All’origine della festa degli innamorati c’è un antichissimo rito pagano di fertilità, su cui la Chiesa cattolica ha successivamente innestato la celebrazione del Santo Valentino, morto martire il 14 febbraio del 273 d.C.
Nel calendario romano, il secondo mese dell’anno prese il nome di februarius, dal verbo februo, “purifico”, proprio perché periodo di rituali di purificazione, in vista della primavera, stagione della rinascita.
In particolare, nella seconda metà del mese, ricorrevano le celebrazioni dei Lupercali, divinità cui il popolo costumava fare sacrifici di espiazione, affinché tenessero i lupi lontani dai campi coltivati. Gli antichi romani, fin dal IV secolo a.C., rendevano omaggio a Lupercus Faunus, nume silvano, cacciatore di ninfe, cui i pastori pagavano tributi di cacio e ricotta affinché li difendesse dai lupi. Le cerimonie rituali in onore di Lupercus Faunus, sposo e fratello di Fauna, incarnazione della Madre Natura, si svolgevano nel Lupercale, la grotta sul Palatino dove, secondo la leggenda, i due pastori gemelli Romolo e Remo erano stati allattati dalla mitica lupa.
A presiedere i riti c’erano i Luperci, sacerdoti di Marte, che sacrificavano una capra (simbolo di fertilità) e un cane (simbolo di purificazione) e con il sangue degli animali battezzavano due fanciulli. I sacerdoti provvedevano infine a scuoiare gli animali sacrificati, indossarne le pelli e mangiarne le carni, per poi uscire dalla grotta correndo per la Via Sacra, armati di lunghe fruste di cuoio ricavate dalla pelle di capro, in cerca di giovani donne da “purificare”.
Secondo alcune fonti si tratta, in realtà, di un rito Pelasgiano, un popolo marino antichissimo riconducibile all’età nella quale, sul Lazio, regnava il dio Saturno (non a caso tutti i latini si chiamano gens saturnia e la stessa Italia, come attestato da Virgilio, terra saturnia).
L’antica festa dei Lupercali evoca l’ombra di Pan, il dio del Panico, figura dionisiaca collegata alla dimensione selvaggia e incontrollabile della natura – ma anche protettore dei pastori e delle selve – che incarna un’ideale di vita primitiva e comunitaria in simbiosi con l’energia panica della natura. Raffigurato con le sembianze di uomo-capra o uomo-lupo trascorre rapido le distanze, salta sulle rocce, si nasconde nei boschi per assalire le ninfe e possederle.
La festa dei Lupercali prevedeva, oltre alla rappresentazione nel Lupercale, anche una lotteria a sfondo amoroso e sessuale: i nomi delle giovani vergini da fecondare e quelli dei giovani aspiranti “uomini-lupo” erano posti in bigliettini dentro due appositi contenitori; i due fanciulli battezzati con il latte durante il rito lupercale pescavano a turno un bigliettino formando così le coppie che avevano a disposizione un intero anno, fino alla nuova celebrazione, per provvedere alla fertilità di tutta la comunità, con la benedizione di Marte, Romolo, Pan, Fauno Luperco e delle “Grandi Madri” romane – Ruma, Rea Silvia, Fauna, Acca Laurentia – incarnatesi nel modello mitico universale noto come “La lupa”.
La festa di Lupercalia è stata soppressa nel momento in cui l’antico calendario romano, istituito da Romolo e revisionato da Numa Pompilio, fu ridisegnato prima da Giulio Cesare – nel calendario giuliano – e – anche se la festa fu temporaneamente restaurata prima da Augusto e poi da Anastasio – infine, definitivamente “occultata” dal calendario gregoriano ancora in vigore.
I padri precursori della Chiesa, infatti, determinati a mettere fine a questa pratica licenziosa, cercarono un santo “degli innamorati” da sostituire all’immorale Lupercus.
Nel 496 d.C., Papa Gelasio annullò questa festa pagana e diede inizio al culto di San Valentino, un vescovo che era stato martirizzato circa duecento anni prima. San Valentino, nato a Terni nell’anno 175 d.C., divenne così il patrono dell’amore e protettore degli innamorati di tutto il mondo. Egli aveva professato la fede cristiana all’epoca in cui il cristianesimo era perseguitato in quanto religione di matrice giudaica considerata nemica del Sacro Romano Impero a tutti gli effetti pagano e politeista. Valentino, che già si era messo in cattiva luce convertendo al cristianesimo il filosofo romano Cratone e suoi tre discepoli, commise il grave peccato di sposare segretamente una giovane coppia di innamorati – una ternana cristiana e un centurione romano – andando contro l’editto dell’imperatore Claudio II – che aveva vietato ai suoi legionari i matrimoni con fedeli cristiane – e che per questo fu giustiziato e, in seguito, fatto santo e commemorato – secondo l’istituzione di Papa Gelasio del 496 d.C. – lo stesso giorno in cui si teneva la festa di Lupercalia.
Narra la leggenda che, poco prima di essere giustiziato, Valentino si rese protagonista di un vero e proprio miracolo reso possibile dalla sua fede in Cristo: il giorno 14 febbraio del 273 d.C., prima di salire sul patibolo, lasciò un bigliettino indirizzato alla figlia non-vedente del suo carceriere, Asterio, di cui si era platonicamente innamorato, che ella, miracolosamente, potè leggere. Vi era scritto: “Dal tuo Valentino”.
Da questo mito deriva l’usanza di scambiarsi messaggi d’amore nel giorno di San Valentino.
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