Da un interessante post di prof. Montalbano( https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=5553531021379052&id=100001666287370) riguardo l'emblematica figura del personaggio chiamato "Barbetta".
Riporto il suo testo
"Sardegna. Il santuario di Matzanni, tra Villacidro e Vallermosa, fu scoperto nel 1892 e scavato da Domenico Lovisato che fra i ruderi di alcuni pozzi di età nuragica trovò vasellame, una ciotola di bronzo e un personaggio alto 12 cm, denominato Barbetta. Come si nota dalle foto, in realtà non ha la barba ma indossa una maschera, da alcuni interpretata come fasciatura da ustione, che lascia scoperte le narici e la bocca. Nella mano destra ha una ciotola e sulla sinistra un' offerta alimentare, forse una pagnotta. Sotto l’ascella sinistra si nota un contenitore decorato con cerchielli, tenuto sulla spalla da una cinghia. Quest'oggetto è tradizionalmente chiamato "fiasca del pellegrino", utile per il trasporto dell’acqua e simbolo del corredo dei pellegrini, insieme al bastone, detto cordone, al cappello e alla conchiglia. A distinguere la tipologia del manufatto sono: le quattro anse “passacorda” per il trasporto a spalla e la sua forma particolare. Diffusa in tutta l’arte europea del Quattrocento, specie per raffigurare San Giacomo apostolo, l’immagine del pellegrino e della sua fiasca è molto più antica. L’origine della forma in Palestina e a Cipro è conosciuta fin dal XII a.C., e in Sardegna la troviamo già nell' XI a.C. fra i reperti ceramici.
Per ciò che riguarda la maschera, generalmente il modello originario è il cranio di un animale, e chi la indossa, durante un rituale, muore come individuo, si distacca dalla sua persona e assume l'identità dell'essere rappresentato:
un morto, un antenato o un essere mitologico. Colui che la indossa diviene il tramite attraverso cui queste entità sono rese manifeste e visibili: egli si trasforma letteralmente in qualcosa d’altro; la sua identità, il suo volto, il suo corpo sono cancellati per far posto a un altro corpo, a un’altra presenza, quella dell’essere rappresentato dalla maschera. Una tradizionale interpretazione delle maschere rituali vorrebbe vedere in esse il mezzo attraverso cui, nelle forme primitive di spiritualità, si realizzava una trasformazione reale dell’individuo in un essere spirituale, uno strumento che consentiva all’uomo di uscire dalla propria identità personale e di sottoporsi a una metamorfosi."
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A riguardo, ho già avuto modo di esternare i miei dubbi riguardo la presunta fasciatura da ustione.
Ho trovato, proprio recentemente, come avete letto nel mio post di una decina di giorni fa, su" Sacred Simbologies"( https://www.facebook.com/104545201465861/posts/554383569815353/)
una straordinaria similitudine tra il nostro Barbetta e una statuina molto bella e particolare, che rappresenta un faraone, in epoca predinastica, risalente al 4000 aC, nel sito di Nagada, Alto Egitto( seconda immagine).
Sembra che porti una maschera.
Una maschera appuntita, che poi si svilippa sotto forma di barba posticcia nelle rappresentazioni iconografiche dei faraoni, simbolo di potere e di collegamento con il Divino.
Sulla simbologia della maschera, e su quanto sia estremamente importante nella nostra cultura sarda, avevo già scritto a riguardo( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/osservavo-la-maschera-de-is-issohadores.html?m=0).
La maschera è un'investitura, è un ponte con il Divino.
Ma non solo.
Soffermiamoci sulla conformazione a punta. Sia Barbetta che il Faraone predinastico, hanno una "barbetta" a punta.
Il luogo del ritrovamento è il Santuario di Matzanni.
Matzanni, contiene in sé la parola" atza", che in sardo significa "a punta", come la conformazione della loro barbetta.
Un'atza è cosa appuntita, "atzuda".
Lo si dice anche di una persona con un caratterino capriccioso, pungente, spigolosa.
Gli spigoli e gli angoli presentano un'alta concentrazione dei fenomeni termici, elettrici e acustici, gli spigoli sono dei dispersori, ma anche degli accumulatori di energia.
E con l'energia, si crea.
Pensiamo alle piramidi, al capello a punta degli sciamani, delle streghe, di Mago Merlino.
La punta di questa maschera, o barbetta posticcia che sia, è rivolta con il vertice verso il basso. Quindi indica un convogliamento di energie nella polarità femminile, nella terra, nella Forma, nella materia.
Se osservate il faraone predinastico, nella seconda immagine, vedete come tutta la testa, o maschera, sia come un rombo, vista frontalmente, con la parte superiore che è un cono tronco, una piramide tronca, che porta, sulla sommità, una semisfera che sembra essere adagiata all'interno, per metà.
Forse il simbolismo del Sole accolto, onorato, dalla piramide.
Sono le prime rappresentazioni dei Faraoni, con una energia androgina.
Un faraone Den( come Shardan/Sharden), lo abbiamo avuto nella I Dinastia, incoronato Faraone dell'Alto e Basso Egitto, nel 3050 aC.
Questo potrebbe spiegare la maschera a rombo, due triangoli speculari, anche se sono propensa per l'interpretazione collegata al Sacro Femminino e al suo potere riproduttivo, enfatizzato dal doppio solco a V, a simboleggiare la duplicazione, proprio nel vertice inferiore.
Perché, la statuina del Faraone, è sinergica, presenta entrambe le energie, fallica, con la fisionomia complessiva del corpo, e femminile, con la conformazione a rombo della maschera.
Credo che la barbetta a punta, che vediamo nei faraoni, sia un'appendice simbolica di queste prime e antiche rappresentazioni dei Faraoni, nella loro integra simbologia.
È rimasta come simbolo del potere creativo sulla terra, nel Femminino, nella materia.
Credo che il nostro Barbetta, rappresenti proprio, simbolicamente, un personaggio che ha questa investitura regale, quasi faraonica, con quella sua "barbetta/maschera" ad "atza", a punta, che convoglia le energie.
Molto singolare che provenga proprio da M-atza-nni.
Nella zona ci sono tre pozzi sacri.
Potrebbe essere una figura sacerdotale, un rabdomante, dedito al culto di cercatore di falde d'acqua per la costruzione dei pozzi.
La bacchetta dei rabdomanti d'altronde, è fatta ad angolo, come una Y, ad "atza", e il nostro Barbetta, indossa anche un copricapo circolare, che rimanda ai nostri nuraghi e pozzi sacri, e una fiasca.
Simbolismi che rimandano al culto delle acque, all'elemento Femmineo per eccellenza.
D'altronde, anche il simbolo del pellegrino, di San Giacomo, come ha sottolineato prof Montalbano, è, tra gli altri, anche la conchiglia, la capasanta( simbolo del pellegrinaggio, e del Cammino di Compostela in particolare), elemento che appartiene alla dimensione "acqua", che contiene, come una coppa, l'acqua benedetta degli Iniziati che intraprendono questi percorsi sacri.
Acqua, che, alchemicamente è il Mercurio, l'elemento Femmineo trasformante
San Giacomo, patrono degli alchimisti e dei guaritori.
Chi lo è, è un convogliatore naturale di energie, è "un'atza" vivente.
Come il nostro Barbetta, guaritore, alchimista, che sembrerebbe non vedere. La vista non gli serv, come sciamano. Vede oltre.
Sente, percepisce.
Sulla destra l'offerta dell'acqua, il lato Mascolino che offre il Femminino, sulla sinistra, il pane, il Femminino che offre il lavoro, il prodotto finale, il pane, il Mascolino.
Un perfetto equilibrio tra le due energie, come deve essere per un vero alchimista e guaritore.
E la fiaschetta d'acqua sul lato sinistro, sul Femminino.
Lì, dove deve essere, un'acqua sicuramente benedetta.
E, notate le proporzioni. Sono le stesse dei Giganti di Mont'e Prama, gambe tozze, e baricentro nell'ombelico, asessuato.
Non come l'uomo vitruviano leonardesco, che ha nei genitali il suo baricentro.
Qui siamo in una civiltà che é l'Omphalos anche delle altre, e di riflesso, lo sono anche i suoi protagonisti.
Tiziana Fenu
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Approfondimento Faraone/Barbetta
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