In questo complesso(Su Crucifissu Mannu, situata nella piana della Nurra, lungo la strada che collega Sassari a Porto Torres), scavato in un banco di rocce calcaree che comprende circa ventidue sepolcri e che sembra risalire a un periodo compreso tra il iv e il iii millennio a.C., sono stati rinvenuti dei reperti molto importanti, che ci danno una chiara indicazione di quanto fosse evoluto il popolo che al tempo abitava la Sardegna.
Nelle tombe i e xvi dell’edificio erano sepolti due scheletri con il cranio trapanato: inequivocabile testimonianza di antichi riti, officiati si pensa da sciamani, guaritori, stregoni o sacerdotesse, che mescolavano le arti magiche con una sorprendente conoscenza anatomica e chirurgica.
Come hanno accertato gli studiosi, infatti, simili trapanazioni avvenivano su pazienti vivi, per ragioni terapeutiche sconosciute ma facilmente ipotizzabili: attacchi epilettici, emicranie, tumori o ematomi.
Manifestazioni fisiche di qualcosa di oscuro che doveva essere curato tramite rituali esoterici ed esorcismi volti a liberare il corpo posseduto dagli spiriti maligni.
Tali riti, probabilmente, si tramandavano di generazione in generazione, dallo sciamano padre al proprio figlio o dalla sacerdotessa alla propria discepola. I crani rinvenuti nella necropoli di Su Crucifissu Mannu presentano entrambi due trapanazioni. Quello della tomba i mostra segni di cicatrizzazione soltanto in uno dei fori, questo significa che il paziente sarebbe sopravvissuto al primo intervento, ma non al secondo eseguito circa un anno dopo. Quello della tomba xvi, invece, presenta segni di cicatrizzazione in entrambi i fori.
Il paziente sarebbe quindi sopravvissuto a entrambi gli interventi subiti
Come il foro fosse praticato è difficile da determinare con certezza, si pensa tuttavia che il guaritore-chirurgo scarnificasse con una pietra ruvida la parte di cute interessata e, in seguito, erodesse l’osso fino a raggiungere la materia cerebrale. In altri casi, invece, veniva asportata una rondella d’osso cranico, presumibilmente con strumenti in ossidiana (o in bronzo in epoche più recenti), che in seguito all’intervento veniva risaldata.
Ciò è dimostrato dal ritrovamento di uno scheletro femminile nella valle di Lanaittu, nel territorio di Dorgali. La donna, ribattezzata Sisaia – nome che indicherebbe il suo essere un’antichissima antenata dei sardi (Bisaia, in sardo, significa “bisnonna”) –, era stata sepolta in una grotta, su un letto di frasche, insieme ad alcuni oggetti di uso quotidiano, pochi ma tipici del corredo funebre femminile. Analizzando il cranio di Sisaia, si è scoperto il rinnesto di una rondella d’osso precedentemente asportata dalla calotta cranica.
Un’operazione perfettamente riuscita, le cui cause ci sono ignote, ma alla quale la paziente sarebbe sopravvissuta. Sembra sorprendente, eppure è stato ritrovato perfino il cranio di un individuo sopravvissuto a ben tre trapanazioni, e deceduto nel corso della quarta, in quanto solo quest’ultima non presentava la formazione del callo osseo di cicatrizzazione.
Davvero impressionante se si pensa agli scarsi strumenti con cui queste operazioni venivano eseguite. La pratica, peraltro, pare fosse largamente diffusa in Sardegna. Se ne ha testimonianza in vari reperti ossei provenienti da grotte o da Domus de Janas di diverse zone dell’isola: un cranio trapanato è stato rinvenuto a Siddi, nella Domus de Janas di Scaba ’e Arriu, risalente a un periodo compreso tra Neolitico ed Età del rame, un altro a Taulera, nel territorio di Alghero, un altro ancora, ma di epoca nuragica, nella Grutta de is Bittulleris, a Seulo.
Tutte testimonianze dell’esistenza di stregoni o di sacerdotesse, operanti già nelle culture prenuragiche, che avevano grandi conoscenze in campo medico e anatomico, dal momento che non solo riuscivano a tagliare, estrarre e reimpiantare rondelle ossee, ma come abili chirurghi riuscivano a non recidere i vasi sanguigni o altre delicate parti del cranio, intervenendo sulla materia cerebrale senza causare – almeno in molti casi, come appurato – la morte del paziente. Una prova, insomma, di come questo popolo fosse progredito non solo “scientificamente”, ma anche spiritualmente, come dimostrano proprio le Domus de Janas, mausolei legati a riti complessi e quasi religiosi, seppur primitivi e fortemente influenzati da elementi magici.
Tratto da: Gianmichele Lisai "Sardegna esoterica Il volto misterico di un'isola" Newton Compton Editori
Vorrei sottolineare che il "lapis niger" è un elemento tipico del Sacro Femminino
Iside siede su un cubo nero.
La Dea Cibele e rappresentata da una pietra nera ( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/03/dea-cibele-ed-equinozio-di-primavera.html?m=0)
Sono le dee della Ruota del Tempo.
Dei cicli.
Sono il Sole Nero dietro il Sole, le Matrici Archetipali, Cronos
Le Dee Madri che scandivano i cicli precessionali dell'umanità ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/le-tre-dee-madri-cosmiche-sarde-della.html?m=0)
Riporto un mio approfondimento riguardo la trapanazione terapeutica in Sardegna
https://maldalchimia.blogspot.com/2020/04/in-questo-periodo-in-cui-la-malattia.html?m=0
Maldalchimia.blogspot.com
Nell'immagine, lo scheletro di Sisaia, rinvenuto a Dorgali ( Nuoro)
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