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giovedì, settembre 24, 2020

💛Il basilisco e il mito di Medusa in Sardegna

 Il Basilisco e il mito di Medusa in Sardegna


Oggi vorrei parlare di un animale mitologico estremamente legato alla cultura e Civiltà Sarda, il basilisco

Una ricerca che mi ha particolarmente coinvolta ed entusiasmato, che ha rivelato, come sempre, una sostanziale differenziazione nell' evoluzione semantica del simbolismo di questa creatura (che nei bestiari e leggende greche ed europee è descritto come una creatura mitologica, pur esistendo realmente, un piccolo varano, una lucertola sudamericana tutt' altro che pericolosa) , rispetto alle altre culture, ribadendo ancora una volta nella nostra civiltà, quel carattere matriarcale che da sempre l'ha caratterizzata, poco incline alle coercizzanti influenze patriarcali, come invece è successo altrove

Mantenendo intatta, in Sardegna, e nella cultura Sarda, quella identità di femminino che si è protratta fino a fine ai giorni nostri


Il basilisco sardo è una delle Creature più temute nell'immaginario delle leggende sarde

Il basilisco sardo  è chiamato su "Scorzoni"  o "scultone/iscultone" 

È un incrocio, come il drago( che è un mix di vari animali, aquila, leone, serpente), tra un gallo e un serpente, , che uccide chiunque incroci il suo sguardo, (e questo lo collega alla leggenda e al mito  di Medusa) , che con il suo alito provoca il deserto intorno

Del basilisco si conservano tracce nei manufatti, nelle cassapanche sarde, in qualche vecchio portone, ma è comunque difficile rintracciare qualche creazione originaria

Il Grifone che vediamo negli antichi ricami, pare che sia un'evoluzione del basilisco originario

Il Grifone, anch' esso, come il basilisco, un mix tra aquila e leone, è realmente esistente, ma mitizzato nei bestiari in epoca medioevale 


Basilisco significa "piccolo re" , ed è considerato il re dei serpenti

Immortale secondo gli egizi. Sulla testa presenta una cresta e un Diadema bianco, simbolo di regalità, grandi ali spinose e coda di serpente

Ha uno sguardo che spacca la pietra, e che pietrifica chiunque,  un fiato che avvizzisce, desertifica e toglie la vita, e uno sputo che brucia e corrode

Solo l'odore della donnola, che in sardo viene chiamata "bucch'e meli" ( la Mustela nivalis bocca mela) , lo può  uccidere 

Lo può uccidere anche il vedersi riflesso nello specchio, ucciso dal suo stesso sguardo

Essendo per metà gallo, il basilisco è legato simbolicamente a San Pietro ("prima che il gallo canti tre volte tu mi avrai rinnegato" dice la frase  di Cristo rivolta a  San Pietro) , e in generale alla figura del Bene

Pietro è la pietra d' angolo portante

Ed è proprio un rappresentante della potenza della pietra, Pietro, che in Sardegna, come narra la leggenda( mentre in altre zone, come a Genova, per esempio, fu San Siro) fu capace di sconfiggere il basilisco


La leggenda vuole che il Golgo di Baunei a 50 km da Dorgali, un' insenatura profondissima di 270 m, la più profonda d' Europa, che si è creata all' interno dell' altopiano di Baunei, che ha un' altitudine di 400 metri, chiamata Su Sterru( che significa discesa o scavo, e da  notare anche, come la radice di Dorgali, Dorga- se anagrammata, significa "drago") , sia stato creato dal ripetuto scuotere il basilisco a terra per mano di San Pietro. 

Tra le rocce dell' altopiano vi è anche una grande rappresentazione di una maschera litica con il volto umano, forse San Pietro stesso, o perlomeno, un custode in pietra, della stessa pietra, chiamata la Maschera del Golgo

All'inizio questo golgo, era ritenuto un vulcano, con diametro di 40 m circa, ed era un museo a cielo aperto, con Pozzi per celebrare riti ancestrali, Domus de janas nel Neolitico, Tombe dei Giganti, e venti complessi nuragici intorno, come se fossero i custodi della valle, e venne fortificato dal 1500 a. C. in poi

Vi è anche un Pinnacolo, detto "Pedra longa", sempre a Baunei,esattamente a Santa Maria Navarrese ,  di 228 metri a picco sul mare

La leggenda vuole che "su Scultone" , il basilisco, fosse  avido di giovani e vergini donne, e San Pietro, che aveva acquisito la capacità di camminare sull'acqua (quindi acqua contro fuoco) , armato di specchio come l'eroe greco Perseo contro le Gorgoni, stordi il basilisco,  mostrandogli la sua immagine riflessa nello specchio, e San Pietro ne approfittò, per sbatterlo violentemente a terra, aprendo la voragine carsica de "su sterru" , un pozzo senza fondo circondato da i nuraghi edificati nell'età del bronzo per proteggere una zona umida, creata da pozze basaltiche chiamate "is Piscinas" , riserva idrica importantissima per una terra che in quel periodo era generalmente molto arida 

Nella  chiesetta vicina di San Pietro,  si trova un betile in basalto, che riproduce un viso umano, più alcune rocce basaltiche che sembrano umane e che ricordano un Moai( sono statue che si trovano sull'Isola di Pasqua; nella maggior parte dei casi si tratta di statue monolitiche, cioè ricavate e scavate da un unico blocco di tufo vulcanico) 

Opera litica, quella di Baunei, che racconta la leggenda dello sguardo che trasforma in pietra


Certo che non può essere una coincidenza che una creatura ibrida, ibrida come anche il drago, abitasse proprio, come ho descritto in un mio precedente post su Dorgali, in questa zona, dove vi sono toponimi che hanno la particella "org" ( Dorgali, Orgosolo, Orosei), che richiamano la potenza dell' energia orgonica

( l' energia con la quale siamo connessi all' Universo) 

Orgonicamente, questa zona, come ho già spiegato in un mio precedente post, è una delle zone più attive, è una delle più importanti. 

Infatti la tomba dei Giganti di Sant' Ena e Thomes( la "vena", la sorgente di Thomes,) si trova a  Dorgali( provincia di Nuoro) e come ho detto prima, anagrammando la radice di Dorgali, "Dorga-", diventa "drago", il fuoco poiché  pare che proprio in quella zona ci fosse il culto del fuoco sulla sommità dei Nuraghi, per fini ritualistici e ovviamente anche per scopi pratici

E questo è compatibile con l' ipotesi che al di sotto di quella zona, anticamente, al di sotto del Golgo de su Sterru, ci fosse un vulcano, con tutti i riti del fuoco, quindi, ad esso connessi

Teniamo presente che, 2700 anni fa il polo nord Celeste, era in direzione della coda della costellazione del Drago, e la stella polare era considerata la stella Thuban

Il drago comparve anche come simbolo degli Shardana, specialmente nell' artigianato di Seui, nelle cassapanche antiche e in molti portoni

Anche a Mogorella ci sono molti i portoni che indicano il drago e Il Grifone, che è considerato un'evoluzione del basilisco e  che si trova anche nelle  cassapanche sarde, quelle antichissime e nei ricami, anche se ho avuto difficoltà a trovare delle foto


Nella chiesa di San Domenico a Cagliari, risalente alla prima metà del secolo XV, è rappresentato un basilisco che soltanto San Domenico riusci a fronteggiare e addomesticare

Nel rudere dell'episcopato dell'antica basilica di Sant'Antioco di Bisarcio, ad Ozieri, in provincia, di Sassari, vi è una protome di Barisone II, (visto  che Sant'Antioco era la cattedrale  della diocesi di Bisarcio, della quale faceva  parte Ardara, capitale in quegli stessi anni, del giudicato di Torres) 

 Il giudice Barisone II, del giudicato di Torres o del Logudoro,  uno dei quattro Giudicati della Sardegna, dal 1153, al 1190, è rappresentato sotto una foglia di ruta, e vi è anche la rappresentazione di un basilisco

Vi è anche la rappresentazione di un' ostrica aperta, che in origine doveva contenere una perla, simbolo della Sacra Vulva Femminile 

Basilisco che si ritrova in molte cattedrali gotiche e romaniche di tutta Europa, in rappresentanza del Diavolo, del male, della morte, del peccato

Il basilisco di Bisarcio e' descritto come un piccolo drago con la coda formata da due serpenti, due zampe divaricate è un capo bicefalo a forma di gallo, con un Diadema a forma di fiamma sulla fronte 


In questa rappresentazione del bassorilievo di Bisarcio, vi è la presenza di un bubbolo,( bùbbolo s. m. [der. di bubbolare1 «brontolare»]. – Sonaglio sferico d'ottone con una fessura e una pallottolina dentro: se ne mettono in vario numero al collare dei cani (anche d'argento) e alle briglie degli animali da tiro), che rappresenta un' esclusività del basilisco sardo, consumato ma riconoscibile sotto la zampa anteriore

La particolarità, è che il sonaglio in questione è come i  campanacci dei mamuthones che usano per  identificare il pericolo di entità malvage, come altre entità demoniache del Folklore sardo, e allontanarle

Il bubbolo quindi  svolge  una funzione apotropaica, simile ai sonagli dei mamuthones, e agli stessi sonagli che portano addosso le maschere de is Sculzones( i basilischi) durante il Carnevale sardo

Forma che ricorda anche la forma del bottone sardo, cosi sferica, e che richiama La simbologia creatrice dell'Uovo Cosmico 

Si, perché il basilisco pare che  fosse allevato per finalità alchemiche, che fosse necessario per la sintesi dell' oro alchemico, ottenuto dall'accoppiamento dei due galli maschi

Uovo del basilisco poi covato da dei rospi, considerato la pietra preziosa del logos divino, un' uovo cosmico primordiale

Il basilisco viene spesso rappresentato insieme alla ruta, una delle  9 erbe magiche, l'unica che possa uccidere il basilisco


In questo bassorilievo di Bisarcio , quindi vi è una rappresentazione zoomorfa della morte, rappresentata dal basilisco, che rimanda ai versetto 13 del Salmo 91 , di cui il rilievo, è la "traduzione plastica" del versetto 13 : "Camminerai su aspidi e vipere, schiaccerai leoni e draghi", dove il basilisco è la morte, il leone è L'anticristo e il drago il demonio


Un animale favoloso, il basilisco della Cirenaica, descritto da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) in Naturalis Historia, ed è pensato come un serpente piccolo, che col fiato brucia erbe ed alberelli, spacca le pietre, così velenoso che se colpito da lancia, cavallo e cavaliere muoiono per il veleno che percorre l'asta.

Successivamente s'ammantò di particolari  e il medioevo concluse che il Basilisco nasce da un uovo sferico di gallo di 7 anni deposto con Sirio ( che significa luce) ascendente e covato anche per 9 anni da un rospo, ha corpo da gallo che termina in serpente, con cresta dentellata a corona, uccide col solo sguardo, ha due nemici mortali: le donnole (mustela - come le manguste) ed i galli che l'uccidevano col canto

Può morire anche se in uno specchio vede il proprio sguardo, ha poteri simili alla Gorgone della mitologia greca, ed è nato dal sangue di Medusa decapitata da Perseo, caduto sulla Libia.

Nel medioevo gli si attribuirono tutti i vizi del demonio, compresa la lussuria ed ogni conseguenza negativa quale la sifilide che fu detta morbo del basilisco.

Della stessa famiglia del Basilisco è la Coccatrice ed i discendenti ideali di questi animali crebbero nell'immaginario fino alle figure di grandi draghi sputanti fuoco e immaginati con ali potenti, che si trovano in bassorilievi di pietra su portali di chiese a Bitonto, Amiens, Sens, Poitiers ed a Vezelay.

Il sovra portale di Amiens, raffigura Gesù che calpesta un basilisco

Invece per gli Egiziani il basilisco era sacro. Rappresentava l' eternità 


Si parla della donnola, come unico animale che può affrontarlo. Si parla del suo sacrificio, poiché la donnola ferisce mortalmente il basilisco azzannandolo alla gola e al ventre, ma nonostante questo, si lascia ammazzare a colpi di becco, piuttosto che lasciare la presa e si sacrifica come Cristo sulla croce

Non è un caso quindi che la testa del basilisco del semicapitello della chiesa di San Domenico di Cagliari sia  voltata all'indietro, in direzione della donnola 


Quindi questo "Scultone", questo basilisco era di natura malefica, nato dal sangue della testa della Gorgone, Medusa, decapitata da Perseo le cui uova vengono partorite da  due galli maschi e che vengono covate del rospi

Le Meduse erano figlie di Forco e di Ceto, ed abitavano nell'estremo occidente del mondo conosciuto dai greci

Erano tre sorelle, Steno, Euriale e Medusa, di aspetto mostruoso, avevano ali d'oro, mani con artigli di bronzo, zanne di cinghiale e serpenti al posto dei capelli e chiunque le guardasse direttamente negli occhi rimaneva pietrificato. 

La Gorgone per antonomasia era Medusa, unica mortale fra le tre e loro regina, che, per volere di Persefone, divenne la regina degli Inferi. Le Gorgoni rappresentavano la perversione nelle sue tre forme: Euriale rappresentava la perversione sessuale, Steno la perversione morale e Medusa la perversione intellettuale.

Dalla testa mozzata di Medusa, nacquero il cavallo alato Pegaso e Crisaore, padre di Gerione.

Quel Gerione, la cui figlia Eriteide, si uni' al Dio Hermes e diedero alla luce, Norax o Norace, antico eroe mitologico della civiltà Sarda, fondatore, secondo la leggenda, di Nora

Norace, attestato da più fonti, pare che arrivasse in Sardegna dalla mitica città di Tartesso, la città portuale dell' attuale Andalusia, ma che sembrerebbe invece, da alcuni studi, essere proprio una città della Sardegna, terra ricchissima di metalli e di pietre preziose, di cui i sardi erano abili  commercianti fin da tempi antichissimi, probabilmente dal 10. 000 a. C., se non prima


Perseo, quindi, donò la testa mozzata di Medusa, alla dea Atena, la quale la fissò al centro del proprio scudo per terrorizzare i nemici

La testa mozzata venne dirottata verso l'arido deserto libico per evitare che dal suo sangue velenoso si creassero dei mostri o si creasse un deserto nel territorio greco

In Libia in particolare si credeva che il basilisco che fosse nato dalle uova di Ibis, i quali si nutrono di serpenti e di scorpioni velenosi

Infatti vi è una sovrapposizione tra il nostro comune Gallo e l' Ibis egiziano, questo perché gli Egiziani  veneravano moltissimo il basilisco come emblemi di eternità tanto da consacrare  in loro onore, delle statuine d'oro

In Libia, Medusa divenne regina delle Amazzoni, quindi una Regina con valenza positiva, come lo diventerà in Sardegna, in totale controtendenza con l' immagine iconografica negativa che aveva assunto nella cultura occidentale, soprattutto presso i Greci e i Romani

Tanto che  il suo sangue, qui sembra essere anche miracoloso, pur essendo di natura demoniaca

Ho trovato anche un' immagine che riporta uno "spuligadente" sardo, che ha l' immagine di un basilisco

 Gli “spuligadentes”( i pulisci denti) sono oggetti legati alla toeletta personale. Possiedono palettine e punte per la pulizia di denti e orecchie, ma l'uso è più simbolico che funzionale, legato al concetto di purezza che si associa con certe pratiche liturgiche. Sono spesso presenti in questo oggetto il simbolo del cristogramma, la foglia e la testa di uccello, elementi connessi con la sfera religiosa cristiana. Talvolta sono combinati con piccoli reliquari dal significato magico-religioso, e impreziositi da pietre colorate, turchesi, coralli

Quindi avevano un'alto valore simbolico


Questa leggenda de "su Scultone", diventa così popolare da oltrepassare i confini Isolani,  e dopo essersi estesa da Baunei fino all' Ogliastra e al nuorese, arriva  ad orecchio fino agli sceneggiatori del famoso fumetto "Martin Mystere", di Sergio Bonelli, che con il suo numero 80 di un  fumetto intitolato "la macchina invincibile", fa incontrare al famoso indagatore del mistero, proprio il basilisco nel territorio di Baunei

E ne parla anche un numero di Topolino del 1998, dove l'archeologo Indiana Pipps, si trova a combattere nella valle del Goggorroppu, con lo sguardo temibile dello stesso Scultone, che fa perdere la memoria a chiunque lo incontri 

Infatti  l'episodio del fumetto si chiama "la valle della memoria perduta" 


A Esterzili esiste un tempio megalitico rettangolare , chiamato " Sa Dom'e Urxia", dove, narra la leggenda, ci sarebbe un tesoro chiamato con un nome molto simile a quello del su Scorzoni( o Scultone), che si chiama " su scusorxu", nascosto e custodito dalla Maga Urxia

Urxia, Orgia, Giorgia, sono tutte radici in "org -", che richiamano luoghi carichi di energia positiva, quindi fertile, piena di verde, che hanno lo stesso nucleo "or/org", di Orgosolo, di Dorgali, di Orosei, dei luoghi, insomma, frequentati da Su Scultone - basilisco

Infatti, "Gorgo- georgico" , è riferito all'agricoltura, e proprio Medusa, col sangue dalla sua testa decapitata, che genera il basilisco( tra l' altro il nome è simile al basilico, la più profumata tra le erbe "di cucina" ) era, tra le Gorgoni, colei che era esperta nell'arte del coltivare la terra, oltre che ad essere la più potente


Il Professor Lilliu, aveva associato  "Giorgia", ad una maga gigantessa in epoca nuragica, che si infuria e che  pietrifica con lo sguardo a causa della perdita, per una maledizione, dei propri figli

Una Giorgia come un Antica Madre Pietra della fertilità( il nome Giorgia infatti è connesso al termine greco- bizantino " Ghiorghis", che significa "colei che feconda) che venne pietrificata per aver rifiutato di fare l'elemosina, nonostante la sua ricchezza

A Esterzili esiste anche " Sa Domu de s'orgia Maiosa"


Il basilisco, anche a livello esoterico, nonostante la sua fama di animale terrificante e temibile, è uno dei 5 importantissimi animali della fase alchemica di trasformazione, le cui uova sono covate dalla grande  gallina alchemica e queste cinque fasi alchemiche, con i relativi animali corrispondenti, rappresentano le trasformazioni a  cui siamo chiamati per  consentire l'evoluzione

Il corvo rappresenta la prima fase, la Nigredo,  dove si deve morire a se stessi, e dove si lavora con il fuoco

La seconda fase è l'Albedo, rappresentata dal cigno, una fase di purificazione e di grande quiete, prima della terza fase, la più importante, quella rappresentata dal basilisco, dove vi  è l'unione del principio attivo e recettivo, tra maschile e femminile, rappresentato da questo  essere metà uccello(gallo/maschile /solare) e metà serpente (femminile/lunare) 

Dove il gallo rappresenta la purezza 

Infatti nei tempi passati, tra i greci e latini,  il gallo bianco era  consacrato a Zeus e ad Apollo, simbolo della luce e della vita , il "gallo solare"  ( emblema solare nelle popolazioni dell'antica Asia) che si oppone al simbolo del serpente, il rettile dell'oscurità e della morte,

Il basilisco rappresenta la fase alchemica  più importante, quella dell'unione del  maschile e del femminile, della luce con le tenebre, del Sole e della luna

Unione delle degli opposti che è sempre stata importantissima nella rappresentazione e nelle  manifestazioni nella cultura Sarda, in ogni aspetto, come ho sempre sottolineato

Vi è sempre questo equilibrio di polarità sempre presente, di  acqua e fuoco, di luna e sole, di Padre e Madre Creatori, che agiscono sempre in sinergia

Con l'unione dei due opposti, poi subentra la quarta fase, rappresentata dal pellicano, che si squarcia il petto per cibare i propri figli con il proprio sangue

Questa è la fase della moltiplicazione

Mentre la quinta fase è rappresentata dalla Fenice, dalla Rubedo, la rinascita, il compimento dell'Opera alchemica, il rinascere dalle proprie ceneri


E non è un  caso che tra questi animali, sia proprio il basilisco ad essere maggiormente rappresentato in Sardegna

Un animale che seppur terribile è molto potente, e rappresenta quel Unione degli opposti della  Kundalini madre, la Kundalini Shakti che genera e che crea in senso cosmico

Questo serpente energetico, la Kundalini, che è la nostra Energia vitale, connessa alle energie dell' Universo, con le due nadi, maschile e femminile, che è assopito nel perineo e che si snoda attraverso la  colonna vertebrale

Ed è proprio nel perineo ( quella zona indefinita androgina, quella "Udda/vagina", che indicava l' antico sintagma sacrale sumero "andare verso il sole" [ "ud da"] , della "pudda/gallina", che non è né ano né utero, ma è perineo, la zona sacra , dove vi è il potere generante dell'androgino, che crea l'uovo Cosmico, e quindi non nasce né prima l' uovo, né la gallina. Sono inglobati l' uno nell'altro, poiché nasce da un' entità androgina gallo che si unisce con un' altro gallo

L' Uovo cosmico è perineale, è sia maschile che femminile, è ano e vagina insieme, e il basilisco rappresenta l'entità androgina che nasce da un gallo ed è covato da rospi

L'uovo cosmico, che è il "vaso di cottura" dei processi alchemici

Solo il basilisco può consentire questa trasformazione alchemica importantissima, di unione del femminile e del maschile, dell'acqua con il fuoco


Nella Basilica della Borgogna in un monastero benedettino dedicato a Maria Maddalena via è un capitello chiamato Capitello numero 51, chiamato "il basilisco" , e si trova nella zona nord della Basilica, a nord come la  Stella Polare , in una zona dove non arriva la luce, ed è ornato solo con  foglie di Giglio araldico, che corrispondono alla Rosa ermetica della Maria Maddalena

Perché il Basilisco, nella sua accezione più positiva e non penalizzata dai vari bestiari medioevali e dal retaggio misogino e patriarcale della mitologia greca, viene ad identificarsi con il Sacro Femminino, con la Maria Maddalena, che ha integrato in sé il principio degli opposti, del maschile e del femminile


Questo aspetto è molto interessante se consideriamo che il basilisco era considerato e venerato  dagli egiziani come simbolo di eternità

Il basilisco è come il fuoco primordiale che prelude alla trasformazione dei metalli, alla trasformazione del piombo in oro

Ha lo sguardo di potere caratteristico della Medusa, e infatti simbolicamente, il  basilisco rappresenta anche il potere

La Medusa, le Gorgoni, non sono altro che l'evoluzione dell' incalzante patriarcato che avanzava, e che spazzava via ogni traccia di quello che fu il culto della Dea Serpente delle antiche civiltà gilaniche, dove il serpente era il simbolo della saggezza, che univa la vita, la morte e la rinascita

Il mito della Dea Madre del Neolitico, dal 7000 al 3000 a. C., inizialmente viene rappresentato da questa Dea Madre venerata nell'africa del nord, quella che poi si ritroverà nella Medusa, Regina delle Amazzoni, di cui rimane però solo l'aspetto legato alla morte

Ma piano  l'ideologia patriarcale e androcratica, si fanno sempre più strada e tutte le  maggiori rappresentanti del male e della bestialità verranno  rappresentate da elementi femminili, come le Gorgoni, le Erinni, le Arpie, le Chimere

Il serpente, da animale venerato nel Paleolitico e Neolitico, diventa invece, sotto il patriarcato maschile, pericoloso e velenoso


Solo a Creta, soprattutto nel periodo fino al 1400 a. C. , abbiamo ancora riti minoici  legati alle mestruazioni, al concepimento, all'attamento, dove il serpente è simbolo di regalità e di divinità femminile

Mentre, soprattutto  nell'arte greca, dal VII sec a. C. in poi, si assiste ad una ghettizzazione della donna malefica, mostruosa, orribile, che deve essere sconfitta per mano di un eroe greco tendenzialmente  omosessuale (quasi tutti gli  eroi greci infatti hanno delle tendenze omosessuali) 


A Creta, e in Sardegna, invece il mito della donna serpente come figura positiva, sopravvive più a lungo

A Creta abbiamo anche mito del labirinto, quel labirinto che è tanto caro all'iconografia Sarda, che poi  ritroviamo anche inciso nella roccia, come il  labirinto di Benetutti 

Labirinto che troviamo nella stessa conformazione dei Nuraghi polilobati, che sembrano dei labirinti, quello che abbiamo nel complesso nuragico di Romanzesu, che richiama sicuramente il femminino, il serpente che si avvolge su se stesso

Illabirinto del cordone ombelicale, che porta comunque ad una rinascita

E non è un caso che sia stato proprio il basilisco, simbolo dell'androgino, Unione degli opposti, del maschile e del femminile, del fuoco e dell'acqua, che abbia creato nella pietra, una voragine profonda come un utero, che è diventata poi un Luogo sacro per la celebrazione di riti ancestrali e che ha dato origine, intorno, ad un complesso nuragico molto articolato, composto da nuraghi, Domus de janas e Tombe dei Giganti

Ma anche il mito della Medusa in Sardegna, assume dei connotati totalmente opposti a quelli negativi che le vengono attribuiti nella civiltà e nella cultura greca e Latina

Il Mito di Medusa è sempre stato presente in Sardegna e con una valenza estremamente positiva è questo ancora una volta indica  l'importanza che aveva il matriarcato in Sardegna


Dolores Turchi, famosa etnologa, descrive la leggenda di Medusa, poiché se ne è occupata nei suoi studi accurati

Esistono due castelli dedicati a Medusa : uno a Samugheo(Or) e l'altro a Lotzorai(Nu) 

Il castello di Samugheo,  è chiamato "sa domu de Orgia", la "casa di Giorgia" ,  che poi è diventato una fortezza bizantina con pianta a megaron (a rettangolo allungato), come quella delle strutture micenee del XV - XIII secolo a. C. 

Anche a Orune vi è la leggenda di Medusa

Il padre di Medusa  era Forco, chiamato Urcheddu o Furcheddu, in sardo, Re del  mare come Nettuno, che governava la Terra di Atlantide

Medusa affronta Perseo nei miti greci e  in essi viene presentata come una Gorgone 

Invece qui, nella mitologia Sarda, è rappresentata come una stupenda regina bellissima che si batte per il suo popolo

Quindi il mito di Medusa- Gorgone , qui in Sardegna si sviluppa in modo ben diverso da quello Greco, che viene stravolto per valorizzare il mito di Perseo eroe

Qui in Sardegna si narra che Medusa regnasse i paesi iperborei del  settentrione, come dicono i greci, nell'estremo occidente, ma pare che abbia regnato precisamente (e  la fonte  la ritroviamo nello storico Fara, "de rebus sardi", del 1580) , per ben 28 anni, e pare, che le terre iperboree siano  sempre state la Sardegna, e che Tartasso, la terra dei Metalli e delle pietre preziose, fosse la terra sarda di Atlantide


Una terra sarda atlantidea che ha restituito dignità al mito originario della Dea Serpente, svilita nel corso dei secoli fino  ad essere un'orrenda maschera decapitata, depauperata di tutta la sua potenza e bellezza

Il quadro di Caravaggio che  rappresenta la testa mozzata della Gorgone e quanto di più umiliante si possa rappresentare di  una donna, riflesso di un'atavica  paura dell'uomo, di una donna potente che ammalia con lo sguardo, e che detiene le chiavi della conoscenza, della vita e della morte

Nemmeno la brutta fama che si è fatto il basilisco, "figlio" prediletto della Medusa dalla capigliatura serpentiforme, ha potuto evitare che lo si rappresentasse comunque  come un animale di potere, apotropaico, creatore di quel "golgo/vagina/voragine" che è diventato un luogo sacro di culto, fertile

Un basilisco/Scultone, rappresentato anche nel carnevale sardo, è rimasto nell'iconografia delle tradizioni artigianali, integrato a quello che genericamente viene chiamato Drago o Grifone


Chiara Vigo, la magica  Artista Sarda del Bisso, ha creato  una bellissima rappresentazione proprio del Basilisco, con questo "filo dell'acqua", la seta del mare che  "nasce da un canto", con un bellissimo ricamo esposto al museo del Bisso a Sant'Antioco

Ho letto un po' ovunque, che il basilisco era rappresentato sia nelle cassapanche sarde, ma anche nei ricami antichi, ma ho avuto difficoltà a trovare dei ricami originali, o delle cassapanche antiche che lo rappresentassero


Rimane traccia del basilisco nel carnevale di Siurgus Donigala,  e nella mitologia della Trexenta  e dell'Ogliastra

Le Maschera de Su Scultone  devono incutere timore e suscitare rispetto

Sul viso indossa una maschera di legno o sughero chiamata Sa Carota, e si indossa  la mastruca( il pellicciotto) di pecora bianca che è decorata con le "metallas" , un filo di campanelli, che annunciano il suo arrivo


Esiste anche il basilisco come pianta, simile alla ferula.

Che si erge tra le piante come un "cabonischeddu", un galletto, alta e fiera

Il suo nome è anche pastinacea, dal latino pastinaca o carota( ed è per questo motivo che la maschera de is scurzones si chiama "sa carota") 

Inoltre viene usata, visto la consistenza e resistenza, per fare dei panchetti,  chiamati ‘bankìtta di firrulòni"

È comunque una pianta legata al fuoco, ustionante, come il basilisco


Non deve stupire che i primi ibridi "umano/bestia", rappresentati nelle grotte, risalgano a 30000 anni fa, come quello  nella grotta di Chauvet, che rapprenta la fusione di una donna con un bisonte,  il principio del mascolino virile

In seguito alla sconfitta della cultura della Dea in cui il serpente era una figura positiva, la connessione "donna - serpente" assume e poi nel tempo un carattere negativo, poiché Medusa rappresenta il mito della paura, della donna fertile e mestruata, del  calore arcaico delle donne, della loro autosufficienza, del potere sotterraneo generante e rigenerante del sangue mestruale

Ma le Gorgoni, quindi anche la Medusa, e di conseguenza, anche la sua creatura "più perfetta", poiché è insieme Gallo/Sole/maschile e serpente/luna/femminile, quella che meglio la rappresenta, il basilisco, erano anche delle figure apotropaiche,  come se fossero un antidoto ai mali che minacciavano  loro stesse

Infatti le Gorgoni erano molto rappresentate, ed erano considerate gli assistenti di Artemide, la protettrice delle partorienti dei neonati e dei giovani, la signora degli animali, ma anche il guardiano dell'Ade

Le Gorgoni e quindi anche la Medusa, hanno rappresentato solamente il grande potere della donna che crea la vita, la donna insieme al suo sangue mestruale

Una medusa che può pietrificare con lo sguardo, come il basilisco, perché è lo sguardo della potenza creatrice sguardo che ammalia

E io trovo molto bello che invece in Sardegna la figura di Medusa è di conseguenza, anche quella del Basilisco, stata nobilitata ad una figura molto più positiva e benevola, nei confronti di questa terra, onorata come una grande Regina bellissima e protettiva che si batte per la sua terra


Come sempre, la Sardegna, con la sua saggezza ed armonia nelle forme e nel pensiero, mi stupisce sempre, andando sempre controcorrente rispetto a ciò che poteva essere il pensiero dominante nelle altre civiltà, mantenendo sempre una linea sostanzialmente matriarcale, e di Unione ed equilibrio degli opposti, del maschile e femminile, del Sole e della luna, della luce e delle tenebre, come ho sempre  sottolineato 

E per ogni ricerca, è sempre un' emozione in più, nel vedere sempre confermato questo gioco di equilibri estetici e concettuali, di cui la Sardegna è eccelsa rappresentante


Tiziana Fenu 


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Il Basilisco e il Mito di Medusa in Sardegna






















































mercoledì, settembre 23, 2020

💛Video scialli Sardegna

 https://www.facebook.com/103659844591320/posts/172900074333963/


Video scialli Sardegna

💛Il plisse' nei Bronzetti sardi

 #dettagliimportanti


Con questo post voglio sottolineare il fatto che il plisse', e la sfrangiatura, quella che vediamo oggi nei costumi sardi, esisteva già in epoca nuragica, ma probabilmente da molto prima, se le vediamo riprodotte nei Bronzetti nuragici che risalgono al VII - VI sec. a. C.


Le immagini e le descrizioni dei Bronzetti, quelli nei quali ho individuato plissettature e sfrangiature, sono tratte dalla bellissima pagina di schedatura dei Bronzetti, di Nurnet, "Museo virtuale delle sculture bronzee di produzione nuragica conosciute, dove hanno schedato vari bronzetti nuragici sulle loro  pagine Facebook “Bronzetti Nuragici”, “S’Ischisorgiu Furau. L’arte Dei Sardi- Catalogo Arte Prenuragica e Nuragica)” etc.

di cui allego il link della raccolta


https://www.nurnet.net/mediateca/categorie/bronzetti-nuragici/


In galleria


1)Uomo in preghiera con spada votiva(?)

Nr. 29 Catalogo collezione Borowski Uomo in preghiera con spada votiva(?) Bronzo h 6,5 cm Sardegna, località sconosciuta. Cultura nuragica VII-VI sec. a.C. La mano destra portata al petto in gesto di preghiera, il torace nudo, l’uomo è vestito con un corto gonnellino fatto di un materiale lavorato a coste (confr. SKK, nr. 98 e 106), ha il capo scoperto e tiene la spada votiva(?) con la mano sinistra stretta al corpo. Sul volto rotondo con la testa calva, gli occhi, il naso e la bocca sono piccoli. Per quanto riguarda la tipologia questa statuetta si può confrontare con un’altra di Cagliari, anche questa frammentaria (G.Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1966, nr.125), in cui Lilliu vede nel lungo e stretto oggetto una spada. Stilisticamente simile è la figura seguente, nr. 30. È probabile la provenienza dalla stessa officina del gruppo barbaricino. I valori dell’analisi dei metalli dell’istituto di ricerca Rathgen di Berlino (J.Riederer) corrispondono alla lega tipica dei bronzi sardi. Stato di conservazione: mancano le gambe al di sotto del gonnellino; la punta della lancia è leggermente piegata. Patina liscia verde con efflorescenze.


2). SUONATORE DI CORNO DA GENONI

10) SUONATORE DI CORNO DA GENONI Nome: Suonatore di corno da Genoni Professione: forse musico Altezza: 8 cm Aspetto: personaggio "fotografato" mentre suona il corno, strumento musicale tra i più antichi Vestiario: corpo seminudo, indossa solo un gonnellino pieghettato o a frange, copricapo a calotta semplice, capelli corti, bandoliera forse con custodia (sul retro) Luogo di ritrovamento: GENONI - loc. Santu Pedru (NU) Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari Segni particolari: bronzetto molto danneggiato Curiositá: Lilliu nel 1966 scrisse nel suo libro "Sculture della Sardegna Nuragica" che all'epoca dei suoi studi la statuetta era completa del corno, ora mancante...... fotografie dal web (la fotografia col bronzetto integro è del 1954 di Christian Zervos, biografo di Pablo Picasso)


3)OFFERENTE

79) OFFERENTE Nome: offerente Professione: sconosciuta Dimensioni: altezza 10 cm Aspetto e vestiario: il devoto è rappresentato in piedi, alza la mano destra porgendo il consueto saluto devozionale tenendo il palmo aperto con dita unite e solo il pollice divaricato. Con la mano sinistra, ripiegata sul gomito, porge in avanti un piatto rotondo nel quale si notano alcuni elementi di offerta. Il capo scoperto mostra una elaborata e ordinata acconciatura: i capelli sono divisi in sommità e scendono corti sulla nuca a taglio netto e sopra la fronte si rialzano in due ciuffi che si allungano in due treccioni che ricadono davanti alle orecchie lungo le guance. Incorniciano il viso, lungo e solido, con fronte marcata, arcata sopraccigliare in rilievo, naso regolare, occhi a mandorla cerchiati, bocca aperta e pronunciata e mento con fossetta. Indossa una tunica aderente al corpo che scende sino al ventre, lasciando scoperte le gambe che si presentano allargate con accenni ai polpacci e alle dita dei piedi distinte da profonde incisioni parallele. Sopra la tunica indossa un giubbotto rigido, forse di pelle, aperto sul davanti e un po' scollato che si ferma sopra l'orlo della tunica, finendo con una decorazione a rilievi circolari intorno alla vita, da cui pende una frangia a filamenti verticali paralleli tra loro. Il giubbotto sembra chiudersi al collo, forse con un fermaglio, e sul retro, sotto la nuca, emerge una sorta di cappuccio stilizzato. Luogo di ritrovamento: Serri (NU), località Santa Vittoria, presso la torre a feritoie Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari Segni particolari: integro Curiosità: nel piatto dell'offerta si notano: due focaccette tondeggianti al centro e due filoncini ai margini, di dubbia identificazione. Descrione e immagine tratte da G.Lilliu, "Sculture della Sardegna nuragica", 1966, ed. ILISSO


4). Madre con bambino

146) MADRE CON BAMBINO Nome: madre con bambino Dimensioni: altezza 13,1 cm Luogo di provenienza: probabilmente Lodé (Siniscola) Residenza Attuale: Ginevra -Svizzera (CH), collezione ORTIZ Aspetto e vestiario: la madre offerente è raffigurata stante. Con il braccio sinistro piegato, sorregge il bambino nella cavità del gomito e con la mano aperta offre una ciotola alla divinità. Con il braccio e la mano destra, estesi in avanti, porge il saluto devozionale. Il bambino è seduto nell’incavo del braccio e si regge con il braccio destro appoggiandosi al collo e alla spalla della madre; la mano sinistra scende sulle ginocchia. La donna indossa - una doppia tunica: una lunga veste leggera forse di lino e sopra una tunica più corta, avvolta attorno al corpo. La sottoveste lascia intravedere le pieghe rappresentate da linee verticali (molto simile alla lunghe gonne con pieghe volute in senso orario, Su frangiu, ancora oggi in uso nei costumi tradizionali). - un mantello molto spesso indossato sulle spalle, lungo quasi fino ai piedi nudi. Segni particolari: patina grigio-verde, varie incrostazioni. Tracce sotto i piedi della colata plumbea che fissava la statuetta sul blocco di calcare Curiosità: Jürgen Thimme [Kunst und Kultur Sardiniens, no. 139, pp. 117, 392.] confronta questa figurina con altre tre raffigurazioni di madre e figlio che chiedono l'aiuto alla divinità, ma generalizza concludendo che il gesto e la ciotola sacrificale del presente esempio lo inducono a ritenere che tutte queste rappresentazioni dell'arte nuragica rappresentino una madre con un figlio MALATO. Effettivamente "due di queste rappresentazioni di madri con bambini furono ritrovate al santuario di Santa Vittoria a Serri, sito probabilmente visitato dai malati in cerca di guarigione, come anche attestato da una statuetta trovata in loco di offerente con stampella. Ci sono però notevoli differenze tra i quattro bronzetti (di madri con figlio). Nel caso dei due di Santa Vittoria, il bambino appare malato, la testa si appoggia sul braccio della madre, mentre lo avvolge come in una culla, con la mano che termina sulla coscia del bambino. Tuttavia il terzo esempio ("la Madre dell'Ucciso" di Urzulei ) - che raffigura una madre seduta su uno sgabello con il figlio in braccio - è diverso. Il figlio non è un bambino, è già un giovane e indossa un berretto utilizzato di solito dai capotribù e sul petto mostra il pugnale ad elsa gammata, chiare indicazioni del suo rango: secondo Lilliu forse si trattava di un giovane aristocratico. Potrebbe quindi rappresentare il figlio morto, dal momento che il gruppo è stato trovato in una grotta sacra associata al culto alle divinità ctonie e può rappresentare un voto alla Dea Madre, un'intercessione a favore della vita (del giovane) dopo la morte. L'avambraccio destro della madre è rotto e mancante, ma era sicuramente proteso in avanti in una posizione simile a quella della nostra statuetta, in un gesto di offerta. È da notare che questo quarto bronzetto è unico e ci ricorda le Vergini romaniche con Bambino della regione Auvergne della Francia, anche se queste ultime sono di solito sedute e il braccio destro del Bambino viene sollevato piuttosto che posto sopra la spalla della madre . Quello che è simile è l'aspetto sano del bambino, la testa alta. Quindi preferiamo l'ipotesi che questa statuetta sia una rappresentazione di una madre che chiede una grazia/porge un’offerta, ma è incerto se il gesto sia fatto per ringraziare per la guarigione del figlio malato o se sia una richiesta per il suo futuro o per qualche altro scopo, come il ritorno sicuro del marito da una spedizione guerriera”. Testo virgolettato e fotografia dal web – fonte catalogo “Kunst und Kultur Sardiniens”, 1980 NOTA: La statuetta, insieme ad altri innumerevoli bronzetti nuragici di inestimabile valore storico e culturale, si trova a Ginevra nella famosa collezione di George Ortiz Patiño... Questo signore oggi deceduto, noto come “Il Re dello stagno”, ricchissimo proprietario di miniere di stagno in Bolivia, era in possesso della più grande collezione di bronzetti nuragici al mondo! Cosa ne sarà ora della sua immensa collezione non lo sappiamo…ci auguriamo che gli eredi la preservino e decidano in futuro di custodirla ed esporla in un museo aperto al pubblico! 🙂 ...e mentre noi schediamo, Andrea Loddo sta abilmente lavorando per riportare in vita questo stupendo bronzetto (in fotografia, suo modellino in cera persa) 😉 Ringraziamo Roberto Lai per le preziose informazioni riportate in nota.


5)134) GUERRIERO CON LANCIA E ARIETE (O MUFLONE) Nome: guerriero con lancia e ariete (o muflone) Professione: guerriero Dimensioni: da verificare Aspetto e vestiario: Guerriero con elmo cornuto a calotta, scudo sulle spalle, nella mano sinistra impugna una lancia e una corda con cui trattiene un animale, probabilmente un ariete o un muflone. Con la mano destra porge il saluto devozionale. L'uomo sembra indossare una tripla tunica e un corto gonnellino (oppure una lunga tunica con tre balse e parte inferiore frangiata) e degli schinieri. Luogo di ritrovamento: santuario nuragico di Serra Niedda - Sorso Residenza attuale: da verificare Curiosità: Riportiamo l'interessante ipotesi di alcuni appassionati che vedono raffigurata in questo bronzetto una vera e propria tecnica di guerra: il guerriero nuragico sarebbe infatti equipaggiato con ariete o montone al guinzaglio per un motivo ben preciso. ? "Lo storico Claudio Eliana confermò che gli elefanti si spaventano a morte quando sentono il verso del maiale ma anche dei montoni" http://www.vanillamagazine.it/i-maiali-infuocati-da-guerra…/ Immagine a colori dal web; immagini in bianco e nero di S. Flore tratta dal Bullettino Archeologico Informazioni e curiosità di G. Exana, prese da pagina fb "Testimonianze e creatività della Sardegna"


6)DONNA OFFERENTE o CERIMONIANTE

66) DONNA OFFERENTE o CERIMONIANTE Nome: Donna offerente o cerimoniante Professione: sconosciuta Dimensioni: altezza 12,5 cm Aspetto e vestiario: la lunga veste che ricopre l'intera figura fa pensare che si tratti di una figura femminile, probabilmente una sacerdotessa o una matrona aristocratica. Il personaggio è in piedi: con la mano destra sollevata all'altezza del mento porge il saluto devozionale, con la mano sinistra tiene alzata, quasi in equilibrio precario, una ciotola emisferica. I piedi sono nudi, quasi uniti; le mani sono piccole. Indossa sul capo un tutulo conico che in origine aveva la falda accentuata, ora mancante per rottura (ne resta traccia sul lato posteriore). Il dettaglio che colpisce maggiormente è la "gorgiera di cuoio o di stoffa che imprigiona il collo fino al mento" allargandosi nell'estremità inferiore in una pettorina semicircolare. Il vestito indossato é composto da una tunica stretta lunga fino alle caviglie e da un abito attillato sovrapposto. Sulle spalle è indossato un mantello lungo fino all'orlo inferiore della veste che copre anche le braccia lasciando liberi gli avambracci; esso è decorato nella parte superiore da un'applicazione semicircolare che circonda il collo segnata da larghe incisioni verticali e parallele, al di sotto c'é una fascia decorativa orizzontale con motivo a spighetta. Il volto é spigoloso, con gli zigomi marcati; sulla nuca i capelli sono evidenziati con motivi a spina di pesce; gli occhi sono a grosso bulbo, il taglio della bocca è tenue, le orecchie appena accennate. Sopracciglia e naso sono molto scolpiti. Luogo di ritrovamento: Lanusei (NU), località Funtana Padenti de Baccai, oggi nota come Seleni. Residenza attuale: Museo Archeologico di Cagliari Segni particolari: la statuina é stata ritrovata in un rudere di nuraghe(?) vicino a un pozzo sacro, insieme a altri bronzetti, a oggetti ornamentali di bronzo e monete di età punica (quindi più tardive). Curiositá: due sono i dettagli curiosi in questo bronzetto. 1) la ciotola è sollevata in modo obliquo, come se si volesse far colare il liquido contenuto (Lilliu propende per un liquido perchè nella ciotola non è rappresentato nessun elemento solido). Ciò fa dunque pensare a una libagione in onore della divinità. In molti popoli ancora oggi è usanza versare del liquido come offerta: i popoli nomadi della Mongolia ad esempio versano del latte a terra con una ciotola prima di un viaggio come rito propiziatorio di buona fortuna o come gesto di accoglienza in caso di arrivo di uno straniero. 2) l'indumento rigido che fascia il collo e sembra quasi soffocare la figura mostra una chiusura alla nuca ottenuta con piccoli lacci segnati da breve tacche e sul davanti intorno al collo e sullo sterno é decorato da una serie di rigature orizzontali sovrapposte concentricamente. Anche se con significato del tutto differente, ricorda un po' i collari indossati ancora oggi da alcune donne appartenenti a etnie tribali della Thailandia (le "donne giraffa"). Fotografia del bronzetto di R.S. Roberto dal gruppo "Viaggio nelle antichità della Sardegna". Descrizione tratta da G.Lilliu, "Sculture della Sardegna nuragica", 1966, ed. ILISSO


7)DONNA CON PIATTO D’OFFERTA

75) DONNA CON PIATTO D’OFFERTA Nome: donna con piatto d’offerta Professione: sconosciuta Etá: 2800 anni ... più o meno (così dicono) Dimensione: sconosciuta Aspetto e vestiario: questo bronzetto raffigura una donna in piedi che regge con la mano sinistra un piatto contenente un'offerta per la divinità, con la mano destra porge il saluto devozionale. La donna indossa una lunga veste attillata, una sottoveste frangiata sull’orlo inferiore e un manto (o doppio manto) lungo fino alle caviglie che copre le spalle e le braccia. I piedi sono nudi, le dita ben evidenziate. A circa un quarto dall’orlo inferiore, il mantello è decorato con una fascia orizzontale frangiata. Il capo è coperto da un velo o cappuccio che lascia scoperta la fronte e i capelli. Sul volto si nota il tipico stilismo a T di naso (pronunciato) e sopracciglia, la bocca piccola, gli occhi a globetto, ben proporzionati. Curiosità: il piatto dell’offerta, che appare leggermente inclinato verso il basso, contiene quattro elementi: due strisce lunghe e arcuate (forse carne) e due ovali (forse piccole focacce o dolci) Luogo di nascita: Sardegna (così dicono) Ultima residenza: collezione privata Destinazione: vergognosamente svenduto in qualche asta nonostante sia PATRIMONIO DI TUTTI!!!


8)Bronzo di sacerdotessa

Nr. 34 Catalogo collezione Borowski Sacerdotessa Bronzo, h 8,3 cm Sardegna, Località sconosciuta Cultura nuragica VII- VI sec. a.C. Questa figurina femminile con cappello conico, lunga veste con frange ed una larga stola tiene le braccia ad angolo con il torso e le mani protratte probabilmente in un gesto rituale come di benedizione o di preghiera. Le linee verticali parallele incise nella veste e nel manto sembrano indicare una plissettatura della stoffa. La statuetta, semplice nella sua struttura e con volto e corpo strutturati armonicamente, sembra essere il prodotto di un’officina relativamente tarda. Per il cappello da sacerdote confrontare con una statuetta a Cagliari (G:Lilliu, Sculture della Sardegna nuragica, 1966, nr. 120). I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di analisi Rathgen a Berlino (J.Riederer) corrispondono ai valori tipici dei bronzi sardi. Stato di conservazione: mancano i piedi. Le mani sono danneggiate. Patina verde scuro, granulosa e incrostata, con punti di ossidazione rosso-bruno. Bibliografia: SKK, (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) nr. 124


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Nr. 35 Catalogo collezione Borowski Donna con mantello e cappuccio Bronzo, h 8,1 cm, con canale di colata 10,4 cm Sardegna, Località sconosciuta Cultura nuragica VI sec. a.C. La piccola statuetta cilindrica è sistemata su una piastra rettangolare ed è avvolta in un lungo mantello decorato con frange nella parte posteriore e con un cappuccio che getta un’ombra sul viso dagli occhi infossati e dal naso diritto. Un lavoro un poco grossolano, probabilmente di una tarda officina della Barbagia (vedere pagg. 37 di questo catalogo). I valori dell’analisi dei metalli eseguiti nel laboratorio di analisi Rathgen a Berlino (J.Riederer) corrispondono ai valori tipici dei bronzi sardi. Stato di conservazione: mancano i piedi. Le mani sono danneggiate. Patina verde scuro, granulosa e incrostata, con punti di ossidazione rosso-bruno. Bibliografia: SKK, (Kunst und Kultur Sardiniens, 1980) nr. 126


Tiziana Fenu


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Il plisse' nei Bronzetti sardi

















💛Dettaglio tomba della Scacchiera di Pubusattile

 #dettagliimportanti


Screenshot dal  bellissimo video del ricercatore Manlio Rubiu nella tomba della scacchiera di Pubusattile, a Villanova Monteleone in provincia di Sassari

Non potevo non soffermarmi su questo particolare ricco di simbologia, esattamente al minuto 3' del video

..coincidenza..l' immagine è apparsa proprio al minuto 3'..ad ulteriore conferma della simbologia del tre


Falsa porta con i tre elementi centrali della nascita/morte/rinascita

È una fase alchemica che può essere possibile solo dall' unione del 2(il femminile) più tre( il maschile), che come somma fa 5, il compimento dell' opera( infatti ci sono 5 "barrette" in tutto), come l' Araba Fenice che rinasce dalle sue ceneri.

È la quinta fase alchemica di trasformazione.

Trasformazione che avviene attraverso il falso portale dimensionale in ocra rosso, femminile, attraverso una "porta/vagina" virtuale, alla quale essa stessa fa da cornice,  con le due protomi taurine/ uterine estese e allargate, al di sopra della porta dimensionale.

Una seconda nascita in espansione, nella seconda dimora virtuale dopo la morte


Seconda dimora rappresentata proprio dalla scacchiera, come Unione del Padre e Madre Creatori (quadratino bianco, e quadratino rosso, che richiama la fertilità del sangue mestruale), che insieme, creano  e formano una dimensione virtuale per l'anima del defunto, una nuova dimora

64 quadratini che indicano la potenza creatrice dell' energia maschile e femminile(.. 64 sono anche le posizioni energetiche del kamasutra), necessarie a questa nuova rinascita


Tiziana Fenu 


Link del video di Manlio Rubio e Marina Olla 


https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=10221353305093718&id=1581302763


Ulteriori approfondimenti sul mio post riguardo la simbologia della scacchiera


https://www.facebook.com/103659844591320/posts/147967693493868/


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Dettaglio tomba della Scacchiera di Pubusattile




💛Simbologia gonna plissettata sarda

 Meraviglioso particolare della  gonna plissettata di Busachi, in provincia di Oristano, in Sardegna, fotografata dal bravissimo fotografo artistico Gabriele Doppiu


A parte la ricchezza cromatica e la rifinitura delle decorazioni in passamaneria, la plissettatura pare che sia stata una tecnica diffusa fin dall' antico Egitto, che si otteneva grazie ad una pressione a caldo con la cera

d' api, che agiva da appretto

Plisse' , che poi è arrivato fino ai giorni nostri


Ma siamo davvero sicuri che l' origine sia presso gli Egizi, e che invece l' origine non sia da ricercare nella nostra terra? 


Le gonne dei costumi sardi, quasi tutte plissettata, se tenute per i lembi dalle mani, sembrano delle ali dispiegate in volo

Delle ali di uccello, e se interpretiamo anche questo bellissimo manufatto, con una valenza simbolica, poiché niente nell' Arte Sarda, è lasciato al caso, e tutto ha una precisa valenza simbolica, possiamo facilmente accostare la figura della Dea Madre Uccello, per eccellenza, in Sardegna, il barbagianni, alla simbologia della plissettatura come ali di un barbagianni

Barbagianni, e non civetta, come genericamente si attribuisce, alla simbologia del femminino "Dea Uccello", in Sardegna


Innanzitutto, basta esaminare il nome, che già parla da solo, come ho scritto tante volte


Barbagianni > b-abba(acqua) > jani/o/a ( con riferimento alla jana/ jano/ Giano bifronte, capace di vedere passato e futuro) 


Quindi "Jana" ( janna, come porta multidimensionale, anche per l' aldilà, colei che vede passato e futuro. Psicopompo anche nell'aldilà, come lo è simbolicamente, per eccellenza il barbagianni, con il suo manto candido, puro, che può accompagnare le anime nell" aldilà) 


Una "B-Abba-Jana" tutta Sarda, simbolo della prima rappresentazione delle divinità femminili legate all' acqua, insieme alla Dea Serpente

 

Icone archetipali, che sono rimaste nella tradizione, fino ai giorni nostri 


Il Barbagianni in sardo si dice "stria"


Cito testualmente la definizione dal vocabolario Rubattu, dizionario universale della lingua di Sardegna 


barbagianni sm. orn. (Tyto alba) [barn owl, effraie,lechuza común, Schleireule] istria f. (lat. STRIGA), istriabianca f., lùgula f., puzone de istria, puzone demalagùriu (L), istria f., istria bianca f., istriga f., istrigabianca f. (N), stria f., stria bianca f., cuccufiu (C), pizoni disthrea (S), stria f., istria f., malistria f., pucion di stria, pizonidi stria, piggioni di strea (Cs), cuccumiau, fàccia d’omuf. (G) // Cando cantat s’istria b’est su mortu in bia (prov.-L)“Quando canta il b. c’è il morto in casa”; Su latti arrescottausi ddu pappat sa stria (prov.-C) “Il latte rappreso se lo mangiail b.”


Confrontiamolo con la traduzione di "civetta" in sardo, sempre dal Rubattu


civetta sf. orn. (Athene noctua) [owl, chouette, mochuelo, Kauz] istria, puzone de s’istria m., tirulia, cuccummiau m. (lat. CICUMA),

civetta (L), istria, cuccumeu m., cuccumiau m., cuccume‰ m., cucu de muredina m., tzivetta (N), stria, cuccumareu m., cuccumeo m.,

cuccumeu m., cuccumeu morighinu m., cuccubiu m. (C), cuccummiau m. (S), cionca, cuccumiau m., cuccumignau m. (Lm) G) // S’istria

cantende zente morzende (prov.-L) “C. che canta gente che muore”; S’abb½ghinat sa tirulia faghet annada de carestia (prov.-L)

“Se canta la c. fa annata di carestia”; Candu canta la cionca è tempu bonu (prov.-G) “Quando canta la c. il tempo è buono”


Come possiamo notare, per barbagianni, è proprio caratteristica la definizione istria/stria/istriga/sthrea(che somiglia tanto a strega) /malistria/strea

Mentre per  "civetta", oltre che "stria" generico( in chiaro riferimento all'appartenenza generica agli Strigiformi, i rapaci notturni), vi è una netta prevalenza di cuccumiau/cuccumeo/cuccumareu/ cuccummiau, ecc. 


Quindi "stria" è esattamente indicante il barbagianni, e non la civetta


Aggiungo un passo della studiosa Claudia Zedda, autrice di svariati libri sulla cultura e tradizioni  sarde


"Nella zona più settentrionale dell’isola, nell’area dialettale della Gallura e del Sassarese la strega è conosciuta con il nome di Stria. 

E’ interessante notare che nella medesima maniera viene chiamato anche l’animale notturno che la tradizione latina prima e sarda poi, hanno rivestito di significati profondi e inquietanti, il barbagianni. 

Rapace notturno, portatore di malaugurio e tristi novelle, il barbagianni può, semplicemente sorvolando i tetti, far ammalare i sardi di un male tremendo, sa istriadura, meglio nota come itterizia."


Ancora, Archivio della Nuova Sardegna


" ORANI Istria, cuccumiau e zonca. Nell'ordine: barbagianni, civetta e assiolo. E il gufo? Qual è il nome sardo del gufo? C'è chi lo chiama cuccummiau, cuccumiau, cuccumeò, cucu, cuccumareu, cuccumeu, cucu de muridina, stria groga, così dice Antonino Rubattu nel suo monumentale Dizionario universale della lingua di Sardegna, italiano-sardo-italiano, antico e moderno, logudorese-nuorese, campidanese, sassarese-gallurese. Luigi Farina, invece, nel suo ricco Bocabolariu sardu nuroresu-italianu, italiano-sardo nuorese, spiega che il lemma cuccu sta per cuculo, mentre cuccummiau indica il gufetto. «Ispilire che cuccu, pelare come un cuculo» si legge anche nello storico Vocabolario sardo logudorese-italiano di Pietro Casu. A conti fatti, insomma, il gufo è un uccello ancora in cerca di un nome sardo proprio. Mentre sono assodati i nomi istria, cuccumiau e zonca."


Quindi barbagianni è assolutamente "sa stria", nello specifico


Da considerare anche, come ho scritto altre volte, come individuato dalla studiosa Maria Grazia Lopardi, che il nucleo consonantico "STR" è una costante dell' elemento femminino, riscontrabile in molte divinità femminili, come Ishtar, Astarte e altre 

"STR", che ritroviamo anche in "Stria", e in Tirso, anche se lei non li nomina, poiché nello specifico non si è occupata di cultura sarda


"stria", dalla Treccani

stria s. f. [dal lat. stria]. – 1. Scanalatura di una colonna. 2. Lieve solco, incisione lunga e sottile sulla superficie di una cosa. Più genericam., riga di colore diverso da quello del fondo: le s. argentee lasciate dalle lumache sulle foglie; senza dare un’occhiata ... al nero cielo procelloso tagliato da s. bianche (Fogazzaro); fila Sottili e lunghe come strie di pioggia Tessuta in cielo (Pascoli).


Quindi "solco, scanalatura" 

Come le scanalature delle gonne plissettate dei costumi sardi


E davvero vogliamo credere, con tutta la tradizione di apicultura che abbiamo sempre avuto qui in Sardegna, se è vero che usavano la cera d'api come appretto, presso gli antichi Egizi, con tutte queste similitudini fonetiche, concettuali e simboliche, che davvero la plissettatura sia una tecnica di provenienza egizia, della quale non è rimasta nessuna tradizione, quando invece qui, è una tradizione fortemente radicata, e che è rimasta con la sua forte valenza simbolica, in tutte le sfaccettature, anche linguistiche, che si incastrano perfettamente tra di loro?


Mi sembra quindi più verosimile che sia una tradizione nata ed esportata poi dalla Sardegna, visto la presenza del plisse' in alcuni Bronzetti ritrovati 

Queste gonna tradizionale sarda( (tunica, fardetta, munnedda, saucciu, a seconda della zona), lunga, generalmente ampia, in orbace o in altri tessuti, spesso ornata sul bordo da nastri colorati e dorati, che si apre a ventaglio come una stupenda Dea Uccello, la B-Abba-Jana candida e pura, con le sue ali dispiegate

Solo il  barbagianni, con il suo candore e purezza incontaminata del suo manto, poteva attraversare incolume il regno dei morti, quando accompagnava le Anime verso il trapasso

Come il candore che si vede negli occhi delle donne sarde che indossano questi meravigliosi costumi

Altere, bellissime, delle Regine dallo sguardo trasparente e fiero delle loro radici e appartenenza

Le Janas delle meraviglie, la cui Bellezza incanta il mondo intero


Tiziana Fenu 


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Simbologia gonna plissettata costume sardo






💛Simbologia doppio bottone sardo

 Particolare del costume  sardo  tradizionale di Ittiri, in provincia di Sassari

Scatto straordinario del fotografo artistico Gabriele Doppiu

In primo piano, il doppio bottone sardo

In numero di 9

Chiaro riferimento ai nove mesi della gestazione

Se il classico bottone sardo a semisfera, rimanda alla mammella, al nutrimento, all'allattamento, la simbologia della  sfericita' dei doppi bottoni sardi, in questo caso, enfatizzata dall'essere proprio in numero di 9, richiama alla simbologia della sfericita' contenitiva del ventre materno, "dell' Uovo Cosmico" dal quale ha origine la vita

La protuberanza centrale è mantenuta anche qui

Se nel bottone sardo semisferico rappresentava il capezzolo, qui rappresenta l'ombelico sporgente, tipico del pancione durante la gravidanza

Quell'ombelico, quel "biddio", che è omphalos, che energeticamente è il centro del mondo, attorno al quale si formava, anticamente, la comunità sociale

Il "biddio" che richiama intorno a sé, la "bidda", la comunità, che si crea in quanto "paese"

"Bidda" appunto

Un messaggio beneaugurale, quello del bottone, e in particolare, del doppio bottone sardo, della riproduttivita' ed espansione, non solo personale, ma anche sociale, comunitaria, in aggregazione per celebrare la vita rappresentata da questo stupendo "doppio bottone /grembo"


Ps: ricontrollando la foto, noto che i bottoni sono 10. Uno restava nascosto

Ancora meglio, ancora più simbolico

Il Decimo Sacro Archetipo Ebraico, lo Yod, la completezza, la perfezione, la Genesi del tutto.

Il punto in espansione

Y come Yoni, che può garantire l' espansione e la riproduttiva

La Y in molti alfabeti antichi( ebraico, aramaico, fenicio, siriaco, arabo, e anche nel sardo antico, che è una lingua, con un proprio alfabeto e scrittura, dove la Y era molto presente) corrisponde alla J

J, come Jana

Il 9+ 1

Gestazione + perfezione, completamento avvenuto

Dieci, un numero sacro rappresentato dal decagono, la figura geometrica che dà origine al cerchio

Cerchio della vita, che si ripete incessantemente


Nelle Rune il decimo Archetipo è rappresentato da JERA: simboleggia il completamento  di un ciclo, la rotazione dinamica che produce incessantemente il movimento della vita.


Tiziana Fenu


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Simbologia doppio bottone sardo




💛Costume Ittiri Gabriele Doppiu fotografo

 Fotografo straordinario, Gabriele Doppiu, che immortala l'Anima della nostra Sacra Terra con scatti particolari

A coglierne la minuzia, il particolare, la diversità, la Bellezza di antiche memorie che si trasformano in colori, in Arte, in Talento che si esprime attraverso il meticoloso e appassionato lavoro dell' impreziosire

La tradizione delle Janas, piccole e instancabili   artigiane del Bello, di mitici manufatti d'oro, della filigrana sapientemente lavorata, continua attraverso l'opera di altre Janas

Nell'essere Memoria sempre presente

Nell'essere presenza di un passato che non esiste, in quanto è sempre Presenza viva e vitale


Costume di Ittiri


Tiziana Fenu


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Costume di Ittiri