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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

lunedì, settembre 19, 2022

💜Oceano

 #giornatamondialedegliOceani


Sono qui per l’Oceano, o meglio per Oceano, in greco antico Okeanós, nome di una divinità primordiale, arcaica, di cui parla Omero nell’Iliade, ma che è più vecchia degli dèi olimpi e del loro padre Zeus.

Il suo fluire e rifluire senza sosta, il frangersi delle sue onde, l’oscurità fredda dei suoi abissi, la forza delle sue correnti, non sono un oggetto da interrogare filosoficamente a tavolino, davanti allo schermo di un computer, o uno spazio di presunta alterità da romanticizzare o feticizzare, ma una presenza viva, pulsante, in perenne movimento e trasformazione, una smisurata potenza che si manifesta e con cui entrare in consonanza per pensare altrimenti la vita e lo spazio stesso in cui la vita prende forma.

Sono qui per pensare con Oceano, immerso fisicamente, materialmente, nel flusso del suo scorrere. Perché Oceano non è una cosa, un oggetto e nemmeno un iperoggetto.

Oceano è puro movimento: scorrere, fluire, divenire. I Greci lo sapevano bene. Per questo pensavano Oceano come un fiume in perenne flusso e scorrimento e potevano sentire risuonare nel suo nome un avverbio (okeos, «velocemente») e un verbo (naein, «scorrere»). Oceano non è altro se non la molteplicità dei suoi movimenti, l’inesausto scorrere di onde, correnti di superficie, correnti profonde, maree, vortici, che alimenta il flusso sinuoso dell’inchiostro blu sul mio taccuino.

[...] Si tratta forse di abbandonare la madre Terra Gaia per passare al padre Okeanós?

Non esattamente, perché Okeanós non è mai padre, bensì forza generatrice che permea il tutto affiancata dalla figura femminile di Teti. Il passaggio da Gaia a Oceano è un passaggio dal simbolismo terrestre a quello oceanico della madre, considerato più arcaico: «Il simbolismo marino della madre ha un carattere più arcaico, più primitivo, mentre il simbolismo della terra risale a un periodo più tardo».

Oceano è il flusso di un divenire in cui tutto è immerso, anche questa scrittura: è il tutto come divenire acquoreo, flusso, incessante metamorfosi.

Mere suggestioni mitologiche? Le cose non stanno così. La geografia, che nel corso della sua storia è stata di nome e di fatto uno «studio terrestre», in anni recenti, con una lucidità filosofica estranea alla stessa filosofia intesa come mera disciplina, ha riconosciuto come ineludibile l’esigenza di una svolta oceanica: non si tratta semplicemente di pensare Oceano dopo aver privilegiato lo studio della terraferma, ma di ripensare radicalmente il rapporto Terra-Oceano e la costituzione stessa del mondo. «Il nostro mondo è un mondo d’acqua» scrivono programmaticamente Jon Anderson e Kimberley Peters

[...] È tempo di ripensare l’idea di pianeta e l’idea di vita a partire da Oceano, al di là dei limiti del pianeta Terra e di tutte le etiche radicate più o meno stabilmente nel suo suolo. Una filosofia del pianeta Oceano non ha dunque nulla a che fare con una semplice «filosofia del mare» o «filosofia dell’oceano» che si limiti a pensare il mare come un aspetto della natura nella sua presunta alterità rispetto alla terra.

Oceano è il mondo, il pianeta ripensato in una dimensione di flusso e divenire al di là del binarismo gerarchico terra-mare su cui si basano il nostro linguaggio e il nostro apparato concettuale terrestri, a partire dall’idea di uomo.

Se il pianeta Terra è l’illusione di un pianeta nostro – a misura d’uomo e del suo potere territoriale – il pianeta Oceano è il pianeta-flusso inappropriabile aperto alla coabitazione cosmica dei viventi tutti. Come scriveva il giurista romano Ulpiano mare quod natura omnibus patet, «il mare per sua natura è aperto a tutti»,10 vale a dire non è suscettibile di appropriazione. Per ripensare il nostro pianeta non è sufficiente il passaggio da un simbolismo a un altro, da una mito a un altro, da Gaia a Okeanós: è necessario misurarsi con ciò che il mito esperisce, con il suo pensiero arcaico e dimenticato, «enigmatico», secondo le parole di Aristotele, più vecchio dell’origine stessa della filosofia, del pensiero presocratico, della mitologia legata agli dèi olimpi, della poesia omerica, della stessa lingua e cultura greche arcaiche e anche dell’indoeuropeo a cui la parola Okeanós non appartiene.

Si tratta di provare a spingersi fino al punto in cui l’esperienza di pensiero aurorale traccia i primi incerti segni, balbetta attraverso più di una lingua il primo nome.

Questo pensiero primigenio è avvolto nel nome misterioso di un’antichissima divinità pre-greca che ha legami con l’Oriente: Okeanós.

Ora, questo pensiero antichissimo pensava il nostro pianeta e i viventi avvolti e immersi nello scorrere di Oceano, inteso come grande fiume di acqua in perenne circolazione e metamorfosi che sale dal mare al cielo per ritornare al mare – che è mare-e-cielo insieme – e attraversa letteralmente, in questo suo ciclo, i viventi tutti, dando origine a tutte le acque: mari, sorgenti, ruscelli, fiumi, laghi. Prima ancora di essere fatti della stessa stoffa dei sogni noi viventi, al di là di qualsiasi distinzione, siamo fatti della stessa carne di Oceano da cui la vita proviene e in cui si mantiene ovunque come in un enorme grembo: quello su cui Stanley Kubrick chiude 2001 Odissea nello spazio.

Come scriveva un commentatore di un testo orfico nella colonna XXIII del Papiro di Derveni: «Se per la maggioranza non è chiaro, per i pochi che sanno è chiarissimo che Oceano è il cielo».

Oceano non è dunque una questione meramente teorica, ma di vita; al limite non è nemmeno una questione: ma un nuovo modo di pensare e vivere la vita.


Tratto da Simone Regazzoni "Oceano. Filosofia del pianeta".


Roma - Fontana di Trevi - Oceano

Trionfo del barocco, ammirata e consumata da milioni di scatti, mantiene intatto fascino e sorpresa. La fontana è dominata dalla statua di Oceano nocchiero delle acque.

La fontana è opera di Nicola Salvi, iniziata nel 1732, le figure allegoriche sono di diversi autori, i tritoni sono di Pietro Bracci (1759-1769)

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