnosso, per onorare il Labirinto di Arianna( o Ar-Jana, Jana del Sole), riavvolgendosi e snodandosi su se stesso, come "su ballu tundu" sardo, e come un labirinto ombelicale. 

Come il Labirinto a 7 percorsi di Benettutti, preciso a quello che si ostinano a chiamare cretese ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/il-labirinto.html?m=0). 

Cultura di Ozieri, che vede anche la produzione della nostra bellissima Dea Madre di Turriga, ritrovata a Senorbi, che riporta una conformazione crucifirme, quasi come una Labris, e della quale ho già parlato in un mio post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/08/dea-madre-turrigaabruzzo.html?m=0). 

Una stupenda simbologia, quella della Labrys, fulcro alchemico di ogni civiltà, in particolare della nostra sarda, srmpre molto attenta alla sinergia degli Opposti.


Tiziana Fenu

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domenica, febbraio 19, 2023

💛Su Battileddu di Lula

 Riporto, a fine post, un brano tratto dal libro di Dolores Turchi " I carnevali e le maschere tradizionali della Sardegna", riguardo la maschera più rappresentativa del Carnevale di Lula, su Battileddu,  il cui rito si è svolto proprio ieri. 

Lo chiamo rito, perché si tratta di una vera e propria ritualistica, che si ripete in ogni civiltà, e che risale fin da tempi antichissimi. 

Farlo risalire solo a Dionisio, ne limita, cronologicamente, l'appartenenza ad ogni civiltà, come passaggio necessario, come Sacri-ficio, nel senso, proprio, di rendere sacro, necessario per rendere Sacra e fertile la terra, con il sangue. 

Dimensione prettamente femminile, che con il sangue mestruale, rende possibile la vita, e che, con l'andare del tempo, è stata soppiantata da una prospettiva patriarcale e maschilista. 

Ma questo "sacrificio", ha un'origine antica, ed è indissolubilmente legato anche al succedersi delle costellazioni e alla dinamica delle stagioni.

Un sacrificio ritualistico già presente in ambito egizio. 

Osiride ucciso, fatto in 14 pezzi, da cui nasceranno 28 spighe, simbolo di abbondanza e fertilità, mentre invece il 14 e il 28, sono dei chiari riferimenti al ciclo lunare, quindi alla dimensione Femminina. E d'altronde è Iside a ricreare il fallo d'Oro di Osiride, per portare alla luce Horus, perché è lei, l'elemento alchemico trasformate, l'atnanor alchemico che consente la creazione. 


Anche nel culto di Mitra (1200 aC circa) che si sviluppa nello stesso periodo del culto di Osiride, abbiamo la rappresentazione del sacrificio del Toro. 

Ne parlai in un mio post https://maldalchimia.blogspot.com/2021/11/mitra-che-uccide-il-toro.html?m=0

" Le Pleiadi sono la ferita sanguinante del Toro celeste, proprio tra "collo, corna e nuca" nel punto in cui la costellazione del Toro ospita le Pleiadi. La nascita di questo asterismo è molto antica, risale ai Sumeri che l’associavano al grande eroe Gilgamesh, e chiamavano la costellazione GUD.AN.NA (toro del cielo).

In svariate culture è rimasta la tradizione di versare 7 gocce di sangue con valore ritualistico, prima della macellazione di grossi animali e della pratica della circoncisione sia maschile che femminile(infibulazione, in questo caso), questo perché, il sangue è necessario per fertilizzare la terra, così come, simbolicamente, le Pleiadi si trovano sulla "spermatica" e feconda Via Lattea, la via della rinascita.

[...] Mitra che nasce dalla pietra. Mitra rinnovatore del cosmo.

Ma questa rappresentazione ha un valore simbolico molto più alto, poiché rappresenta i 7 gradi di iniziazione, le 7 porte da attraversare 

[...] Mithra nato dalla roccia il giorno del Solstizio d’Inverno è uscito dalla caverna perché  sa di dover immolare il toro, per ordine degli Dei su mandato del loro messaggero, il corvo Hermes-Mercurio. Egli salta sul dorso del toro, ma non lo uccide subito, resiste attendendo che il toro si stanchi e lo immola, dolorosamente, solo quando questo sarà entrato nella grotta.

Il significato macrocosmico del rito è di rinnovamento del cosmo, della sua manifestazione: il sangue che sgorga dalla ferita dell’animale è la linfa che fa rinascere la vita:  passaggio necessario per una trasformazione alchemica verso l'oro.

È la divinizzazione di Mitra stesso


"Mitra, l'eroe nato nella roccia (Πετρογενης), annunciava il ritorno del Sole in primavera, come Prometeo, incatenato nella sua caverna, annunciava la continuazione diInverno. [...] "Mitra non è solo luce, ma intelligenza; quel luminare che, sebbene nato nell'oscurità, non solo dissiperà le tenebre ma vincerà la morte...( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/12/mitra-e-il-solstizio.html?m=0) 


Ma tutto questo, forse non ricorda, il sacrificio del Cristo, nato in una grotta come Mitra, il cui sangue che fuoriesce dal costato destro( sul lato del Mascolino, quindi, attraverso una ferita ogivale che sembra riprodurre la vulva femminile, dalla quale, escono "acqua e sangue") deve fertilizzare la terra, come simbolo di sacrificio necessario per la rinascita dell'umanità? 

L'acqua è un elemento femminile, e il sangue versato sulla terra dalla ferita del Cristo, rimanda al sangue mestruale, segno della morte dell'ovulo non fecondato. Un sacrificio che si rende necessario, per garantire fertilità potenziale. 

La morte del Cristo che avviene di Venerdi, giorno dedicato al Femminino, a Venere, alla nona ora di agonia. Il 9, è il Sacro Archetipo Teth, legato al Femminino, alla gestazione,  alla Sophia. 

All'intelletto supremo, manifestazione dell'intelletto Divino. 

Cristo, come energia androgina, rappresenta entrambi gli aspetti, Mascolino e Femminino, e la simbologia della sua morte, e poi rinascita dopo tre giorni, è esemplificativa di capacità lunare, femminea, di autorinnovarsi, di generare vita, nonostante la morte, proprio grazie alla morte, al sangue di quell'ovulo non fecondato. 

Al suo "Sacri-ficio", immolato per poter essere anche garante di vita. 

Come vedete, sono ritualistiche ancestrali,, che sicuramente affondano le radici nelle prime società gilaniche, matriarcali, e di cui, il Dionisio nominato dalla Turchi, ne è solo uno dei tanti rappresentanti. 

La testa de Su Battileddu, è ricoperta da un fazzoletto femminile, indicativo del fatto che rappresenti anche un'energia femminile. 

È seguito da uno stuolo di donne, o meglio, di uomini vestiti da donna, in lutto  E sos Battileddos Gattias che impersonano le vedove lì per piangere e disperarsi con sos attittos, lamentazioni funebri per la sorte a cui va incontro su Battileddu,. 

Schernito come lo fu Cristo, prima del sacrificio. 

Come lo è ancora, tristemente il toro, nelle rappresentazioni della corrida, infilato proprio sulla nuca, lo stesso punto in cui, allegoricamente, Mitra, l'eroe, rappresentante del segno dell'Ariete, deve, astronomicamente, far morire il Toro, che cade proprio in concomitanza dell'arrivo della primavera, per permettere alla natura di germogliare, e, in senso più ampio e cosmico, permettere la creazione della via Lattea, la via della rinascita, dal punto in cui sono posizionate le Pleiadi, proprio nella nuca della Costellazione del Toro. 

E il Dionisio, a cui si fa riferimento, rappresenta anche il toro, non solo "il caprone", perché uno degli appellativi di Dionisio, insieme a Eriphos e Taùros, era Bougenès, che significa Dioniso "figlio di vacca" e "nobile toro

Non è un caso, secondo me, che la ierofania sul dodicesimo anello della Tholos del pozzo sacro di Santa Cristina, si verifichi proprio in concomitanza dell'entrata nel segno del Toro, il segno della fertilità, insieme alle altre due date, l 21 giugno e il 21 agosto, come ho approfondito in un post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/08/ierofania-21-agosto-pozzo-s-cristina.html?m=0) 

"Ora, come ho scritto, nel 753 aC, proprio il 21 aprile, Romolo scelse il colle Palatino per la fondazione di Roma. 

Scelse quella data, perché avveniva la congiunzione del Sole con Palilicium, che era il nome latino di Aldebaran.,  della stella più luminosa della costellazione del Toro,  il suo "occhio rosso". Il nome Palatino, da cui deriva Palatium e Palazzo, discende da Pales, antica divinità agropastorale, celebrata proprio sul colle, il 21 aprile(Sigismondi Costantino). 

Quindi, il 21 aprile, traguardava la levata eliaca, di Palilicium, il nome latino di Aldebaran, e l'intero colle Palatino, e il Palazzo imperiale, sede dell'imperatore Augusto,  era dedicato a Pales e a Palilicium. 

Quindi la fondazione di Roma è legata a questa congiunzione, alla Dea Pales, e alla celebrazione del Natale romano. Un altro referente per la mietitura e per l'armatura, era la levata eliaca delle Pleiadi, figlie di Atlante sempre della costellazione del Toro. 

In Sardegna, sapevamo già da secoli evidentemente, che proprio in quel giorno il Sole era allineato ad Aldebaran. Considerando la precessione degli equinozi, può darsi che anche nel periodo di edificazione del pozzo di Santa Cristina(XI sec. aC), si presentasse questo allineamento, poi adottato in ambito romano. 

Come ho già scritto, il 21 aprile, traguardato dalla ierofania sul 12° anello della tholos a Santa Cristina, simboleggiava un parametro, sicuramente per verificare il grado di maturazione del grano, visto che il 12 simboleggia il Sacro Archetipo Lamed, con funzione "misura", per "controllare un alimento sacro come il grano. 

Ma molto più probabilmente, per onorare la dea Pales, la dea dei pastori, protettrice del bestiame, della pastorizia. 

Pales

Palilicium

Paulilatino" 


Quindi, come vedete, ci sono tutti gli elementi per pensare che in Sardegna, questo culto, rappresentato da su Battileddu, sia antichissimo, e che il passaggio alchemico, fecondo, verso il "sacrificio del Toro", sia stato traguardato anche architettonicamente con un'attenzione particolare all'architettura del pozzo di Santa Cristina, che proprio nel giorno dell'ingresso della costellazione del Toro, manifesta la sua ierofania di benedizione. 


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"Dalle numerose testimonianze dei vecchi si rileva che il rito che le maschere espletavano era quasi dovunque tragico e cruento, anche nella finzione.

È emblematico a questo proposito il carnevale di Lula ricostruito nel 2003 secondo le testimonianze degli inizi del secolo scorso, quando ancora si voleva vedere la vittima sanguinante perché il sangue doveva fertilizzare la terra. 

La maschera di Lula è chiamata Battileddu, lo stesso nome che aveva la maschera di Orune ormai scomparsa. A Lula si presenta ricoperta dalla pelle di un capro, porta pantaloni di fustagno con scarponi da pastore e sul capo si adatta una calotta con corna caprine, mentre la testa è ricoperta da un fazzoletto femminile. Tra le sue corna è infisso il rumine fresco e capovolto di un caprone e tiene legato alla vita su chentu puzone, un omaso colmo di sangue misto ad acqua dal quale il liquido rosso cola lentamente. Un tempo, a detta degli anziani, tutti si avvicinavano a pungere quest’omaso perché il sangue scaturisse abbondante per fertilizzare la terra.

Lo facevano con strumenti diversi, in particolare lepas e survas (coltelli e lesine). Una poesia scritta in sardo dal poeta nuorese Antoni Canzellu Porcu, nei primi decenni del Novecento, recita:

«Battile lugulesu puntu a surva…» (Maschera lulese punta con la lesina)

Questa figura, che fungeva da vittima sacrificale, tenuta legata alla vita e continuamente strattonata da guardiani, era seguita da uno stuolo di uomini vestiti da donna in lutto che ne piangevano l’imminente morte improvvisando attitos scherzosi e tingendosi l’un l’altro il volto col sughero bruciato.

Un altro gruppo di finte donne portava con sé bamboline di pezza smembrate, che mostravano alla gente dicendo: «Te’, basalu su pitzinnu» (Tieni, bacia il bambino), oppure veniva chiesto alle giovani che lo allattassero perché stava per morire.

Era una parodia del Dionisus Junior, cui seguiva il Dionisus adulto che lasciava intravedere tempi lontani, dove la passione della vittima nella sua fase cruenta era tutt’altro che finzione.

Il suo nome, Battileddu (da battile), significa straccio, sottosella, cosa inutile ed è usato con significato spregiativo, ma poiché lo si ritrova anche come toponimo, è da presumere che un tempo il significato fosse diverso e che il nome originario fosse Bathileios, cioè ricco di messi.

Con tale nome venivano indicate anche le erme, una sorta di simulacro della divinità.

In questo carnevale di Lula si assiste dunque a uno spettacolo cruento, giunto fino agli inizi del Novecento in tutta la sua crudezza, sopravvissuto per tema della siccità che spesso stava in agguato e che si credeva di scongiurare ripetendo ogni anno questo rito macabro di morte e rinascita, che doveva rappresentare una sorta di commemorazione della passione e della morte di Dioniso.

A esibirsi in questo ruolo di vittima venivano scelti degli individui considerati folli oppure dei poveracci che, dietro compenso, si prestavano alle torture, non sempre finte. In tempi lontani pare fossero i prigionieri di guerra deportati e adibiti ai lavori nelle vicine miniere.

È probabile che in questo paese si scegliessero queste persone perché considerate esca facile e poco pericolosa, non avendo chi potesse difenderle.

Le vittime da sacrificare, non dovevano avere alcun difetto fisico e dovevano essere sempre maschili. Questi concetti li troviamo espressi anche nella Bibbia.

Altri Battileddos si univano come buoi aggiogati guidati da un terzo individuo. Su Battileddu vittima era legato con delle funi perché non fuggisse cercando di sottrarsi al suo destino di morte.

Lo tenevano alcuni Battileddos issocatores, che indossavano il costume tradizionale dei contadini, spesso logoro e rattoppato. Al suo seguito vi erano altre maschere vestite da vedove, dette anch’esse Battileddos, che fingevano di piangere e improvvisavano degli attitos (lamenti funebri).

Di quando in quando la vittima veniva punta e cadeva a terra lasciando tracce di sangue e, dopo essersi rialzata, riprendeva il suo cammino fino a quando cadeva definitivamente morta. Alla fine veniva caricata su un carretto e le donne vestite a lutto piangevano cantando attitos.


Molti secoli fa il pianto delle donne al seguito delle maschere non era finto.

Si piangeva veramente la passione e la morte del dio, durante le Dionisie agresti, così come si piangeva la passione e la morte di Adone sventrato da un cinghiale.

Ma poi si gioiva, perché si sapeva che il dio sarebbe rinato con la vegetazione. Dalla vista del sangue che doveva richiamare la pioggia non si poteva prescindere. Per questa ragione tali rappresentazioni, vere e proprie tragedie, si sono perpetuate, anche se in forma attenuata, fino a quando è durata la società agro-pastorale, perché strettamente legate all’annata agraria.

Vederle oggi, riproposte nella maniera in cui apparivano un secolo fa, turba il nostro sentire di uomini del Duemila, non certo esenti da scene orride, ma ci turba perché non vogliamo riconoscerci in una società nella quale, nonostante l’orrore, quel rito era ritenuto necessario per la sopravvivenza della comunità. Queste scene ci fanno ancor più comprendere perché la Chiesa si è sempre opposta, fin dai primi secoli, a simili rappresentazioni, del tutto fuori dalla concezione cristiana.

E ci fanno anche comprendere perché, nonostante le comunità si dicessero cristiane, tali riti continuarono a perpetuarsi, interrotti in alcuni periodi, ma subito ripristinati quando la siccità si profilava all’orizzonte.

Fu soprattutto nel Settecento, vuoi per la continua e incisiva predicazione del gesuita Giovanni Battista Vassallo, vuoi per i reiterati pregoni delle autorità civili, che il rito venne sempre più modificandosi, in modo da attenuare le scene troppo cruente.

Perciò a molti fantocci che avevano il compito di sostituire la vittima e di essere bruciati in sua vece, venivano appese al collo delle vesciche piene di sangue, da pungere ogni tanto, così come venivano applicati pezzi di interiora.

Un tempo anche il fantoccio di Mamoiada, detto Juvanne ’e Martis Sero, nascondeva al suo interno l’intestino fresco d’un capretto o d’un vitello. Prima che il fantoccio bruciasse, tale intestino veniva estratto, fatto a pezzi e sparso qua e là, per auspicare la rinascita. Ma ai tempi del Vassallo questi pezzi d’intestino erano utilizzati per legare gli ossi di cui le maschere si caricavano le spalle. Riti così macabri sono ormai divenuti solo un pallido ricordo di vecchi che li hanno uditi, durante la loro giovinezza, da altri vecchi. Cose che appartengono al passato, ma che è bene sapere per meglio comprendere l’evoluzione avvenuta nel tempo."(Dolores Turchi) 


Tiziana Fenu 

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Su Battileddu di Lula






💙20/2/2023 Luna Nuova in Pesci

 Lunedì 20/02/2023 abbiamo una Luna Nuova in Pesci.

Siamo sotto l'energia dell'undicesimo Sacro Archetipo Ebraico Kaf, con funzione "penetrante", e guidati dall'Arcano Maggiore XI, della Forza.

È una Luna Nuova, in tutti i sensi.

L'energia dell'Archetipo Kaf, ci spinge verso l'Essenza delle cose, verso noi stessi, che siamo Alfa e Omega, in cui tutto inizia e finisce, come un frattale in cui vi è il senso del Tutto.

Dove il particolare si perde, in una valenza più universale, che ci fa sentire partecipi di un respiro più ampio, frantumando quelle strutture che ingabbiano, che costringono, che ora ci vanno strette.

C'è molta leggerezza in questa dinamica, da non confondere con la superficialità.

Penetrando l'Essenza delle cose, come ci insegna l'Archetipo Kaf, è facile anche governarne l'energia con la quale interagiamo con esse.

Questo è uno degli aspetti, forse il più bello e interessante, di quel processo di purificazione che si è sentito particolarmente, da Imbolc in poi, contrassegnato anche da una Luna Piena in Leone, segno di Fuoco, che ha scremato, purificato e alchemizzato il bagaglio superfluo.

Vi è una certa fluidità di pensiero, di emozioni, in questa Luna Nuova.

Un lasciarsi andare con fiducia, al flusso energetico che ci coinvolge, come in una dimensione più pacata, della resa, del Leone che si fida nell'aprire le fauci alla giovane donna, la quale, a sua volta, riuscendo a "penetrare" l'Essenza del Leone, può instaurare con esso, una dialettica di corrispondenza, di reciproca comprensione, sovverchiando tutti i vecchi parametri e schematismi, che vogliono un leone pericoloso e aggressivo.

Una Luna Nuova pacata e trasgressiva, libera, in profonda connessione con le dinamiche universali, dove tutto è infinitamente ciclico.

Dove il cielo è specchio del mare, in corresponsione dialettica. 

Dove il glifo dei Pesci, sembra quasi un Tao, con le due controparti opposte e speculari, unite quasi, da un cordone ombelicale, che dà loro, forza vicendevole, in quella dimensione uterina in cui il Seme, nel grembo lunare, amniotico e simbolico  di Madre Terra ( e questa Luna Nuova cade proprio di Lunedì, giorno che onora la Luna), sta germinando.

In quella dimensione monadica in cui gli Opposti si incontrano, si identificano e si riconoscono, pur nella loro diversità. 

Esattamente come fanno la fanciulla e il leone, guidati da reciproca fiducia, in questo caso, in questa Luna Nuova, da un dominio in lunedì, proprio dedicato alla luna, che enfatizza il lasciarci guidare dal sesto senso, dall'intuito, dall'istinto.

Si giunge alla fine di un lungo ciclo di gestazione, che finisce, e contemporaneamente, inizia, con l'equinozio di primavera, anticipato dalla Luna piena in Vergine del 7/03/2023, contrassegnata proprio da una bellissima energia ripulita da tutte le scorie, e da un Archetipo Phe, il diciassettesimo, di espansione 

Una gestazione, quasi al contrario, che ci riporta alle Origini, a quell'unita' monadica necessaria per il nostro germogliare, e riprendere un nuovo ciclo.

Il segno dei Pesci è l'antipode del segno della Vergine.

Trovo molto bello, simbolicamente, che ci sia questo passaggio alchemico Pesci/Vergine, tra le due lunazioni. 

Quasi come un Figlio che viene alla luce, nel grembo della Vergine, della Madre intesa come energia monadica, virginale, originaria, della Mater/Materia originaria. 

D'altronde, lo stesso simbolo del pesce, rimanda alla sinergia monadica per eccellenza, la Vesica Piscis, o Mandorla mistica, rappresentata anche da quella energia cristica, il cui nome, umanizzato, era proprio Ichtys, "pesce".

La Vergine ha insegnato al Seme/Figlio, ad essere pronto, per una nuova incubazione, per una nuova germinazione, in un ciclo infinito, in una modalità di essenzialità, di purezza, di integrità, di verginità, che sottende ad una certa scrematura e ripulitura. 

Al penetrare l'Essenza, come vuole l'Archetipo Kaf di questa Luna Nuova.

Tra l'altro, è l'undicesimo Archetipo.

Guardate che meravigliosa corrispondenza grafica tra il glifo del segno dei Pesci, e il numero 11, numero Maestro per eccellenza.

Perché, siamo tutti, dei numeri 11, nella nostra energia monadica, virginale. 

Noi e la nostra Fiamma, il nostro corrispettivo alchemico, energetico.

In ambito alchemico, infatti, il segno dei Pesci, è chiamato "acqua del Fuoco", a rappresentare la sinergia dei due elementi complementari, dinamici, propositivi, affilati e puliti, grazie all'energia della Vergine, che affina per poter emergere. 

Come un cordone ombelicale, che nutre solo il necessario per poter garantire la gestazione e il germogliare, la nascita.

Succede anche con le piante. A dare troppa acqua, spesso le si fa morire.

Per questo è necessario penetrare l'Essenza delle cose, non solo per "com-prenderle", per prenderle con sé, e capirle, ma anche per gestire al meglio, l'energia che vogliamo dedicar loro.

Con parsimonia, oculatezza, discernimento, saggezza.

Quel tanto che basta, per farle evolvere, germogliare.

Per farle espandere in nuovo ciclo, nel Caos primordiale della Madre/Vergine, che per paradosso, è analitica, precisa, chirurgica, pronta ad accoglierci, nella Luna Piena in Vergine del 7 Marzo.

E si ricomincia, da Re e Regine, che emergono come Corone. 

L'Archetipo Kaf, rappresenta infatti una corona, nel suo glifo originario, una K ruotata di 90°, come una coppa pronta ad accogliere, come una corolla di fiore, pronta ad accogliere la sua Primavera di espansione. 


Tiziana Fenu 

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2/2/2023 Luna Nuova in Pesci



sabato, febbraio 18, 2023

💙Diapason

 Un video molto breve che dimostra come, alla stessa frequenza di 440 hz, di un diapason, risponda, in risonanza e stessa vibrazione, il diapason vicino. 

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=846533595958972&id=100018070187824

Principio di risonanza.

"Attiri ciò che sei".

Lo sentiamo dire continuamente, e molte volte mi è venuta a nausea, questa affermazione. 

Perché è vero che attiri anche ciò che non sei. 

L'opposto di ciò che sei. 

Perché non siamo inanimati come i diapason. Siamo Umani, con due polarità opposte che si complementano a vicenda, sulle quali funamboliamo, in cerca dell'equilibrio.

"Attirare" squilibri, è parte del percorso. Rafforzano il senso del nostro oscillare.

Perché, solo oscillando, si trova il punto di equilibrio, non stando fermi.

A tutti coloro che ci fanno oscillare, ma non ci fanno cadere, un grazie.

Ci permettono di vedere ciò che non vogliamo essere, nonostante si fregino di autoproclamazioni in stile Conte di Saint Germain.

Siamo un diapason.

Il diapason ha due polarità, lo si vede dalla conformazione, la stessa parola ne indica questo aspetto duplice, che è condizione necessaria affinché si manifesti la frequenza. 

Quindi, non entriamo in paturnie, se attraiamo anche energie completamente diverse, talvolta opposte, alle nostre. 

La frequenza che emaniamo, è frutto delle due polarità opposte e complementari, ed è normale che una fonte luminosa, una frequenza, possa attrarre "insetti e farfalle". 

Come ho già scritto, gli insetti sono farfalle mancate, non evolute. 

Possiamo anche attrarre, paradossalmente, dei delinquenti, ma ciò non significa che noi lo siamo.

Magari abbiamo già  lavorato su quella frequenza, per evolverla e purificarla. 

Dobbiamo sdoganarci anche dai soliti luoghi comuni dello specchio. 

"Che cosa ti sta facendo vedere?" 

"Che cosa ti sta insegnando?" 

A volte non mi mostra proprio niente. 

Se non ciò che non voglio essere. 

E spesso non mi insegna proprio niente, se non, ripeto, ciò che non voglio essere. 

Ma di certo, spesso, non si hanno bisogno degli specchi, per capire ciò che vogliamo, o non vogliamo essere, per quanto ci portino a riflettere.

Ma, questa cosa dello specchio, spesso è labirintica. 

Spesso diventa autoreferenziale. 

Si corre il rischio di vedere sempre il riflesso, quindi noi stessi, e mai ciò che c'è dietro il riflesso, con oggettivo discernimento. 

Si diventa quasi dipendenti, da questo ruolo che assume lo specchio, quasi fosse funzionale, indispensabile, al nostro percorso di crescita, evolutivo. 

Si scivola quasi in forme autopunitive, di dipendenza, di attaccamento quasi indispensabile alla nostra evoluzione. 

Invece è un percorso a vicolo cieco. 

Dove non si vede l'altro per quello che è. 

Molti percorsi "guidati" fanno leva su questa dipendenza, creano ulteriore dipendenza, creando un ulteriore voragine tra la vera percezione di noi stessi, e quella dell'altro. 

Ciò che riusciamo ad attrarre, è in linea con la sinergia delle due nostre polarità, che oscillano, in percentuale, per affinità o per contrasto. 

Il 20% della mia stronzaggine, potrebbe attrarre l'80% della stronzaggine di un altro, e sbattermi in faccia una situazione, un'occasione, che non credo di meritare, che non è nelle mie corde. 

Cosa che invece non succede se il mio 50%, o giù di lì, incontra il 50% dell'altro, allora si. 

Va bene anche l'associazione a delinquere, perché ci risuona, perché sentiamo armonia, fluidità, parità. 

Ma si sa. 

L'Universo tende sempre all'equilibrio. 

Ha un suo equilibrio osmotico da mantenere, e ciò che ci sembrano attrazioni e combinazioni bislacche, magari funzionano proprio perché sono simili ed opposti. 

Con l'esperienza, si impara a non dare energia, non a ciò che ci è diverso, ma a ciò che non ci consente l'espansione, a ciò che non ci fa vibrare, esattamente come le onde vibrazionionali che si propagano da un diapason all'altro. 

Attiriamo ciò che siamo in potenza. Non ciò che siamo, che è statico. 

È il nostro potenziale, che sia un 20% o un 80%, ad attrarre. 

Dinamici, vivi, vibranti. 

Come l'Universo comanda e ama. 


Tiziana Fenu 

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Diapason



venerdì, febbraio 17, 2023

💛Pisu/Pisittu

 Oggi, 17 febbraio, è la festa internazionale del Gatto. Il gatto, esotericamente, è considerato un animale mercuriale, lunare, è l'umido, la terra, il notturno, tutto ciò che è contrapposto al maschile, che è solare. 

I suoi sensi sono sviluppatissimi e attraverso i baffi si orienta nell' oscurità con la forma a x del radar di segnalazione e di telemetria. 

Nell'antico Egitto era considerato la reincarnazione della Dea Bastet, Dea della salute, fertilità, maternità e gioie terrene, con il corpo di donna e la testa di gatto, e nella mano sinistra portava un amuleto sacro a forma di occhio di gatto, l'utchat, che aveva poteri magici. 

Inizialmente questa Dea aveva le sembianze di una leonessa, la leonessa Sekhmet, più aggressiva, e come archetipo sintetizza l'addomesticamento delle forze selvagge e bestiali della natura umana. 

Rappresenta la civiltà. 

Il culto di Bastet ( parliamo fel 1000 a.C.) includeva rituali di purificazione e e profumazione, perche era anche la Dea della seduzione. 

Un gatto dalle nove anime, naturalmente psicopompo, come lo stesso Osiride, signore dell' oltretomba, del vuoto primordiale, della morte, del principio, della creatività latente. 

E il gatto Nero( nero come il limo fertilizzante) per questo motivo, era l'animale sacro a Iside, legato successivamente alla Dea Artemide, della caccia e della Luna. Una particolarità legata al fatto che cerca di dormire sempre sopra i "nodi di Hartmann", quelle particolari intersezioni delle linee del campo magnetico, che avviluppano tutto il pianeta, che sono un po squilibranti energeticamente, per l' uomo. 

È connesso con il magnetismo della Terra, come fanno anche altri animali, ma il Gatto sente maggiormente questa energia, anche quella oscura, quella legata ai riti magici della Dea Madre, di cui è elegante rappresentante del Femminino e di quell'equibrio Zen che mostri la via, nella loro apparente immobilità introspettiva. Nel cogliere mondi dentro i mondi, in piena consapevolezza, perché sanno sempre come adattarsi alla vita e diversamente dagli umani, non si perdono mai

Ma la cosa che più mi ha incuriosito e mi ha portato ad indagare, è l'assonanza fonetica della parola sarda "pisittu", che significa gatto, con la parola "pisu" che significa "seme".

Che legame potrebbre esserci tra gatto e seme?

Nelle antichissime civiltà, e quindi anche presso gli antichi Egizi, si riteneva che molte divinità fossero nate da un albero o da una pianta, come nel caso del Dio Horus, nato da un'acacia, albero associato alla nascita e alla morte

L'albero era considerato la Forza Universale. 

L'albero cosmico nutre gli Dei e i semidei. Nutrimento cosmico che per analogia si trova nell'aura soma indiana( essenza di vita eterna), nell' ambrosia greco romana e nell'idromele della cultura germano-scandinava. 

Nel caso della Dea Bastet gli alberi sacri a cui era legata erano il sicomoro, la palma e il fico, necessari per nutrire il defunto. 

E quindi, ecco perché il chiamare il gatto, in sardo, "pisittu", da "pisu"(seme). 

Perché il gatto è il seme primordiale , ciò che unisce cielo e terra, lo psicopompo che fa da tramite tra cielo e terra. 

Non a caso, si festeggia il 17. 

Secondo la Cabala Ebraica il 17 è un numero propizio, perché è il risultato della somma del valore numerico delle lettere ebraiche Teth ( 9 ), più Vav(6), più Beth(  2), che lette nell'ordine danno la parola tôv, "buono, bene"

E la somma di 17 fa 8, l'infinito, la sintesi del duale. 

Il diciassettesimo archetipo ebraico, è la Phe, con funzione espansione, legata alla simbologia della bocca, del silenzio. 

Il gatto è silenzioso per eccellenza. 

L'energia di espansione, prettamente femminile, è ben rappresentata dal gatto, che riesce a cogliere, oltre il visibile. 

E se vogliamo chiudere il cerchio 17/02 come somma fa 10, la perfezione del compimento, unione del maschile (uno) e del Femminile ( zero)

E onorare il gatto in questa data significa onorare la sua natura divina, completa e perfetta. Seme divino su questa terra, su pisittu sacru. 

Talmente sacro da essere rappresentato durante le rappresentazioni del nostro Carrasegare sardo

Ne ho parlato in un mio recente post

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/le-maschere-sarde-de-su-maimone-e-sa.html?m=0


Sicuramente, non è la solita rappresentazione del gatto, come è di uso abituale, ma molto più simbolica

"Ma questa maschera "a Gattu" di Sarule, ha il suo corrispettivo maschile nella Maschera de "su Maimone", molto particolare, poiché è caratterizzata da una maschera posta sul volto, fatta con "pane de morisca", ossia la foglia essiccata dei fichi d'India, e con un abbigliamento uguale a ciò che indossano sotto la gonna in orbace, le donne, con la differenza che su Maimone, sopra, indossa "su gappottinu", un cappottino nero in orbace. 

Questa maschera rappresenta un fantoccio di buon auspicio, e veniva portato in processione per le vie del paese, in segno propiziatorio per un buon raccolto. 

Infatti su Maimone, è invocato soprattutto per le piogge e i temporali, e il fatto che venga rappresentato con la maschera esorcizzante di una foglia di fico d'India essiccata, sta ad indicare come un' invito, un'invocazione, affinché non ci si riduca ad essere come un Fico d'India essiccato, che, nonostante tutto, cresce e da i suoi frutti anche nei terreni più aridi"


Il gatto, che si accompagna alla simbologia  di un Seme fertile, capace di sopravvivere ovunque si trovi, autonomo, come la foglia del fico d'India, che preserva in sé, la linfa vitale per sopravvivere, anche in terreni aridi. 

Certo in Sardegna non abbiamo trovato templi dedicati a qualche divinità felina, come invece si è manifestato nella civiltà egizia, ma queste tracce, indicano che l'origine primordiale è questa. 

Un'assonanza fonetica, " pisu/pisittu", "Seme" gatto", molto simbolica. 

Una maschera, per rappresentare il gatto, realizzata con una foglia di fico d'India, molto simbolica. 

Nella nostra Antica Civiltà Sarda, è sempre tutto molto simbolico, e tutto ha sempre un suo perché, al di là dello sviluppo della scrittura, dei glifi, dei templi. 

È un tempio a cielo aperto, primordiale, con un linguaggio che non necessita di Scrittura. 

Quella è stata sviluppata dalle civiltà dopo di essa, molto dopo, che hanno sentito la necessità di estrisencare  in più fonemi, il linguaggio. 

Il linguaggio 'atlantideo non si fermava solo ad aspetti che potevano essere celebrativi o accademici. È parte integrante dello studio dei sigilli, quindi altamente simbolico, ridotto ai minimi termini. "Spirito del Linguaggio", "Potenza della Parola", "Suono Sacro". 

Telepatia. 

E su questo, si apre un altro infinito capitolo. 


Tiziana Fenu

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Pisu/Pisittu








💛Spada Gigante in Giappone

 Un articolo di due settimane fa

https://www.heritagedaily.com/2023/01/giant-2-3-metre-long-dakoken-sword-among-unprecedented-discoveries-in-burial-mound/146053

"Gli archeologi del Nara Municipal Buried Cultural Properties Research Center, in collaborazione con l'Istituto archeologico della prefettura di Nara di Kashihara, hanno scoperto una gigantesca spada dakoken lunga 2,3 metri durante gli scavi presso il tumulo funerario di Tomiomaruyama nella città di Nara, in Giappone.

Il tumulo funerario di Tomiomaruyama risale al IV secolo d.C. durante il periodo Kofun (dal 300 al 538 d.C.), la prima era della storia documentata in Giappone.

Il tumulo ha un diametro di 86 metri e raggiunge un'altezza di 10 metri, con scavi precedenti che hanno portato alla luce attrezzi agricoli, utensili, articoli cilindrici in rame, articoli in bronzo e diversi specchi decorati con motivi di divinità e animali.

Recenti scavi hanno portato alla luce una gigantesca spada dakoken di ferro lunga 2,3 metri, insieme a uno specchio di bronzo a forma di scudo in uno strato di argilla che copre una bara di legno lunga 5 metri.

Tipicamente, gli specchi di bronzo trovati nei siti archeologici in Giappone sono arrotondati, tuttavia, quello del tumulo funerario di Tomiomaruyama è a forma di scudo e misura 64 cm di altezza per 31 cm di larghezza. Il centro del retro dello specchio è rialzato, con due motivi arrotondati identici ai motivi tipicamente inscritti sugli specchi "Daryukyo" del periodo Kofun.

Secondo i ricercatori, la superficie dello specchio di bronzo a forma di scudo è la più grande di qualsiasi specchio di bronzo conosciuto trovato in Giappone, con l'unico esempio di dimensioni comparabili che è lo specchio di bronzo scoperto presso le rovine di Hirabaru a Fukuoka.

La spada, lunga circa 2,3 metri, presenta una lama leggermente ricurva a serpente, tipico esempio di spada “dakoken” legata al culto del dio serpente. La spada è la più grande scoperta intatta in Giappone, con esperti che suggeriscono che avesse uno scopo cerimoniale per scongiurare il male.

Gli archeologi devono ancora aprire la bara di legno, ma ritengono che il suo contenuto sia rimasto intatto poiché non ci sono prove di furto di tombe. Il team prevede di studiare il contenuto della bara in un secondo momento, con la spada e lo specchio attualmente in fase di restauro.

Seigo Wada, direttore del Museo archeologico della prefettura di Hyogo, ha dichiarato ad Asia & Japan Watch: “Mi chiedo quale sia lo stato della persona sepolta con gli oggetti, poiché l'individuo è stato sepolto con una spada e uno specchio molto insoliti. C'è una grande aspettativa per lo studio del contenuto della bara.


Prima immagine. Il lungo corridoio in cui è stata ritrovata la spada. 

Istituto archeologico della prefettura di Nara di Kashihara


Seconda immagine

Specchio in bronzo a forma di scudo – Credito immagine: Istituto archeologico della prefettura di Nara di Kashihara. 


Terza immagine, la stele centinata, centrale, dell'esedra delle nostre Tombe dei Giganti. 


Quarta immagine, sigilli  di bronzo, di Tzricotu, ritrovato nel 95, in un nuraghe Tzricotu di Cabras, interrato, dentro un'olla, di sicura appartenenza ai Giganti di Mont'e Prama, si presume sigilli reali di tipo funerario, databili al XV - XII sec aC.,di cui ho già dato la mia personale interpretazione ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/la-sephiroth-sarda.html?m=0) 


Quinta immagine, un kofun, tumulo funerario giapponese. 


Sesta immagine, il pozzo sacro di Santa Cristina, a Paulilatino, in provincia di Oristano, qui in Sardegna, di cui ho parlato tante volte. 

Notevole la somiglianza tra le due sagome. 


Settima immagine, un Torii giapponese, che simboleggia semplicemente una porta, che fa da passaggio dal mondo terreno a quello divino. Delimita quindi un luogo sacro, e l'origine pare che indichi la Torana, un trespolo per gli uccelli. 


Ottava  e nona immagine, corna allungate, nella Domus de Janas S'Incantu,  Putifigari, provincia di Sassari. 


Come potete vedere, quindi, abbiamo degli elementi, che dal Giappone, rimandano alla Sardegna. 

Il ritrovamento di una spada di notevoli dimensioni, probabilmente appartenuta ad un gigante, ritrovata in un kofun, in un tumulo funerario che ha la stessa morfologia del nostro pozzo di Santa Cristina, con un lungo corridoio che ricorda le tombe dei Giganti. 

Abbiamo anche questo insolito specchio a forma di esedra delle Tombe dei Giganti, e anche dei sigilli di Tzricotu, appartenuti ai Giganti di Mont'e Prama. 

E se questo "specchio", fosse anch'esso un sigillo regale, appartenuto ad un Gigante di discendenza regale? 

C'è anche l'elemento decorativo delle nostra "corna taurine allungate" presenti nella nostra Domus più bella, raffinata e simbolica, quella de S'Incantu. 

Nella nostra Domus sono in modulo "da tre", e simboleggiano il concetto di nascita /morte /rinascita. 

Avevo già approfondito a riguardo ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/05/oggi-che-20-maggio-e-la-giornata.html?m=0) 

"E sarà forse per questo che la "babbaiola"( coccinella) sarda, con quella  radice "b-Abba",  ricorda il termine sanscrito  "Apa" quindi "babbaiola apa/ape" che vola. 

"Apa" inteso come acqua, elemento femminile dotato di ali , beneaugurante e portatrice di fortuna, come dea della fertilità visto che la coccinella è il simbolo per eccellenza della della fortuna. 

Ma questo mi fa pensare anche ad un'altra cosa. 

Che nelle Domus de janas sono spesso rappresentate quelle che sembrerebbero rappresentare corna taurine allungate, ma che invece  rappresentano una conformazione a trespolo molto simile ai Torii giapponesi,  che rappresentano proprio un portare di accesso, una porta che porta ad una Jinja, cioè ad un santuario, o molto più semplicemente ad un'area sacra. 

Praticamente sono dei Sacri Portali che sono semplicemente delle porte  che sono simbolicamente dei passaggi dal mondo terreno verso il mondo ultraterreno. 

L'etimologia  della parola "Torii", pare che derivi dalla parola "Torana", che letteralmente significa "palo per gli uccelli", ed era utilizzata per identificare le strutture ornamentali di ingresso ai templi nella religione buddista, induista e giainista. 

Quindi che anche in Sardegna , nelle Domus de janas abbiamo esattamente le stesse porte, con la stessa forma, chiamate "false porte', che erano dei portali di purificazione, quindi un punto di passaggio tra puro e impuro, tra mondo dei vivi e mondo dei morti. 

E la presenza di questi Torii anche nella religione giainista mi rimanda anche ad un altro concetto

Giano era  la Divinita' romana degli inizi materiali e immateriali, raffigurato con due volti, e che quindi  può guardare sia il futuro che il passato, quindi un ponte tra futuro e passato, esattamente come le "jannas/ janas", le  Sacre porte sarde, e non solo. 

E allora non sarà che forse i tori( le cui protomi taurine si trovano nelle domus del janas) oltre che rappresentare l'elemento fertilizzante che si legava a Madre Terra, forse erano  proprio una rappresentazione di una Divinità femminile con le ali ?

D'altronde anche il nome "babbaiola"  e' inteso come "b-abba"/acqua che vola". 

L'elemento femminile che può passare  da una dimensione all'altra. 

Una traghettatrice tra le due dimensioni, la cui rappresentazione è proprio  in quel Torii o "porte finte" che si trovano in ogni Domus de Janas, che non sono semicircolari come le protomi taurine,  ma sono stilizzate esattamente le Torii giapponesi.

Quindi in virtu' di queste  queste similitudini così evidenti, si può anche affermare che il mito della Dea  "Diana/ Jana", se vogliamo risalire alle prime divinità della civiltà gilaniche e matriarcali, di cui la Sardegna è rappresentante,  riguardasse proprio una dea Alata, forse la dea Ape o forse la dea uccello, che faceva da traghettatrice dal mondo dei vivi a quello dei morti. 

Un po' come è rimasto anche nel nome del barbagianni,  "b-Aba Gianni//aba/ jano/ Jana". 

Simbolo comunque di purezza, con il suo piumaggio bianco virginale, che tende a risaltare nell'oscuritàa della notte, e legato nell'immaginario popolare al mondo delle streghe e quindi anche al mondo delle janas. 

Sentire un barbagianni, che in sardo si chiama "sa stria", presagiva ad un richiamo funesto di morte, quindi legato al mondo dei morti e anche alle janas

Inizio e fine. Ponte tra due mondi. 

Materia e spirito. 

Vita e morte. 

La Dea che accompagnava nel culto trasformativo della vita. Dalla vita alla morte.

Da levatrice (" bogadora") a s'accabbadora", " colei che dona la morte ai malati terminali

Acca/abba.

H/ Acqua

H come Hermes , il traghettatore, tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti,  tra il mondo della Materia e dello Spirito. Ape come Sacra Messaggera , come considerata fin dalle origini.

Perché nasce proprio come messaggera, come tramite, come porta Sacra, come "janna" (porta in sardo), come  Janas, come Torii, come Toro."

Ma questa forma, ricorda anche la simbologia della Dea egizia Maat, rappresentata con le ali aperte, la dea dell'armonia, della giustizia, dell'ordine cosmico, sposa del dio Thoth, suo sposo, il suo fecondatore alchemico. 

Maat, la cui piuma, con il suo peso di 21 grammi, secondo la legge della psicostasia, era la misura per poter accedere, come anima pura, accompagnato da Osiride, nell'Aaru. 

Maat, come Mater, come Materia, come tutto ciò che può essere misurato, controllato, portato ad equilibrio, affinché si conservi, affinché duri in eterno. 

Un equilibrio, che porta al salto di qualità, dimensionale, verso l'immortalità, verso il Divino. 

Le nostre porte alchemiche, nelle Domus de Janas, contrassegnate con questo simbolo, rimandano a questo concetto di giustizia, del giusto, di armonia, rappresentato poi dai nostri Giudici Divini più importanti, i Giganti di Mont'e Prama ( a questo proposito, voglio ricordare, come ho sempre scritto, che i due simboli dell'Antica tribù dei Dan, erano la lettera ebraica Nun e la Dalet, "porta di trasformazione", che, insieme, formano la parola Giudice). 

Lo stesso concetto di equilibrio,  tra le due polarità, Sole e Luna, notte e giorno, maschile e femminile, ecc, che è una costante della nostra Antica Civiltà Sarda, lo si trova, nel simbolismo dell'ingresso del pozzo Sacro di Santa Cristina, come ho già avuto modo di approfondire più volte

( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/04/il-menat-portale-alchemico-dei-pozzi.html?m=0) 

"Il portale a forma di Menat nell'ingresso dei pozzi Sacri, é un portale che bilancia la stessa forza della terra, che è collegata al segno del Toro. 

Bilancia gli istinti di bassa energia, quelli legati alla terra, e nel contempo, realizza l'opera di trasmutazione. La terra si lascia lavorare, si lascia dominare, per farsi grembo, utero e accogliere l'acqua purificatrice. 

Si deve acquisire il dominio del Toro, la chiaruduenza, delle lingue universali, quelle che provengono dalle antiche forze della natura, per essere in grado di trasformare questa energia potentissima del Toro, in energia feconda, alchemica. 

E chi poteva essere la depositaria e la custode del potere Alchemico ed equilibrante, tra i due solstizi, tra le due forze contrapposte, se non la grande  Dea Madre Creatrice, dea della Vita e della Morte, la Dea Hator/Sator, la "seminatrice del cielo", la stessa Via Lattea, colei che contiene, come uno "sperma latteo", lo stesso seme della trasmutazione? 

Perché lei rappresenta il bilanciamento, l'equilibrio necessario affinché le due forze opposte, i due solstizi opposti, la via dell' umano e del divino, si incontrino nel suo grembo, nel bacile acquifero del pozzo Sacro, dove può avvenire la trasformazione di Giona(che rappresenta lo spirito divino), del Janus, come nel ventre della balena. 

Perché lei è Arca divina. 

È Argha(vagina in sanscrito). 

È Arca intesa come colonna vertebrale con 33 vertebre, il percorso iniziatico del Cristo, i 33  gradi iniziatici. 

È arco del Cielo

È Arco della via Lattea, che porta alla Rinascita, identificata nel passaggio attraverso l'occhio di Aldebaran, l'Occhio di Horus, il terzo occhio del Risveglio della Coscienza, attraverso l'asse Sirio(Iside/Venere)/cintura di Orione ( Osiride) /Aldebaran(Toro/Venere). 

È un percorso iniziatico di nascita, morte (abbiamo visto come sulla via Lattea ci sono tre croci astrologiche, quella di Orione, del Cigno, e quella di Aldebaran,come le tre croci sul Golgota) e rinascita. 

È un percorso iniziatico che nasce e muore con Venere, simbolo dell'Amore, Alfa e Omega, guida delle nostre vite. 

Solo una Dea Madre Cosmica come Hator, detentrice di quel contrappeso alchemico di trasmutazione, di quel pettorale Menat, che indossavano tutte le sacerdotesse del suo culto, poteva rappresentare la potenza creatrice, la fertilità per eccellenza, possibile solo dove vi è equilibrio.

Il Menat rappresenta l'equilibrio equinoziale, il portale equilibrante, come una Tanit, il contrappeso, che consente la creazione. 

Attraverso il Menat, l'ingresso del pozzo Sacro, le acque, l'elemento femminino, vengono ingravidate dal Fuoco sacro del Logos Solare. 

Le rende Sacre. 

Questo, significa, dominare il Toro, le energie bestiali, e renderlo sacro.

Gli Antichi Egizi raffiguravano l'ingravidamento attraverso l'Ankh avvicinato alla bocca. 

Perché la parola crea, ha la stessa potenza creatrice di un utero. 

"Gutturu(gola in sardo)/utero" 

"Utturu/utero". Molto simili. 

La dea Hator era rappresentata anche da due piume, poi incarnata dalla dea Maat (Menat-Maat.. Il passaggio fonetico e grafico è palese) della giustizia, la cui piuma della Verità fungeva da bilanciere per la pesatura del cuore, per poter accedere al mondo dei morti. 

Il cuore deve pesare poco più di una piuma. 

Ma questo, gli Antichi Sardi, lo avevano capito molto bene, quando hanno realizzato quei gradoni superiori e speculari a quelli di discesa, impraticabili, nei pozzi sacri, in numero Inferiore, o dimezzato( come nel Pozzo di Santa Cristina), rispetto a quelli inferiori."


Questa stessa simbologia, si può estrinsecare anche per ciò che riguarda i kofun giapponesi, che rappresentano l'accesso, in equilibrio, il diritto, di accedere ad una dimensione spirituale ultraterrena, superiore, cosmica. 

Mi piace pensare che questa spada sia appartenuta ad un Gigante Sardo, un regale rappresentante della nostra Antica Civiltà, che è stato testimone, e magari artefice, della nostra civiltà, anche in Giappone. 

Elementi in comune, troppo evidenti, per ignorarli, che fanno srmpre più pensare alla Civiltà Sarda, come Cultura Madre, l'unica, l'originaria, da cui si sono dipanate tutte le altre civiltà, che hanno sviluppato simbolismi e concettualita', che erano già presenti da millenni prima di Cristo, nella nostra. 

Per poter accedere alla dimensione Divina, si deve essere leggeri, si deve avere un cuore leggero, alleggerito dalle pesantezze egoiche, e questo lo si può realizzare quando le nostre energie opposte, e il nostro Mascolino e il nostro Femminino sono in equilibrio. 

Il Menat, la simbologia che ritroviamo in comune, tra i kofun guliapponesi e il nostro pozzo di Santa Cristina, è il simbolo di questo sacro equilibrio, per poter accedere alla trasmutazione. 

Un Menat che richiama la Tanit, con la sua conformazione di equilibrio con le braccia distese, della quale la nostra civiltà, ha un'antichissima tradizione e testimonianza ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/parlare-della-dea-tanit-in-sardegna-e.html?m=0, giusto per citare uno dei svariati miei scritti sulla Tanit). 

Il cerchio si stringe, su evidenze e similitudini eloquenti, tra civiltà apparentemente diverse, ma che, hanno un'unica Matrice, la nostra Cultura Madre. 


Tiziana Fenu 

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Spada gigante in Giappone