L'esperienza del divino, il divino che si fa palese, è il fulcro della sapienza greca e il fondamento della mantica. Proprio nell'esame della mantica e del suo contesto, Apollo e Dioniso si rivelano affini e non contrapposti.[xviii] Apollo e Dioniso hanno un punto in comune nell'estasi, appunto nell'esperienza del sacro, che origina il sapere. Anche Dioniso, infatti, è legato alla conoscenza di origine estatica, misterica. Lo rivela il suo ruolo nei misteri eleusini, culminanti in una epopteia, nella visione mistica:
"L'estasi misterica, in quanto si raggiunge attraverso un completo spogliarsi delle condizioni dell'individuo, in quanto cioè in essa il soggetto conoscente non si distingue dall'oggetto conosciuto, si deve considerare come il presupposto della conoscenza, anziché come conoscenza essa stessa. Per contro, la conoscenza e la sapienza si manifestano attraverso la parola, ed è a Delfi che viene pronunciata la parola divina, è Apollo che parla attraverso la sacerdotessa, certo non Dioniso.[xix]". Le due figure divine non sono né opposte né confuse, ma articolare attorno all'asse centrale dell'esperienza estatica.
In sostanza, per Colli la sapienza greca arcaica non era questione di speculazione intellettuale o di elaborazione concettuale di definizioni. L'uomo non conosce, perché esistono limiti che gli impediscono l'incontro con il divino. Ma questi limiti non sono definitivi né irremovibili; al contrario, possono essere trascesi: l'estasi misterica conduce a un momento in cui, venute meno le barriere, l'uomo può avere un'esperienza del divino e quindi accede al sapere.
Apollo e Dioniso, dunque, coincidono in quanto conducono all'estasi.
Poi si pone un problema successivo: manifestare e comunicare la sapienza. È un problema di espressione: da un lato usiamo parole che hanno già un significato quotidiano e consolidato nell'uso corrente, dall'altro dobbiamo esprimere attraverso queste parole standardizzate qualcosa che si lega a un'esperienza inconsueta ed eccezionale.
Allora, le parole abituali, che per il loro uso corrente richiamano oggetti dell'esperienza quotidiana, risultano equivoche e fuorvianti.
Di conseguenza, se occorre esprimersi con parole, sarà necessario fare in modo che esse non abbiano un senso immediato e rapportabile alla loro quotidianità; si ha bisogno di un uso diverso, che obblighi l'ascoltatore ad abbandonare il pregiudizio di conoscere già l'intero significato dei termini impiegati.
Da qui l'espressione basata sul paradosso, sull'enigma, l'apparente incomprensibilità che richiede la mediazione di un interprete. Naturalmente, il paradosso è tale rispetto al senso comune e normale delle parole, legato all'esperienza quotidiana di chi non ha avuto il contatto con l'estasi misterica.
Se guardiamo il paradosso dal punto di vista del senso umano, le sue frasi sembrano sconnesse e non riusciamo a comprenderle: è composto da affermazioni i cui nessi non hanno riscontro nella comune esperienza del mondo.
Ma se si abbandonasse questo significato letterale e lo si guardasse dal punto di vista del dio, o dell'esperienza estatica, il testo del paradosso apparirebbe chiarissimo, semplice e inevitabile.
Pertanto, il paradosso non rappresenta uno spazio al cui interno sta un problema da risolvere, ma piuttosto rimanda a noi stessi come problema: l'uomo non deve capire il paradosso, ma deve capire se stesso. Il paradosso è uno strumento utile per questo compito.
Molto opportunamente, Colli collega questa esperienza estatica allo sciamanismo, in cui rintraccia tanto un elemento apollineo quanto un elemento dionisiaco[xx] e usa lo sfondo sciamanico come chiave di lettura dei noti brani del Fedro, che collegano esplicitamente conoscenza e mania o entusiasmo, nel senso etimologico di essere riempiti della presenza del dio.
Il dio si manifesta nelle espressioni e negli atti dell'invasato, rappresentando il luogo in cui risiede la coscienza umana. Il comportamento anormale dell'invasato, le sue parole sconnesse, non sono frutto di una qualche forma di isteria o di una perdita della lucidità mentale; piuttosto, sono il prodotto naturale del rapporto, pienamente consapevole e lucido, che l'uomo ha instaurato con una realtà eterogenea. Appunto come tale, questa realtà non può manifestarsi, con un comportamento omogeneo a quello quotidiano: lo stesso sciamano, nel momento dell' estasi, è eterogeneo rispetto al mondo dell'esperienza abituale.
Tratto da
GIANNI FERRACUTI " La Sapienza Folgorante" Una lettura di Giorgio Colli (1994) Edizioni Mediterranea
Maldalchimia.blogspot.com
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