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Artemisia Gentileschi "Susanna e i vecchioni" 1610
Rappresenta una storia che viene dall' Antico Testamento, tratta dal Libro di Daniele
Una giovane donna, la bellissima Susanna, moglie del ricco Ioachim, si accinge a bagnarsi nel giardino della sua casa, ma viene seguita e spiata da due anziani giudici, ossessionati dal desiderio di lei.
I due le intimano di concedersi, su ricatto sessuale, minacciando altrimenti di denunciarla come adultera.
Susanna rifiuta, i due rilasciano falsa testimonianza e lei viene condannata a morte.
Perché la parola di una donna, che sia in un processo, o in un qualsiasi altro contesto, vale meno di niente.
"Colpevole", in questo caso, di essersi denudata per un lecito bagno nel giardino della sua casa.
Colpevole, nel corso dei secoli, di una gonna troppo corta, di un legging che evidenzia la sua morbidezza.
Del suo sorriso.
Del suo essere Donna.
Sacra dispensatrice di Vita, alla mercé di fossilizzati dispensatori di morte.
L'arrivo del profeta Daniele che interroga separatamente i vecchioni, li fa cadere in contraddizione
Ma storicamente, artisticamente, non verrà mai rappresentata la scena del processo, l'umiliazione, e la punizione dei due calunniatori
Artemisia Gentileschi focalizza la sua attenzione sulla figura femminile, che potrebbe essere lei stessa, si è ipotizzato, in un contesto di oppressione che partiva anche dalla figura paterna, e dalla sua condizione, in generale, di donna, stuprata, nella vita reale.
Oppressione che viene enfatizzata dalla costruzione scenica del dipinto, e dalla mappatura cromatica.
La protagonista, candida nella sua pelle diafana, è in una posizione di torsione, di strozzatura, come se venisse proprio torchiata dalla pesantezza, anche cromatica, di questi due vecchi, che già hanno deciso come distruggerle la vita, come tenerla prigioniera dei loro loro bassi istinti.
In una pesantezza, che non è solo cromatica o generazionale, ma è anche pesantezza gerarchica, fossilizzata da millenni, in cui al vertice, si pone l'uomo, il maschio dominante, ricattatore, coercitivo.
Nuda, con le spalle al muro, che si può neutralizzare solo con falsità.
La Luce e l'Oscurita
La Verità, nuda, come è questa giovane donna, senza orpelli, senza ornamenti, coperta, solo da un lieve drappo bianco, sul suo lato sinistro, il Femminino, che pure, è candido, nella sua ancestrale bellezza.
Intimata al silenzio.
Al tacere.
Alla non espressione
Al non manifestarsi.
In tacito accordo con il complice, dinamica enfatizzata dallla confidenzialita del toccarti la spalla, dal vociare all'orecchio.
Perché quando si tratta di fare branco, contro l'indifeso, si è sempre pronti.
È presi singolarmente, che sono dei codardi non realizzati, non compiuti.
Non vi è nemmeno l'istinto di coprire le proprie nudità, tanto è grave, e greve, la minaccia, il peso del ricatto, della ritorsione, della minaccia, che la renderebbe schiava a vita, attraverso una gestualità disperata, sincopata, perché non può esprimerla in tutta la sua pienezza, delle braccia.
Un urlo smorzato in gola.
Una cappa di condanna a vita, bloccata su quel bordo vasca, con il muro alle sue spalle, che non offre nessuna via di fuga.
Un dipinto straordinario, per una giovane artista di soli 17 anni, che fa molto più male di una qualsiasi rappresentazione di violenza.
Perché è un urlo senza voce.
Sono ali spezzate senza ramo.
È la gerarchia dominante, antropologica, sociale, a cui ancora siamo costrette.
Lo vediamo ogni giorno.
Il cielo è grigio e nuvoloso, all'orizzonte, senza luce, senza sole.
Una cappa che si addensa nei colori dei due molestatori.
Il marrone e il rosso.
Terra e sangue.
Dove finiscono molte, troppe donne innocenti.
Colpevoli solo, di essere Donne.
Tiziana Fenu ©®
Maldalchimia.blogspot.com
25 novembre Artemisia Gentileschi
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