Dopotutto, quello di Delfi non era un oracolo qualunque ma il più importante del mondo, dato che, secondo il mito, si trovava proprio al centro del pianeta.
Fu Zeus, il re degli dei, a liberare due aquile, una verso est e una verso ovest: il punto in cui si sarebbero incontrate, dopo avere circumnavigato il globo, sarebbe stato il centro geografico della terra. E quel punto corrispondeva proprio con Delfi, alle pendici del monte Parnaso, distante un centinaio di chilometri da Atene.
Per segnare il punto esatto, Zeus vi pose una pietra di forma fallica, l’omphalós, che significa per l’appunto ombelico, e lì sorse un tempio dove i sacerdoti avrebbero potuto ricevere i vaticini divini.
Talmente importante era l’oracolo di Delfi che, come testimonia anche Platone, ogni aspetto della civiltà greca, la legislazione, le campagne militari, la costruzione dei santuari, la sepoltura dei morti poteva avere luogo solo dopo un consulto con la Pizia.
Questo nome deriva da un altro mito, secondo cui il dio Apollo lottò con il serpente oracolare Pitone, posto a guardia del santuario di Delfi, allora dedicato a una divinità femminile, lo uccise e con la sua carcassa eresse un nuovo oracolo intitolato a sé stesso. Da allora, le sacerdotesse acquisivano il potere di predire il futuro che, fino a quel momento, era riservato al serpente.
I vaticini avvenivano secondo una modalità molto particolare. Nel santuario esisteva una stanza sotterranea, l’adyton, talmente segreta che non ne esiste nessuna chiara descrizione antica. Al suo interno accedeva la Pizia che prendeva posto su un tripode, un recipiente a tre piedi, e attendeva di cadere in trance. Ancora secondo Plutarco, lui stesso sacerdote nel tempio di Apollo, la donna riceveva le sue visioni grazie a “dolci vapori” che fuoriuscivano dalle rocce. In tempi recenti si è cercato di capire se potessero esistere in zona antiche dispersioni gassose tali da provocare allucinazioni e alterazioni dello stato mentale
[...] Il poeta romano Marco Anneo Lucano, vissuto nel I secolo d.C., conferma che quello della Pizia non doveva comunque essere un ruolo particolarmente ambito, dato che secondo lui le sacerdotesse erano terrorizzate all’idea di entrare nell’adyton, ma vi erano costrette con violenza dai sacerdoti.
Quale che fosse l’origine delle visioni della Pizia, infatti, erano poi loro, i sacerdoti maschi, a trarne i vaticini per chiunque volesse conoscere il proprio futuro. La Pizia, probabilmente stordita, pronunciava parole confuse e incomprensibili, che il sacerdote trascriveva e poi interpretava, inizialmente in versi e poi in prosa, come il verdetto divino richiesto.
E, proprio come i moderni vaticini di veggenti e astrologi, i più riusciti erano quelli sufficientemente ambigui da potere essere interpretati in modi diversi.
Tratto da "Atlante dei luoghi misteriosi dell'antichità" di Francesco Bongiorni e Massimo Polidoro
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Friedrich Dürrenmatt "La morte della Pizia" (1976)
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