7. Menhir e Betili
I menhir, le cosiddette “ perdas fittas” dell’antico folklore sardo, sono costituiti da grandi pietre fitte verticalmente nel terreno sommariamente sbozzate o scolpite e solitamente di forma allungata, che possono raggiungere l'altezza di 5 metri circa.
Alcuni di questi raffigurano figure di arcane divinità maschili e femminili, ma forse anche di antenati, capi, eroi e guerrieri o altri mitici personaggi di rango. Si trovano isolati o in allineamenti rettilinei o circolari e venivamo innalzati già nel periodo neolitico con funzione sacrale e funeraria.
Essi vengono distinti in:
• Menhir proto-antropomorfi, in impalcature ogivali a faccia prospettica piana, modellati da una accurata fine martellinatura spesso estesa ai fianchi e alle paraboliche superfici dorsali;
• Menhir antropomorfi, realizzati sul precedente standard di base per brevi stacchi somatici del capo, su riseghe o semplici restringimenti alle spalle, e primi elementari tratteggi del viso;
• Statue-menhir, o statuestele, infine, in estrema sintesi iconografica d’essenziale resa frontale: personificate dagli schematici rilievi anatomici dell’apicale volto a T (in un unico blocco naso/sopracciglia, senza occhi né bocca) e dai muliebri seni conici o a pastiglia; qualificate da una virilizzante arma a doppio pugnale, orizzontale in vita con due triangolari lame remedelliane, a basi quasi sempre rettilinee, divergenti da un’unica larga impugnatura, e dall’emblematico pittogramma pettorale del cosiddetto capovolto, mutuato dagli stilizzati graffiti antropomorfi rovesciati, a tridente e a candelabro, nel rovesciato mondo dell’aldilà, sulle pareti interne dei sepolcri a domus de janas.
L’unico accorgimento è non confondere i menhir con i betili, di forma conica o troncoconica, e attribuibili ad età nuragica, mentre il menhir, in Sardegna, appartiene al mondo prenuragico, con strascichi anche nel primo periodo di età nuragica, ma ben presto sostituito dai betili.
I betili sono dei semata (segni) figurati che si attengono al sacro, come detto prima, di forma conica o troncoconica, alti da uno a due metri, con una distinzione: quelli conici sono legati alle tombe dei giganti del Bronzo medio, gli altri ai sepolcri del Bronzo recente e finale.
Se ne conoscono una. cinquantina, quasi tutti in basalto, una roccia scura, adatta, come le forme stilizzate e astratte, al dominio dell’aldilà. Significativi appaiono i betili conici fallici e con mammelle (esemplari quelli di Tamuli a Macomèr, Fig., nei quali è facile riconoscere l’entità maschile e quella femminile che, coniugandosi presso la stessa tomba, simboleggiano la copulazione di divinità dei due sessi al fine di ricreare la vita spenta nei morti.
Quanto ai betili troncoconici, ve ne sono con incavi scolpiti tutto intorno alla struttura poco sotto la sommità in numero dispari (da tre a cinque).
Gli incavi rappresentano occhi e, nell’essenza, il monolite sub-antropomorfo vuole rappresentare una divinità guardiana dei defunti, una sorta di Argo panoptès, cioè dai numerosi occhi, una divinità alla quale non sfugge niente.
Tra i ventitré betili noti di forma conica, quelli situati presso una delle tombe di giganti di Tamuli formano il maggiore raggruppamento, disposti in simmetria ideale e oggettiva di tre lisci e di tre segnati da due essenziali bozze appuntite che rappresentano mammelle.
È un artistica composizione geometrica, giocata sul numero dispari della terna che potrebbe avere valore scaramantico e sul riscontro speculare, in astratte immagini, dei due principi divini o sovrasensibili maschile e femminile
Tratto da " Il pozzo Sacro di Santa Cristina a Paulilatino (Oristano) nella Sardegna prenuragica e nuragica" di Alessandro Madau.
Maldalchimia.blogspot.com


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