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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

venerdì, agosto 06, 2021

💛Il cubito reale sardo simbolo dei Giganti

 Il cubito reale simbolo dei 28 lunari Giganti di Mont'e Prama, Architetti Divini. 


Da un articolo di oggi di cui posto il link(https://sassarioggi.it/tula/sa-mandra-manna-nuraghe-antico-2-agosto-2021/) 

dove si dice che il Nuraghe più antico della Sardegna sarebbe quello de Sa Mandra Manna di Tula e risalirebbe al 1800 a.C., grazie alle analisi al radiocarbonio.

Io credo che i nuraghi siano molto più antichi. Ma è cmq sulla forma di questo nuraghe, che volevo porre l'attenzione. Un trilobato, come il Santu Antine di Torralba , il Nuraghe Losa di Abbasanta. 

Questo Nuraghe di Tula, in provincia di Sassari, al centro ha una conformazione circolare con tre giri di pietre. Chiaro riferimento al concetto della rinascita così basilare per l'Antica Civiltà Sarda.

"Nascita/morte/rinascita".

Il cerchio è la sezione circolare dell'uovo, che via via si restringe verso l'alto, come i nuraghi.

Quell'uovo cosmico che gli Egizi credevano galleggiasse  sulle acque oceaniche primordiali del Nun. I 7 oceani della materia. 

Con la scissione dell'uovo cosmico, si originano le 9 divinità primordiali, nove più una, Horus, figlio di Iside e Osiride.

Il numero 10 rappresentava la completezza, ma ciò che mi ha colpito, è che il dieci, nell'antica scrittura egizia, venisse rappresentato come un arco "molto alto", come la stele centinata delle tombe dei Giganti, nella nostra Sardegna.

E già questo mi fa pensare ad un qualcosa che nasce prima in Sardegna, e poi si sviluppa in Egitto.

La stessa collina primordiale originaria che si sviluppa nell'oceano primordiale, sulla cui sommita ha il  Benben, il catalizzatore di energia, lo sperma creativo di Atum Ra, su cui posava il Bennu, la Fenice( o forse era un fenicottero come ho avuto modo di approfondire), ha 7 livelli, che rappresentano i 7 stati della materia. Un richiamo forse anche ai 7 livelli del labirinto di Benetutti, che rappresenta anche le sfere celesti dei 7 pianeti allineati. 

È dalla sezione circolare dell'uovo cosmico, che poi stabilirono il. Parametro per le sacre Geometrie architettoniche.

Il cubito reale, in relazione alle lunghezze, che universalmente  è calcolato in 52,36 cm, si otteneva tracciando un esagono regolare all'interno di un cerchio di diametro di un metro. La lunghezza del suo lato ne determinava il cubito reale, che a sua volta, era diviso in 7 palmi.

Avevo già indicato l'importanza del simbolo esagonale nel mento del Gigante di Mont'e Prama. 

Lo avevo fatto sottolineando l'angolo a 60°di ognuno dei 6 triangoli all'interno dell'esagono.

Angolo a 60° che indica l'inclinazione dei raggi solari nel periodo equinoziale.

Oggi ne sottolineo la valenza come parametro Sacro di lunghezza, adottato anche dagli antichi Sardi, al punto da usarlo come simbolo distintivo nel mento del Gigante di Mont'e Prama. 

Un esagono perfettamente inscrivibile in un cerchio, come dentro un nuraghe, il primogenito, la collina creatrice, il Verbo del Divino, manifestato sulla terra. 

Il cubito è la sesta parte di questa circonferenza, che individua un perfetto triangolo equilatero,  simbolo di equilibrio e di armonia. 

Il cubito rappresenta la sesta parte di una circonferenza che ha per diametro un metro. 

Questo metro, a sua volta è suddiviso in 7 parti, cioè in 7 palmi, che imposta una suddivisione del tempo e dello spazio, settenaria. 

Ogni palmo è suddiviso in 4 pollici. 

Un cubito corrisponde a 28 pollici.


Ventotto, che corrisponde al numero dei Giganti di Mont'e Prama, 28 statue fino ad ora identificate, anche se ritrovati frammentati.

E se fossero davvero 28?

Il numero 28 rappresenta un ciclo lunare, un compimento. 

10 mesi di 28 giorni ciascuno per una gestazione, che corrispondono a 280 giorni. 

28 Giganti di Mont'e Prama che rappresentano un intero ciclo lunare, completo.

Perché sono Esseri Completi, realizzati, divinizzati. 

Infatti, la completezza del 28, in riduzione teosofica, è 2+8, quindi 10, e ritorniamo al geroglifico che rappresenta il 10, un arco alto, come la stele dell'esedra delle tombe dei Giganti, dedicata a Horus, al sole. 

Sole allo zenit, e sole che passa attraverso la porticina quadrata, femminea di Madre Terra, come quella delle Domus de Janas.

L'Horus che consente la rinascita, la resurrezione dopo la morte. 

Il compimento del viaggio, della gestazione, nel grembo lunare di Madre Terra. 

Alla luce di queste osservazioni, capite quanto siano meravigliosamente simbolici i Giganti di Mont'e Prama, Architetti divini, e loro stessi con proporzioni auree perfette, come abbiamo visto dai miei precedenti post. 

Hanno il logo, in sé, sul mento, affinché fosse visibile a tutti, e affinché tutti capissero che sono i Verbi del Divino in terra, con i loro parametri di Geometria Sacra, perfetti. 

Hanno il simbolo del cubito, dell'angolo a 60°. 

Parametri sacri, sui quali sono state edificate anche le Piramidi, e i nuraghi, secoli prima, ancora prima della piramide di Cheope, ne sono sicura, datata al 2560 a.C.circa.

I nostri nuraghi più belli, e più sacri sono i trilobati.

Guardate il Nuraghe Losa, il Santu Antine, sono triangoli equilateri perfetti..

Il trilobato, la forma primordiale di vita. 

Il triangolo equilatero, uno dei sei dell'esagono, la base dell'architettura divina, perfetta. 

La Matrice del cubito reale. 

Questa matrice esagonale, è anche la forma delle più perfette organizzazioni sociali che esistano al mondo.

È la forma delle cellette delle api, governate da una assoluta sinarchia. 

La sinarchia è un ipotetico sistema di governo gerarchico, nel quale si è ammessi, si permane o si esce esclusivamente in base alla propria conoscenza e alle proprie capacità o, più precisamente, in base ai propri meriti.

Le api fannullone, vengono "smammate" fuori dall'alveare, se non sono efficienti. 

Le cellette sono a base esagonale, la perfezione, con un'Ape Regina che coordina e guida, come nelle antiche società matriarcale, gilaniche. 

Abbiamo avuto una Carta se Logu promulgata da una stupenda Ape Regina, Eleonora d'Arborea, rimasta in vigore fino al 1848, per ben 5 secoli, fino a che non è entrato in vigore lo statuto di Carlo Alberto di Savoia, e le cose funzionavano, e anche bene. 

I nostri primi e più importanti nuraghi avevano il marchio dei Grandi Architetti divini, non si trattava solo di triangolo come emblema simbolico del trilobato, della triade divina, ma un vero e proprio Logo Sacro di riconoscimento, ancora prima, ne sono sicura che gli Egizi lo facessero loro, per la costruzione delle Piramidi


Tiziana Fenu 

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Il cubito reale sardo simbolo dei Giganti


Per approfondimenti

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/la-geometria-del-6-nel-mento-del.html

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/i-custodi-della-memoria-del-trilobato.html





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💛Prof Sanna sul Bronzetto Dolsena

 SUL BRONZETTO (NURAGICO) DI BOLSENA.


Pensavo di ritornarci più in là, alla fine delle vacanze. Con comodo. Ma la notizia di questi giorni del particolarissimo bronzetto di tipologia nuragica trovato in territorio etrusco nel fondo del lago di Bolsena nonchè le prime esternazioni interpretative (comprese quelle dell'archeologa Barbara Barbaro) mi inducono a dire la mia circa alcuni dettagli del disegno della figurina. Prima di tutto, non è poi così difficile capire che l'uomo raffigurato sommariamente (uno direbbe rozzamente) nella statuina reca, tenendolo in testa tramite un cercine e le braccia, un argano e un gancio (v. fig. all.). Qualcuno ha ipotizzato uno scudo. Ma non lo è. Come non è molto difficile capire che l'uomo si caratterizza per due  protezioni, quella per la difesa del collo e quella per la difesa del busto (particolare questo che ha fatto sospettare la presenza di un militare e quindi del suddetto scudo). Resta da aggiungere che sia il segno a T sia gli occhi a cerchi concentrici  sono tipici dei bronzetti nuragici e dei Giganti di Monte 'e Prama. Il bronzetto è tanto nuragico per i dettagli del volto che la perizia metallografica (forse già in corso) non potrà non confermare l'identità sarda e non etrusca del manufatto. Naturalmente ci sarebbe subito da disquisire circa la civiltà nuragica in possesso di leve e di quant'altro atto al sollevamento o al trascinamento dei pesi. Perchè non si sia, al solito, accusati di vantarci troppo circa la nostra civiltà antica tecnologica assai avanzata passo a dire, ma assai brevemente, quello che maggiormente ci interessa ovvero la 'scrittura' dell'oggetto che ha come fulcro di significato due forze, due sostegni e due protezioni. Il bronzetto quindi non lo dobbiamo leggere dal punto di vista 'artistico'. Per il 'decus'. I significanti estetici sono assenti, quasi a lasciare il posto a quelli dei significati fonetici ottenuti per via ideogrammatica. Che ci fa un verricello con la fune e un gancio poderoso sulla testa dell'uomo? Che senso hanno quelle braccia a stecco appena abbozzate? Che ci fa quella robusta e, si direbbe, totale protezione del corpo? La risposta sta già in ciò che la Barbaro afferma: cioè che la parte bassa del corpo del bronzetto era assente per far posto alla parte acuminata dello spillone. E' lo spillone (di sicurezza) che offre immediato il significato dell'oggetto magico scritto. Basta collegare il concetto di sicurezza con quello della forza, del sostegno e della protezione e si avrà l'espressione usatissima nel codice funerario etrusco dei sarcofaghi, delle tombe, dei dipinti, delle coppe, dei vasi, dei piatti, ecc. Agli etruschi come prima ai nuragici interessava il percorso dopo la morte per poter di nuovo rivedere la vita. E i talismani, con le loro scritture del tutto nascoste per i 'malvagi', erano d'obbligo. Sono cose queste che dico ormai da decenni. Inascoltato. La scrittura metagrafica nuragica ed etrusca è puro delirio. Sarà. Il fatto però è che  quella stramba, assurda figurina, non ha niente a che fare con l'arte perchè il senso è riposto in ben altro. Bisogna essere in grado di capirlo rinunziando alla superficialità, all'indugio nella  sola apparenza. Per un approfondimento (con tutti i dati comparativi) nella lettura del bronzetto rimandiamo a questo autunno.


Prof. Gigi Sanna, ricercatore, autore, linguista, esperto in antiche scritture e alfabeti, con particolare attenzione verso quelli Sardi.


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Prof Sanna sul bronzetto Dolsena





💛Il bronzetto sardo di Bolsena

 Si indaga ora sui vasi, di forma biconica, con copertura a scodella: «All’interno custodiscono resti combusti di semi e ossa di animali. Erano offerte seppellite per le divinità “ctonie”, legate alla terra. E’ la prima volta che viene documentato questo rito. Probabilmente si tratta di divinità femminili perché i reperti trovati richiamano al mondo femminile sulla base degli studi effettuati sui corredi nelle sepolture», spiega Barbaro. Uno spettacolo sott’acqua, per un sito che prende sempre più forma accanto ad una millenaria sorgente d’acqua calda. La storia si riscrive.

L'attenzione in queste ore è dedicata soprattutto al bronzetto nuragico: «Siamo di fronte ad un busto di una figurina di bronzo fusa che si inserisce eccezionalmente nello scarso patrimonio finora conosciuto della plastica figurativa protostorica dell’Etruria. Ancora tutta da interpretare la posizione di questo personaggio con corpo e copricapo scanalato, che tiene nelle mani poste al termine delle esili braccia, due oggetti circolari delle quali è ancora incerta la connessione con le espansioni laterali del copricapo. Questo presenta un viso e soprattutto una resa degli occhi molto simile ad alcuni bronzetti sardi, con richiami iconografici anche nel geometrico greco, tuttavia l’incredibile importanza del rinvenimento risiede proprio nell’unicità nel panorama della plastica figurativa villanoviana».

«Il bronzetto nuragico testimonia oggi come questo Villaggio fosse un punto strategico di contatto sulla tratta tra costa ed entroterra, che toccava Vulci, Bisenzio, Gran Carro e Orvieto». Siamo di fronte ai centri che prefigurano la fondazione delle città etrusche.

(https://www.ilmessaggero.it/social/bolsena_scoperto_giacimento_sacro_statuine_bronzo-6116564.html)


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Questo si dice nel link di riferimento al giacimento sacro di Bolsena.

Immaginate il culto delle acque anche in quella zona, dove già è stato trovato uno dei nostri più famosi bronzetti, il bronzetto di Vulci. 

Immaginate i nostri Antichi Sardi, esperti in pozzi e pozzi Sacri, promotori del culto delle acque, che magari dodici, tredici secoli avanti Cristo usano questa tecnica con carrucola per tirare su, l'acqua dei pozzi

Assolutamente meraviglioso, e molto compatibile con la spiritualità degli Antichi Sardi. Non so a cosa servisse quello strumento sulla destra, magari fungeva da punto di ancoraggio al bordo del pozzo, o in qualche pianta vicina, un argano quasi.. 

Resta comunque la straordinarietà dell' ingegno, e la ricerca estetica che ripropone anche nel busto, la stessa scanalatura della corda avvolta nella bobina.

L'espressione è quella dei bronzetti sardi.

L'arcata sopraciliare a T, insieme al naso, e gli occhi a "doppia pupilla", come nei nostri Giganti di Mont'e Prama, fanno pensare ad una figura importante, un Iniziato, forse una figura sacerdotale, con le vesti che richiamano la cordatura con la quale si tirava su l'acqua.

Un ritrovamento emozionante, del quale, spero, ci mostrino altro, quanto prima, soprattutto riguardo questo bronzetto, a figura intera. 


Tiziana Fenu

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Il bronzetto sardo di Dolsena









💛Idolo di Pomos

 L'idolo di Pomos è una statuina cruciforme realizzata in picrolite, risalente al periodo Calcolitico(3000 .a.C.), ritrovata vicino al villaggio cipriota di Pomos.

Attualmente è esposta al Museo nazionale cipriota di Nicosia.


Come esempio dell'arte preistorica di Cipro, è stato scelto per le monete cipriote da 1 e 2 Euro.

Rappresenta un simbolo di fertilità, la cui evoluzione vedrà, secoli dopo, una rappresentazione della fertilità tramite la Dea Afrodite, la divinità preminente di Cipro.

L'uso di queste statuine, che andavano dai 5 ai 15 cm, era molto frequente, anche in ambito funerario, poiché simboleggiavano anche l'eternità.

Sicuramente venivano portate anche al collo, come in questa statuina, anche perché la gola, avendo il suo corrispondente speculare nell'utero(gola in sardo, si dice "gutturu", molto simile a "utero/uturu") è la zona sacra del quinto Chakra, il chakra della gola, del suono creatore, proprio come l'utero.

Apparato riproduttivo femminile, che in sardo è chiamato "udda", desinenza della parola "Vishudda", che è il nome sanscrito del chakra della gola.

Il significato di "udda", si è involgarito nel tempo, ma in tempi passati, sumerici, indicava un sintagma sacrale beneaugurante, di chiusura di cerimonia.

Un augurio di "andare verso il sole", "ud-da", come spiega a questo proposito, prof. Dedola.

Ritornando alla statuina, la forma cruciforme indica intersecazione delle due polarità, maschile e femminile.

Sono le polarità, che intersecandosi, in scala più ampia, danno vita ai quattro punti cardinali, che segnano il passaggio delle stagioni, dell'alternarsi degli equinozi e dei solstizi, nel ciclo della vita.

Il fatto che questo amuleto venga utilizzato anche come ciondolo, e in questa statuina,  venga rappresentato proprio in questo modo, indica che anche la donna(o l'uomo in generale), è soggetta agli stessi ritmi di successione cronologica delle stagioni, attraverso la gravidanza, la creazione

Inoltre, lei è Madre Terra. Ha in sé, non solo i quattro punti cardinali che segnano il succedersi dei cicli stagionali e astronomici, ma è anche detentrice dei quattro elementi di Madre Terra, aria, acqua, terra e fuoco.

La forma degli occhi e l'arcata sopraciliare, ricordano moltissimo i simboli incisi nei due conci delle due file di conci basaltici, nel villaggio-santuario de S'arcu e Forros di Villagrande Strisaili, in provincia di Nuoro, dell'altare di uno dei due templi a megaron, grande centro metallurgico della Sardegna, probabilmente, risalente al 1200 a.C. circa, e dove si praticava il culto delle acque e della fertilità. 

I simboli sui conci dell'altare, rappresentano una protome taurina/uterina, con una perfetta sovrapposizione del simbolismo del Mascolino e del Femminino, a rappresentare quel concetto di fertilità, esemplificato anche in questa statuina.

Sono rappresentati due simboli, nei  conci, il Maschile e Femminile, che, nella statuina, si sovrappongono, a formare un profilo androgino, un'arcata sopraciliare, unita al naso, che forma nel complesso, quel tratto distintivo di androginia, necessario a veicolare il concetto di creazione, di fertilità, già sottolineato con la forma a croce della stessa statuina. 

Concetto, che nei Giganti di Mont'e Prama, è enfatizzato da una doppia pupilla, Sole e Luna insieme, maschile e femminile insieme, che, in sinergia, manifestano la loro massima potenza.

Così come la manifesta questa statuina, nella sua forma a croce, e lo sguardo amplificato è potenziato da questa sinergia degli opposti energeticamente molto creativa, alchemica, lì dove, maschile e femminile insieme, "vedono e creano Oltre".

Perché è anche la T, la Tau, degli Iniziati. Ventiduesimo Sacro Archetipo Ebraico. Il completamento dell'Opera.

L'integrazione degli Opposti.

Usavano una Tau di legno, ricordo, per le pratiche di Iniziazione, dove l'Iniziato giaceva per tre giorni, in profonda connessione con il Divino. 

Tre contesti diversi, tre rappresentazioni diverse, periodi diversi, un unico simbolo, potentissimo, come una password per accedere a livelli di comprensione superiori, e per accedere a quel livello di eternità, di immortalità, che si raggiunge solo quando gli opposti si integrano energeticamente tra loro, cosa che gli Antichi conoscevano molto bene. 


Tiziana Fenu


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Idolo di Pomos








💛Festa di Lughnasadh

 Festa di Lughnasadh, del raccolto, del grano, del nostro Logudoro/Lugh d'oro. 


Tra oggi, 31 luglio e domani 1 agosto, si celebra la festa pagana, di Lughnasadh(il cui nome significa proprio agosto), o Lammas, la festa del raccolto, del grano, festeggiato in tutte le culture, compresa la nostra, per la quale avevo scritto un articolo in proposito, poiché Lugh, il dio solare al quale è dedicata la festa ha la stessa radice del nostro Logudoro, il Lugh d'oro.

Scrivevo, nel post di cui vi lascio il link

( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/il-lugh-d-oro-di-orotelli.html)

"Lugh era un Dio Solare, che rappresentava anche lo spirito del grano, che non muore mai, perché il grano tagliato, rinasce come farina o pane, festeggiato ufficialmente per il Lughnasad, la festa dell'estate del primo agosto, che diventata poi la festa di Lammas. 

E il pane, è il simbolo dei 4 elementi della Natura, si impasta con il grano, ridotto a farina(terra), con l'acqua, lievita grazie all'azione dell'aria, quando si alveola, e si cuoce con il fuoco.

Lugh si affaccia, sulla scena delle divinità, evidentemente quando il culto di Madre Terra, femminea e feconda, lascia spazio alle divinità maschili, che si sovrappongono al matriarcato monoteistic

Lugh, il "luminoso", dio della fertilità, del  Sole e della Luce, era il re dei Tuatha de Danann, abile in molte tecniche, che gli valsero il nome di Salmidanach, il "multiforme artigiano". 

Lo si rappresento' come un "Mercurio Lugh" , proprio per le sue abili qualità alchemiche e trasformative in ogni forma di artigianato. 

Aveva con sé dei corvi profetici, chiamati Lug, ed era associato al cinghiale, associato ai druidi, i sacerdoti e sacerdotesse dei tempi antichi.

Lug mi fa pensare a Logudoro

Luogo d'oro

Lug doro

Luce d'Oro

Ma anche luogo, Logu, del Mercuriale Lugh, che poteva trasformare ogni cosa in Oro. 

La magica Tartesso. La mitica terra dei Metalli, sempre più spesso identificata con la Sardegna."


E come sempre, tutto riporta sempre alla nostra terra, alla nostra Sardegna, dove la sacralità del pane è stata immortalata anche nei bronzetti, come vedete nelle immagini.

Il nostro Logudoro/Lugh d'Oro, doveva essere, anticamente, una distesa enorme tutta dorata, tutta coltivata a grano dorato, e non solo in riferimento a questo.

Un Luogo d'Oro, ai tempi dell'età dell'Oro, guidato da Uomini di Sapienza e Sapere. 

E il pane, doveva trattarsi di una" semplice pita", con acqua e farina, come quella nominata nel brano che ho riportato sotto.

Maestria nel pane, che è diventato sempre più elaborato, come in nessuna parte nel mondo, per il quale si eccelle, in vere e proprie opere d'arte, che fanno parte, ancora parte, del nostro quotidiano, in una grande varietà. 


Tiziana Fenu©®

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Di seguito, riporto un brano tratto da" Il grano e la Dea", di Maria Ivana Tanga, pertinente proprio a questa  festività del raccolto, del grano. 


Una civiltà, quella del grano, che segnerà il paesaggio mediterraneo in maniera indelebile, modificandone la storia e la geografia.

In sostanza, il grano indurrà l’uomo primitivo ad organizzare le prime forme di società civile. La spiga di grano diverrà, ben presto, il simbolo dell’ ordine civile ed alimentare dischiuso con l’ agricoltura. L’ immagine di una donna che macina il grano all’ ombra delle pareti domestiche diverrà il simbolo stesso del progresso, di una vita affrancata dalla fame, nell’ ambito rassicurante dell’ οικός, del nucleo familiare.

L’ uso estensivo dei cereali macinati a fini alimentari segnerà una tappa fondamentale nella storia del ‘mare nostro’, agendo da marcatore culturale e principio di identificazione delle genti mediterranee. ‘Civiltà del grano macinato’ definirà Esiodo la civiltà sorta sulle sponde del Mediterraneo.

L’ottanta per cento del vitto dei popoli mediterranei, sarà costituito, essenzialmente, da farine e granaglie. Dalle zuppe di grano elleniche alle puls’ romane, dalle ‘migas’ spagnole alla ‘fregola’ sarda: l’alimentazione mediterranea sembra dipanarsi lungo i mille rivoli tracciati, nel corso dei secoli, dalla ‘civiltà del grano’.

Sotto il segno del grano, abbiamo cercato di disegnare una sorta di ‘geografia alimentare’ del bacino mediterraneo che, pur nel rispetto delle diversità locali, si pone come obiettivo ultimo la riaffermazione di una comune radice cultural-gastronomica. Tantissime sono le preparazioni a base di grano che, dal Bosforo a Gibilterra, differiscono tra loro solo nel nome o per qualche ingrediente secondario. Pensiamo, ad esempio, al cous cous.

Dal Marocco alla Sardegna, dalla Tunisia alla Sicilia: mille modi diversi di interpretare un unico alimento, in cui i sapori e i profumi del Mediterraneo sembrano esaltarsi a vicenda. Un cibo che, travalicando i confini delle singole appartenenze, può essere preso a vessillo di quella ‘multiculturalità’ alimentare che si è venuta a realizzare sulle sponde del ‘mare nostro’, frutto di contatti e di mescolanze tra genti e culture diverse.

Del resto, ‘il cibo, più della parola, si presta a mediare tra culture diverse1’ ci ricorda Massimo Montanari. Unica al mondo, la cucina mediterranea, risultante dall’incontro di tradizioni gastronomiche diverse, presenta caratteri di fondo unitari. Un altro cibo che unisce i popoli mediterranei sotto le insegne della ‘civiltà del grano’ è, sicuramente, la ‘pita’.

Semplice, arcaica focaccia di acqua e farina, ci è sembrata celebrare al meglio, nelle sue mille declinazioni (berbera, araba, turca, musulmana, balcanica, napoletana), quell’ ‘unità plurale’ mediterranea di cui parlano studiosi del calibro di Henri Pirenne, Fernand Braudel o Franco Cassano2. ‘Unitè plurielle’, ‘unità plurale’ risultata dal contatto tra culture e tradizioni diverse, talvolta diversissime, unite da una comune radice, quella fulgida ‘civiltà mediterranea’ matrice di un modello di società aperta al dialogo, naturalmente predisposta all’ incontro tra popoli.

Dal grano al pane: tremila anni prima di Cristo, la ‘civiltà mediterranea’ metterà a segno la sua conquista più importante. Il Mediterraneo e il suo pane: una storia avvincente che celebra, definitivamente, la vittoria dell’ uomo sulla natura selvaggia.

E’ il ‘pane della civiltà’ contro la barbarie, contro il kaos primigènio, contro l’ indistinto primordiale. Il pane, quale ‘cifra’ di civiltà, assurgerà a sacra ‘icona’ di una mentalità, di una cultura radicata nella terra. Quella feconda, solare ‘cultura mediterranea’ che riterrà sacri il pane, il vino e l’olio. I primi pani saranno impastati proprio sulle sponde del Mediterraneo.

Più di ogni altro alimento, può essere ritenuto il cibo-simbolo dell’ identità mediterranea, elemento di coesione delle popolazioni affacciate sulle ‘sacre sponde’. Nel pane si vengono a stratificare saperi e sapori, valori, usanze, credenze che affondano le radici nel cuore profondo della ‘cultura mediterranea’. Pensiamo a quel ‘pane-sole’ degli egiziani antichi o a quel pane forgiato a forma di falce lunare che il popolo greco offriva alle dèe della Natura, meravigliosi ‘refrain’ di una cultura ancestrale, una cultura impastata nella terra, baciata dal sole, bagnata dal mare, dal caldo mare mediterraneo.

Veri e propri trofei di acqua e farina, cesellati dal mito, plasmati dal fluire del tempo, dai marosi della storia, impastati di sogni e di bisogni, di fatica e di sudore. I pani del Mediterraneo: compendio del concetto stesso di mediterraneità. Essenza mediterranea allo stato puro. Proprio come quel profumo di pane che si sprigiona, caldo, avvolgente, quasi sensuale, dai forni del Mediterraneo, puntuale, ogni mattina. Un ricordo indelebile, frammento, ‘refrain’ dell’ antica memoria mediterranea. Tra odori e sapori. Tra visioni antiche e suggestioni nuove. Tra mito e rito, il pane mediterraneo, da millenni, racconta la storia di un mondo chiuso nel caldo abbraccio di una civiltà feconda, fecondissima.

Una civiltà che chiama ‘madre’ la terra


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Festa di Lughnasadh
















💛Il labirinto è Jana

 Il labirinto è Jana... 


..per chi ancora sostiene che siano simboli concentrici simbolici dell'acqua.

Nella frase, a fine testo, dice " in questo simbolo vi è descritta la legge cosmogonica, sopra cui si fonda l'universo" 

Mesi fa ho descritto il labirinto a 7 percorsi, situato proprio sulla traiettoria astrale che porta alla Rinascita dopo la morte, sulla via della traiettoria sulla freccia tesa di Osiride, lungo la Via Lattea, dei 7 pianeti allineati nel periodo equinoziale. La Sardegna è mappata secondo la coincidenza "cintura di Orione/Osiride e Oristano/Cabras, quindi, Giganti di Mont'e Prama, nella cui necropoli, gli inumati erano rivolti ad Orione.

Il respiro della vita, della rinascita continua, si può solo nel labirinto.

Il labirinto simbolicamente, come cordone ombelicale, attraverso il quale passa il respiro della vita di madre in figlio/a.

Labirinto come luogo di RI-nascita. Il Minotauro può rinascere ed elevarsi dalla sua forma bestiale, solo dentro un percorso iniziatico, ritrovando se stesso, nel labirinto/cordone ombelicale di Arianna, che simboleggia il Sacro Femminino.

Un percorso iniziatico a 7 percorsi, come i 7 chakra, ma anche, in scala più ampia e universale, come i 7 pianeti allineati, che formano l'armonia delle sfere celesti.

Nel labirinto si ritrova l'armonia, il proprio centro, individuale e universale.

Si ritrova il centrale respiro della vita.

Il respiro che ci è stato insufflato da Dio, dal Divino.

Anche le nostre pavoncelle sarde, sono rappresentate con dei riccioli spiralizzati. Rappresentano il divino che si manifesta nel Femminino. Insufflano l'Ain Soph.. 


Tiziana Fenu ©®

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Il labirinto è Jana


Per approfondimenti 

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/lo-stargate-di-orione-attraverso-sa.html

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/05/i-nuraghi-riflesso-dellarmonia-musicale.html

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/il-labirinto.html


È vero che esiste la bandiera della Nuraghelogia ?

Certamente. Alla sera al tocco dell’Ave, così come voleva la tradizione della Nuraghelogia, portavano agli uomini “dell’assolu“ il panno del conforto: era quel drappo quadrangolare di orbace bianco con al centro istoriata una Jana; era la millenaria bandiera dei Sardi della Nuraghelogia, quella che simboleggiava nel concetto più sommo l’uomo sardo.

La Jana infatti stava a significare l’essere uomo sulla terra con i suoi 17 corridoi cioè le 17 vie che lo conducono ad ogni luogo ed a ogni verità: la Jana altro non era che il disegno di un labirinto scolpito sulle pareti delle Domus de Janas o in grotte, adottato dai Sardi (ma con diverso significato) millenni prima della civiltà cretese.

Rai : cosa erano veramente le Domus de Janas ?

Raimondo : le Janas AG-MUR più comunemente conosciute come Domus de Janas non erano delle tombe o qualcosa di simile (come la mala informazione storica degli acculturati latino-cristiani ha sempre detto) bensì erano dei luoghi dove l’uomo si rifugiava per respirare i “ respiri della vita “ che nella cultura nuragica sono rappresentati dal labirinto detto appunto Jana .

Secondo questo concetto la vita in cui si entra alla nascita altro non è che un labirinto, si cammina e si cammina e quando la si è percorsa tutta alla fine c’è una tomba: questa non è solo la sorte dell’uomo ma di qualsiasi essere vivente, dei popoli, dei pianeti, delle galassie con tutti gli astri.

Persino la storia umana con tutte le filosofie, ideologie, istituzioni, leggi sociali ed economiche, è strutturata come i labirinti o Janas AG-MUR: la Jana è il simbolo più vero, più divino per un popolo che non ha avuto bisogno di crearsi dei mezzi dei; è il simbolo che contiene nel suo significato tutta la scienza e sapienza dell’umanità; è più potente e veritiero del simbolo cristiano della croce che è uno strumento di tortura che ricorda una somma ingiustizia.

La Jana AG-MUR è stata adottata dai Sardi della prima era forse 20.000 anni fa ed allora non esisteva nulla al mondo, né civiltà cretese, né Gerusalemme e nessuna altra civiltà storica.

La Jana è costruita a somiglianza di un labirinto cretese ma è solo una somiglianza: la Jana sarda non solo è stata inventata dai Sardi ma è strutturata con una tecnica originale che nessun popolo del mondo ha mai inventato.


Nella antica lingua sarda Jana significa porta o genna: è una parola carismatica e non esiste agro nell’isola che non abbia registrato questa definizione catastale di “ genna janna “ .

Il simbolo della Jana sarda è il simbolo della verità; guardatelo bene e vedete come è tracciato, intanto non è quadrato come sono tutti i labirinti greci e romani: il quadrato è una figura geometrica che rinchiude, fa pensare ad una casa, un tempio od una prigione e quindi cosa senza speranza; la Jana sarda invece porta come figura geometrica il cerchio, tondo è il Nuraghe, tondo è il ballo, tondo è l’universo.

La Jana sarda può essere formata da 3,7,13,17 anditi o corridoi e ciò per un significato esoterico profondo che porta fuori della conoscenza umana; la Jana sarda è tonda con 3, 7, 13, 17 aperture mentre quella straniera non ne ha e quindi il minotauro ( che rappresenta l’umanità ed il regno animale e quindi tutto il creato con un intelletto ) è prigioniero di un destino infame: ad ogni apertura corrisponde una uscita ad un’altra esistenza o stato, ad un’altra infinità, quindi un concetto infinito dell’Eterno Increato Universo Creatore.

La Jana sarda descritta in questo simbolo esoterico porta in sintesi la sapienza eterna ed in questo simbolo vi è descritta la legge cosmogonica sopra cui si fonda l’universo creato ed increato: la legge secondo cui il tempo va indietro, il tempo diventa spazio e lo spazio diventa tempo.


Tratto da "Nuraghelogia" di Raimondo Altana

Note sull'autore :nato ad Arzachena nel 1945, studi classici e Laurea in Farmacia presso l'Università di Sassari. Studioso di Bioenergie e di Geobiologia: approfondisce il rapporto tra biologia, siti megalitici e scienza terapeutica.


Nell' immagine, il Labirinto di Benetutti, Domus de Janas de Luzzanas, in provincia di Sassari





💛Il papiro sardo, su papperi.

 Delle immagini a confronto.

La Dea egizia Seshat(o Sashet, Sesheta, Safekh), il cui nome significa "scriba femminile" , era la Dea egizia della scrittura.

Notiamo come, sulla sua testa, si erge una piantina con 7 fronde. O un fiore con 7 petali.

Papiro forse(notare come in sardo, carta si dice "papperi", fonetica mente simile a "papiro"), ma pur sempre, composto da 7 elementi. 

Verosimilmente molto simile all'albero sradicato degli Arborea, il Desdicado, degli antichi Giudici del Giudicato di Arborea sardo,  con 7 Rami, che ricorda anche la Menorah, il candelabro ebraico, simbolo dei 7 pianeti più importanti, che si potevano osservare allineati in certi periodi equinoziali, come indica anche il nostro labirinto a 7 percorsi di Benetutti.

Se notiamo, sopra questo "alberello" egizio sopra la testa della Dea Seshat, vi è un simbolo, del tutto uguale alla piantina delle nostre Tombe dei Giganti in Sardegna.

Certo che è strano, vedere un simbolo, come questa piantina, che indica anche un percorso iniziatico attraverso i 7 chakra, che è molto simile, nella sua simbologia a "sette", al nostro albero arborense, simbolo del Giudicato di Arborea, il più importante, protagonista, attraverso Eleonora d'Arborea, di una Carta de Logu che resta in vigore 5 secoli, dal 14 aprile 1392 al 1827, scalzata  dal codice di Carlo Felice di Savoia, vicere' della Sardegna.

Giudicato di Arborea, scelto, tra i quattro(gli altri erano, di Torres, di Gallura, di Calari), per essere sede, a Cabras, dei Giganti di Mont'e Prama, i nostri Antichi Giudici e Architetti Divini, e se non ricordo male, devo averlo letto da qualche parte, solo i Giudici potevano portare le trecce lunghe, come i nostri Giganti di Mont'e Prama. 

Coloro che hanno il senso del "giusto", dell'equilibrio, della Giustizia. 

Che, proprio nel loro Giudicati, hanno visto nascere la prima stesura di leggi. 

La prima definizione ufficiale di società organizzata. 

E che ci fa una Dea egizia con due simboli che richiamano entrambi i nostri Antichi Giudici, i nostri Architetti divini? 

La correlazione c'è eccome, ed è spiazzante. 

La Dea Seshat era chiamata la signora delle Stelle. 

Gran parte dei monumenti dell'antico Egitto, sono legati ad una cerimonia iniziale,, dove il Faraone e una sacerdotessa rappresentante della Dea Seshat, svolgono il processo di misurazione, definendo i 4 angoli dei futuri templi e monumenti reali, per allinearli in direzione delle stelle

I "quattro angoli del tempio", concretizzati con figure specializzate come Architetti e Carpentieri che eseguivano le misurazioni. 

Una cerimonia che si chiamava Pedj Shes, a carattere cerimoniale e tecnico, e lei era lo scriba femminile della scrittura, dell'architettura. 

Una Dea con due simboli degli Architetti divini, fondatrice della Sacra Architettura, della Geometria Divina, come i nostri Giganti, che ha sopra il capo una sorta di tiara che rappresenta lo schema esatto di una tomba dei Giganti. 

Uno schema taurino/uterino, che richiama la simbologia del Toro e luna insieme, poiché le corna rivolte verso il basso indicano luna crescente. 

Troppe analogie per passare inosservate. 

I primordiali, ufficiali Architetti, potrebbero essere benissimo stati i nostri Antichi Sardi, rappresentati dai Giganti di Mont'e Prama. 

Ho espresso approfonditamente nei miei post, per quali motivi. 

Hanno come pettorina, anche quello che ho definito il "quadrato del Sinis", antenato del quadrato di Sator, che in termini architettonici, identificava le coordinate divine/terrestri, per la costruzione dei templi. 

Ed oggi, a conferma, trovo questi altri particolari. 

Gli Egizi non si sono inventati nulla, 

Hanno assorbito ciò era già presente nell'antica Civiltà Sarda e lo hanno fatto loro, edulcorandolo in magnificenza descrittiva, pittorica, lì dove, nella nostra civiltà, non è stata necessaria tanta ostentazione. 

Un altro tassello ancora, che combacia perfettamente con il resto della ricostruzione. 

Basta solo riportarla alla luce. 

Con pazienza e spirito di osservazione 


Tiziana Fenu 


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Il papiro sardo


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Per approfondimenti


https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/il-progenitore-del-quadrato-di-sator-il.html


https://maldalchimia.blogspot.com/2021/02/la-geometria-del-6-nel-mento-del.html


https://maldalchimia.blogspot.com/search?q=Mento








💛Mi inchino a te

 Mi inchino a Te

Madre delle Madri.

Ero nel tuo Sacro Ventre 

ancora prima 

di venire al mondo.

Eri l'acqua 

che mi proteggeva 

e mi dissetava.

Eri il cielo 

che tu hai dipinto per me.

Sulla volta 

delle tue Sacre Mani 

che mi hanno accolto.

Inginocchiata e vinta

mi prosto impotente  

e sofferente

sulla tua Sacra Terra.

Lacrime asciutte 

e impolverate di dolore.

Per queste grida senza voce.

Che mi squarciano il petto

per tanta Bellezza sfregiata.

E ardo insieme a te.

I pugni stretti 

su questa terra 

che ha accolto 

le mie parole mute e salate.

Che spero  germoglino

in soffici fili di erba

In tenere foglie, in arbusti, 

in rivoli di acqua pura

dall'altra parte

di ciò che calpestiamo 

e violentiamo .

Da questa parte 

di ciò che non vedo

ma sento, 

sono come uno spettro.

Sono con te.

Li, dove arrivano le mie lacrime.

E tutte quelle di coloro 

che hanno un'Anima Animale.

Sono con Te.

Sacra Madre.

Ovunque tu stia 

rigermogliando 

come una Sacra Rosa 

della quale sento il profumo.

Nonostante il fumo 

che mi invade i polmoni

e i pensieri che si aggrovigliano

come le fughe disperate

dei tuoi figli. 

E che questo odore acre di morte

resti tra i morti.

Sono con Te.

Con i miei fratelli Animali.

Alle pendici 

della tua Sacra Bellezza.

Con i piedi nell'acqua fresca.

In quella cascata d'Amore 

che tu sei

e che nessun umano

può distruggere. 

Sono con Te

perché sento il tuo 

Amore di Madre.

Che si rinnoverà ad ogni respiro.

Ad ogni battito.

Ad ogni riposo tranquillo

delle tue Innocenti Creature.

E tu perdonerai ancora.

Lì dove ancora, l'uomo 

non ti perdonerà 

la tua Innocenza 

e la tua Sacra Regalità.

Ti Amo Sacra Madre mia. 


Tiziana Fenu


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Mi inchino a te




💛Giorni di dolore

 In questi tre giorni di dolore, ne ho sentito di ogni.

Anche maledizioni contro il Fuoco, che io considero un elemento Sacro, al pari dell'acqua, della terra, dell'aria.

Del vento, che contraddistingue la nostra terra, e che spesso si lega in una danza, purtroppo distruttiva, al fuoco.

Fuoco, che è l'unico elemento in natura, che ha bisogno di un altro elemento, per prendere vita.

Da solo non esiste.

Non esiste nemmeno una formula chimica che lo definisca.

Perché il Fuoco, mentre brucia, acquisisce le caratteristiche di ciò che sta divorando tra le sue fiamme, di cui le ceneri ne raccontano il passaggio.

Anche il nostro Fuoco Interiore, il nostro Daimon, ha bisogno della nostra consapevolezza, della nostra Presenza d'Anima, della nostra Coscienza, per ardere, altrimenti non si manifesta.

Siamo tutti, portatori di questo Sacro Fuoco alchemico creativo di Manifestazione.

Tutti.

È lì, che si vede la nostra propensione alla Costruzione o alla Distruzione, al Daimon, o al Demon, e con quali circostanze esterne, vogliamo che bruci e interagisca il nostro Fuoco Interiore.

Perché sono queste sinergie, che mandano avanti l'evoluzione dell'uomo, le civiltà, gli scambi tra di esse.

Gli Antichi Sardi, come tutti gli Antichi del passato, avevano estremo rispetto, per i quattro elementi della terra.

Sapevano gestire benissimo anche il Fuoco Sacro, il Fuoco alchemico.

Erano alchimisti, sciamani, fulguratores. Invocavano fulmini e tempeste.

Avevano la massima accortezza, in ogni loro manifestazione, nel rappresentare, nel massimo equilibrio possibile, gli opposti, acqua e fuoco, luna e sole, femminile e maschile.

Non solo li rappresentavano in equilibrio, ma in perfetta sinergia creativa.

Ne parlo sempre, nei miei post, perché questo è un aspetto davvero fondamentale dell'Antica Civiltà Sarda.

Il matrimonio ierogamico, d'Anima, di Essenza, tra Acqua e Fuoco in particolare.

Non arrivavano a farli diventare antagonisti, come è nella loro natura, ma ne hanno fatto artefici e protagonisti delle nostre più eccelse meraviglie.

Per citarne uno, forse il più bello, il pozzo di Santa Cristina, dove Fuoco e Acqua, Sole e Acqua, e, Sole e Luna in sinergia, creano la perfetta collaborazione armoniosa.

Il massimo apice di quello che in alchimia è chiamata l'Acqua di Fuoco.

Come la nostra "Abba ardente", il nostro "fil'e ferru", che infuoca l'animo e il palato, pur trasparente e cristallina come l'acqua.

Questo, dobbiamo recuperare dal passato, dai nostri Antichi Padri.

L'abilità nel saper gestire e governare il fuoco.

Una terra, che tendenzialmente, cerca simbiosi, sinergie creative, tra i suoi quattro elementi, perché così era, nel suo periodo d'Oro, quando vi erano Uomini capaci di relazionarsi in modo armonioso e creativo con essi, e che necessita di Uomini altrettanto all'altezza di saper governare, arginare, gestire dei focolai che magari si innescano anche da soli.

Non entro in merito al discorso "incendi dolosi" o meno. Sappiamo tutti, benissimo, che esistono, e per quali motivi vengono attivati.

Il mio discorso vuole toccare la consapevolezza di ognuno di noi, come sardi.

Anche la stessa parola Sardo, che può essere letta anche come "S'Ardo", ha in sé, tutta la potenza e la consapevolezza di questa parola.

S'Ardo

Ardo.

Il Sardo arde di quel Fuoco interno che ci ha reso, e ci rende riconoscibili in tutto il mondo, per la nostra magnificenza.

In ogni settore.

Abbiamo mantenuto intatte le nostre antichissime tradizioni.

La nostra Terra ha un'energia potentissima. Tutta, tutta la Sardegna è così.

È vera e selvaggia, ancora pura.

Richiama prepotentemente all'attenzione, ogni anno, la nostra Presenza, come suoi Figli.

La nostra Custodia.

La nostra massima attenzione.

Come l'hanno avuta i nostri Antichi Padri, nel tenere a bada il Fuoco, nel saperlo gestire, e nel preservare il verde di questa Sacra Terra.

Gestirlo, significa Inanzittutto rispettarlo, e riconoscerne la potenza e l'origine sacra.

Riconoscere il nostro stesso Sacro Fuoco interiore, da Sardi e da Umani, per poi, riconoscerlo e rispettarlo anche all'esterno.

Non frastimiamo il fuoco, non malediciamolo.

Fa ciò che gli è stato preposto in natura.

Cerca solo qualcosa con cui ardere, così come ha sempre fatto, consentendo all'uomo la sopravvivenza.

Ci è vitale, e proprio come tutte le grandi energie e potenze, necessita di altrettante importanti energie che lo contengano, nel migliore dei modi.

È il Fuoco stesso, ogni anno, a chiederci aiuto, nel riconoscerlo, e nel riconoscerci nella sua Sacralità.

Nell'essere maggiormente Presenti. 

Per creare, e non per distruggere.


Tiziana Fenu ©®

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Nell'immagine, la cappella della Madonnina di Bonarcado, uscita incolume dalla potenza distruttiva delle fiamme, che vale più di tutte le parole a riguardo di ciò che si è consumato sotto i nostri occhi.


Ps. Un mio gentile commentatore, in privato, mi ha fatto notare che questa Madonnina si trova nel comune di Santu Lussurgiu, messa in loco dai Lussurgesi e onorata con processioni e manutenzione continua.

Chiedo scusa per l'errore di cui ero ignara, avendo trovato foto e didascalia in una pagina isolana molto seguita.


Giorni di dolore




💛I resti di una villa "romana"/nuragica

 .. e li chiamano "resti di una villa romana di epoca repubblicana" ...

Ho visto questo post stamane(https://m.facebook.com/groups/549224652192152/permalink/1205143909933553) 

Ne vuole di coraggio..

Quando non sanno che scrivere, infilano tutto nell'imbuto romano, come fanno per il latino. Questa è una chiara ed evidente Architettura tipica dell'Antica Civiltà Sarda sulla quale, poi, è stato edificato altro, o sfruttata dai romani per un uso  diverso da quello iniziale.

Tracce di Antichi Sardi ovunque,  ma degli Antichi Sardi, nemmeno la menzione.

Da notare il "serpente/cobra/fallo" nel masso della prima immagine,  come quello ritrovato nella fusaiola della nostra Santa Caterina di Pittinuri, in provincia di Oristano, che richiama al concetto di fecondità e protezione, di cui lascio il link di approfondimento in proposito, e il caratteristico ingresso quadrato delle Domus de Janas.

Visto così, dalle poche immagini del post originario, sembra una struttura interessante, complessa, che richiama  i corridoi delle tombe dei Giganti, gli ingressi dei nuraghi, vi è anche l'ingresso quadrato tipico delle Domus, ma sicuramente, non risalente al periodo romano, non scherziamo. 


Tiziana Fenu

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I resti di una villa "romana"/nuragica















💛Incendio 24 /7/2021

 Oggi anche il cielo si piega in ginocchio a piangere  sul dolore della sua Terra d'Incanto.

Che le sue lacrime leniscano questo ennesimo sfregio.

Che benedicano di nuova vita, dove l'Umano non ha cuore nemmeno per piangere le sue stesse vittime, i suoi stessi danni. 

Un silenzio plumbeo che squarcia il cuore.


Tiziana Fenu ©®

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Incendio 24/7/2021