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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

martedì, settembre 01, 2020

💛La dimensione cultuale in Sardegna

Parlare della dimensione del culto nella civiltà sarda, per me assume delle sfumature ben precise, che esulano dalla standarizzata definizione di "culto" come  concetto legato alla venerazione di una dimensione Divina "altra", rispetto alla dimensione del "quotidiano"
La particolarità della Dimensione cultuale in Sardegna credo che si possa identificare nell'accezione primaria di questo termine, in quella più positiva, del " prendersi cura" di qualcosa
Nel "coltivare" un qualcosa
Ciò che mi colpisce, come ho sottolineato altre volte, di questa nostra civiltà Sarda, è l'assenza di uno sviluppo culturale e religioso in senso politeistico
Non abbiamo un Pantheon di divinità come invece si sono sviluppate in altre civiltà, anche antiche, come datazione
Civiltà Inca, Maya, cultura africana, celtica, nordica...
In qualsiasi civiltà e cultura si trovano tutta una serie di divinità

Nella cultura e Civiltà Sarda, invece no
Come dice prof. Dedola, c'è stato un "fenomeno monoteistico cocrescente"
In riferimento in particolare alla figura del Sardus Pater,  il dio dei sardi nuragici, venerato in un luogo sacro, lo stesso dove oggi sorge il Tempio di Antas, a Fluminimaggiore. La divinità nuragica, in realtà, era Sid Addir che sotto il dominio punico diventa Sid Addir Babbai, nome cambiato ancora dai romani in “Sardus Pater Babbai”, un Dio benevolo e cacciatore, protettore delle famiglie
Tempio, che prof. Mastino, definisce come «il Tempio  che ha rappresentato nell'antichità preistorica, poi in quella punica e soprattutto in età romana, il luogo alto dove era ricapitolata tutta la storia del popolo sardo, nelle sue chiusure e resistenze, ma anche nella sua capacità di adattarsi e di confrontarsi con le culture mediterranee.»
Sardus Peter, di cui  prof Dedola, Individua 9 manifestazioni
Ani, Babày, El, Iàccu,  Giogli,  Luna, Merre, Nannài, Orca,  Santu Jaccu, Déus, Palu, e gli altri nomi di importazione, come Ba' Al, particolarmente venerato a Cartagine nel V sec. a. C., insieme alla sua compagna Tanit
Tutte  manifestazioni, aspetti del "Dio Unico Sardiano", come lo definisce lui, che ben descrive nel suo articolo molto interessante, che ho postato nel mio ultimo post

E poi abbiamo gli aspetti femminili di questo Sardus Pater, la Tanit e la Luna
Presso i Sumeri, la luna, come sottolinea il prof. Dedola, non era una Dea, ma un Dio fondatore dell'universo
Invece in Sardegna, la luna diventa un vocabolo sacro autoctono, che poi verrà condiviso da parecchi millenni nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, e questo mi sembra importantissimo.
Una svolta che ha influenzato anche le altre culture
Abbiamo anche la paredra Tanit, colei che "siede accanto alla divinità" una delle consorti di Ba' Al( appellativo comune delle divinità maschili semitiche, spesso identificato con il Dio Sole, fecondante)
Come ho scritto in un mio precedente post sulle Dee Madri, la Dea Tanit non è stata di importazione cartaginese, ma esisteva già in Sardegna addirittura come lettera alfabetica secondo il prof. Sanna, e rappresentava la lettera H, già in epoca prenuragica, dal 4000/ 5000 a. C., se non prima, quindi molto prima delle influenze Cartaginesi del culto della Dea Tanit, considerando che Cartagine è stata fondata nell' 814 a. C.

Considerando allora questi aspetti, vengono alla luce alcune considerazioni che delineano bene l'elemento cultuale nella civiltà Sarda
Se osserviamo l'excursus delle divinità nelle varie civiltà, all'inizio erano percepite come androgine
Il culto della Dea Madre,  esisteva come priorità, ma era affiancato, in modo discreto e perfettamente integrato, dal culto del Sacro Mascolino Sole Fecondante, questo perché Acqua e Sole, erano degli elementi Vitali per la vita degli umani e della natura
Sole come elemento fecondante,  che fin dai primordi fu identificato come un animale possente che potesse rappresentare l'energia maschile  e virile

Ne abbiamo una prima testimonianza nelle grotte di Chauvet, in Francia dove sono stati scoperti dei dipinti risalenti al 30.000 a. C. , che rappresentano , in questo microcosmo mitico, quale poteva essere la grotta, su una roccia triangolare che pende dal soffitto, un triangolo pubico, una vulva rappresentata con una pittura scura, dove le estremità inferiori di questo stralcio di donna, si fondono con l'immagine di un bisonte
La Donna e il bisonte, la donna e il Mammut
Un tema che si snoda come un leitmotiv, fin dall' arte rupestre del paleolitico fino ad arrivare al Toro, in periodi più recenti
Che fosse bisonte, mammut o toro, in epoca più tarda, questo connubio con il maschile fecondante, è sempre esistito, tanto da essere rappresentato, con la figura femminile, quasi fusi in un unico corpo, in un simbolico amplesso orgasmico

Ed è ciò che è successo anche nella civiltà e cultura Sarda
Mentre le cose cominciavano a cambiare, dal 4000 /3500 a. C. , come ho spiegato nel post delle Dee Madri, ha iniziato a prevalere la società patriarcale, con il delinearsi del Pantheon delle divinità maschili, nel quale la Dea Madre è passata in secondo piano

Infatti il bassorilievo Taurino del III mill. a. C. di Castelluccio, siciliano, confrontato, nel mio precedente post, con il bassorilievo della Domus de janas dell'Ariete del IV mill. a.C., è un esempio di come la divinità maschile e femminile, si siano, nel corso dei secoli, sempre più differenziate, con un mascolino ben distinto, che si pone allo stesso livello del femminile, fino a prevaricarlo, a dominarlo.
In questo caso, rappresentato da un accoppiamento ben definito,  in questo bassorilievo di Castelluccio, mettendo in evidenza questi  attributi maschili, che penetrano il femminile, e che sono lo specchio di ciò che si stava profilando all'orizzonte: il prevalere del patriarcato in tutte le sue forme, compresa quella sacrale

Ma in Sardegna questo non succede, anzi avviene l'esatto opposto
Il culto della Dea Madre/Acqua /Luna, si  integra al culto del Dio Padre/Sole/Toro

Ne abbiamo un esempio nella conformazione delle tombe dei Giganti dalla conformazione taurina/ uterina
Nei pozzi Sacri, costruiti in modo che il sole accarezzi e fecondi l'acqua, e con essa crei le ierofanie del Sole sulla tholos, come succede nel pozzo di Santa Cristina, costruito, tra l' altro, secondo i canoni di una perfetta Geometria Sacra, come ho scritto altre volte
Ne abbiamo conferma con  i nuraghi, che sono come Templi, dove il sole entra a fecondare il grembo, il vuoto interno, "uterino" del nuraghe, attraverso le piccole finestrelle, creando il  “fenomeno della luce del toro", come nel nuraghe di Santa Barbara a Villanova Truscheddu (Or)

O gli eventi all’interno del nuraghe Aiga di Abbasanta, e del nuraghe Biriola di Dualchi, in particolare, scoperti dagli studi di Carlo Maxia e Lello Fadda.
Ne abbiamo  conferma delle Domus de Janas, dove la protome taurina, all'inizio rappresentata in modo più realistico e più piccola, nell'anticella delle Domus, via via,  diventa sempre più interna, si dilata e si stilizza sempre di più , diventando cornice di piccole o false porte, che indicano l'ingresso nel grembo della Rinascita e l'unione con  quel passaggio che riporta al  grembo materno, come quella della Domus de Janas di Brodu, e di Sas  Concas, di Oniferi ( Nu), per citarne solo due

In Sardegna,   il "culto", assume la valenza del "coltivare" , del "prendersi cura" , in uno scambio reciproco attivo, che non è solo venerazione passiva, ma diventa complementarietà vissuta dagli stessi umani, che diventano essi stessi, "culto vivente" ,  poiché in essi, avevano perfettamente integrato le due polarità, Divina e terrena, maschile e femminile, e rappresentavano artisticamente questa integrità e complementarietà con la quale vivevano la dimensione Divina
Gli umani, le Janas, i Sommi Sacerdoti di quel periodo, gli Artisti che decoravano le Domus de Janas,  i "curanderi" , i guaritori del corpo e dell' Anima, i Traghettatori verso la Vita e la Morte, diventavano strumenti, oggetto e Soggetto, contemporaneamente, per manifestare questa integrazione avvenuta

Altari, essi stessi, del Divino

E allora ecco che abbiamo una Scacchiera di Pubusattile, di cui ho già parlato nel mio precedente post, che nella sua simbologia parla di un maschile e di un femminile, che è perfettamente integrato, di due mondi, terreno e ultraterreno, umano e divino, in contatto e in vicendevole scambio
In quella alternanza di quadratini bianchi e rossi, 64 in tutto, che come somma fa 10
Un " 8 per 8", che parla di due infiniti che si incontrano
Madre e  Padre e creatore, che accompagnano, insieme, verso l'altra dimensione

Acqua e fuoco sempre insieme
Dove la spirale uterina  si fonde con la protome taurina, e non c'è bisogno di rappresentare nessuna penetrazione simbolica, come invece succede nel bassorilievo siciliano di Castelluccio, che comunque risulta molto simile, se non identico, al bassorilievo di 1000 anni prima della tomba dell'Ariete sarda, ma con una valenza simbolica totalmente diversa, con un maschile  che non è fuso o sovrapposto al Femminile, ma ne è separato, e lo domina con una penetrazione simbolica che parla di dominio, o perlomeno di un essere sullo stesso piano, distinti nella dualità
Questo perché la protome taurina della tomba dell'Ariete rappresenta il maschile e femminile perfettamente integrato, la dimensione umana e Divina integrata nella dimensione terrena
Dualità o dominanza del maschile che non ho notato nemmeno nei secoli successivi, nelle manifestazioni artistiche o architettoniche della civiltà sarda
Per questo motivo non sono nate nella  civiltà Sarda delle divinità da adorare

Avevamo i nostri sciamani, le nostre Janas i nostri officianti, che onoravano l'acqua, il sole e la luna
Onoravano, senza idolatria, senza adorazione separata e passiva
Lo dimostrano le grandi opere che hanno costruito, ponendosi nella stessa prospettiva delle acque, del sole, della luna
Nella stessa prospettiva del sole, magari ai solstizi, e osservare come feconda la terra
O come si riflette nell' acqua dei pozzi sacri, e cosa vuole raccontare attraverso i suoi riflessi nella tholos
O di come la luna si rifletta nel suo stesso grembo d' acqua, al suo Zenit, ogni 18,6 anni

Nella civiltà Sarda, è l'Umano che si manifesta attraverso la simbologia del Divino e non il contrario
La divinità diventa strumento dell'Umano 
Per compiere meraviglie
Niente a che fare con la definizione usuale e riduttiva di "culto"
Siamo abituati a percepire il "culto" come una dimensione " altra", fasulla, idolatrante

Invece, per gli Antichi Sardi era  riconoscere la Bellezza, la valenza di questi elementi sacri, Terra, Acqua, Sole, Luna
Le hanno riconosciute come preziose e se ne sono presi cura
Era un fidarsi, e un'affidarsi, come in uno scambio reciproco
Come quando affidavano i defunti alla piccola Dea Madre Scarabeo, che racchiudevano nella mano sinistra dei defunti già nel 4000 a. C., di cui ho già approfondito parlando delle Dee Madri, ancora prima che gli antichi egizi, tre millenni dopo, affidassero, con invocazioni incise nei piccoli Sacarabei rituali, le anime dei defunti alla grazia divina di Osiride
Gli Anitichi Sardi non invocavano nessuna divinità
Gli antichi sardi avevano  un rapporto diretto con la divinità, nessun intermediario con uomini e Donne divinizzati
Il Divino era già in loro

E in questa cura che hanno riservato loro genitori cosmici, Padre /Sole/ Toro e Madre/ Luna/ Acqua, l'hanno suggellata, in quella che è un'opera unica in tutto il bacino del Mediterraneo, il tempio altare del Monte d' Accodi, in provincia di Sassari, risalente al 3.200 a.C. circa( periodo del Neolitico Medio) , che diversamente dalle altre Ziggurat, è stato dedicato al culto della luna e non del sole, e che ricorda  per la sua forma, le ziqqurat diffuse in Mesopotamia nel III millennio a.C.

Intorno al 3000 a.C, nell’area precedentemente occupata da un  villaggio , si decise di costruire un primo altare, costituito da una terrazza di forma quadrangolare detto “Tempio Rosso”, poiché la sua superficie era intonacata e dipinta con l’ocra rossa, chiaro riferimento al sangue mestruale, e alla fertilità .
Una rampa lunga 25 metri consentiva di salire fino alla sommità su cui era situata la cella, una struttura rettangolare, della quale si conservano resti del pavimento e una parte del muro perimetrale alto 70 centimetri.
Un centro cerimoniale con necropoli e Domus ai lati del Santuario, con un Menhir Alto 4 metri e mezzo, chiaro simbolo di potenza Fallica, e dei massi in pietra sferoidali tutti intorno, tra cui uno in particolare, un' Omphalos, un ombelico, centro del mondo, di 5 m di circonferenza
Cinque, come il numero che indica i 5 elementi, acqua, aria, terra, fuoco ed etere, quindi chiaro Simbolismo della congiunzione tra umano e divino
L' omphalos era un oggetto del simbolismo religioso ellenico che si credeva consentisse la comunicazione diretta con gli dei, come quello a Delfi, il cui nome significa " grembo"
Le pietre di Omphalos sono state trovate anche in siti come Tebe e Karnak in Egitto e negli edifici della cultura Vinca nell’Europa sud-orientale. Argomento vasto e affascinante, che approfondirò di sicuro in un altro momento
Cinque come numero collegato alla simbologia del Toro

Un' Omphalos che indicava, nelle varie civiltà, un centro cultuale importante, un ombelico di rinascita simbolico
Un "biddio", tradotto in sardo
Un " biddio" che riuniva una "bidda" , la comunità, il paese
E la comunità, si riunisce quando ci sono dei rituali che celebrano  la vita su un Altare Sacro, come quello di Monte d' Accodi, e  quindi, dei rituali sacri di Unione Ierogamica Divina, Sacra, tra Sole e Luna, tra cielo e terra, tra maschile e femminile
All'interno pare ci fosse un letto sacro dove si compiva il rituale della rigenerazione

Il  nome "Accodi", come ho letto da qualche parte, rimanda  foneticamente, ad un verbo sardo che indica l'unione sessuale, il verbo "coddare", anche se si è involgarito nel corso del tempo, come è successo al sintagma sacrale " udda", che indicava, come spiega il prof. Dedola, e di cui ho fatto già  cenno in precedenti post,  un ritornare al sole, all' Uno, al Primordiale Grembo Materno, e che è rimasto ad indicare, in modo anche volgare e popolano, la vagina.
Anche se ufficialmente, pare che il nome " Accodi", significhi  "Monte, collina da Code", delle pietre, anche se resta comunque forte, e non casuale, la risonanza fonetica con il verbo "coddare", visto che si tratta di un luogo di culto Sacro dove si svolgevano i Sacri rituali Ierogamici

Pare che importanti riti ierogamici, venissero celebrati  in un altro luogo sardo, nella Grutta de su Palu, nel Golfo di Orosei, in provincia di Nuoro,che costituisce  il sistema carsico che dà origine alla Grotta più lunga d' Italia, coni suoi 70 km 
Un fiume e un intricato sistema di flussi sotterranei le hanno dato origine nel tempo, ma per anni ne è stata conosciuta solo l'entrata principale , dal mare corrispondente alla famosa Grotta del Bue Marino
Più che di grotta deve parlarsi di insieme di grotte, sale e sifoni che realizzano un maestoso ed unico sistema carsico: quello che unisce il sistema del Codula Illune, con le grotte di Su Palu, e Monte Longos, alla Grotta  su Molente, e alla Grotta del Bue Marino

Questo racconta la civiltà Sarda
Di un'unione sempre complementare tra divinità e umano,  di quelle Janas e Sommi Sacerdoti, che erano gli strumenti divini consapevoli dei loro poteri sciamanici di guarigione
Lo sciamano non venera passivamente  la divinità, la integra  in esso, e consente al Divino di manifestarsi senza intermediari, senza divinità che rappresentino il divino in una dimensione separata
Non vi è separazione tra Divino e umano, nella Civiltà Sarda, poiché la parola " culto", significa "Unione"
Dove gli stessi uomini e le stesse Janas si fanno altare per il Divino, perché hanno la consapevolezza e la conoscenza per  poter padroneggiare le energie che derivano da questi elementi naturali, terra, acqua, Sole e Luna, dei quali, ne sono parte integrante
E se volevano ringraziare questi  Genitori Cosmici, lo facevano edificando strutture, che  ne magnificassero il potere e la simbologia

Niente intermediari
Solo Uomini e Donne che conoscevano il linguaggio degli Dei.
Altari della loro stessa divinità interiore

Tiziana Fenu

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