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sabato, marzo 05, 2022

💚Orecchini testa taurina

 "Oltre ai comuni orecchini ad anello con teste di leone, gli artigiani greci hanno sviluppato una grande varietà di orecchini. Le versioni semplici abbinano un disco a pendenti a forma piramidale oa vaso; orecchini più elaborati presentano pendenti figurati con animali, creature ibride come sfingi e sirene, o figurine di Eros, quest'ultimo motivo molto popolare. Questo affascinante paio di orecchini è composto da teste di bovini che sporgono da perline biconiche appese a semplici passanti. Le teste degli animali sono realizzate a sbalzo con dettagli incisi e cesellati, mentre la perlina è decorata a granulazione fine. I tori erano simboli di fertilità e potere sacro a Zeus, mentre le mucche erano sacre ad Era, moglie di Zeus e protettrice del matrimonio.

V secolo a.C. (tardo arcaico-classico)

Esposti al Walter Museum di Baltimora, negli Stati Uniti"


Questo dice la didascalia. 

Ma è risaputo che la lavorazione a granulato o a pulviscolo, è un granulato tipico della nostra Civiltà Sarda, rimasto caratteristico e identificativo fino ai giorni nostri. 

Da un mio post sulla lavorazione a "pibiones"

(https://maldalchimia.blogspot.com/2020/10/i-motivi-pibiones-nella-cultura-sarda.html?m=0) 

"... lavorazione tipica dei manufatti orafi e tessili della Sardegna, chiamata lavorazione "a pibiones". Che tradotto  indica i piccoli acini di uva, in piccoli granuli, affiancati tra di loro. Lavorazione che ritroviamo nell'oreficeria come nei manufatti artigianali di tessitura, quali tappeti in particolare, e copriletti. A prima vista sembrerebbe, soprattutto per quel che riguarda l'oreficeria, la tipica lavorazione a granulazione tipica dell'oreficeria etrusca, a sua volta importata dalle vicino Medio Oriente. Tecnica della granulazione che originariamente risale al 2500 a.C., con ritrovamenti di manufatti a granulazione le tombe di Ur( Ur-Nur- I nuragici della città sumera di Ur?)in Mesopotamia, mista a tecniche di filigrana.

La tecnica della granulazione, che in Sardegna sarebbe arrivata grazie ai contatti con gli etruschi nel VIII secolo a.C., tecnica poi abbandonata dagli stessi dal V. sec. in poi. 

Gli Etruschi amavano ostentare la loro supremazia aristocratica anche e soprattutto attraverso questi manufatti dell'oreficeria. 

Gli orafi arrivarono da paesi orientali, dove erano bravissimi nell'arte orafa. 

Ma  Mario Pincherle ha smentito, con degli studi accurati, l'effettiva paternità della tecnica a granulazione, attribuita agli Etruschi. 

Mario Pincherle è uno scrittore noto soprattutto per le sue indagini paleotecnologiche in materia di archeologia misteriosa. 

Grande conoscitore di lingue antiche,  ha anche tradotto molti testi antichi, tra cui gli apocrifi Il Vangelo di Tommaso e Il libro di Enoch, entrambi tradotti dall'aramaico.

Una frase del libro di Osiride, il "PER-EM-RA", e un' attenta indagine storica, hanno premesso  a Pincherle di svelare il mistero di questa antica e raffinata tecnica, realizzando lui stesso, dei gioielli con  microsfere di oro perfette, con l'antico metodo di "caduta della torre", così lo chiama nel suo libro "L'oro granulato", utilizzando come ingredienti soltanto Oro, incenso e  colla di mirra( la colla arabica). 

Le microsfere d'oro vengono provvisoriamente applicate al gioiello con la mirra, subito dopo il gioiello viene parzialmente fuso dentro uno stampo di incenso che resiste ad altissime temperature, e una volta raffreddato il gioiello, rinasce dalle ceneri di incenso proprio come l'araba Fenice.

Questa tecnica scomparve del tutto nel periodo della Grecia classica e non se ne parlò più(certo che scomparve, era una tecnica che avevano "adottato". Non aveva nessun valore identitario per loro)

Tecnica nata in Mesopotamia nel 3000 a.C., si dice, ma si è attestato, dagli studi dell'archeologo, che gli Etruschi non erano assolutamente in grado di riprodurre l'oro granulato, ma che lo rubavano o strappavano ai popoli vinti. 

I gioielli infatti appartenevano all'epoca di Saragon di Accadia, il re dei 100 nomi e alla civiltà minoica, e di furto in furto sono arrivati fino a noi, chiamandoli, erroneamente " ori granulati etruschi", mentre invece risalgono ad un' epoca che precede di 3000 anni il sorgere della civiltà etrusca. 

Non paternità etrusca, comprovata anche dalla prova al carbonio c14,  ristabilendo agli Ausoni, gli Antichi Italici del Lazio centrale nell'età del Ferro, la paternalita della  civiltà  che sorse nella nostra penisola, molto prima che i popoli indoeuropei vi giungessero, a dimostrare che

gli ori granulati, precedono di 3000 anni il sorgere della civiltà etrusca, smascherando così anche il falso storico della fibula del Louvre, l'unico gioiello etrusco in oro granulato che pareva fosse la prova della fattezze di questi gioielli. 

E mia sembra anche strano, che il metodo di Pincherle sia stato chiamato il metodo della torre. 

Quale torre? Forse una torre nuragica? In Egitto non ci sono torri. 

Perché una tecnica che è sparita dal resto del mondo, sopravvive fino ai giorni nostri, diventando la tecnica, insieme alla filigrana, che contraddistingue i nostri gioielli, le nostre "prendas", raggiungendo livelli altissimi di raffinatezza, difficilmente emulabili, con granuli talmente piccoli da richiedere una tecnica che si sia affinata da secoli e da millenni? 

Inoltre,  è stato attestato che questa tecnica nasce sotto l' impero di Saragon o Sargon di Accadia( Sargon/Saragon, sempre la radice Sar-, come Sardegna), che era il re dell' impero accadico dal 2335 a. C., fino al 2279 a. C., fondatore della dinastia Akkad, primo re della storia e  creatore di un vero e proprio impero su vasto territorio. Quella civiltà si chiamò Sumer, perché gradualmente il Sud sumerico fu conquistato dagli Accadi, ed essi costituirono un impero che andava dalla Mesopotamia all’Anatolia centrale all’odierna Siria. Oggi si designa come «accadico» il ramo orientale del gruppo linguistico semitico, lo stesso dei Sardi. 

Superfluo sottolineare che i Sumeri potrebbero essere identificati con gli stessi Sardi. 

Abbiamo una Ziggurat, l'altare di Monte d'Accodi, vicino a Sassari, risalente al 5.000 a. C.(a cui ho dedicato un post), nome molto simile ad "accadico"( Ercole Contu, uno dei padri dell'archeologia Sarda, portò alla luce, negli anni 50,  proprio da questa piattaforma, circa 6000 oggetti, che dato' tra il 4000 e il 3200 a. C.) 

[...] Sardanapalo, ultimo re assiro, ha un nome molto sardo. 

Nomi di città con la radice in "Sard-" se ne trovano in tutto il bacino mediterraneo, e oltre. 

L'Etruria era ricca di metalli ma non aveva giacimenti auriferi. 

In Sardegna vi erano per lo più giacimenti di argento o di altri metalli come lo stagno, infatti era chiamata, in periodo accadico,  Anaku, "terra dello stagno" ( stessa iniziale di Atlantide..). 

Era la terra dei metalli, probabilmente la stessa Tartessis/Tartesso, diversamente dall'ambito etrusco.

La Tartesso città mitica dei metalli, poteva benissimo avere il suo nucleo a Tharros. Hanno quasi lo stesso nome. 

Le sue mura risalgono a oltre 3000 anni fa, e difronte ad esse si trovava la foce del Tirso, e scritta con l'acronimo( i Sardi non usavano le vocali in scrittura), risulta TRSS, lo stesso nome di Tartesso

Nome che si trova anche sulla stele di Nora( lapide commemorativa in onore del Tempio di Tharros, offerta dagli abitanti di Nora, fondata dagli abitanti di Tharros), nella prima riga "T(a) RSH(i)S". 

Tartesso, la terra dei metalli, era la Sardegna, ricca di argento, soprattutto, insieme a rame e bronzo, e ossidiana, naturalmente, commercializzata fin da tempi lontanissimi, almeno 8. 000 a.C. 

È chiara quindi, la facilità, con la quale, la lavorazione "a pibiones", si sia potuta sviluppare qui in Sardegna, rappresentativa, della simbologia degli acini di uva, a differenza della civiltà etrusca, che non vantava né di giacimenti di argento o di oro( ne aveva anche la Sardegna, specialmente nella zona di Furtei), né di  una vasta produzione e lavorazione dell'uva. 

Dove invece, la produzione a  pibiones si svolge in modo diverso, arrivando fino ai nostri giorni e diventando il tratto distintivo dei nostri manufatti orafi e artigianali.

[...] Si creano  dei  piccoli "pibioni" , dei piccoli acini d'uva, emulando i pippiolini a cui appeso è ancorato l'acino d'uva. 

È una sorta  di asola, nella riproduzione al telaio, non è una semisfera decorativa, che potrebbe sembrare un' emulazione della goccia d'acqua, ma è proprio un pibione in rilievo, che riproduce il pipiolino sottile con il suo  Acino di uva. 

La vite è molto rappresentata nei manufatti sardi, con i suoi tralci, i suoi cirri e le sue foglie. 

I cirri sono chiamati anche viticci, e sono le parti più tenere della pianta, quelle a spirale che si avvolgo a dei sostegni, e che permettono alle piante di sollevarsi, in cerca di migliori condizioni, soprattutto in di luce, e infatti la vite è la pianta che più cerca la luce del sole. Esistono degli orecchini stupendi, tipici dell' oreficeria sarda chiamati gli orecchini a grappolo, che rappresentano un grappolo d' uva, con le foglie d'oro o d' argento, e gli acini spesso in corallo rosso, frutto di una maestria eccelsa nel crearli, e simbolo beneaugurante di fertilità. 

La vite, insieme al pane, è sempre stato considerato un elemento sacro. 

Vino come ebrezza, come nutrimento come, sangue, come fertilità, come immortalità. 

Bacco il dio del vino, rimanda al nostro Bachis, Bachisio sardo, cognome e nome molto diffuso in Sardegna. 

Nel bronzetto nuragico itifallico di Ittiri, in provincia di Sassari, è rappresentato un individuo con fallo eretto, che suona il doppio flauto, come le launeddas, figura che richiama i Satiri, chiamati anche Sileni, che facevano parte del mondo di dionisiaco. 

Vi è anche un paese, in Sardegna, chiamato Silene di Ploaghe".


Quindi, non credo proprio che si tratti di orecchini "greci", ma appartenenti alla nostra civiltà sarda. È presente anche l'elemento triadico, triangolare, ripetuto, e sappiamo bene che qui in Sardegna è una chiave di lettura per il concetto di "nascita/morte/rinascita".

E il toro? Simbolo che si trova ovunque, nella nostra civiltà. Domus de Janas, Tombe dei Giganti, nelle quali si manifesta in quella doppia e complementare concettualita' del "taurino/uterino", funzionale alla simbologia della rinascita dopo la morte.

Nei nuraghi, dove le ierofanie manifestano il torello solare. Nei pozzi sacri, dove la divinità solare taurina, ingravida e purifica l'acqua.

Un manufatto stupendo.

Sardissimo, naturalmente. 


Tiziana Fenu

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