Tra il 12 e il 13 dicembre si celebra Santa Lucia, la protettrice degli occhi, la cui leggenda narra che si strappo' i suoi occhi e li gettò in mare per dedicare tutta la sua vita alla fede, poiché miracolata dalla Vergine Maria da una malattia incurabile agli occhi.
L'occhio di Santa Lucia è un amuleto molto diffuso in Sardegna, in particolare in Barbagia, costituito dall'opercolo della conchiglia "Astrea rugosa".
Veniva chiamato anche "sa Perda 'e S' Ocru malu ", oppure "S'ogu de Santa Luxia" e veniva utilizzato come potente talismano, e regalato dalla nonna paterna alla nascita del primogenito.
All'occhio di Santa Lucia, in Sardegna, gli si accosta la valenza di "ogu bonu", di occhio buono, capace di contrastare l'occhio cattivo.
Viene usato anche come protettivo contro le malattie degli occhi, specie della cataratta.
Ad Oristano, era usanza incastonare molti occhi di Santa Lucia in una placca rettangolare d'argento, e poi postarla sul ventre delle gestanti durante le doglie, probabilmente per aumentare la concentrazione ed incanalare energie positive durante il parto.
Infatti l'occhio di Santa Lucia è chiamato anche Occhio di Shiva, simbolo di Saggezza, e Creatore per eccellenza.
La sua spirale simboleggia il divenire, lo sviluppo, il movimento.
In Sardegna sentiamo molto la potenza alchemica, guaritrice e protettiva del Terzo occhio solare, sul sesto chakra Anja, la sede energetica della nostra connessione con il Divino, con la nostra intuizione, con la nostra profonda Essenza, con la nostra Luce interiore.
"Sa lusci", "la luce", in sardo.
"lusci/luscia/Lucia"
Due parole simili.
Non dimentichiamo che proprio sul terzo occhio della maschera dei Boes è stato inciso un Fiore della vita a sei punte, simbolo della sinergia degli opposti, potentissima, e che il rito magico più potente e più conosciuto in Sardegna, è proprio "sa mexina de s'ogu", la medicina dell'occhio, un rituale per scacciare il malocchio, durante il quale si recitano "is brebus", particolari preghiere e si fanno dei rituali con acqua e grano o acqua e olio.
Brebus nei quali spesso è invocata anche Santa Lucia, protettrice della vista, e custode, portatrice di quella luce simbolica riferita al risveglio della coscienza, capace di sconfiggere le tenebre.
Il fatto che il 13 dicembre sia legato alla figura di Santa Lucia, e anche in un certo senso al "terzo occhio", all'occhio di Shiva, e quindi ad una certa maggiore sensibilità ad sentire ultraterreno, è legato al fatto che la notte tra il 12 e 13 dicembre, tra gli antichi popoli nordici, è considerato l'inizio del mese di Yule, proprio con la notte di Lussinat, la notte più lunga dell'anno, e anche la più buia e pericolosa, governata da Lussi, "Luce", uno spirito femminile Madre degli spiriti dell'aldilà.
È la notte in cui il velo tra mondo dei vivi e mondo dei morti si assottiglia, nel quale con il terzo occhio si possono percepire queste presenze.
Dodici sono i giorni tra il 13 e il 25 dicembre, tra Yule e Natale.
Dodici i giorni tra Natale (Peratha-Bertha, che fila il destino degli uomini, la Vecchia dell'Inverno) e l'Epifania.
E dodici sono i giorni che vanno dall'Epifania fino all'ultimo giovedì di gennaio, di solito, dove si brucia un grande falò, la Giobia o Giuliana (e da noi in Sardegna, il giovedì si chiama proprio "giobia"), che rappresenta la vecchia invernale, il vecchio inverno.
Nome che deriva da "Diana - Janua - Jana - Giano-Janus", la porta del nuovo transito del nuovo anno.
Una processione simbolica di anime dannate e gnomi, chiamata Dianaticus accompagna Lussy in questa notte invernale di transizione tra le due dimensioni.
Durante questa notte, chiamata Lagnatt, i bambini ricevono i doni, o carbone.
In seguito, Lussy, la portatrice di luce, fu canonizzata in "Santa Lucia", ornata di una corona di candele di 12 luci, ma che rappresenta soltanto un'altro avatar di quelle che furono le figlie del Sole, le sacerdotessa del Sole di altre civiltà, poiché anche Lussy, viene chiamata la Madre del Sole Nuovo, benché sia anche temuta, poiché è la Regina della notte più buia e lunga dell'anno.
Colei che può vedere anche senza occhi, poiché è la luminosa, la "sposa/figlia" del Sole.
Per questo motivo, per simboleggiare il sole che rinasce ciclicamente a partire dalla notte di Yule, fino al il 25 dicembre, si cucina, specialmente nel Nord Europa, un particolare dolce, la notte di Santa Lucia, i Lussekatter, focaccine a base di uvetta e zafferano, di colore giallo come il sole e la luce, formato da una duplice spirale, che ricordano la spirale degli occhietti di Santa Lucia, e soprattutto la doppia spirale larga 7 metri, in ocra rossa, nella Domus De Janas Sa Pala Larga di Bonorva in provincia di Sassari.
Festeggiamenti sentiti anche in Sardegna, soprattutto perché proprio l'occhio di Santa Lucia, è ritenuto uno degli amuleti piu preziosi, soprattutto per il simbolismo della spirale, che indica il divenire, l'espansione, il moltiplicarsi, il riprodursi, quindi molto usato anche per curare o prevenire la sterilità.
Una luce di speranza e di calore che illumina la notte più lunga dell'anno.
Ho sottolineato più volte, , quanto la spirale sia un elemento simbolico importantissimo nella nostra Antica Civiltà, simbolo della sinergia creatrice nel grembo della Grande Madre
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Una nostra "Lucia" locale, "Luxia Rabbiosa", l'abbiamo anche noi in Sardegna, e ne parla Claudia Zedda, nel suo "Creature fantastiche in Sardegna"
"Luxia Rabbiosa Di Luxia Rabbiosa si parla in tutta la Sardegna, e ciascuna località la chiama con i più svariati nomi: Orgìa o Giorgìa, ma anche Giolizia, Gorgia, Jorgia, Zorza e Luxia, Lughia, Lucia[30]. Per quanto l’etimologia del nome sia incerta, è sicuro che tutti quelli dati a Luxia abbiano in comune la radice “org”, che indicherebbe un luogo umido, boscoso, fertile e fresco. La radice potrebbe riconnettersi al termine preromano “orgosa” che nella località di Orgosolo designa un terreno umido e acquitrinoso. Molto interessante anche il legame stretto fra Giorgìa e “ghiorghis” termine greco bizantino che significherebbe “che feconda”. Lo si può per altro associare anche al sardo logudorese “giòsi” e “giòrdzi” termini che in entrambi i casi indicano il membro riproduttivo femminile[31]. Non solo Luxia gode di una quantità notevole di nomi, ma a questi vengono anche associati tantissimi aggettivi. I più utilizzati sono Rabbiosa, Raggosa, Raiosa, Radiosa, Larosa, Laiosa. Tutta questa varietà ci consiglia immediatamente che si tratta di un personaggio poliedrico, connesso con infinite realtà, e che ci troviamo davanti ad un residuo di figura mitica che ha goduto in un passato remoto di grande importanza. Sono soprattutto i ricordi popolari e le leggende a raccontarci qualcosa si più su questa Luxia dalle molteplici facce: ·è donna avara e cattiva, presuntuosa e superba, e per questo punita da Dio; ·è gigantessa che trasporta enormi pietre sulla testa mentre fila e regge in braccio il proprio figlio; ·è donna mostruosa dalle lunghe mammelle con cui spazza il forno, mentre si serve della lingua come d’una pala per infornare il pane; ·è indemoniata e dunque strega, alleata con i diavoli che aiuta nella costruzione di alcuni ponti; ·è una misteriosa donnetta che abita sui monti e compare fra la gente tra il due di dicembre o il due di febbraio determinando, con la sua apparizione, i pronostici sul tempo e sulla stagione; ·è strega, fata, regina, malvagia o benefica. Luxia come Dea Madre Nel suo saggio dedicato alla religione della Sardegna nuragica[34], Giovanni Lilliu ha analizzato, fra le altre, anche l’interessante figura di Giorgìa, maga e gigantessa, infuriatasi e pietrificatasi a causa della perdita dei propri figli che vide uccidere a causa di una maledizione. Il mito è estremamente vicino a quello di Niobe, che sposò Anfione di Tebe dal quale ebbe sette figli e sette figlie. La leggenda ci racconta che la madre perse i figli, uccisi per volontà della Dea Latona, di cui Niobe si burlò per il fatto d’aver avuto solo due figli: Apollo e Artemide. Furono proprio questi due ad essere incaricati di vendicare l’offesa con le proprie frecce; l’uno pensò ai fanciulli, l’altra alle fanciulle. Ironicamente vennero lasciati in vita esclusivamente Cloride e Amicla; la perdita per la madre mortale fu così dolorosa che in lacrime, si trasformò in blocco di marmo dal quale scaturì una fonte. Secondo la tradizione Niobe pietrificata si troverebbe ancora in Lidia, sul monte Sipilo, presso Magnesia. La connessione fra Giorgìa e Niobe è per lo meno interessante: è presente l’elemento della metamorfosi in pietra, il legame fra donna e acqua, e il discorso relativo alla fertilità-maternità. Non è dunque per caso che Lilliu abbia voluto intravedere in Giorgìa l’antica Dea Madre, il cui culto ha accomunato tutto il Mediterraneo. La demonizzazione delle figure pagane fece di Giorgìa-Dea Madre prima una maga, poi una gigantessa ed infine un’avara pietrificata per il suo peccare."
Tiziana Fenu
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Per approfondimenti sul passaggio energetico, numerologico e archetipale, della festività di Santa Lucia, che quest'anno coincide con il novilunio in Sagittario, vi indico il mio scritto a riguardo, nell'altra mia pagina, Maldalchimia
https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0FS9U73FfSHxzFYJ5FrkuSqnUuvUqjYqZdoYYVvbYpsoqGaaryTiLCs5ifoAisAmcl&id=100063592898035, che trovate anche sul mio blog ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/12/novilunio-in-sagittario-12122023.html?m=0)
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