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martedì, settembre 12, 2023

💛Incisioni romane in un Nuraghe

 Da un post in una pagina, "La Sfinge del Sinis" ( https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=847686203520077&id=100048361166342). La didascalia dice, senza indicare esattamente il luogo, o di quale nuraghe si tratti. 

"Incisioni in un Nuraghe ..il lato destro del masso pare sia spezzato , si notano le incisioni che proseguivano .."


Ora, tutti i commenti a riguardo, hanno riportato le incisioni all'antico alfabeto sardo, quello lineare Ogham, per intenderci.

Ma mi sembra, fin troppo evidente, che, perlomeno nella parte sottostante, siano più che evidenti dei numeri romani

XXIIIXIXXX

Ora, non so con quale scansione, perché sono ravvicinati

Potrebbe essere

XXIII, un 23

XI, un 11

XIX, un 29

Oppure XI, ancora 11

XXX, un 30

Potrebbe essere una data

XXIII. XI  XXX

23/11/30

23 novembre dell'anno 30


Prima i romani antichi contavano gli anni ab urbe condita, cioè a partire dalla fondazione di Roma. In seguito venne scelto il 284 dopo Cristo, anno dell’ascesa al potere di un imperatore romano.

La scelta di contare gli anni a partire dalla nascita di Cristo è stata inventata nel 532 da Dionigi il Piccolo, un monaco cattolico di origine sciita, esperto teologo e biblista, ma anche astronomo e matematico.

Dionigi propose infatti di abbandonare l’era di Diocleziano contando gli anni dalla nascita di Gesù, da lui fissata, con un margine di errore di qualche anno, al 25 dicembre dell’anno 753 dalla fondazione di Roma.

La cosiddetta “data varroniana” era stata ricavata fissando al 509 a.C. il primo anno della Repubblica e attribuendo 35 anni di regno a ciascuno dei sette re di Roma.

La data tradizionale per la fondazione di Roma (21 aprile 753 a.C., il Natale di Roma) fu definita quindi da Varrone.

Detto questo, a riguardo del calendario romano, se i numeri sottostanti l'iscrizione, riguardassero una data, ipotizzando XXIII/XI/XXX, 23/11/30, considerato come 30 aC, se così fosse, siamo in  un periodo dell'imminente morte della repubblica romana, prima che, nel 31 aC, diventasse Impero Romano sotto l'imperatore Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto.

Se invece si dovessse trattare dell'anno 30 dopo Cristo, pare che sia, secondo alcuni studi, l'anno esatto della morte del Cristo, a 36/37 anni, sotto l'imperatore romano Tiberio, e governatore romano della Giudea, Ponzio Pilato.

Quindi, riepilogando.

Non metto in dubbio che segni grafici come questi, almeno sulla parte superiore, possano essere antico alfabeto lineare sardo, ma quelli di sotto, sono inequivocabilmente numeri romani.

Incisi dopo molto tempo, rispetto a quelli superiori, che comunque, non sono facilmente identificabili. 

Sappiamo bene, come i romani si siano basati, per il loro "Natale" romano, coincidente con il 21 aprile, su un parametro molto importante, la ierofania sul dodicesimo anello della tholos del pozzo di Santa Cristina, di cui ho già approfondito più volte, e della corrispondenza tra la dea Pales, celebrata dai romani in questa occasione, e il nome "Paulilatino", il luogo del pozzo Sacro ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/05/21-aprile-natale-romano.html?m=0/  e anche https://maldalchimia.blogspot.com/2022/08/ierofania-21-agosto-pozzo-s-cristina.html?m=0).

Quindi, niente di strano, che abbiano voluto far passare queste incisioni, per incisioni romane, incidendo anche una data, probabilmente, sotto.

Ma la cosa che mi lascia comunque perplessa, è che non si riconoscano segni chiaramente più tardi, come epoca, in questo caso, una numerazione romana, evidentissima.

Ovunque si vedano linee di questo tipo, si ricorre alla definizione di Antico Alfabeto Sardo lineare. 

Saranno almeno 10 anni, che circola questa definizione.

Da chi è nata, lo sappiamo.

Ma è ferma li. Con uno schema comparativo e nessuna traduzione in circolo, a riguardo, dei tanti segni lineari che comunque esistono.

Altri emeriti studiosi, ci fanno costantemente partecipi delle loro interpretazioni epigrafiche, pur senza nessun riferimento all'alfabeto Ogham, che per il momento serve solo a mettere tutto in un gran calderone e ad osannare "antico alfabeto sardo", non appena si fanno notare linee incise.

Se qualcuno crede che anche qui si tratti della nostra Antica scrittura, vi sbagliate di grosso.

Attendo, con trepidazione, sviluppi a riguardo, chiarimenti, approfondimenti.

Traduzioni.

Invece leggo di dispettucci, del "rivolgersi all'estero" visto che qui non si ha credibilità.

La credibilità va anche conquistata.

E la si conquista con un costante dialogo e presenza con gli interlocutori.

Spiegando.

Traducendo.

Proponendo.

Facendo capire.

Non, arroccati, nella conoscenza elitaria da condividere solo con pochi fortunati.

Si sta nell'omerta', nel silenzio.

Nel precludere

E intanto non si va avanti.

O si va avanti per mano d'altri, ben più onesti intellettualmente.

Perché, il fare cultura, conoscenza, portare alla luce la verità, è anche un fatto di onestà intellettuale, di etica, in primis verso ciò che ci è stato concesso di conoscere, di approfondire, di studiare, di rivelare.

Perché, anche questo è un Dono, e come tale, va condiviso e amplificato, altrimenti si scivola nelle speculazioni mentali, nella mistificazione, e si definisce "rivelazione", anche ciò che non lo è.

Come quando si seguono evanescenti chimere che non portano a niente.

Non ho trovato, personalmente, nessun riferimento concreto, visibile, logico, tra queste incisioni e l'alfabeto Ogham.

Forse, oltre i numeri romani, potrei aver individuato due o tre lettere ebraiche, ma niente che mi faccia sbandierare, senza rigore di logica, come faranno da molte altre parti, senza spiegare, tradurre, o comparare i segni, giusto per avere proseliti contro i presunti diffamatori a riguardo.

Cerchiamo di non cadere in facili fanatismi.

Abbiamo un certo tipo di scrittura, di comunicazione scritta lineare, mai davvero tradotta, e ne abbiamo altre, fatte di simbolismi, di lettere e Archetipi Ebraici, di scrittura protocananea e molto altro, su cui spessissimo, riceviamo spiegazioni e traduzioni a riguardo, molto generosamente e molto onestamente, senza nessuna presunzione elitaria e accademica.

E questo, rende credibili e veritieri.

Sta a noi, decidere quale traduzione sentiamo più consona.

Ma, così, con il nulla cosmico, con il silenzio, non arriva niente, se non ciò che è fermo a 10 anni fa. E questo non basta.

Non è sicuramente questo il modo di far cultura.

È fanatismo senza logica.

E sicuramente, io non ne faccio parte.

Gli strumenti che ci sono stati dati, non bastano. Spesso non trovano reale riscontro.

E creare forzature, senza contenuto concettuale e interpretativo, non porta a niente.

Aperta a qualsiasi confronto, come sempre.

Datemi un briciolo di traduzioni, e ne riparliamo.

In attesa, sempre in attesa, da anni, di ulteriori sviluppi.


Tiziana Fenu

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Incisioni romane in un Nuraghe




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