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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

domenica, dicembre 14, 2025

💛Pozzi Sacri sardi/Shiva Lingam

 Lo Shiva Lingam induista e i pozzi sacri in Sardegna. 

Due culture che sono geograficamente e storicamente distanti, ma che, come ho evidenziato in altri miei scritti, esistono interessanti parallelismi antropologici, simbolici e concettuali, attraverso i quali si intrecciano storia delle religioni, archeologia e architettura.

Sicuramente, culture apparentemente diverse tra loro, sviluppano simboli simili per concetti universali come la vita e la sacralità dell'acqua, pur mantenendo identità uniche. 

Tra lo Shiva Lingam dell'induismo e i pozzi sacri della Sardegna nuragica (come il famoso Pozzo di Santa Cristina, di cui ho approfondito svariate volte) esistono alcune affinità formali e concettuali sorprendenti, ma anche differenze profonde dovute a contesti culturali e religiosi completamente distinti.

Le affinità e i parallelismi si basano sul fatto che la forma architettonica fondamentale, che le mette in correlazione è il foro verticale che conduce all'acqua, alla sorgente. 

Nella struttura dei pozzi sardi, la verticalita' mascolina, costruita con pietre a secco, scende fino alla dimensione ipogeica, sotterranea, del grembo amniotico, fino a raggiungere la falda acquifera. 

La tholos di copertura, dove presente, consente, con l'apertura circolare sulla sommità, l'irradiarsi dell'energia solare, fecondante, mascolina. 

Nello Shiva Lingam abbiamo forse una rappresentazione architettonica  più complessa, ma il concetto di "fecondazione", è lo stesso.

Il Lingam, elemento Mascolino, è spesso posizionato al di sopra di un Yoni (l'elemento femminile, simboleggiante l'utero/la fonte delle acque). 

Quando lo Shiva Lingam si trova all'interno di un tempio, un condotto sotterraneo, sotto il pavimento, collega il Lingam ad una sorgente d'acqua sotterranea. 

In alcuni templi famosi, il Lingam è effettivamente associato a una sorgente o a un pozzo d'acqua perenne.

In entrambi i contesti, il simbolismo dell'acqua è presente come elemento sacro e rigenerativo, e se l'acqua nei pozzi sacri è chiaramente un elemento di culto, legato a divinità femminili (come la Dea Madre), alla fertilità, alla purificazione e al ciclo vita-morte-rinascita, in cui i pozzi erano probabilmente al centro di rituali legati ai cicli astronomici (equinozi, solstizi), in India, il Lingam, unito allo Yoni, rappresenta l'unione cosmica degli opposti (maschile/femminile, Purusha/Prakriti) da cui scaturisce tutta la creazione. 

Una forma di ierogamia, di sinergia degli Opposti, che, come ho scritto tante volte, è estremamente presente nella nostra Antica Civiltà Sarda. 

L'acqua, nel culto dello Shiva Lingam, viene versata ritualmente ( in una ritualistica chiamata abhisheka) sulla pietra, simbolo della discesa dell'energia divina, della purificazione e del nutrimento della vita.

E per quanto riguarda l'allineamento astronomico, sappiamo bene che i nostri pozzi sacri, come il Pozzo di Santa Cristina, sono costruiti con una precisione straordinaria per far sì che, in determinati giorni dell'anno (come gli equinozi), la luce della luna piena o del sole si rifletta perfettamente sull'acqua attraverso l'apertura superiore. Questo crea un potente effetto simbolico di unione tra cielo, architettura e acqua sotterranea. 

L'ombra capovolta che si manifesta nella tholos del pozzo di Santa Cristina proprio per gli equinozi ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/ombra-capovolta-santa-cristina.html?m=0

Versione aggiornata https://maldalchimia.blogspot.com/2025/09/equinozio-autunno-ombra-capovolta.html?m=0) è la manifestazione visibile di questa dimensione di nascita/rinascita simbolica. 

Anche molti templi indù sono costruiti con allineamenti astronomici precisi. 

L'idea della luce che illumina il sancta sanctorum (dove risiede il Lingam) in momenti specifici è importante. 

Questo aspetto può apparentemente non sembrare un parallelismo diretto con il meccanismo sardo, ma l'intenzione simbolica di collegare il divino/la divinità (rappresentata dalla luce celeste) con l'elemento sotterraneo/terreno (l'acqua) attraverso un canale architettonico è simile.

Ho anche più volte sottolineato i parallelismi tra India /Sardegna 

https://maldalchimia.blogspot.com/2025/08/pozzo-sacro-di-dholavira-india.html?m=0

https://maldalchimia.blogspot.com/2025/07/scacchiera-indiascacchiera-pubusattile.html?m=0

https://maldalchimia.blogspot.com/2022/01/labirinto-india-benettutti.html?m=0

https://maldalchimia.blogspot.com/2025/10/archetipo-16-gonicimatica-dilwara.html?m=0

E se il pozzo sacro sardo rappresenta principalmente l'utero della Dea Madre/Terra, da cui scaturisce l'acqua della vita, lo Shiva Lingam, insieme allo Yoni, rappresenta l'unione degli opposti cosmici, con una forte componente di ascesi spirituale e trascendenza oltre la materia.

L'architettura di entrambi, si pone come mediatrice tra il cielo (luce) e le profondità della terra (acqua).

Ed è un'archittetura simile, vulvare, simbolo di fertilità e rigenerazione. 

Le somiglianze sono il risultato di ciò che lo storico delle religioni Mircea Eliade chiamerebbe "convergenze simboliche". 

Culture diverse, di fronte alle stesse domande fondamentali sulla vita, la morte e la natura, hanno prodotto risposte architettoniche e simboliche simili, utilizzando elementi universali come l'acqua, la pietra e la luce.

Quindi, mentre la struttura fisica del pozzo sacro sardo può ricordare la disposizione architettonica di alcuni templi dello Shiva Lingam con il loro pozzo sacro sottostante, il significato religioso e il contesto culturale rimangono, apparentemente, radicalmente diversi.  

A maggior ragione, in contesti simili, si apprezza ancora di più la profondità di un pensiero simbolico umano, che unisce civiltà lontane nello spazio e nel tempo, portando alla luce affinità estremamente interessanti, dal punto di vista antropologico. 

Simbolismi che troviamo anche in contesti diversi, che si dilatano ad abbracciare anche altri aspetti, come quello della mitologia, contestualizzati in epoche più recenti, come la simbologia della Dea Baubo ( ultimo mio scritto a riguardo che contiene anche i link degli scritti precedenti https://maldalchimia.blogspot.com/2025/09/dea-baubo-e-vesica-piscis.html) 


Tra l'altro abbiamo anche una forte similitudine con la nostra "trunfa sarda", un antichissimo strumento musicale che ha questa stessa forma archetipale

Ne ho pa in un mio scritto riguardo L'archeoacustica, a settembre del 2020

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/archeoacustica-degli-ipogei-in-sardegna.html?m=0

Tiziana Fenu 

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Pozzo Santa Cristina Fabrizio Bibi Pinna Artist 

Pozzi sacri sardi /Shiva Lingam






sabato, dicembre 13, 2025

💛Santa Lucia /San Lorenzo

 

Nel mio scritto su Santa Lucia
( https://maldalchimia.blogspot.com/2025/12/santa-lucia.html?m=0) riflettevo su alcuni aspetti letterari e simbolici di questa figura.
Santa Lucia, vergine e martire siracusana del IV secolo, è tradizionalmente associata alla luce, sia per il suo nome sia per la leggenda che le vuole strappati gli occhi, diventando così protettrice della vista. Questo legame con la luce la rende un’allegoria della Grazia illuminante in Dante.
Mi soffermo su una prima, potente similitudine con la Lucia Mondella de "I Promessi Sposi" di Manzoni.
Il nome Lucia, come luce, e quello di Renzo (Lorenzo, dall’alloro sacro ad Apollo), rivelano un simbolismo alchemico di unione degli opposti.
Lucia rappresenta il Femminino, la Luna, il Mercurio, l’Acqua
Renzo, diminutivo di Lorenzo, rappresenta il Mascolino, il Sole, lo Zolfo, il Fuoco.
Due polarità opposte, gemellari, che trovano riscontro astronomicanenre, nella dimensione gemellare del segno dei Gemelli, perché il 13 dicembre corrisponde al picco massimo di visibilità delle Geminidi, uno dei più intensi e spettacolari sciami meteorici dell'anno, le cui
meteore delle Geminidi sembrano irradiarsi proprio dalla costellazione dei Gemelli.
Questo è molto interessante, perché vi è corrispondenza simbolica e concettuale tra le due date, 10 agosto e 13 dicembre, traguardate da San Lorenzo e Santa Lucia
Riguardo San Lorenzo, ho già approfondito in alcuni miei scritti, profondamente sentito in Sardegna, poiché legato alla simbologia del bronzetto itifallico di Ittiri, il suonatore di Launeddas e alla simbologia di Acca Laurentia, legata alla figura de S'Accabbadora
Approfondimenti a riguardo:
https://maldalchimia.blogspot.com/2021/09/san-lorenzo-e-priapo.html?m=0
https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/dea-acca-laurentiaaccabadorasan-lorenzo.html?m=0
https://maldalchimia.blogspot.com/2024/10/simbologia-delle-launeddas.html?m=0
La celebrazione di San Lorenzo, il 10 Agosto, cade in prossimità del solstizio d'estate (21 giugno).
Il 10 agosto è il periodo delle "Lacrime di San Lorenzo" (lo sciame meteorico delle Perseidi), che nella tradizione popolare sono viste come le scintille del fuoco del suo martirio.
Il fuoco è un elemento solare per eccellenza, collegato al sole al suo apice (solstizio estivo).
Santa Lucia, invece è celebrata il 13 Dicembre e la sua festa cade vicinissima al solstizio d'inverno (21 dicembre).
Non solo, ma prima della riforma gregoriana del calendario (1582), il solstizio d'inverno cadeva proprio intorno al 13 dicembre (per lo slittamento del calendario giuliano). Quindi, per secoli, la festa di Lucia ha coinciso con la notte più lunga dell'anno.
Entrambi i santi incarna no, quindi, in opposizione complementare una sinergia di opposti, speculare e gemellare.
San Lorenzo fu martirizzato su una graticola di fuoco, quindi  è associato al fuoco distruttivo ma purificatore del sole di mezza estate.
Il suo giorno segna il momento in cui il sole, dopo il solstizio, inizia la sua lenta "discesa" verso l'inverno. Il suo fuoco (le stelle cadenti) sembra quindi "segnare" il passaggio dal solstizio.
Santa Lucia è correlata al Sole d'inverno.
Il suo nome significa "Luce" (da lux).
La sua festa celebra la luce che vince le tenebre più profonde.
Nella tradizione nord-europea (specialmente in Scandinavia) Santa Lucia è la "Regina della Luce" che, con la sua corona di candele, annuncia il ritorno del sole dopo il solstizio d'inverno, la promessa che le giornate ricominceranno ad allungarsi.
Quindi i due santi "traguardano" i solstizi da due punti opposti dell'anno.
Lorenzo guarda indietro al solstizio d'estate (passato da circa 50 giorni) e, con le sue "scintille", ne chiude simbolicamente il periodo di massima potenza solare.
Lucia guarda avanti al solstizio d'inverno (che avviene pochi giorni dopo la sua festa, o coincideva con esso) come sua anticipatrice e vincitrice.
È una simmetria calendario-simbolica perfetta, perché da un lato abbiamo il Santo del Fuoco estivo e dall'altro, la Santa della Luce invernale posti come guardiani/cardini del ciclo solare, nei punti di massima forza (estate) e di massima debolezza (inverno) del sole.
Alcune chiese dedicate a questi santi potrebbero essere orientate in modo da catturare la luce in giorni particolari.
Per esempio potrebbe manifestarsi il sole che illumina l'altare nel giorno della festa del santo titolare, o ierofanie luminose particolari.  
San Lorenzo e Santa Lucia traguardano i solstizi in un senso simbolico, folcloristico e calendariale, incarnando i due aspetti del ciclo della luce.
Lorenzo simboleggia il Fuoco solare che declina (dopo il solstizio d'estate).
Lucia invece rappresenta la Luce umana che resiste e annuncia il ritorno del sole (prima del solstizio d'inverno).
Questo, ancora una volta, dimostra la chiara e potente capacità del Cristianesimo di assorbire e reinterpretare simboli naturali e pre-cristiani (il sole, il fuoco, il ciclo delle stagioni) inserendoli in un quadro agiografico.
La loro relazione con i solstizi è una splendida testimonianza di come il calendario dei santi sia intessuto con il ritmo cosmico e agricolo.
Anche i cognomi dei due protagonisti, dei Promessi Sposi, Mondella e Tramaglino, nella loro radice, Monda-, e Trama-, alludono ad un percorso iniziatico intricato che deve ripartire da una ripulitura, da una mondatura, per lavorare al meglio, in crescendo, con la materia grezza, prima, dell'Opera alchemica, che si sviluppa attraverso la sinergia dei due opposti complementari, Femminino e Mascolino, Mercurio e Zolfo, Luna e Sole, Acqua e Fuoco.
In una ierogamia, un unione Sacra, rappresentata proprio dai Gemelli.
Percorso iniziatico ierogamico, che concilia gli Opposti.
Il percorso iniziatico di un matrimonio mistico, alchemico, gemellare.
Così come sono gemelli i due occhi, simbolo di Santa Lucia, passaggio benedetto dal picco massimo delle Geminidi, proprio per il 13/14 dicembre, sciame meteorico che nasce dalla costellazione dei Gemelli.
D'altronde, Santa Lucia, insieme a Maria e a Beatrice, guida Dante attraverso il suo percorso iniziatico descritto nella Divina Commedia, che gli appare anche in sogno, in veste di aquila.
Anche questo è interessante, perché astronomicamente, a metà dicembre, la costellazione dell'Aquila (che contiene la stella Altair) è visibile bassa sull'orizzonte occidentale dopo il tramonto.
Il collegamento tra la dimensione dei Gemelli e dell'Aquila, non è astronomico  .
In cielo, l'Aquila (con la stella Altair) e la costellazione dei Gemelli non sono vicine, ma in alcune tradizioni antiche (come quella babilonese o egizia) le costellazioni erano raggruppate in modi diversi, come ho sottolineato altre volte parlando dei Kudurru, le pietre di confine, mesopotamici.
Vi è comunque correlazione simbolica, perché i Gemelli potrebbero rappresentare lo zolfo e il mercurio, i due principi da unire, simboli della dualità, mentre l'Aquila simboleggia il volo della trasmutazione, il raggiungimento della "Grande Opera".
Rappresenta la Giustizia, infatti, simbolo anche dei grandi Imperi, compreso quello romano.
Per questo motivo, aiuta Dante  nel suo cammino di purificazione, e sollecita anche Beatrice ad aiutarlo.
L'aquila è anche associata al processo di volatilizzazione.
Quindi chiaro esempio simbolico di passaggio non solo calendariale e astronomico, ma le due tappe più importanti del percorso iniziatico.

Tiziana Fenu
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Santa Lucia/San Lorenzo






 

giovedì, dicembre 11, 2025

💛Madonna Guadalupe

 #MadonnadiGuadalupe


Riprendo un mio scritto di un anno fa( https://maldalchimia.blogspot.com/2024/12/1212-vergine-di-guadalupe.html?m=0)  approfondendo ulteriormente 

Oggi ricorre la celebrazione della Vergine di Guadalupe, rappresentata nella

tilma di Juan Diego, che resiste da quasi 500 anni e ospita una delle immagini acheropite più famose del mondo. 

Juan Diego, umile indio della terra azteca, incontra una giovane Signora dalla quale è ripetutamente inviato dal vescovo con la preghiera di costruire una cappella in quel luogo.

Juan, un altro "Giovanni"

Giovanni.

Giona.

Giano.

Un'apparizione che cade durante il Solstizio.

Giano, signore del solstizi. 

Il vescovo non prende sul serio la richiesta fino a che Juan Diego gli porta, in pieno inverno, un mazzo di rose bianche raccolte nella tilma, un mantello tipico fatto di un tessuto molto povero. 

Quando le rose rovesciano a terra, sul tessuto di ayate compare l'immagine della Vergine di Guadalupe 

In 143 cm c'è un grande mistero che avvolge questa rappresentazione 

Viene rappresentata come la Donna dell'Apocalisse, la Donna vestita di Sole, Madre del Cristo solare,, con un manto scuro trapuntato di stelle, disposte secondo la costellazione del giorno e dell'ora un cui apparve l'immagine, il 12 dicembre 1531, alle 10:26 del mattino, e  sull'abito si legge anche la mappa dei vulcani, ritenuti “divini” dagli Indios. 

La veste è decorata di fiori, e sul ventre ha un fiore particolare a 4 petali, come i 4 movimenti del sole, chiamato Nahui Ollin, al centro della sua cintura nera, che nell'antica scrittura pittografica rappresentava la presenza di Dio, il centro del mondo, del cosmo

Un fiore sacro, che per gli Atzechi, in  rappresentava il sole, quindi, metaforicamente, porta in grembo il Dio Solare

Rappresenta Tonatiuh, dio del sole azteco, conosciuto come Nahui Ollin, il quinto Sole, raffigurato al centro di un disco solare, presente anche nella Pietra del Calendario o Piedra del Sol di Tenochtitlan, del calendario Atzeco. 

Se l'umanità dovesse fallire, questo sole diventerebbe nero, e il mondo cadrebbe in distruzione 

Le sue ali sono fatte di piume di Quetzal, un uccello sacro per gli Aztechi, che simboleggia la libertà e la nobiltà.

Sostenuta da un Angelo, è su una falce di luna nera, che si differenzia dal bianco delle falci di luna con le quali sono rappresentate le Madonne bianche. 

Non credo che il nero sia un simbolismo legato alle forze del male, dominate dalla stessa Madonna. 

Può essere un riferimento alla stessa dimensione lunare, occulta, misterica del grembo lunare che accoglie il sole, visto che c'è una corrispondenza cromatica con il nero della cintura.

Un riferimento alla cintura di Orione,  sicuramente, visto che la costellazione rappresentata ai suoi piedi è quella di Orione, mentre la costellazione presente sulla cintura, è quella della Vergine, in concomitanza delle sue mani raccolte. 

Quasi a sottolineare la sinergia delle due polarità, solare e lunare che si incontrano e creano nel grembo della grande Madre. 

Anche l'intera figura è rappresentata in una Vesica Piscis, ad indicare questa sinergia

Iconografia antichissima, rimasta in uso nei nostri Antichi costumi sardi, con la gonna plissettata, "sa fordetta", portata sul capo, a formare una Vesica Piscis ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/la-perfezione-della-vesica-piscis-nel.html?m=0). 

La particolarità di questa rappresentazione di questa Madonna, è che ha una temperatura che resta costante, 36,6 gradi centigradi, la stessa di una persona viva..

Non solo. 

Collocato lo stetoscopio all'altezza del grembo di Maria si rilevarono battiti con 115 pulsazioni al minuto, come per un bebè nel ventre materno. Per questo motivo è la patrona dei bimbi soppressi nel grembo.. 

Nei suoi occhi ingranditi, si vedono delle figure, come in un'immagine fotografica.

Una rappresentazione straordinaria, che ha forti legami con la dimensione astronomica e l'antico calendario Atzeco. 

E a proposito, notate come la struttura della Pietra del Sol sia molto simile alla struttura della Tomba II di Goni, della quale ho approfondito più volte, che traguarda equinozi e solstizi, e che quindi è un calendario, come la Pietra del Sol. 

Approfondimenti 

https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/goni-il-gone-della-vita.html?m=0

https://maldalchimia.blogspot.com/2025/10/archetipo-16-gonicimatica-dilwara.html?m=0

https://maldalchimia.blogspot.com/2025/08/goni-equinozi-e-solstizi-ciotola-goni.html?m=0


Tiziana Fenu

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Madonna Guadalupe







💛Santa Lucia

 Ho iniziato a scrivere su Santa Lucia già 5 anni fa, e ogni volta trovo nuove sfumature. 

Tra il 12 e il 13 dicembre si celebra Santa Lucia, la protettrice degli occhi, la cui leggenda narra che si strappo' i suoi occhi e li gettò in mare per dedicare tutta la sua vita alla fede, poiché miracolata dalla Vergine Maria da una malattia incurabile agli occhi. 

L'occhio di Santa Lucia è un amuleto molto diffuso in Sardegna, in particolare in Barbagia, costituito dall'opercolo della conchiglia "Astrea rugosa". 

Veniva chiamato anche "sa Perda 'e S' Ocru malu ", oppure "S'ogu de Santa Luxia" e veniva utilizzato come potente talismano, e regalato dalla nonna paterna alla nascita del primogenito. 

All'occhio di Santa Lucia, in Sardegna, gli si accosta la valenza di "ogu bonu", di occhio buono, capace di contrastare l'occhio cattivo. 

Viene usato anche come protettivo contro le malattie degli occhi, specie della cataratta. 

Ad Oristano, era usanza incastonare molti occhi di Santa Lucia in una placca rettangolare d'argento, e poi postarla sul ventre delle gestanti durante le doglie, probabilmente per aumentare la concentrazione ed incanalare energie positive durante il parto. 

Infatti l'occhio di Santa Lucia è chiamato anche Occhio di Shiva, simbolo di Saggezza, e Creatore per eccellenza. 

La sua spirale simboleggia il divenire, lo sviluppo, il movimento. 

In Sardegna sentiamo molto la potenza alchemica, guaritrice e protettiva del Terzo occhio solare, sul sesto chakra Anja, la sede energetica della nostra connessione con il Divino, con la nostra intuizione, con la nostra profonda Essenza, con la nostra Luce interiore.

"Sa lusci", "la luce", in sardo.

"lusci/luscia/Lucia"

Due parole simili. 

Non dimentichiamo che proprio sul terzo occhio della maschera dei Boes è stato inciso un Fiore della vita a sei punte, simbolo della sinergia degli opposti, potentissima, e che il rito magico più potente e più conosciuto in Sardegna, è proprio "sa mexina de s'ogu", la medicina dell'occhio, un rituale per scacciare il malocchio, durante il quale si recitano "is brebus", particolari  preghiere e si fanno dei rituali con acqua e grano o acqua e olio.

Brebus nei quali spesso è invocata anche Santa Lucia, protettrice della vista, e custode, portatrice di quella luce simbolica riferita al risveglio della coscienza, capace di sconfiggere le tenebre. 

Il fatto che il 13 dicembre sia legato alla figura di Santa Lucia, e anche in un certo senso al "terzo occhio", all'occhio di Shiva, e quindi ad una certa maggiore sensibilità ad sentire ultraterreno, è legato al fatto che la notte tra il 12 e 13 dicembre, tra gli antichi popoli nordici, è considerato l'inizio del mese di Yule, proprio con la notte di Lussinat, la notte più lunga dell'anno, e anche la più buia e pericolosa, governata da Lussi, "Luce", uno spirito femminile Madre degli spiriti dell'aldilà. 

È la notte in cui il velo tra mondo dei vivi e mondo dei morti si assottiglia, nel quale con il terzo occhio si possono percepire queste presenze. 

Dodici sono i  giorni tra il 13 e il 25 dicembre, tra Yule e Natale. 

Dodici i giorni tra Natale (Peratha-Bertha, che fila il destino degli uomini, la Vecchia dell'Inverno) e l'Epifania. 

E dodici sono i giorni che vanno dall'Epifania fino all'ultimo giovedì di gennaio, di solito, dove si brucia un grande falò, la Giobia o Giuliana (e da noi in Sardegna, il giovedì si chiama proprio "giobia"), che rappresenta la vecchia invernale, il vecchio inverno. 

Nome che deriva da "Diana - Janua - Jana - Giano-Janus", la porta del nuovo transito del nuovo anno. 

Una processione simbolica di anime dannate e gnomi, chiamata Dianaticus accompagna Lussy in questa notte invernale di transizione tra le due dimensioni. 

Durante questa notte, chiamata Lagnatt, i bambini ricevono i doni, o carbone. 

In seguito, Lussy, la portatrice di luce, fu canonizzata in "Santa Lucia", ornata di una corona di candele di 12 luci, ma che rappresenta soltanto un'altro avatar di quelle che furono le figlie del Sole, le sacerdotessa del Sole di altre civiltà, poiché anche Lussy, viene chiamata la Madre del Sole Nuovo, benché sia anche temuta, poiché è la Regina della notte più buia e lunga dell'anno. 

Colei che può vedere anche senza occhi, poiché è la luminosa, la "sposa/figlia" del Sole. 

Per questo motivo, per simboleggiare il sole che rinasce ciclicamente a partire dalla notte di Yule, fino al  il 25 dicembre, si cucina, specialmente nel Nord Europa, un particolare dolce, la notte di Santa Lucia, i Lussekatter,  focaccine a base di uvetta e zafferano, di colore giallo come il sole e la luce, formato da una duplice spirale, che ricordano la spirale degli occhietti di Santa Lucia, e soprattutto la doppia spirale larga 7 metri, in ocra rossa, nella Domus De Janas Sa Pala Larga di Bonorva in provincia di Sassari. 

Festeggiamenti sentiti anche in Sardegna, soprattutto perché proprio l'occhio di Santa Lucia, è ritenuto uno degli amuleti piu preziosi, soprattutto per il simbolismo della spirale, che indica il divenire, l'espansione, il moltiplicarsi, il riprodursi, quindi molto usato anche per curare o prevenire la sterilità. 

Una luce di speranza e di calore che illumina la notte più lunga dell'anno. 

Ho sottolineato più volte, , quanto la spirale sia un elemento simbolico importantissimo nella nostra Antica Civiltà, simbolo della sinergia creatrice nel grembo della Grande Madre 

https://maldalchimia.blogspot.com/2023/10/domus-de-janas-bonorva-sa-pala-larga.html

 https://maldalchimia.blogspot.com/2023/06/simbologia-delle-spirali.html?m=0


https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/concetto-di-spirale-doppia-e-speculare.html?m=0


https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/gli-dei-delle-spirali.html?m=0


https://maldalchimia.blogspot.com/2021/11/piatto-orgosolo.html?m=0


Una nostra "Lucia" locale, "Luxia Rabbiosa", l'abbiamo anche noi in Sardegna, e ne parla Claudia Zedda, nel suo "Creature fantastiche in Sardegna" 

"Luxia Rabbiosa Di Luxia Rabbiosa si parla in tutta la Sardegna, e ciascuna località la chiama con i più svariati nomi: Orgìa o Giorgìa, ma anche Giolizia, Gorgia, Jorgia, Zorza e Luxia, Lughia, Lucia[30]. Per quanto l’etimologia del nome sia incerta, è sicuro che tutti quelli dati a Luxia abbiano in comune la radice “org”, che indicherebbe un luogo umido, boscoso, fertile e fresco. La radice potrebbe riconnettersi al termine preromano “orgosa” che nella località di Orgosolo designa un terreno umido e acquitrinoso. Molto interessante anche il legame stretto fra Giorgìa e “ghiorghis” termine greco bizantino che significherebbe “che feconda”. Lo si può per altro associare anche al sardo logudorese “giòsi” e “giòrdzi” termini che in entrambi i casi indicano il membro riproduttivo femminile[31]. Non solo Luxia gode di una quantità notevole di nomi, ma a questi vengono anche associati tantissimi aggettivi. I più utilizzati sono Rabbiosa, Raggosa, Raiosa, Radiosa, Larosa, Laiosa. Tutta questa varietà ci consiglia immediatamente che si tratta di un personaggio poliedrico, connesso con infinite realtà, e che ci troviamo davanti ad un residuo di figura mitica che ha goduto in un passato remoto di grande importanza. Sono soprattutto i ricordi popolari e le leggende a raccontarci qualcosa si più su questa Luxia dalle molteplici facce: ·è donna avara e cattiva, presuntuosa e superba, e per questo punita da Dio; ·è gigantessa che trasporta enormi pietre sulla testa mentre fila e regge in braccio il proprio figlio; ·è donna mostruosa dalle lunghe mammelle con cui spazza il forno, mentre si serve della lingua come d’una pala per infornare il pane; ·è indemoniata e dunque strega, alleata con i diavoli che aiuta nella costruzione di alcuni ponti; ·è una misteriosa donnetta che abita sui monti e compare fra la gente tra il due di dicembre o il due di febbraio determinando, con la sua apparizione, i pronostici sul tempo e sulla stagione; ·è strega, fata, regina, malvagia o benefica. Luxia come Dea Madre Nel suo saggio dedicato alla religione della Sardegna nuragica[34], Giovanni Lilliu ha analizzato, fra le altre, anche l’interessante figura di Giorgìa, maga e gigantessa, infuriatasi e pietrificatasi a causa della perdita dei propri figli che vide uccidere a causa di una maledizione. Il mito è estremamente vicino a quello di Niobe, che sposò Anfione di Tebe dal quale ebbe sette figli e sette figlie. La leggenda ci racconta che la madre perse i figli, uccisi per volontà della Dea Latona, di cui Niobe si burlò per il fatto d’aver avuto solo due figli: Apollo e Artemide. Furono proprio questi due ad essere incaricati di vendicare l’offesa con le proprie frecce; l’uno pensò ai fanciulli, l’altra alle fanciulle. Ironicamente vennero lasciati in vita esclusivamente Cloride e Amicla; la perdita per la madre mortale fu così dolorosa che in lacrime, si trasformò in blocco di marmo dal quale scaturì una fonte. Secondo la tradizione Niobe pietrificata si troverebbe ancora in Lidia, sul monte Sipilo, presso Magnesia. La connessione fra Giorgìa e Niobe è per lo meno interessante: è presente l’elemento della metamorfosi in pietra, il legame fra donna e acqua, e il discorso relativo alla fertilità-maternità. Non è dunque per caso che Lilliu abbia voluto intravedere in Giorgìa l’antica Dea Madre, il cui culto ha accomunato tutto il Mediterraneo. La demonizzazione delle figure pagane fece di Giorgìa-Dea Madre prima una maga, poi una gigantessa ed infine un’avara pietrificata per il suo peccare."


Tiziana Fenu

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Santa Lucia







martedì, dicembre 09, 2025

💛Archetipi. Matriarcato e Patriarcato

Lavorando con gli Archetipi, mi rendo conto quanto il concetto di Patriarcato e Matriarcato, siano stati assimilati ad un concetto e definizione di "dominio", che non li rappresenta. 

Infatti, la desinenza "-arcato", è riconducibile alla radice "archē" (ή αρχή), della stessa parola Archetipo, che significa sia “dominio” che “incipit, inizio, origine”. 

Mentre "archetipo", deriva dal greco " arche" principio originale,  e "typos"  modello, esemplare. 

Radice che ritroviamo anche in parole come archeologia, arca, arcano( penso agli Arcani Maggiori, che sono degli Archetipi) se vogliamo, ma è comunque un concetto che rimanda al principio delle cose.

Nessuna delle antiche società, definite "matriarcali", è stata una società di dominio.

È stata, invece, come la nostra Antica Civiltà Sarda, una società basata sulla reciprocità, sull'equilibrio, sulla distribuzione equa, sicuramente con una linea matrilineare in cui la figura femminile funge da magnete sociale, e spesso anche spirituale ( il Sacro Femminino) per tenere unita la famiglia e la comunità, senza gerarchizzazioni interne, ma niente a che vedere con il "dominio".

Quindi, parlare di Matriarcato e Patriarcato, credo si riferisca a due cose diverse. 

Nel primo caso, si parla delle società delle Madri, delle Origini, una dimensione archetipale di organizzazione sociale paritaria. 

Nel secondo caso, si parla di dominio vero e proprio, del Maschile. 

Di una gerarchizzazione in cui il Maschile è all'apice del comando, per desiderio di monopolio e controllo, e non come fulcro di coesione, di cui il Femminile è portatore. 

Portatore soprattutto di pace ed equilibrio, di complementarietà, non di divisione. 

Nelle due immagini, il simbolo archetipale della nostra Antica Civiltà Sarda. 

La simbologia taurina/ut'erina, presente sia come simbolo nelle neolitiche Domus de Janas, che come struttura architettonica nelle nostre antiche Tombe dei Giganti. 

Non è né un simbolo Matriarcale, né un simbolo patriarcale. 

È la sinergia, estremamente equilibrata, di cui la Sardegna può vantarne una diffusione capillare, delle due polarità, estremamente esemplificata, lineare, concettuale, che, secondo me, ne contiene una terza, estremamente importante, perché funge da vettore per riprodurre, anche graficamente e archittetonicamente, una connessione tra la dimensione terrena e quella astrale. 

La Y/protome taurina-uterina, come via di rinascita lungo la Via Lattea( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/la-y-taurina-di-ascensione-lungo-la-via.html?m=0), che come tappa finale, ha Aldebaran, l'occhio rosso del Toro, sul corno sinistro ( proprio quello che viene sempre rappresentato, anche nelle ierofanie -https://maldalchimia.blogspot.com/2022/07/ierofania-del-torello-nelle-canarie.html?m=0-con il corno sinistro leggermente più corto del destro). 

Aldebaran, che  fa parte del complesso stellare delle Iadi, legate alla dimensione dell'acqua, come ho approfondito nel mio scritto ( https://maldalchimia.blogspot.com/2022/05/le-iadi-e-santa-cristina.html?m=0), quindi, anche a livello astrale, sinergia tra maschile e femminile, come è sempre, nella koine' concettuale e simbolica della nostra Antica Civiltà Sarda. 

A sinistra petroglifi della Necropoli de Su Crocifissu Mannu, di cui ho già avuto modo di parlare( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/06/necropoli-su-crucifissu-mannu.html?m=0), a Porto Torres( Ss) .

Foto di Gianni Careddu( da Wikipedia) 

A destra, Tomba dei giganti Is Concias  conosciuta anche con il nome di “Sa domu’e s’Orku” o “Is Concas”, Quartucciu( Ca).

Foto di Fabrizio Bibi Pinna 


Tiziana Fenu 

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