La caverna come utero primordiale e specchio lunare.
Secondo gli Etruschi la caverna era costituita da organi interni simili a quelli dell’uomo, concetto che ritroviamo all’interno della Tradizione ermetica.
I sapienti dell’Etruria erano convinti, come i Celti che che nelle propaggini dell’abisso pulsasse una corrente vitale in cui i corsi d'acqua i crateri infuocati, il magma che ne fuoriusciva simile al sangue, i sifoni (passaggi sotterranei invasi dall'acqua), si trasmutavano, sul piano simbolico, in una copia dell'organismo umano.
Questa relazione archetipa tra il corpo la sua interiorità e il Macrocosmo (Universo), porta alla luce una narrazione che travalica il tempo, un racconto mitico che vede l’uomo come Microcosmo.
In questa simbolica l’Universo stesso è una copia di proporzioni infinite assimilabile al corpo umano e viceversa.
Si tratta di un mito arcano la cui genesi è riconducibile al cammino iniziatico dei futuri Lucumoni, i sacerdoti e sapienti etruschi. Tale iniziazione era connessa, come spiegato, ai luoghi ctonii, ossia sotterranei (pensiamo alle vie cave) in cui si venerava la grande dea Uni, incarnazione della Grande Madre signora della Terra, che regnava in questi siti simboleggianti l’utero (utero primigenio) quale elemento di rinascita dalla vita profana a quella sapienziale. La dimensione parallela, ossia l’universo invisibile, è simboleggiata dalle arcane cavità terrigene.
Tali pertugi (bui e quasi inaccessibili, in cui secondo la tradizione ermetica, dimorano gli gnomi, guardiani dei minerali e delle pietre preziose o spiriti elementali della terra), venivano considerati sacri dagli Etruschi, mostrando, in base alla loro cultualità, l’autentica natura delle terre altre, la cui simbolica è racchiusa nei depositi litici, nelle stalagmiti, nelle stalattiti, nei minerali, nelle esalazioni di zolfo, nelle fumarole e infine nei vortici d’acqua che scaturivano dalle sorgenti sotterranee, producendo un rimbombo simile al tuono che squarcia l’aria con la sua potenza, generando una eco fortissima, creando immagini cariche di fascino tipiche dei siti sotterranei, configurazioni caleidoscopiche colme di incantamento. Questi elementi naturali, dunque, davano vita sempre in maniera simbolica, a una visione magico-sacrale. Tra i luoghi più significativi legati a questa cultualità, segnaliamo la grotta carsica conosciuta come “grotta del leone” sita sui monti pisani, in località Agnano, nel comune di San Giuliano Terme.
In questo luogo incantato, peciale, le vibrazioni del passato sono più intense e tangibili.
La “Terra di confine”, dunque, indica la via verso il reame delle ombre, dove ogni cosa appare possibile e nulla può impedire il concretarsi di elementi misterici mossi da una forza sconosciuta che presiede al Tutto. Scriveva il sommo Lucio Apuleio, iniziato ai Misteri di Iside e a quelli etruschi-cabirici:
“Mi accostai al consiglio della morte e battuta la soglia di Proserpina,
passando per tutti gli elementi, feci ritorno
e mi presentai agli Dèi superiori e inferi
e li adorai da vicino:
di mezzanotte io vidi il Sole”.
Nei riti di incubazione tale connotazione occulta era diffusa, ed era riconducibile alla rinascita che seguiva alla morte dell’iniziato. Nell’antica Etruria le grotte venivano dedicate al dio Selvans (il romano Fauno o Silvano) divinità dei boschi e signore delle profezie in tali santuari sotterranei si trovavano delle are cultuali e sacre. Chi intendeva ottenere una visione soprannaturale doveva trascorrere la notte al loro interno avvolto in una pelle di pecora, attendendo la comunicazione trascendente operata dal dio. Si comprende in tal modo l’importanza che gli Etruschi riservavano ai recessi sotterranei, permeati di quella forza tellurica che scaturisce dal profondo, capace di concretare un contatto con le divinità ctonie e la sacralità che a esse si accompagna. Le fonti e le sorgenti presenti nelle propaggini della terra costituivano per gli Etruschi un elemento sacrale legato alla rigenerazione. Si spiega così il ruolo ricoperto dalle acque sacre, simboleggianti la rinascita.
Tratto da
Stefano Mayorca "La magia etrusca" Edizione De Vecchi
Maldalchimia.blogspot.com
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