"Su Candelarzu", il pane Sardo dell' ultimo giorno dell'anno, a forma di disco solare inciso a croce.
Era antica usanza, e si conserva tutt'oggi, in qualche paese del nuorese, che per l'ultimo giorno dell'anno, si preparasse un pane tipico, chiamato "Candelarzu".
Si tratta si una sorta di focaccia tonda, schiacciata, che viene distribuita ai ragazzi lungo le case del paese.
Si andava "a candelare", richiedendo questo pane, suddiviso in quattro quarti, e un misto di dolci e frutta.
Questo pane è molto particolare, perché deve essere di 35 cm di diametro, e deve essere sezionato con una croce al centro, e 4 croci in ogni sezione.
Ognuna di queste porzioni è chiamata "Su cocone".
Ci sono delle apposite filastrocche da recitare durante la questua, e se per caso veniva negata l'offerta, i bambini rispondevano con una sorta di "frastimu", un malaugurio.
Questo è sintomatico di come il rito fosse molto sentito, tanto che i bambini portavano in dono, a chi offrisse loro la candelaria, un rametto di ulivo, considerato da sempre, e in ogni cultura, un albero sacro e portatore di pace.
Molto simbolico specialmente per le ragazze, che davano un nome, il loro nome, e quello del loro moroso, a queste due foglie attaccate ad Y, e le mettevano tra le braci del caminetto, nella cenere bollente.
Se le due foglie si intrecciavano tra di loro, era di buon auspicio.
La Sacralità della pianta di ulivo deriva anche dai racconti mitologici, nei quali si narra che Ulisse intaglio' il talamo nuziale, per lui e per la sua Amata, Penelope, proprio in un grosso albero di ulivo, ritenuto Sacro, simbolo delle Sacre Unioni Ierogamiche d'Anima.
"Su cocone" è particolare, perché ricorda, nella sua suddivisione a croce, e nella disposizione delle 4 croci, la bandiera Sarda dei quattro Mori.
Attualmente Sa Candelaria, si pratica solo ad Orgosolo e Benetutti, dove viene chiamata "su candelarzu".
Il pane viene chiamato anche" sa tundina ", e viene lavorato con pazienza, impastando con calma, semola di grano duro, lievito e strutto.
Questa antica tradizione affonda le radici in Oriente, a Bisanzio, dove il primo gennaio di celebrava la feste delle candele con una grande mascherata.
E la festa, non è soltanto la questua dei bambini, la mattina del 31 dicembre, ma è anche la festa degli adulti, che di sera festeggiano "su Cocone", passando nelle case di novelli sposi, e autoinvitandosi per un brindisi, festeggiando sino alle prime luci dell'alba e cantando una filastrocca beneaugurante.
Questo pane bianco, dai bordi frastagliati come un sole, è buonissimo.
È molto interessante questa suddivisione a croce, in un pane circolare che sembra un sole.
Questo cerchio della vita che nell'antica tradizione induista, viene chiamato Pasha, il nodo fatto con la corda che Shiva tiene nella sua mano destra inferiore.
Assomiglia all'Ank egizio e sta a simboleggiare il lingham e la yoni.
Quando Shiva è nella forma di Mahayoghi, l'Asceta Supremo, il Pasha perde il suo significato fallico per assumere quello di "porta stretta" che conduce al Regno dei Cieli.
Allora esso è la Croce nel Cerchio, equivalente alla Croce Ansata egizia, quella sulla quale debbono essere crocifisse le passioni umane se si vuole attraversare la porta stretta, il cerchio ristretto che si dilata all'infinito, non appena l'uomo interno ne ha superato la soglia.
I quattro punti della croce rappresentano la successione, la nascita, la morte e l'immortalità.
Era la croce, sulla quale si adagiavano in un sonno profondo, nel sonno di Siloam, per tre giorni e tre notti, prima di essere esposti al sole purificatore e rinnovatore di vita, come dei risorti.
Si risvegliava il "Sole/Spirito interiore", che illuminava l'uomo appena nato.
Questa connessione con il Sole, fin dall'antichità, fin da quando veniva indicato con una svastica uncinata e quattro punti nelle sue quattro sezioni, risale fin dai tempi antichissimi, e secondo me, l'evoluzione naturale è stata la bandiera dei quattro Mori, con quattro sezioni.
Forse i 4 Mori erano gli antichi Falasha, gli Ebrei neri, gli Iniziati, i discendenti di Menalik, figlio del re Salomone e della regina di Saba ( la Sapa/saba, è una brelibatezza tutta Sarda), gli stessi della tribù di Dan, gli antenati degli Shardana.
Potrebbe essere un'ipotesi. Leonardo Melis ne ha seguito le tracce.
Un simbolo, questo della Croce e del Cerchio insieme, che troviamo anche nell'antica tradizione del nostro Carnevale Sardo, che è portata ancora oggi, in processione dalla figura de S'Urtzu di Seui ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/il-grembo-alchemico-delle-maschere.html?m=0)
"Da notare come nel Carnevale di Seui, S'Urtzu, porta come simbolo, durante la rappresentazione, la croce celtica ,il significato più comunemente assegnato a questo simbolo è quello solare, unito ad un significato di tramite e collegamento tra mondo terreno e mondo celeste, dovuto al fatto che sovente l'asse orizzontale viene ricondotto alla rappresentazione della dimensione terrena mentre quello verticale alla dimensione celeste"
Io, dal mio punto di vista continuo a seguire l'evoluzione "Sole/croce/tau/taurino/uterina"
Che mi porta sempre lì.
La Y della Stirpe Regale degli iniziati del Sole
E nei nuraghi è frequente questa conformazione, a croce, interna
Anche il segno della croce, non è di provenienza cattolica e cristiana.
Era di tipo esoterico/cabalistico.
Rappresentava l'opposizione e l'equilibrio quaternario degli elementi.
Il Padre Nostro, era in origine in due modi.
Uno riservato ai sacerdoti e gli iniziati, e l'altro per i neofiti e i profani.
L 'iniziato, portando la mano alla fronte, diceva:
"A te(mano sulla fronte)
appartengono
il regno(mano sul petto)
la giustizia(spalla sinistra)
e la Misericordia" (spalla destra)
Quindi, si congiungevano le mani e si diceva "per il cicli generatori" .
Quindi, aveva un alto valore simbolico.
La Chiesa si è semplicemente impossessata di questo bellissimo e simbolico simbolo gnostico che non le apparteneva, distorcendolo nel significato primario.
E sono felice di vedere questo antico simbolo, ancora commemorare nrl pane del 31 dicembre, nel "Candelarzu" della rinascita, a cui farà eco, tra un mese la festa de Sa Candelora, della luce della rinascita dopo il buio dell'inverno.
Un pane che ci ricorda che il sole c'è sempre, è dentro noi
Un'ostia primordiale, un pane da offertorio.
E rinnegarlo, negarlo attraverso la mancata offerta ai bambini che chiedono le offerte di casa in casa, merita un "frastimo", una maledizione
"che non possa arrivare a vedere l'alba del giorno dopo" .
Chi non si risveglia, merita questo.
Di vivere come uno zombie.
Concetto quanto mai attuale.
Gli Antichi Sardi conoscevano bene l'importanza del risveglio interiore, dell'uomo solare divinizzato.
Stavano sulla Tau.
Sul Taurino/Uterino, che li iniziava ai grandi Misteri.
Poiché solo l'Energia Maschile e Femminile insieme consentono l'accesso ai Misteri degli Antichi Iniziati .
Il culto di Shiva e della sua "Shivedda", come scrissi in uno dei miei primi post, intendendo "Scivedda", come luogo uterino, grembo, dove lievita l'impasto e la vita, con i suoi Lingam e Yoni, è filosoficamente troppo elevato, nonostante le due degenerazioni moderne, per poterlo considerare solo un simbolo fallico.
Ma questo, gli antichi Sardi, lo sapevano benissimo.
Tiziana Fenu
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Approfondimenti sull'offerente "Barbetta", che porta in dono del pane
https://maldalchimia.blogspot.com/2022/09/faraonebarbetta_1.html?m=0
https://maldalchimia.blogspot.com/2022/09/approfondimento-faraonebarbetts.html?m=0
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