Resta comunque il fatto che i villaggi nuragici non erano necessariamente connessi alla presenza di un nuraghe, la qual cosa autorizza a far decadere l’ipotesi che esso fungesse da struttura prettamente difensiva.
Quale era dunque la sua funzione? Possiamo iniziare a trarre alcune conclusioni: la costruzione di un nuraghe delle dimensioni del Santu Antine, e in Sardegna ce ne sono tanti e anche di maggiori dimensioni, necessitava oltre che di lunghi periodi di tempo e di manodopera, anche di ampi periodi di pace che mal si accordano con l’immagine di una società bellicosa e guerrafondaia.
A tal proposito afferma la Fadda:
«…i dati statistici emersi dallo studio dei nuraghi, degli abitati e dei dati di cultura materiale descrivono una società nuragica impegnata in attività produttive e artigianali, piuttosto che occupata in operazioni militari».
Inoltre una tale concentrazione di uomini, energie e materiali, accomunati dall’unico obiettivo di costruire una dimora per il capo o per la famiglia allargata del capo, presupporrebbe una società fortemente gerarchizzata e completamente assoggettata alla forza militare del capo clan, ma anche la presenza di schiavi dei quali allo stato attuale delle conoscenze non si ha traccia nella Sardegna nuragica. Bisognerebbe dunque ipotizzare una tale situazione per il periodo di maggiore sforzo costruttivo dei nuraghi da porsi tra il Bronzo Medio e Recente e in parte anche il Bronzo Finale, ma ciò non è possibile dal momento in cui la struttura sociale del popolo nuragico diviso in fasce ben delineate e distinte, così come si può supporre attraverso lo studio dei famosi bronzetti, viene ritenuta quasi all’unanimità dagli studiosi come una fase successiva, nella quale addirittura non si edificavano più i nuraghi (dalla fine dell’XI sec. a.C. circa)7; in altri termini i bronzetti non sarebbero il frutto della civiltà dei nuraghi, ma il prodotto dei loro più immediati discendenti.
Personalmente ritengo invece che solo un’altra motivazione poteva indurre un così imponente numero di individui alla costruzione di tali monumenti, e questa è da ricercarsi nella sfera religiosa che, al contrario di ciò che è stato detto prima, ben si adatta all’ipotesi di una società capace di lunghi periodi di pace e non divisa in cantoni, come invece si sostiene da più parti8, che avrebbero consentito la costruzione di così tanti monumenti, ma anche un’unità diintenti per cui grandi forze lavoro si univano nel completamento dell’opera poiché essa serviva a ringraziare o a ingraziarsi la benevolenza degli dei. Questa ipotesi, se per un attimo volessimo supporre che i nuraghi fossero stati, almeno in nuce, dei templi, non è del tutto peregrina, dal momento in cui ci soccorrono alcune fonti letterarie, non strettamente legate alla civiltà nuragica, ma comunque almeno a essa coeva.
Mi riferisco per esempio ad alcuni versi del I libro dell’Iliade, unanimemente ritenuto dagli studiosi delle opere di Omero, come il più antico di tutta l’opera. Infatti nei versi 39-41 del I libro dell’Iliade, il sacerdote Crise, vero contrappeso religioso al potere politico esercitato da Agamennone sul suo popolo in armi, dopo essere stato scacciato in malo modo dall’Atride si isola in preghiera, e invocando Apollo rammenta a quest’ultimo i templi fatti innalzare da Crise stesso in suo onore, e le ricche offerte di cibo, soprattutto carni.
Questi versi ci dovrebbero far riflettere sulla consuetudine delle società coeve a quella nuragica, con tutta probabilità infatti questo testo si riferisce alla civiltà micenea, di far erigere dei templi in onore degli dei, non dimenticando anche che proprio tra il popolo nuragico e quello miceneo, come dimostrano le ricerche archeologiche di questi ultimi trent’anni, intercorsero delle relazioni commerciali-culturali di una certa rilevanza, per cui allo stato attuale delle ricerche sono almeno una ventina i siti sardi che hanno restituito materiali relativi a questo popolo.
Con la citazione di questi pochi versi non si vuole dunque affermare che i micenei abbiano trasmesso dei culti ben precisi alla Sardegna nuragica, la qual cosa non sarebbe comunque scandalosa anche se fosse avvenuta nella direzione opposta, ma che al contrario era del tutto lecito già in epoche così remote erigere monumenti, e in particolare templi, in onore degli dei, e soprattutto offrire a essi carni di bovini e ovini (vedremo nel proseguo quanto sia importante questo parallelo).
Tratto da : Augusto Mulas "L’isola Sacra" Ipotesi sull’utilizzo cultuale dei nuraghi" Edizioni Condaghes
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A tal proposito, affinità micenee e sarde
https://maldalchimia.blogspot.com/2021/08/tracce-sarde-in-ambito-miceneo.html?m=0
Tiziana Fenu
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Nella prima immagine, tomba di Agamennone, in Grecia, e nella seconda e terza, Nuraghe Is Paras di Isili
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