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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

sabato, ottobre 28, 2023

💛Is Animeddasa in Sardegna

 

Radici della  tradizione de " Is Animeddasa" nella cultura Sarda. 

Il 2 novembre  si celebra la giornata di Tutti i morti, che qui in Sardegna assume le caratteristiche di una tradizione che affonda le radici in epoche molto lontane. 
La tradizione de "Is paixeddasa" , de "is animeddas", de "su mortu mortu", de su "prugadoriu" (  dipende dalla zona, qui le chiamiamo " Is paixeddasa") ,  prevede la raccolta di dolcetti, caramelle, melagrane e frutta secca, da parte dei bambini che passano di casa in casa per chiedere queste offerte per le anime del Purgatorio. 
Quell'importante elemento conviviale e di condivisione , come può essere il cibo, che lega il mondo dei vivi con quello dei morti. 
In alcune zone si imbandisce  la tavola proprio tra  il 30 ottobre  e il 2 novembre, di notte, in modo che i morti possano simbolicamente beneficiare ancora di quell'amore che nel mondo dei vivi passa anche attraverso la preparazione del cibo. 
Mondo dei morti, con i quali si deve mantenere un buon rapporto amorevole, deliziandoli con frutta secca dalla lunga conservazione, in particolare , melagrane, oppure noci e castagne, come si faceva un tempo. Soprattutto melagrane, la mia preferita in assoluto, che con i suoi arilli color rubino, ricorda la fertilità della Dea Madre, il san*gue me*struale che si moltiplica in tante gocce simboliche, considerata la frutta  del Sacro Femminino, rappresentata anche nei quadri. 
Pare che all'interno contenga 613 semi, la cui somma totale fa 10 (6 + 1 + 3), il numero della perfezione Divina. Melagrana come simbolo di fertilità e prosperità, oltre che simbolo di vita oltre la morte. La disgregazione in tanti piccoli semi porta altra vita, come lo smembramento del corpo di Osiride in 72 pezzi, che ha portato alla formazione della Spiga, la nuova vita dell'abbondanza. 
Melagrana come simbolo di  gocce di sang*ue mes*truale, che porta vita e amore, tant'è che era il simbolo di  Afrodite, la dea dell'amore. 
Un frutto sacro anche a  Persefone, la dea dell'oltretomba, poiché il sangue, può essere anche sangue di morte. 
Melagrana estremamente usata anche in Sardegna in rituali per la ge*stazione, per la prosperità, con grandi proprietà astringenti ed emostatiche, oltre che  ad essere usata anche per colorare  le fibre. 
Melagrana, che con il suo rosso scuro, è collegata anche al Mosto dell'uva, con il quale si prepara la "saba/sapa", base indispensabile per i tipici dolci sardi per la festività di Tutti i Santi e Tutti i Morti, come il tipico pan'e saba, come le pabassinas, e come is caschettas, e spesso si offriva, specie nella zona del nuorese, sa Pippiedda ‘e tùharu, una bambolina di pasta di semola e zucchero. 
Dolci che simboleggiano un inno alla vita, e che nel contempo onorano la morte, poiché sono collegati al rosso del sangue, come fonte di vita.
Morte e sangue  rigeneratore, rappresentato dalle melagrane e dai dolci di sapa, affinché i morti  possano rigenerarsi simbolicamente nella dimensione del l'aldilà.

L' Halloween americano che conosciamo tutti, non nasce in America, ma ha origini lontanissime che affondano nella terra  irlandese, con la quale la Sardegna ha profondi legami genetici e culturali. 
Halloween in Irlanda corrisponde allo Samhain, il Capodanno celtico, dove Hallow è la parola arcaica che significa "Santo",  quindi Halloween indicava la vigilia di tutti i santi. 
Per i celti il nuovo anno iniziava il primo novembre, quando finiva la stagione calda e si stava maggiormente a casa. 
Infatti Shamuin in in gaelico, significa Summer's end, fine dell'estate. 
In  Irlanda  infatti Samhain, significava festa del sole, in cui la morte era in sintonia con ciò che avveniva in natura, in cui  nella stagione invernale la vita riposa sotto terra, dove riposano i morti. Festeggiavano il 31 ottobre con delle feste con i fuochi sacri nei boschi, a cui partecipavano con delle maschere, lasciando del cibo per i morti fuori dal l'uscio. 
Festa pagane soppiantata dall'avvento del Cristianesimo, il quale  celebra la festa di Ognissanti a Roma, per la prima volta il 13 maggio del 609 d. C., in occasione della consacrazione al Pantheon della Vergine Maria. Festa che poi, da papa Gregorio IV, fu spostata al primo novembre e poi nel X secolo, fu aggiunta la festa di Tutti i Morti il primo novembre. 
Gli immigrati irlandesi in seguito ad una grande carestia a metà del XIX secolo,  trasportarono in America questa tradizione di celebrare i morti, che poi si diffuse tutta l'America sotto il nome di Halloween. 

In Sardegna era  tradizione che la sera di Ognissanti, il primo novembre si accendesse "su lumiu" , composto in modo molto semplice e umile da una striscia di tessuto, una specie di stoppino, imbevuto di olio d'oliva, incastrato in un pezzo di sughero che galleggiava  in un contenitore colmo di acqua, e questo veniva tenuto acceso sino alla notte del 2 novembre. 
Durante la giornata del primo novembre, le campane suonavano "a morto" con un "don" lento, chiamato "s'adoppiu", quello che si usa per i funerali, fino a tarda sera, e i bambini ottenevano di pomeriggio  il permesso di andare a fare is animeddas, di porta in porta, per chiedere un piccolo dono per le anime dei defunti. 

"Seusu beniusu po is animeddasa, mi das fait po praxeri is animeddasa?" 
"siamo venuti per le anime, mi fai un dono, un piacere, per le anime?" 

I bambini venivano congedati  gioiosamente, dopo aver dato loro molti doni di Madre Terra e dolci fatti in casa con la sapa,  o i dolcetti a forma di ossa di morto, e con una frase di rito, dicendo "po s'anima...", " per l' anima...", e nominando i loro defunti. 
E il cibo ricevuto  lo si condivideva in famiglia dopo averlo benedetto con frasi ritualistiche che poi durante la notte veniva offerto anche all'anima dei morti, poiché si riteneva potessero simbolicamente partecipare a questi banchetti benedetti dalla gioia e dall'allegria di un gesto tanto semplice come il condividere il pasto. 
Dentro le tombe si creavano degli spazi appositi per introdurre liquidi e cibo, e in  Sardegna questi conviti funebri si protrassero per un periodo più lungo rispetto alla loro produzione. Infatti si protrassero sino agli inizi del VII secolo d.C. 
Quindi il rito de "is animeddas", o paixeddasa, o mortu mortu, o prugadoriu, e altri nomi, la questua dei bambini di casa in casa, era, ed è diffuso in tutta l'isola, poiché ha un' alto valore sacrale, al di là del giubilo dei bambini per la raccolta. 

Un’altra antica usanza legata al culto dei morti in Sardegna è il rito "de Is Fraccheras" (le fascine).
Viene dato fuoco a delle lunghissime e grosse fascine di asfodelo (pianta considerata dagli antichi Greci legata al Regno dei morti) e gli uomini più forti le portano a spalla correndo per le strade del paese, spargendo le ceneri e cercando di non spegnere le fascine. 
Ciò si ricollega probabilmente alla funzione protettiva e purificatrice delle ceneri e questa sorta di prova di coraggio è propiziatoria della buona sorte.
A Seui, infatti, tra il 30  ottobre e il 2 novembre vi è anche " su prugadoriu", con l'esibizione di maschere locali. 
E, legato alla simbologia della zucca come un cranio, vi era un rito, sia in Sardegna che in Corsica: cioè quello prendere i crani dal cimitero per far piovere,  e il cranio in seguito venne sostituito da una zucca intagliata. Ed è per questo motivo che la zucca, e quindi il culto dei morti, in un certo senso è legato anche al dio Maimone, al dio della pioggia. 

Ma per capire bene la simbologia della tradizione de "is animeddasa ", che io preferisco chiamare "is paixeddasa",( i pani piccoli), visto che dove abito si chiamano così, dobbiamo fare un passo indietro, alla dimensione in cui la morte di un membro della comunità diventa motivo aggregante di partecipazione e di trasmutazione del dolore, attraverso una particolare ritualistica, custodita e officiata dalle donne,  delle, Janas particolari, coloro che avevano "su Donu", il Dono per poterlo fare. 
Coloro che tessevano attraverso il canto in rima, il legame tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. 
Le "attitadoras" 
Legame che vede una continuità attraverso le mani dei bambini, custodi puri, per poi ritornare agli adulti in modo consapevole. 
D'altronde la dimensione  della morte è sempre stata estremamente rispettata in Sardegna.
Ne abbiamo testimonianza  dalla cura che si respira nelle Domus de Janas , nelle Tombe dei Giganti, e in tempi più recenti, alla ritualistica legata al decesso di un familiare o di un conoscente, articolata su un preciso codice ,composto da gesti e  lamenti ripetuti chiamato "Teu",  con protagoniste le donne, che si occupavano della veglia funebre, rito che veniva chiamato  "Sa ria",  con la veglia che era portata avanti dalle "attittadoras", che intonavano lamenti funebri e lodi per il defunto, per enfatizzarne la drammaticità del momento( rito antico diffuso anche in altre civiltà). 

Le "attittadoras" venivano chiamate spesso dagli stessi parenti per cantare le lodi del defunto, e poi venivano ricompensate con beni di prima necessità, con beni prodotti dalla terra. 
Il lamento funebre, "s'attittu",  a volte poteva  virare verso il lamento funebre di vendetta o risentimento, se il defunto era morto per mano di altri, anche solo accidentalmente, e per questo venne scoraggiato e vietato dalla Chiesa ,insieme ad altre pratiche pagane. 

Di particolare importanza in questa ritualità, era la gestualità, l'oscillazione corporea , perfettamente consone alla ritualità sonora legata al suono, al ritmo,  tipica di certe tradizioni sciamaniche che hanno una funzione quasi ipnotica, ripetitiva, simile a quella di certe zone in cui queste antiche tradizioni non hanno perso la loro valenza simbolica , come in ambito arabo-palestinese, o in ambito Africano. 
Ci si provoca metaforicamente, allegoricamente e in modo molto teatrale e scenografico, del dolore con urla,  prendendo a pugni  il petto , oppure  graffiandosi  o strappandosi i capelli, per esorcizzare con il dolore fisico, il dolore dell'anima  per la perdita della persona cara.
Cosi' come e' stato sempre molto diffuso in molte culture di tutto il mondo. 
Tipico di queste veglie era anche la preparazione del pane "po s'anima", per l'anima,  distribuito proprio per la veglia funebre.
Da noi è tradizione "su pan'e saba", come ho già sottolineato, un vero e proprio pane a base di sapa , il mosto d'uva,  uvetta, noci e mandorle. 

"S'attittu" sardo è un gesto di enorme generosità  da parte di queste donne speciali che hanno il "Dono", perche le "attittadoras" danno voce e suono a chi è ammutolito per il dolore. 
Infatti "s'accoramentu" è un dolore senza voce , ed e' quello che colpisce chi viene colpito da un lutto. 
Ed è per questo che la parola "accorau", l'essere accorati nel sentire il dolore,   è così simile alla parola sarda "accorrau"
Cambia solo quella "r" in più. 
"Accorau" indica chiuso nel silenzio. 
"Accorrau"  invece,  con due "r", significa nascosto, chiuso. 
Due termini che si integrano bene a vicenda e che parlano di discrezione e di rispetto. 
E capire cosa si cela nello stato d'animo "de s'accorrongiu", nella dimensione del dolore, per la perdita di un  caro, significava capire anche il metalinguaggio delle parole Sarde, dove le donne in lutto sono "accorradasa", nascoste ,dietro su "muccadori nieddu", il fazzoletto nero  delle vedove, chiamato "cuccuddada",  dentro il quale  respirano con il poco respiro che è loro rimasto per il tanto dolore, con su Muccadori tirato su , fin sopra il naso, quasi a volersi isolare e nascondersi dal resto del mondo. 

Il nome "attittadoras" deriva dal verbo "attittai", che  ha due significati, in sardo. 
Infatti "atttitai" significa sia "attizzare il fuoco" , ma anche "allattare". 
Derivano infatti, entrambi  i significati,  da "titta", il se*no,  la tet*ta.
E in questa doppia valenza semantica,  queste donne sarde , "is attittadoras", così come hanno allattato il bambino, così si prendono cura del fuoco della memoria, per mantenere in vita il ricordo del defunto, alimentando quel fuoco che ancora brucia tra i vivi che lo stanno piangendo. Alimentando il ricordo attraverso il canto  in rima che ne esalta il ricordo. 
"Attittadoras"  che si prendono cura dei vivi, dei bambini , allattandoli, e che si prendono cura dei morti, attizzando  ancora il fuoco in modo che loro ricordo non si dispera. 
"Is attittadoras" sono come i "cantadores", quelli dei "muttetus" che cantano in  rima  improvvisata, e così fanno queste donne sacre in assoluta parità, tra maschile e femminile( tutta la cultura e civiltà sarda, come ho scritto molte volte, gravita intorno a questa costante ricerca di equilibrio tra le polarità opposte, è il suo segno distintivo) depositarie del fuoco sacro del ricordo del de*funto, mentre i cantadores sono i depositari della memoria del collettivo, della comunità in cui sono inseriti. 
Entrambi, sia  Attittadoras che Cantadores, hanno estrema bravura nel trovare la rima nel  canto, nel muttetto, perché cantano con il cuore , entrano dentro la situazione. 

Su muttettu" sardo che prevede tutta una serie di " torradas", che corrispondono alle rime, sempre presenti nel "muttetto", anche se modulate in diversi modi ( vedi link Su Pranu Mutteddu https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/pranu-mutteddu.html?m=0)

Ma cosa è una rima, se non la ripetizione della stessa desinenza di due parole? 

Su Muttettu è una duplicazione cellulare in forma linguistica.

Una mitosi
Mito
Mitosi
Il mito non è mai stato separato dalla storia.
È l'umano che si duplica attraverso la divinità, per trovare se stesso.
Nella duplicazione si riconosce.
Riconosce la divinità che è in sé, e attraverso essa, esplica la sua continuazione, inglobandola in quel contesto di "storia dell'umanità", che porta in sé memorie animiche, genetiche e cellulari.
Perpetuando la mitosi, la duplicazione nei "muttetti", perpetua l'identità della "sua gente.
Cantano in un modo che viene dal cuore, e danno una nuova valenza al termine "accorau", gli danno un termine positivo, danno voce ad un cuore che è muto dal dolore, che è "accorrau" nel silenzio della perdita. 
Questo è un passaggio, a livello sociale e antropologico, estremamente importante, poiché si fa alleanza e comunità anche nel dolore, e le "attittadoras "si fanno carico del dolore di altre donne, pur di garantire un costante equilibrio della comunità, la continuità generativa, anche difronte a donne che non vogliono più vivere, annichilite da tanto dolore. 
Le attitadoras sono Maestre, sono Janas che curano, sanno alchemizzare.

Sanno portare dentro il dolore, lo trasformano in qualcosa di bello e lo lo restituiscono in canto, in rima , cullando dolcemente il dolore di queste  donne disperate e senza voce, tra le loro braccia, tra le loro parole e canti in versi, in quel gesto de "s'anninnai", del condurre alla nanna il piccolo che piange, attraverso filastrocche in rima, ritmate e accompagnate dalla stessa gestualità oscillante del corpo, del busto, avanti indietro, che concilia uno stato ipnotico lenitivo e rassicurante, terapeutico. 
Che assicura la connessione in un'altra dimensione, dove il dolore si ammortizza. 
Ancora una volta , ci troviamo difronte a donne sciamaniche, che operano in sinergia con gestualità, voce, suoni, cadenze ritmate, come le loro controparti maschili, e che conoscono bene la potenza di stati ipnotici alterati a fini terapeutici , alchemizzanti. 
Le Bithie dalle doppie pupille. 
Il lamento funebre  degli antichi rituali funebri è sempre esistito,, nelle società primitive, dove si fanno gesti,  dei canti , seguendo una certa modularità espressiva , e contemporaneamente, intimamente coinvolti nel dolore dell'altro, dove tutti gli elementi, gestualità, ritmica, canto, improvvisazione, agiscono in sinergia. .
E anche in questo campo bisogna parlare di Dono. Di empatia, detto in termini sociologici.
Ma "su Donu" è un qualcosa che va molto oltre questo, perché nel canto funebre improvvisato, non vi è un godimento estetico, ma una sorta di talento sciamanico nell'entrare in uno stato di percezione alterata che colga il dolore dell'altro. 
Notavo adesso, mentre scrivevo, che tra percezione e perfezione , passa la diversità di una sola lettera, la "c/f". 
Perché percepire, accogliere , prendere "tramite", ci avvicina alla perfezione. Noi umani siamo tramite per il divino, per il mondo ultraterreno, che ci avvicina alla perfezione. 
Il lamento funebre e' un momento catartico per tutta la comunità, per lenire un dolore che altrimenti sarebbe insopportabile
È una tradizione della Sardegna che è stata anche in ambito  celtico, con tutta una  ritualistica che prevedeva la vestizione del cadavere da parte di una sola donna , che aveva la funzione archetipale della Grande Madre  preindoeuropea, di colei che da la  vita  e da la morte , operatrice di trasformazione e di passaggio. Ritualistica celtica, che  prevedeva  dei canti rimati funebri, e da parte degli uomini, festeggiamenti con cibo, wh*isky e tabac*co, il quale veniva insufflato in segno di rispetto sul defunto , come se fosse dell'acqua benedetta necessaria per il traghettamento nell'altra dimensione. 

Anche in Irlanda , vi era in abito celtico, la lamentazione funebre ritualizzata, recitata da una o più donne, che venivano poi ricompensate, e che veniva fatta per lo più in gaelico , incomprensibile ad orecchio inglese, che rendeva libera l'espressione del dolore, della rabbia, della ribellione , che portava la luce la "verità di un uomo". 
Agli  uomini era riservata l'organizzazione dei "giochi" funebri più leggeri , l'intrattenimento insomma,  come anche il raccontare delle storie che non riguardassero nello specifico la vita del def*unto. 

Invece in Sardegna si sviluppa proprio uno stretto legame tra narrazione in versi da parte de "is attittoras" e il de*funto.
Poiché le attittoras hanno bisogno del defunto , come "s'anninnora " ( la ninnananna) ha bisogno del bambino.
Si crea un legame sacro tra attittoras e defunto, perché si cerca di essere le portavoci di tutto ciò che ha vissuto ed è stato, fin da piccolissimo. 
E questo implica assoluta sacralità e un' immergersi totalmente in quella che è stata la dimensione terrena del defunto, anche se non lo si conosceva bene, ed è per questo che le attitadoras hanno il Dono di vedere oltre, di intuire come fosse il defunto in vita. 
Bisogna cantare in rima, e non basta il "saper piangere" bene, ma bisogna anche avere maestria nel trovare le parole giuste e non cadere nel ridicolo, cantando cose non veritiere. 
Le attittadoras ancora praticavano fino agli anni '70 /'80. Avere contatto con la dimensione "altra" sentendo l'anima che ha lasciato questa terra, non è da tutti, ed ecco perché il canto fu*nebre ha un alto valore  attivo, terapeutico  e simbolico. 
Si deve essere Janas, per poter essere attitadoras. 
Bisogna essere delle "jannas", delle porte, dei portali, degli anelli di congiunzione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. 
Per questi motivo le Domus de Janas sono orientate ai solstizi.
Perché metaforicamente simboleggiano i portali tra le due dimensioni estreme della luce e della tenebra, del mondo dei vivi e del mondo dei morti
Spesso questi canti funebri venivano annotati a mano dalle stesse attitadoras, come un archivio di suoni, di parole, di grafemi particolarizzati per ogni occasione. 
Gli uomini non potevano partecipare al canto, e anzi stavano in stanze diverse rispetto alle donne. 
Le donne si rivolgevano al defunto con un "coru meu" (cuore mio), a prescindere dalla relazione che avevano con esso. 
Erano donne particolari, le attitadoras,  che mettevano a servizio della comunità non solo le  loro loro doti canore, ma anche i loro talenti in altri contesti, come la preparazione del pane, dei dolci del vino, oltre che Doni sciamanici.
Donne capaci, talentuose, che spesso si tramandavano l'essere attittadora, di madre in figlia.
Era un momento di intensa partecipazione comunitaria, a cui assistevano anche i bambini, abituati sin da piccoli ad avere estremo rispetto per il trapasso, per il dolore, per il lutto, per i defunti, onorati attraverso la celebrazione de "is animeddasa"
Una vocazione, una passione, di cui facevano parte anche le "accabadoras", coloro che si occupavano di  "finire"  il moribondo, di fargli finire dignitosamente il ciclo di vita.
Gli "attitos", questi canti in versi, erano sacri e benvoluti, e nessuno li ostacolava, poiché erano molto musicali e ritmici, quasi delle filastrocche gradevoli nell'ascolto, musicalmente e ritmicamente parlando, e quel in questo ricordano molto le ninne nanne che si usavano per calmare il dolore dei piccoli, per accompagnarli nel sonno. 
Ecco perché la parola attitadoras rimanda alla parola "Titta" dell'allattare. 

Ecco perché la parola attitadoras rimanda alla parola "Titta" dell'alla'ttare. 

Il calore "de Sa Titta", contrapposto alla sensazione di freddo, che si usa, qui in Sardegna, esprimere con l'esclamazione "tittía", con l'accento sulla seconda "i", tipico del mondo dei non vivi, che richiama al freddo ancestrale, glaciale, della mor'te. 

Ecco perché la tradizione di ricordare a onorare i morti, passa anche e sopratutto attraverso i bambini, attraverso la tradizione "de is animeddas" o " paixeddasa" ( i pani piccolini)  in onore dei morti. 
Perché i bambini rappresentano la luce, rispetto alle tenebre del mondo dei morti, e solo loro possono trovare con esso, quel punto di equilibrio giocoso e puro, che sia di canale e comunicazione con loro, intagliandosi  e svuotandosi da soli le zucche, anticamente, per portarle in giro per la "questua" , e riempirle di delizie per loro e per i morti, in condivisione. 
Sapendo che in  esse,  svuotate, dimoravano le anime dei morti, e infatti le zucche svuotate e intagliate  erano chiamate, e ancora oggi, specie nella zona della Barbagia," sa crucuriga a forma conch'e mortu", la "zucca  a forma di testa di morto". 
La zucca come simbolo di trasformazione e rinascita, come la zucca trasformata in cocchio d'oro nella favola di Cenerentola, dove i semi della zucca, sono un simbolo di resurrezione, cioè di passaggio dalla luna nera  alla luna piena, e tracciano il sentiero che, dagli inferi bui del periodo gelido, conduce al cielo luminoso della primavera e dell' estate, con il suo giallo oro che ricorda il sole.
Nell’antica Grecia era adorata una divinità delle zucche,  chiamata Kolokasia Athenai, quindi con  riferimento non solo alla dea Atena, ma anche alla Luna e agli influssi che essa esercita sui cicli di produzione della Terra. 
Non è dunque casuale lo stretto legame tra questo frutto mitico e la Grande Madre Terra, archetipo per eccellenza, dispensatrice di cibo e, in quanto tale, simbolo di abbondanza, di fertilità e di ricchezza.

La parola sarda" scroccorigau", derivante dal nome "croccoriga/croccorighedda" (zucca/zucchina), è una parola che indica una bocciatura a scuola, o più in generale, ad un esame.

Questo termine, legato alla zucca, lo lega concettualmente al fatto che la zucca abbia sostituito il cranio vuoto per assicurare fertilità e produttività nei campi.
Quindi "scroccorigau", rimanda metaforicamente al concetto dell'essere stati improduttivi e non fertili, come una zucca vuota, inutile.
Come un teschio senza più cervello.
È abituale anche il modo di dire, in italiano, "zuccone/a" per chi non eccelle in scaltrezza o viene bocciato agli esami.
Modi di dire, che  risalgono a questo antico rito sardo della "croccoriga", della zucca, intesa come un teschio "senza cervello".
Le" animeddasa", quindi, sono le zucche svuotate, le rappresentanti, in piccolo, delle anime dei morti. 
Le zucche che poi, di sera, venivano tenute accese, con dei lumicini dentro, per sentire la presenza dei defunti, ancora con loro. 
Per giocare e ridere con loro, come quando si improvvisano tra gli adulti, anche loro, attittadores, e inscenano poi con il gioco, anche tra di loro, le morti finte. 
Perché i bambini attraverso il gioco imparano a gestire bene le cose dei grandi. 
Imparano la vita stessa, il dolore, così come le gioie.
Imparano sin da piccoli a imitare anche le attività delle attitadoras, perché il  loro canto non è dissimile da  "su nannai", dalle ninnenanne, dal cantare una filastrocca per addormentare i bambini, dal  cullare amorevolmente. 

Ecco perché per capire bene la valenza simbolica, antropologica e sociale della tradizione "de is animeddasa",  bisogna  affondare la ricerca dal punto in cui parte la ritualistica del rispetto dei morti e della morte. 
Rispetto che è sempre stato presente nella cultura e Civiltà Sarda, e che ha la sua massima espressione proprio unendo e coinvolgendo in questo rispetto anche quelli che saranno gli adulti del domani, proprio i bambini, con la loro purezza e allegria. 
Non capiscono bene perché stanno assistendo al rito funebre, ma lo capiscono con il tempo, perché ne assimilano il valore simbolico.  Si impara e si ascolta, e si impara a gestire un avvenimento importante come la morte, e onorarla con rispetto. 
Le risate irriverenti, il dolore,  come il "witz ebraico" , quel moto di umorismo sottile, intelligente e acuto, che nasce nei campi di concentramento, la più alta forma di ironia che nasce dal dolore. 
Si  demonizza  il dolore con una risata pura, come quella dei bambini, e in questa congiunzione  tra il mondo dei vivi e quello dei morti, non può che essere rappresentata dalla purezza dei bambini, che passano di casa in casa a chiedere "is paixeddasa" per l'anima dei morti. 
I bambini sanno intercedere con i morti, allo stesso modo in cui le attitadoras intercedono con loro, per  lenire il dolore dei loro cari. 
Attraverso il canto delle attitadoras  si sta in sospensione tra la vita e la morte. 
Attraverso la risata pura e spontanea dei bambini, che è fautrice di vita, si  è facilitati ad entrare in contatto con il mondo dei morti e si accompagna il defunto in allegria. 
Per questo motivo, spesso  durante "is attitos", arrivava una figura femminile chiamata "sa buffona", che sdrammatizzava nei momenti di forte tensione emotiva. 
È quella tensione erotica, da "eros/amore/" vita, di cui è impregnata la nostra Antica Civiltà Sarda
Unione degli Opposti.
Creazione.
Vita.
Onorare la vita così come la morte.
Perche la morte non esiste.
È solo un passaggio nell'altra dimensione.
Bisogna onorarla, ma anche esorcizzarla, e il "riso sardonico" rappresenta metaforicamente questo sberleffo alla morte,, che non è niente altro che un portale per la vita vera, come manifesta la nostra Antica Maschera ghignante di San Sperate ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/la-maschera-dellaldebaran-solare-di-san.html?m=0)
"Gli Dei nacquero da una risata".
Come le risate dei bambini, quando scampanellano da un'abitazione all'altra, per celebrare i morti, il 2 novembre, tra risate e Doni, chiedendo "is paixeddasa".
Ancora una volta la civiltà della Sardegna si dispiega attraverso questi viaggi che mi prendono nell'intimità di  certe tradizioni che finora avevo vissuto e osservato con occhio fisico,  e si rivelano sotto un sentire diverso, accorato, che viene dal cuore. 
Come se, giunti a questo punto del  percorso, fosse necessario percepire in modo diverso e maggiormente consapevole, ciò di cui siamo stati testimoni. 
Tutto questo mi fa capire come davvero i nostri antichi sardi erano dei Viaggiatori multidimensionale, in bilico  in equilibrio tra gli opposti, tra la vita e la morte, e come costantemente applicassero questa abilità  energetica, ogni giorno, fin da piccoli. 
Un'educazione verso la vita, e verso la morte.
Morte, che è sempre stata loro alleata, perché è semplicemente un'altra dimensione, che si può affrontare  anche ridendo di qualche attitos azzardato, a doppio senso, e gioendo delle risate dei bambini, limpida e cristallina come l'acqua delle Sorgenti sarde. 
Una risata destrutturante, rivitalizzante, quella bambini mentre si rincorrono di casa, o mentre imbandiscono la tavola anche per loro, per la notte che verrà, e che culla nel suo ventre, le Anime dei morti. 
Una risata che è simbolo della continuità della vita, attraverso la memoria, depositata tra le loro calde manine mentre accolgono i Doni per i morti, che non sono morti, ma che semplicemente riposano altrove. 

Tiziana Fenu
©®Diritti intellettuali riservati
Maldalchimia.blogspot.com

Is Animeddasa in Sardegna

















mercoledì, ottobre 25, 2023

💙Eclissi Lunare Plenilunio in Toro 28/10/2023

 Sabato 28, ci ritroviamo nell'energia di chiusura  dell'intenso passaggio energetico tra le due eclissi.

Quella solare anulare del 14 Ottobre, ancora sotto il segno della Bilancia, e guidati dal Sacro Archetipo Ebraico Mem, il tredicesimo, con novilunio in Bilancia,  e Arcano Maggiore XIII della Morte, e l''Eclissi lunare parziale che si manifesterà sotto il segno dello Scorpione, con plenilunio in Toro, sotto la guida del Sacro Archetipo Ebraico Tsade', il diciottesimo, e Arcano Maggiore XVIII della Luna. 

Un periodo molto intenso, in ogni senso.

Fisicamente, spiritualmente, oniricamente, costellato da sincronismi straordinari e rivelazioni.

La Mem ha spinto moltissimo, energeticamente, per questa interiorizzazione, alla ricerca di un baricentro, con nuovi parametri, nuove prospettive.

La fluidità energetica è stata necessaria.

Si è creato tanto, e molto è esondato, perché stagnava da troppo tempo.

Ciò che era morto, ciò che morto durante questo percorso, di grande intensità energetica. 

Si è imparato a fluire.

A trovare nuovi equilibri, nonostante e grazie all'oscillare.

Questa fine corsa, serve a radicalizzare nell'elemento terra del Plenilunio in Toro, ciò nel quale abbiamo navigato in questo tunnel energetico.

Anche il corpo ha faticato a trovare nuovi equilibri, dei baricentri che consentissero il percepire il dolore, non come dimensione da evitare, ma da comprendere, da prendere con sé, e capire da quale intima linfa vulcanica, emerge come magma che ustiona, ma che amplifica il sentire, il percepire. 

Veniva tutto su.

Il magma, l'acqua che fluisce, con i detriti che non trovano più punti in cui stagnare.

La Mem, mi ha riportato a casa.

Mi ha riportato a me, in quell'oscillare terapeutico, propedeutico, propulsivo, che è lo stesso ritmo orgasmico della creazione.

L'oscillare lenisce, stempera la folgore.

L'oscillare è sesso, è creazione.

È parto. 

È venire alla Luce. 

Atlanta sull'altalena.

Avevo scritto un post a riguardo( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/06/le-colonne-dercole-atlanta.html?m=0) 

su una stupenda rappresentazione di Atlanta che si dondola su un'altalena, metafora delle colonne d'Ercole, al di là delle quali, secondo il mito platonico, si trovava Atlantide.

È come se avessi ritrovato la mia intima Atlantide, in questi giorni, da Eremita, dopo il diluvio, la distruzione.

La Morte. 

Navigo a vista, perché molto è stato ripulito e si è arrivato all'essenziale.

Con il plenilunio in Scorpione, si scende in profondità, anticipando, entrando in punta di piedi nell'energia del prossimo Samhain, che si celebra tra la notte del 31 ottobre e il primo novembre, quando già saremmo in luna calante in Gemelli, e sotto due Archetipi, la Lamed e la Yod, a contrassegnare, rispettivamente, il valore ritrovato della nostra "misura" di ciò che valiamo, di ciò che vogliamo, di ciò che potenzialmente "voliamo" ( scusate il licenzioso, ma energeticamente melodico, gioco di parole), e la potenza creatrice del nostro punto di coesione, di integrità, di snodo.

Il punto di inizio. 

Si riparte da noi, con rinnovate coordinate. 

Lo Scorpione ci accompagna, ancora, nelle acque della Madre, essendo un segno d'acqua. 

Ma sono le acque più intime, viscerali, uterine, che custodiscono tutta la nostra intima verità.

Si scende nel nostro intimo tempio  del raccoglimento, della discesa nel nostro intimo grembo, come Semi.

Come potenzialità.

Come Intento.

Come Silenzio.

Come Vibrazione

La Madre, la terra, la Mem. 

Impastati di acqua e terra, tra Scorpione e Toro, come degli Antichi Vasai sul tornio della vita, su questa ruota del Tempo, di cui Saturno è stato custode in questi due sabati di eclissi, tra novilunio e plenilunio 

Per declinare, anche in Forma, ciò che è la nostra Essenza, ora che abbiamo trovato il nostro baricentro, la nostra verità. 

La nostra misura. 

Misura, che non dipende mai dalla Forma, dal contenitore, ma da ciò che è la nostra centralità, il nostro Yod, il nostro "10", la nostra Essenza monadica. 

Il passaggio di Samhain in Luna calante in Gemelli, ci guida verso il nostro gemellare energetico. 

Non puoi arrivare in cima, se non conosci, se non penetri, i tuoi abissi. 

Perché ogni debolezza, è per controparte naturale, per Frequenza, anche Forza. 

Si diventa il Dio di sé stessi

Il Seme si è consapevolizzato della sua potenza. 

Il Seme che ora scende in raccoglimento, in solitudine, come un Eremita, oltre la coltre fredda della Terra, in questo passaggio "Acqua/Terra", Scorpione/Toro, tra le due eclissi, immersi  nella sublimazione del nostro "Sacri-ficio", del nostro renderci Sacri", pronti al passaggio di germinazione, e in piena Presenza di sé stessi. 

È pronto per essere Seme integro, energia potenziale che irradia calore, vita, conoscenza dalla propria Luce interiore. 

Che non teme le circostanze, il terreno avverso, perché è già Grembo e Seme di per sé.

La dualità è stata bypassata. 

L'Archetipo Tsade' di questo Plenilunio di eclissi lunare, offre questa nuova consapevolezza. 

Non c'è divisione. 

Siamo frattali di Luce e di Ombra, appartenenti ad un Tutto più vasto, che tutto ingloba. 

Lo Scorpione, essendo antipode e complementare al Toro, si incastra perfettamente in quest'ottica di gemellare e speculare, in cui ritrovarsi, confrontarsi e integrarsi, che precede lo Samhain sotto la luna calante in Gemelli. 

Ci si prepara a ritrovare l'altra parte di noi, speculare a quella terrena, concreta, materiale del Toro. 

La parte più misterica, spesso oscura anche a noi stessi. 

Saturno, agendo da "trigger karmico", ci fa viaggiare sulla ruota esperienziale del tempo, che può essere anche reiterazione esperienziale. 

Per imparare a non stare nella dualità dell'azione e reazione, per non subire gli eventi/cose/persone, ma per essere la stessa azione, la stessa risposta che si reintegra nella domanda, a suggellare quell'amico patto con il nostro Gemello interiore. 

Potrebbe anche non piacerci, ciò che troviamo nell'abissale, amniotica, mnemonica, dimensione dello Scorpione. 

La memoria di Noi, potrebbe anche non piacerci. 

Ma è necessario che arrivi a terra, nella dimensione del Toro. 

Che si manifesti. 

Che emerga dirompente come un frattale della nostra verità, della nostra Essenza. 

Ricordiamoci, come ho scritto all'inizio, che siamo sotto l'energia del Sacro Archetipo Tsade', il diciottesimo, con funzione "divisione". 

Una divisione apparente, perché manifesta l'energia del frattale, dell'appartenenza, della non-collisione, ma dell'integrazione. 

Ciò che non riconosciamo, di noi stessi, dell'esterno, può esserci affine, più di quanto apparentemente si possa credere. 

L'Arcano Maggiore XVIII della Luna, enfatizza in modo straordinario questo mondo sotterraneo custodito dallo Scorpione, misterico, lunare, Femmineo, con la sua parte ombrosa, dolorosa, necessaria. 

Perché niente è più vero e pulsante di vita, dello stesso dolore. 

Un dolore che è veicolo di vita. 

Come un parto. 

Archetipo 18, Tsade.

1+ 8 = 9. Nono Archetipo Teth, il grembo, il Femminino, la Gestazione.. Il Creare. 

Nel dolore è tutto amplificato 

L'Arcano Maggiore della Luna, è luce e oscurità. Ci sono due cani, di diverso colore, luce e tenebre, ierofanti Mercuriali delle due dimensioni. 

Pensate al dio Anubi, che custodisce il regno dell'oltretomba, così energeticamente ridondante con le iniziazioni misteriche della dimensione dello Scorpione e dell'intenso passaggio trasmutante dello Samhain. 

Pensate a Cerbero dalle tre teste, che riporta sulla giusta via, sul giusto sentiero, dopo il ciclo di "nascita /morte /rinascita". 

Un cane, simbolicamente, che può essere amico e nemico. 

Come tutto ciò che è custodito nei nostri abissi. Che dobbiamo attraversare 

Cerbero, custode degli inferi, sbrana senza pietà chi tenta di andarsene, ma è amorevole con chi resta, e affronta il suo "inferno". . 

C'è il sole, implementato nella stessa sagoma della luna. 

Il 18 è un "9", se viene sommato. 

La divisione deve diventare integrazione, il 9  della nona sfera, Archetipo Teth, la creazione, il ponte tra cielo e terra, la gestazione. 

L'incontro nella fusione della sessualità, della dimensione terrena del Toro. 

La trasmutazione, che avviene proprio in questa dimensione del "9"

L'iniziazione. 

La prova del "9".

Il numero 6 moltiplicato tre volte, dà, come risultato, un 18, quindi un "9".

Una trasmutazione nella dimensione terrena. 

Da carbonio a diamante. 

Anche stavolta nel Grembo del nostro Femminino, Scorpione, segno d'acqua, e Luna, con Toro, governato da Venere. 

Il riverbero dell'Archetipo Madre, Mem, ancora si fa sentire, dopo averci guidato tra le due eclissi, in preparazione alla discesa del nostro Ade, soli come Eremiti, per risalirne potenziati, rinnovati 

Perché solo chi conosce il proprio buio, può portare in esso la propria luce interiore. 


Tiziana Fenu 

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Maldalchimia.blogspot.com 

Eclissi lunare Plenilunio Toro 28/10/2023







martedì, ottobre 24, 2023

💛Ofiotauro, simbolo del Toro e del Serpente

 

Il toro e il serpente, simboli della nostra Antica Civiltà Sarda.

Abbiamo un bronzetto, il bronzetto di Nule di cui ho già parlato( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/04/bronzetto-di-nule-ofiotauro.html?m=0)
che rappresenta l'Ofiotauro, una creatura dal corpo di toro, e coda e testa di serpente, che rimanda anche ad un binomio presente anche in un pozzo di  Marina di Torregrande (Or), di cui parlo nel link sopracitato( con referenze della fonte) in cui sono presenti, presumibilmente 12 serpenti, e un'evidente rappresentazione di un Toro.
Mitologicamente, l'Ofiotauro fu ucciso dai Titani, quindi Giganti, dopo che riuscirono ad imprigionarlo in una triplice mura circolare, che mi ricorda tanto l'iconografia del simbolismo delle coppelle con tre cerchi concentrici, così presente nella nostra Antica Civiltà Sarda. 
Che sia successo che sia nato prima il nostro Ofiotauro, il nostro bronzetto di Nule, e poi è stato modificato in senso maschilista e patriarcale, visto che la testa serpentina simboleggia il Femminino, declassandolo poi invece, nella coda? 
Secondo me, potrebbe essere andata proprio così.
D'altronde, il Sacro Femminino, di cui Iside, forse è stata la massima rappresentante, è sempre stato rappresentato con elementi che riguardano il toro, il serpente e il sole. 
Le corna taurine, il globo solare tra le corna, l'ureo, il cobra dal collare espanso, come già avevo sottolineato in un mio precedente scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-regalita-dell-ur.html?m=0), esattamente come la testa del nostro bronzetto di Nule, e così come è presente nell'Ofiotauro.
Ma vi è un altro particolare, nel mito greco dell'Ofiotauro, che mi rimanda al Sacro Femminino.
Il nibbio, uccello che, tra gli altri, rappresenta Iside.
Il mito narra che le viscere dell'Ofiotauro, partorito dalla Terra, conferiscono, a chi le brucia, il potere di rovesciare gli dei. 
Lo Stige, avvertito dalle Parche, imprigionò l'Ofiotauro (per impedire che fosse ucciso) in un bosco circondato da un triplice strato di mura. Durante la Titanomachia, il mostruoso ibrido fu ucciso con un'ascia adamantina da Briareo, un gigante con 100 braccia, un alleato dei titani, ma prima che le interiora potessero essere bruciate Zeus inviò gli uccelli a trafugarle. Quello che gliele riportò fu il nibbio: allora, per ricompensarlo del servizio resogli, Zeus lo elevò al cielo trasformandolo nella costellazione dell'Aquila.
Il nibbio, quindi, salva le interiora dell'Ofiotauro. 
Una storia che si ripete, come Iside, il Sacro Femminino, che ricompone il corpo di Osiride. 
Perché solo l'energia del Femminino, che tutto contiene, può ricompattare e rigenerare il tutto. 
Mi sono chiesta più volte, perché il nostro Carnevale Sardo, di cui ho parlato più volte, nella sua profonda  simbologia, venga chiamato "Carrasegare", letteralmente, "carne da tagliare".
Questa definizione è sicuramente un retaggio ancestrale antichissimo, che ritroviamo anche nel mito di Osiride.
Solo Iside può ricompattare i 14 pezzi di Osiride dopo la sua morte.
Il filo conduttore che ricompone questa "carne tagliata a pezzi", metaforicamente, è la nostra Filonzana, inseparabile dai Boes e dai Merdules, che rappresenta quel Sacro Femminino, quel Fanes, portatore di luce, rappresentato proprio dalla simbologia dell'uovo circondato da un serpente, capace di ricompattare e portare luce nell'oscurità, come avevo già approfondito ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/01/sa-filonzana.html?m=0)
Osiride fatto in 14 pezzi, numero lunare, i due cicli dei noviluni e dei pleniluni..
Scomposto nel Femminile, come un frattale.
Perché solo il Femminile può riportare al Tutto.
È Forma che tutto contiene, ed è l'elemento trasmutante in oro.
Il fallo mancante, quello ingoiato, sacrificato, reso sacro per rendere fertile le acque, attraverso l'Ossirinco ( nome molto simile, ad Ossidiana, per eccellenza, la pietra del Sacro Femminino, usata anche dalle janas curandere, come specchio - perché il Femminino vede anche attraverso le tenebre durante le cerimonie ritualistiche e oracolari), viene sostituito dal Fallo d'Oro, dall'Horus gestazionato da Iside.
È il Femminino, la barca solare, a portare l'Horus, il sole, come un grembo, come le corna solari, come le nostre rappresentazioni delle barche solari nelle nostre Domus de Janas a Montessu( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/07/imbarcazioni-egizie-montessu.html?m=0) a Ossi( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/perche-il-nostro-presepe-in-sardegna-lo.html?m=0)
Sacro Archetipo Ebraico Nun, il quattordicesimo, funzione trasformatrice.
La Nun, voglio ricordare, che è  presente nel simbolo della tribù dei Dan, insieme alla Dalet, quarto Archetipo ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/il-simbolo-della-tribu-di-dan.html?m=0), e insieme, formano la Tau, simbolo dei Giudici Divini, di coloro che hanno ricevuto il Sacro crisma divino, il Sigillo divino( infatti, i sigilli di Tzricotu, hanno lo schema del Sacro Albero della vita, delle dieci Sephiroth https://maldalchimia.blogspot.com/2023/03/sephiroth-sarda-e-la-tau.html?m=0).
Sacro ventiduesimo Archetipo Tau, il cui simbolo è la stella a sei punte, che conosciamo bene, quanto sia presente, anche come esagono che la contiene, all'interno della quale c'è proprio un serpente.
È il serpente di bronzo della tredicesima tribù di Israele, quella ribelle, la Tribù dei Dan, il nehustan, il serpente di bronzo, guaritore, di Mosè..
Infatti, anche successivamente, la costellazione dell'Ofiuco, viene associata ad  Asclepio, dio della medicina, e, mitologicamente, si narra che fosse in difficoltà nel riportare in vita, Glauco, il figlio di Minosse e Pasifae, la madre proprio del Minotauro, annegato in una giara colma di miele.
Si avvicina un primo serpente, lungo la bacchetta di Asclepio, che prontamente, lo uccide a bastonate. Arriva un secondo serpente che posa dell'erba sul capo del primo serpente, riportandolo in vita.
Alla loro fuga, Asclepio poté riportare in vita, Glauco, e prendere sotto la sua protezione, proprio il serpente, i due serpenti, diventati poi l'icona del potere guaritore del Caduceo.
Caduceo, che rappresenta le due polarità energetiche opposte, complementari tra loro, che si sanano a vicenda, in sinergia.  Non mi voglio dilungare sul racconto mitologico del Minotauro, ma vedete bene, come, anche nella mitologia, serpente e Toro, sono strettamente collegati.
Un serpente, "nachas", che rappresenta la lettera N nell'antica scrittura acrofonica sarda, e che è presentissimo nella nostra Antica Civiltà.
Lo stesso nome SINIS, come vedete, parola palindroma, come il TENET centrale del quadrato di Sator, che ha il suo antenato nel quadrato del SINIS ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/01/lefod-sacerdotale-dei-giganti-di-monte.html?m=0), ha la sua centralità, "N", proprio nella simbologia del serpente.
Perché la nostra, è l'Antica Tribù del Serpente.
Un serpente, che affonda le radici anche attraverso la prima rappresentazione del Serpente Piumato, a tre anse, in un monolite antichissimo, a Mamoiada ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/10/il-monolite-di-mamoiada.html?m=0), antenato del Serpente Piumato del tempio di Teotihuacan, nel Messico centrale, risalente al 200 a.C.
Un serpente, la cui simbologia si ritrova ovunque, nella nostra Antica Civiltà Sarda, simbolo di nascita/morte/rinascita, vedi il bacile con tre cornici, nelle Domus, nel labirinto, nelle spirali.
Un serpente che indica la continua capacità autorigenerativa del Femminino.
( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/concetto-di-spirale-doppia-e-speculare.html?m=0)
"Spirale uterina  dei due poli energetici Sole/luna, toro/utero, maschile/femminile,  Padre e Madre, l'androgino, il caduceo che sta agendo in pieno movimento  creativo, dinamizzato dalle spirali che si avvolgono internamente verso il centro dell'utero stilizzato  con 3 spire. 
La spirale rappresenta insieme il potere solare e lunare. 
La spirale doppia ritorna verso il suo centro, nell'utero della Sacra Madre a simboleggiare che questo  percorso di rinascita riporta  ad un ritorno al grembo materno, dove morte e vita si fondono in una cosa sola. 
È un  segno grafico primordiale, un movimento al quale si partecipa
Nell'ovulo e nello spermatozoo, ci sono forme spiralizzate, così  come è una spirale anche il  DNA. 
La spirale è la forma ancestrale della vita
E poi, a fine percorso, una spirale singola, più grande delle altre, sempre con 3 elementi concentrici. 
La rinascita è avvenuta.
Il defunto è ritornato nella spirale, nel grembo della Grande Madre. 
[...] Penso alla doppia spirale rossa, rappresentata  nella Domus de Jana di Bonorva, che sottolinea la forza androgina, le corna taurine e la forza uterina, i due poli opposti, maschile e femminile, yin e yang in movimento primordiale dinamico. 
Tutto nelle Domus de janas parla di dinamicità, di divenire, di rigenerazione, di rinascita che prevale sulla morte. 
Molte altre civiltà si creano divinità aliene che instillano l'immortalità negli umani
Gli antichi sardi ci raccontano invece, come creano nelle loro Domus de Janas, il mistero della rinascita, della rigenerazione,  dell'immortalità, in perfetta corrispondenza con ciò che c'era al di fuori delle Domus. 
In corrispondenza con Madre Terra, con i suoi cicli lunari e solari. 
Mentre le altre civiltà  creavano Divinita solari e lunari, impersonate da Semidei con le fattezze umane, i Sardi davano regalità e sacralità alle divinità che scandivano le loro esistenze, il loro cicli i loro raccolti: Padre Sole e Madre Luna"
Lo abbiamo visto anche nel mio ultimo post sul bassorilievo della Domus Sa Pala Larga di  Bonorva( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/10/domus-de-janas-bonorva-sa-pala-larga.html?m=0), in cui Maschile e Femminile sono rappresentati in sinergia, attraverso la simbologia del Toro e del Serpente, che nella nostra civiltà, assumono le valenze di un'energia androgina, in cui l'una, accoglie l'altra.
L'Ofiotauro è una rappresentazione stilistica della costellazione dell'Ofiuco, poiché nel 3500 aC, era ben visibile  nell'area Mediterranea, durante la notte dell'equinozio di primavera, proprio sotto il segno del Toro, che non dimentichiamo, è un segno di terra, di dominio, quindi anche del serpente, governato dal Femminino, da Venere.
Tra l'altro, sappiamo bene che l'equinozio di primavera è legato, astronomicamente ai 7 pianeti allineati, che simboleggiano la via per la rinascita, così bene esemplificati dal nostro labitinti di Benetutti, e dalle spirali a 7 percorsi, così presenti, in Sardegna, come ho sempre spiegato, e ribadito.
Sono particolarmente legata a questa costellazione, più che al Sagittario, visto che nasco proprio sotto il segno dell'Ofiuco.
Questa costellazione è sempre esistita, veniva considerata dagli astrologi babilonesi, grandi osservatori del cielo, e la si trova nelle incisioni lapidee dei Kudurru mesopotamici del XVI sec, le pietre di confine, che abbiamo visto nell'altra mia pagina Sacred Symbologies, che presentano molte costellazioni, tra le quali, il Serpentario, rappresentato tra Sagittario e Scorpione.
Il Serpentario viene rappresentato con due teste, perché rappresenta le due polarità del maschile e del femminile, anche se poi, nel corso dei secoli, è stato rappresentato con una sola testa e una sola coda.
Perché è stato ritenuto scomodo?
Perché come tutto l'impianto ideologico religioso, si deve demonizzare tutto ciò che è equilibrio e autoguarigione. Si deve stare nel peccato, nella colpa, trasferire all'esterno di noi stessi, la dimensione divina. La si deve sradicare e possibilmente demonizzare, per creare idoli e religioni ai quali essere revenzialmente devoti, senza consapevolezza, invece, delle nostre potenzialità.
Gli Antichi babilonesi, non contemplavano, nello zodiaco, né Bilancia, né Scorpione, ma, al loro posto, Aquila e Ofiuco, ritenuti potentissimi, due Archetipi di espansione della coscienza.
Aria, per aquila, acqua per Ofiuco, perché l'Ofiuco è l'Archetipo del Sacro Femminino, della Kundalini, della Lilith che destreggia abilmente le due energie, le due nadi, la Ida e la Pingala, della Kundalini.
Sottolineo come, Aquila, in sardo, venga chiamata  "ae/Ave".
E "ave" fu il saluto adottato dal l'impero romano, in onore dell'imperatore, il cui simbolo era proprio l'aquila.
Un retaggio antico, che simboleggia l'elevazione dell'uomo-Toro", verso il cielo, nobilitato da Zeus stesso, attraverso la costellazione dell'Aquila, in tempo greco-romano. 
In un periodo, cioè che aveva già surclassato e ghettizzato il Sacro Femminino, relegandolo a dei Femminini truci e malevoli, come le Parche, le Moire, Medusa, che pietrifica con lo sguardo, rappresentata con spaventosi serpenti al posto della chioma.
Ma la Medusa, per la nostra Antica tradizione Sarda, corrisponde ad un'immagine ribaltata, rispetto a quella demonizzata dal patriarcato castrante e ghettizzante ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/basilisco-e-il-mito-di-medusa-in.html?m=0)

 " Il padre di Medusa  era Forco, chiamato Urcheddu o Furcheddu, in sardo, Re del  mare come Nettuno, che governava la Terra di Atlantide.

Medusa affronta Perseo nei miti greci e  in essi viene presentata come una Gorgone 
Invece qui, nella mitologia Sarda, è rappresentata come una stupenda regina bellissima che si batte per il suo popolo.
Quindi il mito di Medusa- Gorgone , qui in Sardegna si sviluppa in modo ben diverso da quello Greco, che viene stravolto per valorizzare il mito di Perseo eroe.
Qui in Sardegna si narra che Medusa regnasse i paesi iperborei del  settentrione, come dicono i greci, nell'estremo occidente, ma pare che abbia regnato precisamente (e  la fonte  la ritroviamo nello storico Fara, "de rebus sardi", del 1580), per ben 28 anni, e pare, che le terre iperboree siano  sempre state la Sardegna, e che Tartasso, la terra dei Metalli e delle pietre preziose, fosse la terra sarda di Atlantide.
Una terra sarda atlantidea che ha restituito dignità al mito originario della Dea Serpente, svilita nel corso dei secoli fino  ad essere un'orrenda maschera decapitata, depauperata di tutta la sua potenza e bellezza"
Capite bene, come Sardegna, fosse non facilmente corruttibile anche riguardo certi stereotipi mitologici, sociali, e che abbia delineato una storia a sé, in cui il patriarcato non ha certo trovato terreno fertile di attecchimento.
Ho parlato della simbologia dell'Ofiuco anche nell'altra mia pagina, Sacred Symbologies, che era spesso rappresentato nei Kudurru ( pietre di confine mesopotamiche, il cui nome, sembra tipicamente sardo) - https://maldalchimia.blogspot.com/2022/01/kudurru.html?m=0-.
L'Ofiuco era chiamato anche Serpentario, e, con il serpente a due teste, rappresentava la kundalini, la Shekinah, lo spirito divino incarnato sulla terra, attraverso il Femminino, attraverso la Forma.
Le due teste di serpente, rappresentano le due nadi energetiche della kundalini, la Ida(il Femminile) e la Pingala(il Maschile), intrecciate fino a metà, come nel simbolo mercuriale del Caduceo, simbolo di Asclepio
(...) Un Serpente con una lingua di fuoco.
Acqua e Fuoco, come elementi primordiali della creazione, perché il serpente, l'Ofiuco, è considerato un elemento acqua, il Femminino, come il Sacro Archetipo Ebraico Teth, il nono, che rappresenta il serpente, il grembo, la conoscenza, la kundalini.
La falce di luna al centro, è come una coppa di abbondanza, e rappresenta il quinto giorno di lunazione a partire dalla luna nuova, quindi la luna crescente di abbondanza.
Simbologia che racchiude in sé il concetto taurino/uterino, sempre presente nella nostra Antica Civiltà Sarda, e che rappresenta la sinergia degli opposti."
L'Ofiuco, come simbologia, ha una vibrazione altissima ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/03/8-marzo-2023-e-che-donna-sia.html?m=0), perché è il simbolo del Sacro Femminino, associato anche a Nettuno, Poseidone, alle acque primordiali, ad Atlantide.
La simbologia della spirale, dei cerchi concentrici, sono Memoria.
Sono Mem.
Memoria ancestrale, primordiale del periodo dell'Oro.
Memorie atlantidee.
La Sardegna, in ogni sua rappresentazione, a cerchi concentrici, a labirinti, a spirali, é memoria Atlantidea vivente.
È ritorno a noi stessi.
Il labirinto/spirale uterina, serpentina, in cui l'uomo, l'uomo - bestia, può ritrovare se stesso, può assurgere, da Minus - taurus, a Taurus
A T-Aurus, di cui avevo già delineato il profondo concetto ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/05/su-col-oru-reale-il-nostro-wadjet.html?m=0)
Questo si ricollega anche al discorso della dea Hator, poi identificata con Iside, e l'essere rappresentata con le corna taurine e il disco solare al centro. 
Toro/ Taurus/T'Aurus/Aurus/Oro. 
Il Toro è collegato anche ai piaceri materiali, oltre che con Venere e il chakra della gola. La cerimonia della Tauromachia, che si svolgeva proprio a Creta, dove vi era il Labirinto di Arianna, o, per meglio dire, di Ar-jana, la Jana che custodisce il sole, quindi, simbologia importata dalla Sardegna, con il ballo "della Gru", o per meglio dire, dei Fenicotteri, che riproduce passi e movenze de "su ballu" tundu sardo, era in onore di Nettuno, e Nettuno governa la ghiandola pineale, che controlla anche le ghiandole sessuali, e queste sono collegate alchemicamente all'acqua.
Ad Atlantide il toro era simbolo di come l'iniziato deve controllare gli istinti taurini, attivando la ghiandola pineale. Bisogna fare come ha fatto Nettuno, che ha creato un Toro bianco, da donare a Minosse, che avrebbe dovuto sacrificare, invece di tenerlo per sé.
La Dea Hator rappresenta la parte femminile del Toro, che alchemicamente rappresenta lo spirito divino. Lei lo tiene tra le corna.
Il toro è la forza elettrica che deve essere divinizzata.
Domare il toro.. È rimasto come tradizione nella corrida. Il torero nell'arena tonda è vestito di Oro.
Nei nostri Merdules, che devono domare i Boes, de "Sos Isshuadores", che devono governare i 12 Mamuthones, e può farlo solo il tredicesimo, l'Iniziato, colui che "governa il Serpente".
Un'iconografia che è rimasta nel corso dei secoli, da re Artù, e i Cavalieri della Tavola Rotonda, che ho nominato già in un mio scritto, per la simbologia recondita, al Cristo e i 12 Apostoli..
Un vestito di Oro che un greco è chiamato "a Soma Helakion", il corpo solare dell'uomo solare, come specifica il teosofo Samael Aun Weor. 
Bisogna creare un corpo solare /astrale, un Maestro.
Apollo infatti era adorato dai mandriani, che riuscivano a dominare il toro, di illuminarlo.
Dominare il Minotauro e far emergere il Toro bianco, senza uccidere il Toro.
Ad Atlantide non lo uccidevano, lo domavano.
Ed è esattamente la stessa simbologia del nostro "Carrasegare", del nostro Carnevale Sardo, con la Filonzana che fa da veicolo, da mediatrice, da "tessitrice di vita e di morte", tra Boes e Merdules.
Il potere trasmutativo del Sacro Femminino.
La T della Tau, la croce degli Iniziati, davanti all'Aurus (così si pronuncia Horus) diventa Taurus, e lo si doma tramite la conoscenza, tramite la parola, il potere di capire la vibrazione della parola, il linguaggio dell'universo, come facevano  gli Atlantidei. 
T-aurus. 
Sacrificare, nel senso, rendere sacro, d'oro, con la T della croce degli Iniziati
Tau. Ventiduesimo archetipo ebraico 
Alfa e omega, come era definita la costellazione del Toro..
Alfa e Omega, che abbiamo, come simbologia, sia nelle Domus, che nelle stele di Laconi (https://maldalchimia.blogspot.com/2023/06/domu-de-jana-dei-due-simboli.html?m=0).
Quindi, La sinergia di queste due figure simboliche, Toro e Serpente, estremamente presenti nella nostra Antica Civiltà, è impressionante, ed è stata elaborata stilisticamente, a livello scultoreo, bronzistico, come un Ofiotauro, una sinergia dei due, come simbolo centrale della simbologia della nostra Civiltà.
Il serpente come simbolo del Femminino, il Labirinto, la Spirale, il Wajdet custode dell'Horus, del Bambino solare.
Il Toro, che di per sé, rappresenta la sinergia delle due polarità, in quanto le protomi taurine /uterine, rimandano ad una corrispondenza energetica molto forte.
Le corna, il grembo, la Luna Crescente.
Il Toro, come pianeta è governato dal Femminino, da Venere.
Governa il quinto Chakra della gola, il chakra Vishudda, il creatore della frequenza, del suono, in corrispondenza anatomica ed energetica, con il centro creativo del Femminino
Utero-gutturu( gola in sardo) - uturu
Vishudda( quinto Chakra, creazione del suono, vibrazione) /"udda" ( apparato riproduttivo femminile, creazione della vita, che è frequenza).
L'Ofiotauro è legato al tredicesimo segno zodiacale, l'Ofiuco, tra l'altro, il mio segno astrale di appartenenza.
Il tredicesimo.
Tredicesimo Sacro Archetipo Ebraico Mem, le acque ancestrali. Le Acque Madri.
Le acque amniotiche e mnemoniche della Memoria
La nostra Antica Civiltà ruota intorno al culto delle acque, al culto della Madre, come elemento trasmutante e divinizzante.
L'Ofiuco, anche se il segno zodiacale dell'Ofiuco, non è ufficialmente riconosciuto, era considerata una costellazione importantissima.
"Il Serpentario", colui che domina, che governa il serpente.
Un'immagine molto simbolica, di padronanza del Serpente, e quindi della Sophia, della conoscenza, anche nelle tenebre.
L'interpretazione simbolica della nostra Antica Civiltà Sarda, in ogni sua manifestazione, sia artigianale, scrittorea, architettonica o decorativa, si muove sempre su interpretazioni e correlazioni straordinarie, che fanno da filo conduttore tra le varie civiltà, nello spazio e nel tempo, rendendo sacra e immortale, quella dimensione in cui si è mossa per millenni, lasciandoci un'eredità talmente preziosa, da scoprire, da interpretare, a cui accostarsi con reverenza e sacralità.
Il resto, lasciamolo ai turisti.
Esiste una bellezza puramente estetica, e una Bellezza ontologica.
E a me, interessa quest'ultima.

Tiziana Fenu
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Ofiotauro, simbolo del Toro e del Serpente



💛Goni/Atlantide

 L'imprinting della genealogia Atlantidea  è a Goni, il gone della vita". 

Struttura di Atlantide e struttura a Goni 

Uguali.

Come il labirinto a 7 percorsi a Benetutti. 

Foto di Bibi Pinna.

Abbiamo l'imprinting delle nostre Radici.

Dei nostri geni.


Articoli miei, come sempre

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/goni-il-gone-della-vita.html?m=0


https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/pranu-mutteddu.html?m=0


Tiziana Fenu

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Goni/Atlantide




sabato, ottobre 21, 2023

💛Nuraghi e cimatica

 Da un post di Julie Ryder

https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=6721869244595269&id=100003167799231

"I CERCHI DI PIETRA SONO STATI COSTRUITI CON MODELLI CIMATICI

Tesla disse che il nucleo della terra suona come una campana.  Quel suono produce energia.  I cerchi di pietre venivano condotti secondo schemi cimatici per produrre energia.

La cimatica è lo studio del suono visibile e delle vibrazioni.  "È importante capire che, sebbene il suono sia invisibile, in realtà porta con sé una struttura, sia nell'aria che nell'acqua."  (1)

 La Bussola d'Ambra, un calendario circolare di pietre vicino al Giant's Playground Complex nei Megaliti del Montana, è posizionato su una delle principali linee della griglia energetica terrestre.

Conducendo molte misurazioni elettroniche, sappiamo che i cerchi di pietra sono potenti dispositivi che generano energia. Ogni cerchio è un modello cimatico che rappresenta le sottili frequenze della Terra che salgono dalla superficie in quel punto. I muri di pietra amplificano semplicemente le frequenze attraverso il concentrato  contenuto di quarzo/silice e creano frequenze sonore amplificate in movimento e anomalie magnetiche, che a loro volta creano campi elettromagnetici emanati dalle pareti di pietra.  Michael Tellinger 

 "Gli antichi architetti erano molto intelligenti: sapevano come prendere il flusso costante di sottili frequenze sonore dalla superficie della Terra, come amplificarlo, e trasformarlo in energia utilizzabile per tutti i tipi di bisogni che potevano avere in quel momento.  ."  Michael Tellinger (2)

"Una delle scoperte più affascinanti della cimatica è che le vocali dell'ebraico e del sanscrito, quando intonate, formavano i modelli reali delle lettere stesse! Le lingue moderne non hanno avuto questo effetto. Tutto ciò porta alla speculazione che potrebbe esserci qualche verità  nel concetto di "linguaggio sacro" - una ragione fisica reale per cui la recitazione di mantra e testi sacri può avere proprietà curative reali. Questa ricerca è stata condotta da Hans Jenny nel 1967."  Spirito di Maat.com

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Cimatica....

Come in cielo, così in terra..

Tutto è Energia, suono, vibrazione.

Conformazioni naturali che propagano le vibrazioni..

Ed ecco perché gli Archetipi Ebraici sono così presenti nella nostra Antica Civiltà, perché sono pura energia e vibrazione.. 

Ottave alte... Senza intermediari.. 

Ma di questo, ne avevo già parlato due anni fa

https://maldalchimia.blogspot.com/2021/05/i-nuraghi-riflesso-dellarmonia-musicale.html?m=0

Tratto dal mio scritto


"Io credo che i nuraghi vadano retrodatati.

Si parla dei nuraghi come appartenenti ad un periodo che comincia dal 1800 fino a degradare nell' VIII sec, ma questa è già l'era sotto il domino dell'Ariete, guerriero, che poco si accorda con l'Anima dei Nuraghi e con l'era astrologica del Toro.

Segno, quello del Toro, che esotericamente domina il chakra della gola, quindi del suono.

Suono che nasce come prima manifestazione del Divino, del Verbo che si manifesta, e suono che nasce come intento profondo di cogliere attraverso la vibrazione del suono, attraverso quello che chiamano "il terzo orecchio", l'orecchio divino, la sonorità, la frequenza del Divino attraverso la perfetta organizzazione del cosmo.

Perché, è questo che vedevano gli Antichi, Antichi Sardi compresi.

Dei pianeti e degli astri che seguivano delle traiettorie perfette nel cielo. Parabole circolari sulle quali sorgevano e tramontavano, che sono state tradotte in antica sapienza, in alta metafisica, in precisi calcoli astronomici.

E questa accurata osservazione, ha portato a ricreare artificialmente quella frequenza, quel suono "monocorde" che unisca il cielo e la terra.

Si cercano le vibrazioni, come quelle delle launeddas, dei canti a tenores, di queste pietre alte, che tendono verso il cielo, come i nuraghi, i Menhir. 

L'osservazione delle traiettorie celesti porta ad individuare degli stargate, per la resurrezione dopo la morte, come abbiamo visto dai miei precedenti post, ma anche ad individuare dei percorsi circolari concentrici, di quei sette pianeti che erano visibili, compreso il sole, che era considerato un pianeta, e non una stella.

In questo modo, l'universo astrale, cosmico, appariva come una serie di cerchi concentrici, sette, come il nostro labirinto di Benetutti.

Luce, movimento e musica, sono tutti attributi divini. 

La musica delle sfere è uno stato di coscienza, attraverso il quale l'uomo può accedere, per capire i rapporti armonici che regolano la struttura ordinata  dell'universo. 

Se il suono nasce dal movimento, come elaboro' in "teoria delle sfere musicali e planetarie", Pitagora, é chiaro che da un universo in movimento si possa produrre una certa armonia musicale. 

La musica delle sfere, che in sezione, risultano come cerchi concentrici, come risultano i nuraghi, dei coni come delle sfere concentriche che si restringono verso l'alto. Sulla cui Sommità si celebra il fuoco, il Sole, indispensabile per la realizzazione dell'armonia, perché è la nota centrale che armonizza il cosmo, da una nota all'altra, poiché si credeva che il cosmo fosse una scala musicale dove i suoni più acuti sono assegnati a Saturno e al cielo delle stelle fisse. 

Vi siete mai chiesti perché su Componidori della Sartiglia ha questo nome? 

Perché è un demiurgo  "compositore", che armonizza gli animi degli umani perché ha composto, armonicamente e secondo precisi parametri aritmetici e musicali, il cosmo, come un musicista. 

Ne parla Platone nel Timeo, di questo compositore e armonizzatore delle sette sfere che ritroveremo anche nella concezione dantesca del cosmo, dove Dante ascende al cielo delle stelle Fisse, presso la costellazione dei Gemelli, perché proprio la costellazione dei Gemelli, indica l'androgino, la divinità completata(avete presente le nostre due pavoncelle bifronti davanti all'albero della vita?), l'integrazione, che da accesso a livelli superiori di consapevolezza e conoscenza. 

Sfere planetarie che compongono il paradiso dantesco, e che Dante chiama "cielo di pietra", nonostante la loro composizione eterea, perché è proprio la materia, dotata di moto circolare ed eterno, a giustificare l'esistenza di una musica celeste, determinata, appunto, dal moto perpetuo dei pianeti. 

Un insieme di sfere concentriche, all'interno delle quali si trovava in ognuno un pianeta. 

Pitagora sperimento' queste proporzioni sul Monocorde, calcolo' la distanza dei pianeti dal centro dell'universo, usando le stesse proporzioni musicali trovate nel Monocorde e scopri che erano identiche, con il Sole come nota centrale. 

Il mondo è stato creato con la parola, con la Musica. I mantra sono rimasti a testimonianza di questo. 

Ed è la musica, con le sue Ottave, a sostenere l'universo nella sua marcia del divenire. 

Sette ordini di mondi, sette cosmi, sette note musicali, che uniscono il terreno al Divino. 

Ed è attraverso il tempo cosmico, misurato da questi sette pianeti, che di riflesso, si è creato il tempo umano. 

I nuraghe sono un riflesso di queste sette sfere concentriche celesti, che si riflettono nell'elemento acqua, parte costitutiva dello stesso nuraghe, nur, fuoco e Nun, acqua, simbolo anche della discendenza Atlantidea, di cui la stessa Atlantide svetta su 6 circonferenze concebtriche di acqua e di terra, per riflettere la perfezione divina dei 7 pianeti allineati nell'equinozio di primavera, simbolo di rinascita e di creazione. 

Acqua e Fuoco celebrati e officiati nei nuraghi, come Gemelli divini imprescindibili. 

Tra l'altro, la stessa acqua è veicolo primario delle vibrazioni, ed esprimono anche sulla terra, quel movimento armonico vibrazionale delle sfere celesti. 

Sappiamo bene che l'acqua vibra, reagisce alle vibrazioni. 

In una struttura altamente energetica, come un nuraghe, altamente androgina, è chiaro che fossero presenti entrambi gli elementi, acqua e fuoco, come é in tutta la koine' concettuale e simbolica dei nostri Antichi Padri e Madri, in una civiltà, dove il culto dell'acqua, domina, insieme al culto del Fuoco. 

È la sinergia degli Opposti, che segna, con i suoi cicli, la ruota del tempo, del divenire. 

Anche i nuraghe segnano il tempo, sono anche calendari, con i loro cerchi e meridiani sulle linee equinoziali e solstiziali. 

Una forma perfetta, quella circolare, che esiste, ontologicamente, prima della stessa creazione  del cosmo. 

Sono armonia musicale. Sono il riflesso della stessa struttura primordiale a collina, che è riflesso dell'armonia delle sfere celesti viste in sezione. 

La stessa struttura di Atlantide, il luogo dell'armonia e della perfezione per eccellenza. La città del periodo d'Oro, dove le energie degli opposti erano in equilibrio. E gli Antichi Sardi erano Atlantidei. 

Infatti Su Componidori-Compositore, con "su stoccu", con la lancia, che rappresenta la via Lattea dell'ascensione, cerca di infilzare, come un'asse vivente che tiene in equilibrio il cosmo, una stella a sei punte, simbolo dell'equilibrio e dell'Unione degli opposti. 

Perché compone, come un musicista. 

Armonizza il mondo intorno a lui, si divinizza, unisce per un po', cielo e terra, umano e divino, crea nuove frequenze armoniche di unione e guarigione, di purificazione, visto che è una rappresentazione inserita all'interno del Carnevale. 

Questa è la forma primaria del Nuraghe, la forma della sfere celesti, con le traiettorie dei suoi pianeti, con al centro il Sole, il fuoco, il Nur, che non può che essere anche Nun, stessa radice, acqua e fuoco, perché solo da due polarità gemellari ed opposte, nasce la creazione. 

Circolarità che troviamo presente anche nei pozzi sacri, dove sole e acqua si uniscono. 

Il Nuraghe rappresenta il cosmo intorno al quale, e per mezzo del quale si sviluppa l'armonia musicale delle sfere, per enfatizzare quell'orecchio divino strettamente unito alla consapevolezza"


Tiziana Fenu 

©®Diritti intellettuali riservati 

Maldalchimia.blogspot.com 


Nella terza immagine  il complesso nuragico Sedda ‘e sos Carros di Oliena, molto esemplificativo riguardo il concetto di frequenza, eseguito secondo uno schema cimatico


Nuraghi e cimatica









venerdì, ottobre 20, 2023

💛Concio bipenne/grappa di piombo

 Prendo spunto da un post odierno di prof Sanna ( https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid02ag2R7T6h9y34jjR584aaXqAa2HSNwPpUCBqN6VW72g8MmteHqyfoZeXU7sqJYoKAl&id=1039280542) per esprimere le mie personali considerazioni a riguardo del  concio squadrato rinvenuto nella spiaggia di S'Archittu o di Santa Caterina di Pitinuri, Cuglieri, in provincia di Oristano 

Cito testualmente un'estrapolazione di questo post a riguardo.

"La lettura, per chi conosce l'alfabeto lineare  e il solito modus scribendi  in mix del nuragico è molto facile. Cerchio + toro = Toro della luce. Aggiungendo il 'pronome' He (pronome che sostituisce il nome proprio YH o YHW o YHH o YHWH) che in semitico significa LUI/LEI  si ha   'LUI è Il toro della luce'"

E ancora " '. Da non molto chi ci segue ha potuto comprendere che la formula si trova, ad esempio, nella bipenne di Arbus (custodita nel Museo di Sardara)"

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Le mie considerazioni partono da una contastazione molto logica. 

Una contraddizione in termini.

Visto che si continua a dire che YH/YHW  indica sia "lui" che "lei", io non capisco perché se ne continui ostinatamente a parlare al maschile.

Fallo solare

Toro solare

Toro luminoso

Abbiamo la stessa conformazione nella dea  Madre Turriga ritrovata a Senorbì.

E tra l'altro, in questo petroglifo,  è presente anche un foro.

Un foro vagin*ale?

Di questa Dea Madre, parlai in un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/07/dee-silenziose-link-di-approfondimento.html?m=0) sulle Dee Madri ritrovate in Sardegna, di cui riporto un brano

Ma se questa Dea neolitica, così perfettamente volumetrica come un uovo, che custodisce l'Anima del defunto, fino alla rinascita nella nuova dimensione, è il frutto di un maschile e femminile che si incontrano a creare quell'Uovo rigenerante, quale è il simbolismo di quella bellissima Dea Madre, rappresentativa del periodo successivo, in Sardegna, quello della Dea Madre di Turriga, in marmo bianco, alta 44 cm, ritrovata vicino a Senorbi( Ca), appartenente al IV millennio a. C.( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/06/dea-madre-siciliana-e-dea-madre-sarda.html?m=0)? 

Stilisticamente, è totalmente diversa dalla Dea Madre/Scarabeo. 

È un capolavoro di raffinatezza. Potrebbe essere un' opera moderna. Una creazione scultorea di arte moderna, o di alta oreficeria simbolica

Si, perché il simbolismo, pur se molto personale, lo vedo assolutamente. 

Due Dee completamente diverse

Entrambe Dee Madri , simbolo di vita e rigenerazione, ma in questa ci sono indicazioni in più, nonostante la forma stilizzata e minimalista. 

Cerco sempre l'elemento sinergico maschile, in ogni rappresentazione della civiltà Sarda, perché gli antichi Sardi, li hanno sempre fatti andare di pari passo, in sinergia continua. 

Nei Nuraghi, nell'elemento fallico della struttura accolto dall'Energia di Madre Terra. 

Nelle Domus De Janas, dove le protomi taurine sono ovunque

Delle Tombe dei Giganti, dove il Sole/Toro energizza l'Utero/Taurino della stessa struttura. 

Nei Pozzi Sacri, dove il Sole entra a fecondare l'Acqua. 

Nell'acqua ardente della grappa sarda, su " fil' e ferru". 

Ed ecco che davanti a questa Venere bianca, stupenda, si vedono i simbolismi del maschile e del femminile, sempre insieme, a creare energia positiva. 

La forma consente di tracciare due " V", come ho tracciato sull'immagine, una a contenimento dell'altra. 

Quella più esterna segue esattamente la forma dell'ascia bipenne, la grappa, che la struttura cruciforme rivela. 

Una forma, quella dell' ascia bipenne, che richiama il mascolino, che ha sempre avuto un valore iniziatico, fin dalle antichissime civiltà. 

Uno degli attributi di Zeus

Il Minosse del Labirinto. E infatti a Cnosso, era il simbolo ufficiale della città. 

E dove può stare un maschile, un Minosse, uno Zeus, se non al centro di un labirinto? Dentro lo stesso centro del femminino, che feconda ed espande. E infatti l'ascia bipenne, di cui ho trattato in un mio precedente post, era chiamata " labrys",, con la stessa radice di labirinto

Solo il maschile consente l'espansione e la riproduzione. 

E infatti, sulla forma della Dea Madre di Turriga, si possono tracciare benissimo, seguendo esattamente i profili che indicano questa forma, due V, con il vertice verso il basso, simbolo del femminino, ma " incastrate", come due matrioske, l'una dentro l' altra, ad indicare un ciclo che si ripete, due lunazioni, quindi l'inizio dell'espansione, della riproduttivita', grazie alla presenza dell'elemento iniziatico ed energizzante maschile".


Se ne evince, chiaramente,, che non concordo sull'interpretazione che è stata fatta del petroglifo in questione, definendolo come una rappresentazione, cito testualmente, del "cerchio+ toro", quindi, esclusivamente al maschile. 

Con tutta l'abilità manuale, precisissima, nel fare i cerchi, in ogni dove, nella nostra Antica Civiltà, avrebbero avuto problemi nel fare un cerchio, perfettamente circolare, di pochi centimetri? 

La verità è che non si tratta di un cerchio, ma la rappresentazione di un simbolo, vuoi la bipenne, o vuoi una Dea Madre, come quella di Turriga, stilizzata come una bipenne, che rappresenta benissimo la sinergia delle due polarità creatrici. 

Madre e Padre insieme, come è in tutto il canovaccio simbolico, epigrafico( riporto testualmente "YH o YHW o YHH o YHWH) che in semitico significa LUI/Lei"), concettuale, architettonico e ierofanico della nostra Antica Civiltà. 

Perché si deve, allora, parlare sempre ed esclusivamente del Toro solare, del Mascolino? 

Ho parlato di ierofanie, perché una stupenda ierofania a forma di ascia bipenne, si forma nel Nuraghe Ruju all’alba del solstizio d’inverno, verso cui è orientato l'ingresso. 

Non poteva che manifestarsi durante un solstizio, visto che, ancestralmente, la bipenne, il Sacro Femminino che è custode delle due polarità, la cui H esemplificativa, anche nell'antica scrittura sarda, come una Tanit, in equilibrio tra le due polarità, indica il giusto accordo per accedere a quella dimensione di perfezione divina. 

È sempre stato così.

Le divinità sono sempre state rappresentate così, con una conformazione ad H, a Tanit, ad ascia bipenne, a T.. Come la Tau, che esplica il Sigillo divino degli iniziati, di cui anche i nostri Giganti di Mont'e Prama e le nostre Dee Madri di Cuccuru S'arriu, portano il crisma, nel setto nasale e sopraciliare a T. 

Ho approfondito a riguardo in un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/riflettevo-ancora-sul-nome-della.html?m=0) 

Ascia bipenne. 

Ascia 

Cascia. 

Sa Cascia. 

La tipica cassapanca sarda, riproduzione della più antica Arca dell'Alleanza, custodita, anche questa, dalle due polarità angeliche, che creavano un corto circuito energetico con le ali. 

Ascia bipenne, ritrovata anche nel Santuario di Santa Vittoria di Serri. 

Un'ascia bipenne estremamente simbolica( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/02/ascia-bipenne.html?m=0), che indica i due principi creativi, e, traslati, a livello astrale, indica le inclinazioni massime e minime dei solstizi, con la sua conformazione ad X, con il fattore equinoziale, al centro, perché c'è sempre un riferimento alla dimensione astrale. 

E, custode dei solstizi, è proprio il Femminino, da sempre, come ho approfondito nel mio scritto sulla dea Ecate ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/06/dea-ecate-solstiziale.html?m=0). 

Come il pozzo Sacro di Santa Cristina, un sublime esempio di perfezione, edificato con perfetta armonizzazione tra solstizi ed equinozi, in modo, che da Tanit architettonica quale è, enfatizzasse l'aspetto creativo, generativo, divinizzante e trasmutante di questi passaggi astrali. 

Le stesse grappe di ancoraggio tra i massi, ritrovate nel Santuario di Santa Vittoria di Serri, hanno un alto valore simbolico, decorativo e strutturale, che riportano al Femminino, custode delle due polarità opposte. 

Ci sono antiche rappresentazioni della Dea Madre Tanit, con due Labrys, due asce bipenni, tenute ognuna in una mano. 

La Suprema divinità creatrice è ANDROGINA, lo indicano le stesse lettere /Archetipi, usati per formare il trigramma e il tetragramma, come ho già spiegato.

YHW 

Yod, decimo Sacro Archetipo Ebraico, con funzione "concentrazione", principio creatore maschile, che il tutto contiene, quindi androgino. 

Una He', quinto Sacro Archetipo, con funzione "vita", principio creativo femminile, così importante, da essere ripetuto due volte, nel tetragramma divino YHWH 

E una Vav, sesto Archetipo, il "gancio", che funge, appunto, da aggancio tra i due, e che esemplifica la sinergia degli Opposti. 

Quindi, è chiaro, che il riferimento è ad entrambe le energie, maschile e femminile insieme. 

Il patriarcato in Sardegna, nella nostra Antica Civiltà, non ha mai trovato terreno fertile. 

La Carta de Logu di Eleonora d'Arborea è rimasta in vigore 5 secoli. 

Mi auspico si faccia un passo indietro, e si cominci a chiamare le cose con il loro nome. 

Civiltà matriarcale, con il culto delle acque( voglio sottolineare che antichi riti dell'acqua si facevano con delle labrys simboliche in processione, guidate da donne), ma guidata, espressa, magnificata, sublimata, in ogni sua minima espressione, dalla sinergia degli Opposti, tangibile ovunque, come simbolo di creazione immanente e continua, immortale. 


Tiziana Fenu 

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