Un articolo di due settimane fa
https://www.heritagedaily.com/2023/01/giant-2-3-metre-long-dakoken-sword-among-unprecedented-discoveries-in-burial-mound/146053
"Gli archeologi del Nara Municipal Buried Cultural Properties Research Center, in collaborazione con l'Istituto archeologico della prefettura di Nara di Kashihara, hanno scoperto una gigantesca spada dakoken lunga 2,3 metri durante gli scavi presso il tumulo funerario di Tomiomaruyama nella città di Nara, in Giappone.
Il tumulo funerario di Tomiomaruyama risale al IV secolo d.C. durante il periodo Kofun (dal 300 al 538 d.C.), la prima era della storia documentata in Giappone.
Il tumulo ha un diametro di 86 metri e raggiunge un'altezza di 10 metri, con scavi precedenti che hanno portato alla luce attrezzi agricoli, utensili, articoli cilindrici in rame, articoli in bronzo e diversi specchi decorati con motivi di divinità e animali.
Recenti scavi hanno portato alla luce una gigantesca spada dakoken di ferro lunga 2,3 metri, insieme a uno specchio di bronzo a forma di scudo in uno strato di argilla che copre una bara di legno lunga 5 metri.
Tipicamente, gli specchi di bronzo trovati nei siti archeologici in Giappone sono arrotondati, tuttavia, quello del tumulo funerario di Tomiomaruyama è a forma di scudo e misura 64 cm di altezza per 31 cm di larghezza. Il centro del retro dello specchio è rialzato, con due motivi arrotondati identici ai motivi tipicamente inscritti sugli specchi "Daryukyo" del periodo Kofun.
Secondo i ricercatori, la superficie dello specchio di bronzo a forma di scudo è la più grande di qualsiasi specchio di bronzo conosciuto trovato in Giappone, con l'unico esempio di dimensioni comparabili che è lo specchio di bronzo scoperto presso le rovine di Hirabaru a Fukuoka.
La spada, lunga circa 2,3 metri, presenta una lama leggermente ricurva a serpente, tipico esempio di spada “dakoken” legata al culto del dio serpente. La spada è la più grande scoperta intatta in Giappone, con esperti che suggeriscono che avesse uno scopo cerimoniale per scongiurare il male.
Gli archeologi devono ancora aprire la bara di legno, ma ritengono che il suo contenuto sia rimasto intatto poiché non ci sono prove di furto di tombe. Il team prevede di studiare il contenuto della bara in un secondo momento, con la spada e lo specchio attualmente in fase di restauro.
Seigo Wada, direttore del Museo archeologico della prefettura di Hyogo, ha dichiarato ad Asia & Japan Watch: “Mi chiedo quale sia lo stato della persona sepolta con gli oggetti, poiché l'individuo è stato sepolto con una spada e uno specchio molto insoliti. C'è una grande aspettativa per lo studio del contenuto della bara.
Prima immagine. Il lungo corridoio in cui è stata ritrovata la spada.
Istituto archeologico della prefettura di Nara di Kashihara
Seconda immagine
Specchio in bronzo a forma di scudo – Credito immagine: Istituto archeologico della prefettura di Nara di Kashihara.
Terza immagine, la stele centinata, centrale, dell'esedra delle nostre Tombe dei Giganti.
Quarta immagine, sigilli di bronzo, di Tzricotu, ritrovato nel 95, in un nuraghe Tzricotu di Cabras, interrato, dentro un'olla, di sicura appartenenza ai Giganti di Mont'e Prama, si presume sigilli reali di tipo funerario, databili al XV - XII sec aC.,di cui ho già dato la mia personale interpretazione ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/la-sephiroth-sarda.html?m=0)
Quinta immagine, un kofun, tumulo funerario giapponese.
Sesta immagine, il pozzo sacro di Santa Cristina, a Paulilatino, in provincia di Oristano, qui in Sardegna, di cui ho parlato tante volte.
Notevole la somiglianza tra le due sagome.
Settima immagine, un Torii giapponese, che simboleggia semplicemente una porta, che fa da passaggio dal mondo terreno a quello divino. Delimita quindi un luogo sacro, e l'origine pare che indichi la Torana, un trespolo per gli uccelli.
Ottava e nona immagine, corna allungate, nella Domus de Janas S'Incantu, Putifigari, provincia di Sassari.
Come potete vedere, quindi, abbiamo degli elementi, che dal Giappone, rimandano alla Sardegna.
Il ritrovamento di una spada di notevoli dimensioni, probabilmente appartenuta ad un gigante, ritrovata in un kofun, in un tumulo funerario che ha la stessa morfologia del nostro pozzo di Santa Cristina, con un lungo corridoio che ricorda le tombe dei Giganti.
Abbiamo anche questo insolito specchio a forma di esedra delle Tombe dei Giganti, e anche dei sigilli di Tzricotu, appartenuti ai Giganti di Mont'e Prama.
E se questo "specchio", fosse anch'esso un sigillo regale, appartenuto ad un Gigante di discendenza regale?
C'è anche l'elemento decorativo delle nostra "corna taurine allungate" presenti nella nostra Domus più bella, raffinata e simbolica, quella de S'Incantu.
Nella nostra Domus sono in modulo "da tre", e simboleggiano il concetto di nascita /morte /rinascita.
Avevo già approfondito a riguardo ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/05/oggi-che-20-maggio-e-la-giornata.html?m=0)
"E sarà forse per questo che la "babbaiola"( coccinella) sarda, con quella radice "b-Abba", ricorda il termine sanscrito "Apa" quindi "babbaiola apa/ape" che vola.
"Apa" inteso come acqua, elemento femminile dotato di ali , beneaugurante e portatrice di fortuna, come dea della fertilità visto che la coccinella è il simbolo per eccellenza della della fortuna.
Ma questo mi fa pensare anche ad un'altra cosa.
Che nelle Domus de janas sono spesso rappresentate quelle che sembrerebbero rappresentare corna taurine allungate, ma che invece rappresentano una conformazione a trespolo molto simile ai Torii giapponesi, che rappresentano proprio un portare di accesso, una porta che porta ad una Jinja, cioè ad un santuario, o molto più semplicemente ad un'area sacra.
Praticamente sono dei Sacri Portali che sono semplicemente delle porte che sono simbolicamente dei passaggi dal mondo terreno verso il mondo ultraterreno.
L'etimologia della parola "Torii", pare che derivi dalla parola "Torana", che letteralmente significa "palo per gli uccelli", ed era utilizzata per identificare le strutture ornamentali di ingresso ai templi nella religione buddista, induista e giainista.
Quindi che anche in Sardegna , nelle Domus de janas abbiamo esattamente le stesse porte, con la stessa forma, chiamate "false porte', che erano dei portali di purificazione, quindi un punto di passaggio tra puro e impuro, tra mondo dei vivi e mondo dei morti.
E la presenza di questi Torii anche nella religione giainista mi rimanda anche ad un altro concetto
Giano era la Divinita' romana degli inizi materiali e immateriali, raffigurato con due volti, e che quindi può guardare sia il futuro che il passato, quindi un ponte tra futuro e passato, esattamente come le "jannas/ janas", le Sacre porte sarde, e non solo.
E allora non sarà che forse i tori( le cui protomi taurine si trovano nelle domus del janas) oltre che rappresentare l'elemento fertilizzante che si legava a Madre Terra, forse erano proprio una rappresentazione di una Divinità femminile con le ali ?
D'altronde anche il nome "babbaiola" e' inteso come "b-abba"/acqua che vola".
L'elemento femminile che può passare da una dimensione all'altra.
Una traghettatrice tra le due dimensioni, la cui rappresentazione è proprio in quel Torii o "porte finte" che si trovano in ogni Domus de Janas, che non sono semicircolari come le protomi taurine, ma sono stilizzate esattamente le Torii giapponesi.
Quindi in virtu' di queste queste similitudini così evidenti, si può anche affermare che il mito della Dea "Diana/ Jana", se vogliamo risalire alle prime divinità della civiltà gilaniche e matriarcali, di cui la Sardegna è rappresentante, riguardasse proprio una dea Alata, forse la dea Ape o forse la dea uccello, che faceva da traghettatrice dal mondo dei vivi a quello dei morti.
Un po' come è rimasto anche nel nome del barbagianni, "b-Aba Gianni//aba/ jano/ Jana".
Simbolo comunque di purezza, con il suo piumaggio bianco virginale, che tende a risaltare nell'oscuritàa della notte, e legato nell'immaginario popolare al mondo delle streghe e quindi anche al mondo delle janas.
Sentire un barbagianni, che in sardo si chiama "sa stria", presagiva ad un richiamo funesto di morte, quindi legato al mondo dei morti e anche alle janas
Inizio e fine. Ponte tra due mondi.
Materia e spirito.
Vita e morte.
La Dea che accompagnava nel culto trasformativo della vita. Dalla vita alla morte.
Da levatrice (" bogadora") a s'accabbadora", " colei che dona la morte ai malati terminali
Acca/abba.
H/ Acqua
H come Hermes , il traghettatore, tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, tra il mondo della Materia e dello Spirito. Ape come Sacra Messaggera , come considerata fin dalle origini.
Perché nasce proprio come messaggera, come tramite, come porta Sacra, come "janna" (porta in sardo), come Janas, come Torii, come Toro."
Ma questa forma, ricorda anche la simbologia della Dea egizia Maat, rappresentata con le ali aperte, la dea dell'armonia, della giustizia, dell'ordine cosmico, sposa del dio Thoth, suo sposo, il suo fecondatore alchemico.
Maat, la cui piuma, con il suo peso di 21 grammi, secondo la legge della psicostasia, era la misura per poter accedere, come anima pura, accompagnato da Osiride, nell'Aaru.
Maat, come Mater, come Materia, come tutto ciò che può essere misurato, controllato, portato ad equilibrio, affinché si conservi, affinché duri in eterno.
Un equilibrio, che porta al salto di qualità, dimensionale, verso l'immortalità, verso il Divino.
Le nostre porte alchemiche, nelle Domus de Janas, contrassegnate con questo simbolo, rimandano a questo concetto di giustizia, del giusto, di armonia, rappresentato poi dai nostri Giudici Divini più importanti, i Giganti di Mont'e Prama ( a questo proposito, voglio ricordare, come ho sempre scritto, che i due simboli dell'Antica tribù dei Dan, erano la lettera ebraica Nun e la Dalet, "porta di trasformazione", che, insieme, formano la parola Giudice).
Lo stesso concetto di equilibrio, tra le due polarità, Sole e Luna, notte e giorno, maschile e femminile, ecc, che è una costante della nostra Antica Civiltà Sarda, lo si trova, nel simbolismo dell'ingresso del pozzo Sacro di Santa Cristina, come ho già avuto modo di approfondire più volte
( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/04/il-menat-portale-alchemico-dei-pozzi.html?m=0)
"Il portale a forma di Menat nell'ingresso dei pozzi Sacri, é un portale che bilancia la stessa forza della terra, che è collegata al segno del Toro.
Bilancia gli istinti di bassa energia, quelli legati alla terra, e nel contempo, realizza l'opera di trasmutazione. La terra si lascia lavorare, si lascia dominare, per farsi grembo, utero e accogliere l'acqua purificatrice.
Si deve acquisire il dominio del Toro, la chiaruduenza, delle lingue universali, quelle che provengono dalle antiche forze della natura, per essere in grado di trasformare questa energia potentissima del Toro, in energia feconda, alchemica.
E chi poteva essere la depositaria e la custode del potere Alchemico ed equilibrante, tra i due solstizi, tra le due forze contrapposte, se non la grande Dea Madre Creatrice, dea della Vita e della Morte, la Dea Hator/Sator, la "seminatrice del cielo", la stessa Via Lattea, colei che contiene, come uno "sperma latteo", lo stesso seme della trasmutazione?
Perché lei rappresenta il bilanciamento, l'equilibrio necessario affinché le due forze opposte, i due solstizi opposti, la via dell' umano e del divino, si incontrino nel suo grembo, nel bacile acquifero del pozzo Sacro, dove può avvenire la trasformazione di Giona(che rappresenta lo spirito divino), del Janus, come nel ventre della balena.
Perché lei è Arca divina.
È Argha(vagina in sanscrito).
È Arca intesa come colonna vertebrale con 33 vertebre, il percorso iniziatico del Cristo, i 33 gradi iniziatici.
È arco del Cielo
È Arco della via Lattea, che porta alla Rinascita, identificata nel passaggio attraverso l'occhio di Aldebaran, l'Occhio di Horus, il terzo occhio del Risveglio della Coscienza, attraverso l'asse Sirio(Iside/Venere)/cintura di Orione ( Osiride) /Aldebaran(Toro/Venere).
È un percorso iniziatico di nascita, morte (abbiamo visto come sulla via Lattea ci sono tre croci astrologiche, quella di Orione, del Cigno, e quella di Aldebaran,come le tre croci sul Golgota) e rinascita.
È un percorso iniziatico che nasce e muore con Venere, simbolo dell'Amore, Alfa e Omega, guida delle nostre vite.
Solo una Dea Madre Cosmica come Hator, detentrice di quel contrappeso alchemico di trasmutazione, di quel pettorale Menat, che indossavano tutte le sacerdotesse del suo culto, poteva rappresentare la potenza creatrice, la fertilità per eccellenza, possibile solo dove vi è equilibrio.
Il Menat rappresenta l'equilibrio equinoziale, il portale equilibrante, come una Tanit, il contrappeso, che consente la creazione.
Attraverso il Menat, l'ingresso del pozzo Sacro, le acque, l'elemento femminino, vengono ingravidate dal Fuoco sacro del Logos Solare.
Le rende Sacre.
Questo, significa, dominare il Toro, le energie bestiali, e renderlo sacro.
Gli Antichi Egizi raffiguravano l'ingravidamento attraverso l'Ankh avvicinato alla bocca.
Perché la parola crea, ha la stessa potenza creatrice di un utero.
"Gutturu(gola in sardo)/utero"
"Utturu/utero". Molto simili.
La dea Hator era rappresentata anche da due piume, poi incarnata dalla dea Maat (Menat-Maat.. Il passaggio fonetico e grafico è palese) della giustizia, la cui piuma della Verità fungeva da bilanciere per la pesatura del cuore, per poter accedere al mondo dei morti.
Il cuore deve pesare poco più di una piuma.
Ma questo, gli Antichi Sardi, lo avevano capito molto bene, quando hanno realizzato quei gradoni superiori e speculari a quelli di discesa, impraticabili, nei pozzi sacri, in numero Inferiore, o dimezzato( come nel Pozzo di Santa Cristina), rispetto a quelli inferiori."
Questa stessa simbologia, si può estrinsecare anche per ciò che riguarda i kofun giapponesi, che rappresentano l'accesso, in equilibrio, il diritto, di accedere ad una dimensione spirituale ultraterrena, superiore, cosmica.
Mi piace pensare che questa spada sia appartenuta ad un Gigante Sardo, un regale rappresentante della nostra Antica Civiltà, che è stato testimone, e magari artefice, della nostra civiltà, anche in Giappone.
Elementi in comune, troppo evidenti, per ignorarli, che fanno srmpre più pensare alla Civiltà Sarda, come Cultura Madre, l'unica, l'originaria, da cui si sono dipanate tutte le altre civiltà, che hanno sviluppato simbolismi e concettualita', che erano già presenti da millenni prima di Cristo, nella nostra.
Per poter accedere alla dimensione Divina, si deve essere leggeri, si deve avere un cuore leggero, alleggerito dalle pesantezze egoiche, e questo lo si può realizzare quando le nostre energie opposte, e il nostro Mascolino e il nostro Femminino sono in equilibrio.
Il Menat, la simbologia che ritroviamo in comune, tra i kofun guliapponesi e il nostro pozzo di Santa Cristina, è il simbolo di questo sacro equilibrio, per poter accedere alla trasmutazione.
Un Menat che richiama la Tanit, con la sua conformazione di equilibrio con le braccia distese, della quale la nostra civiltà, ha un'antichissima tradizione e testimonianza ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/parlare-della-dea-tanit-in-sardegna-e.html?m=0, giusto per citare uno dei svariati miei scritti sulla Tanit).
Il cerchio si stringe, su evidenze e similitudini eloquenti, tra civiltà apparentemente diverse, ma che, hanno un'unica Matrice, la nostra Cultura Madre.
Tiziana Fenu
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