Nonostante ci siano giunti ben pochi nomi di sciamane e donne di Sapienza (la Diotima maestra di Socrate sulle cose dell’eros, e Saffo, insieme poetessa orfica e guida spirituale di un tiaso consacrato ad Afrodite, per indicare le più conosciute), abbiamo testimonianze cospicue su cerchie iniziatiche femminili (le Baccanti, sciamane di Dioniso, e le Pizie, sciamane profetiche delfiche), e su feste sacre dedicate a divinità femminili e officiate prevalentemente da donne, come le Afrodisie, le Agrionie, celebrate dalle Baccanti, le Alee e le Arreforie in onore di Atena, le Anteforie, dedicate a Demetra e Persefone, le Artemisie, le Carie e le Brauronie per Artemide, le Koree e le Demetree per Kore e Demetra, e così via.
Tutto questo rinvia a una grande tradizione sciamanica e sapienziale matriarcale precedente il patriarcato, secondo gli studi di Bachofen e Marija Gimbutas e più recentemente di Heide Goettner-Abendroth e Ingrid Straube.
Per i Greci il noûs, già in Parmenide, Eraclito, Empedocle, e poi in Aristotele, Platone, e ancora più tardi in Plutarco, negli Oracoli caldaici e nel Neoplatonismo, è l’intuizione profonda, l’“occhio dell’anima”, il fulcro dell’interiorità individuale che tutto connette e ricompone nel Grande Uno.
È il distillato sapienziale di esperienze – e non percorsi intellettuali – sciamaniche, meditative, contemplative
Tratto da "Negli abissi luminosi Sciamanesimo, trance ed estasi nella Grecia antica" A cura di Angelo Tonelli
Maldalchimia.blogspot.com
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