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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

mercoledì, giugno 23, 2021

💛Arca Noè rotonda

 Se pensiamo che in  una tavoletta trovata a Babilonia, ci sono scritte le misure dell'Arca di Atrahasis, che potrebbe essere la stessa storia dell'Arca di Noè. La differenza è solo che qui, la barca di  Atrahasis era rotonda. Questa tavoletta risale approssimativamente all'anno 1750 aC.  L'eroe è Atrahasis, il Noè di Babilonia che ha salvato la sua famiglia e le coppie di animali. Sorprendentemente, le dimensioni dell'arca sono molto simili a quelle dell'Arca di Noè , solo che è circolare..

Circolare come i Nuraghi? 


I pronipoti di Noè Una bimba di nome Sardana

Pare che alcuni sposini, qui in Sardegna, abbiano chiamato Sardana una loro figlia, in onore ai Shardana, uno fra i più intraprendenti “popoli del mare”, vissuti nell’India occidentale intorno al 1410-1372 a.C.

Chiamarsi Sardana potrebbe voler dire, in un tempo come il nostro che richiede una “vivacità” di pensiero e di azione, essere una persona che al bisogno saprà non tanto menar le mani quanto, almeno, sgomitare. Insomma una carta in più da giocare.

Anche perché pare che questi Shardana, come il nome stesso sembrerebbe testimoniare, fossero originari della Sardegna. E la legge della discendenza, anche lontanissima, certe tracce le lascia sempre, anche dopo una bella manciata di millenni. Intanto, una discendenza di tutto rispetto a questi popoli bisognerebbe riconoscerla.

È la Bibbia stessa a tracciarla: Iafet, figlio di Noè, ebbe tra gli altri figli, anche Iavan dal cui ramo discendono gli indoeuropei (area mediterranea); dal ramo di Sem, fratello di Iafet, discendono invece i semiti, arabi ed ebrei. Da costoro, secondo la Bibbia deriverebbero le nazioni disperse per le isole nei loro territori.

Sappiamo quindi che i “popoli del mare” erano indoeuropei; e che erano abituati a muoversi e ad affrontare lunghi viaggi per terra e per mare, tra genti e climi diversi.

Non per niente partirono dall’India centrale e meridionale per arrivare all’alto nord, l’attuale Russia meridionale, e scendere poi fino al mare Mediterraneo. Pensare che a distanza così remota si possano individuare con esattezza luoghi e popoli, affidandosi a ipotesi suggestive nelle quali giocano un ruolo importante immaginazione e sete di scoperta, è rischioso e difficile.

Neppure sulla denominazione di questi popoli “biblici” gli studiosi si trovano d’accordo. Un’elencazione credibile potrebbe essere questa: Akauas (Achei); Tursa (Etruschi?); Luka (Lici); Shardana (Lidi); Sahalas (Siculi); Puluseta (Filistei); Danuna (Danai). “I popoli del mare”, “le popolazioni delle isole”: definizioni che hanno un fascino particolare.

Verrebbe voglia di apparentarli anche con i “popoli delle steppe”, le “genti scito-saka”, gli “antichi nomadi”, presenti nelle steppe eurasiatiche, tra il Danubio e le frontiere cinesi, già dal XVIII secolo a.C.

Fonti importanti (principalmente Erodoto) li descrivono come abili arcieri equestri, minaccia costante e rovinosa per i “sedentari”, costruttori dei Kurgan, monumenti sepolcrali (importante quello di Arzan, nella regione di Tuva) e inventori dell’arte e della scrittura a rappresentazione zoomorfica.

E li individuano tra le falangi della guerra di Troia, compresi e integrati perfettamente nell’esercito greco (come del resto sembrano integrati, secondo le trascrizioni degli studiosi dei testi in geroglifico e delle iscrizioni cuneiformi, anche nelle falangi egiziane): combattenti a fianco degli Achei e i Danai (dei cui capi, e «dopo lor, molta plebe», Ettore fa strage nel Libro decimoprimo dell’Iliade)1.

Per i redattori del Piccolo dizionario biblico, “popoli del mare” è una «denominazione comune per indicare diverse tribù indoeuropee, le quali premono sulla Siria, la Palestina e l’Egitto, spostandosi per mare e per terra, in relazione con il movimento delle popolazioni illirico-doriche»2. Sta in rapporto con la loro apparizione la distruzione di Troia, dei palazzi di Creta e la caduta del regno degli Hittiti. Un gruppo di “popoli del mare” opera come milizia mercenaria già sotto il faraone egiziano Amenofi III (1410-1372 a.C.) e più tardi agli ordini di Ramesse II (1301-1234 a.C.).

Il tentativo di un’occupazione armata dell’Egitto viene mandato a monte da Ramesse III (1197-1164 a.C.). Una parte di questi aggressori, i Peleser (Filistei), si insedia nelle pianure di Canaan.

Sarebbero proprio i Shardana, provenienti dalla Lidia, a immigrare in grande numero in Sardegna (alcuni studiosi vedono in questo afflusso non un viaggio primario ma un ritorno, una rimpatriata nella terra madre), sovrapponendosi alle popolazioni indigene primitive chiamate genericamente cavernicoli e capannicoli, evidentemente a seconda delle loro abitazioni. Quest’arrivo dei Shardana nell’isola è datato da alcuni studiosi al XIV secolo a.C.

Si sarebbero fermati lungo le coste; e, secondo lo storico Raimondo Carta Raspi (1893-1965), uno dei più autorevoli interpreti della cultura “sardista”, vi avrebbero costruito delle città-stato sul modello di altre conosciute nelle varie regioni che essi avevano attraversato nella loro vita errabonda. L’ipotesi non sembra verosimile almeno per tre ragioni: la prima è che pare assodato storicamente che non esistano lungo le coste sarde città antiche che non siano state fondate dai Fenici e dopo di loro dai Punici; in secondo luogo, non esistono tracce di questo popolo (anche se certi scritti recenti citano ritrovamenti di ancore e altro riferibili a popoli diversi dai Fenici e dai Punici, rimandando perciò troppo rapidamente ai Shardana); infine è azzardato attribuire loro le tante e spesso favoleggiate devastazioni perché, in ogni caso, non c’è (e non ci sarebbe) possibilità di distinguerle da quelle che per secoli, e fino al dominio romano, si sono abbattute sulla Sardegna.

Allo stesso modo sembrano azzardate le ipotesi di alcuni studiosi ricordate da Sergio Frau nel libro-inchiesta Le Colonne d’Ercole che l’origine sarda dei Sardana sia più probabile «di quella vicino-orientale e anatolica». Che poi la figura fisica dei Shardana, l’armamento e il modo di vestire ricordino, nelle figurazioni egiziane, quelli dei Sardi nuragici così come rappresentati nei bronzetti, non basta a dimostrare che i Shardana e i costruttori di nuraghi fossero lo stesso popolo. Quel che ci si può augurare è che l’enigma dei “popoli del mare”, dei Sardana, degli uomini che hanno abitato per primi la Sardegna, dei rapporti e delle “parentele” che essi hanno stabilito con gli altri “conterranei” vissuti dentro

e ai bordi del Mediterraneo, venga interrogato, se non spiegato, dalle nuove risorse garantite dagli scavi e dagli studi in atto di specialisti “istituzionali”. 1. Omero, Iliade, Newton Compton, Roma 2008, Libro decimoprimo, v. 408. 2. Piccolo dizionario biblico, a cura di A. Minissale, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1988, pp. 89-141.


Tratto da "La Sardegna dei misteri" di Franco Fresi


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Arca Noè rotonda


 


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