Da una segnalazione di un mio contatto, che ringrazio di cuore, il signor Luciano Ladinetti, che mi ha indicato un luogo, che non conoscevo, vicinissimo ad Alghero, ricco di magia e di storia, chiamato la Fonte di Cantar.
La struttura è sicuramente antica, ma di certo, ci hanno messo mano in epoca più recente. Mi sembra comunque che sia un luogo importante per la ritualistica riguardo il culto dell'acqua, perché ci sono vasconi e non solo la fonte coperta.
Ho letto che si narra che fu un dono del dio Nettuno/Poseidone alla figlia, la principessa Cantar.
Considerando che abbiamo anche le stupende grotte di Nettuno, proprio in zona, e che Nettuno/Poseidone era considerato il re di Atlantide, ci può stare, come memoria storica, un luogo Sacro anche per la figlia di questo re.
Questa fonte, potrebbe essere stata, almeno inizialmente, una Domu de Jana, con l'acqua che sgorgava dalla roccia.
Sulla ninfa Cantar, con questo specifico nome, non ho trovato niente, ma ho trovato una cosa interessante, poiché credo che si tratti della stessa Cantar.
Canente è un personaggio della mitologia romana chiamata così perché tra tutte le ninfe eccelleva nel canto. Era figlia del dio Giano e della ninfa Venilia (oppure, secondo altre fonti, figlia di Giano e di Stampisi, essendo Canente un altro nome di Venilia)
Venilia era considerata come una ninfa della cerchia di Nettuno o la identificano addirittura come Venere.
Appena fu in età da marito, andò sposa al laurentino Pico, prescelto fra tutti. Era di rara bellezza, ma ancor più rara era l’arte con cui cantava, per cui fu detta Canente: era capace col suo canto di animare le pietre e i boschi, di ammansire le bestie feroci, di fermare i fiumi in piena e di trattenere gli uccelli errabondi.
Ma Pico fu trasformato dalla maga Circe, in un picchio, perché la rifiutò, e Canente ne morì di crepacuore sul letto del Tevere.
Ma si parla anche del fatto che Canente aspetto' il suo sposo, invano, a Tartesso.
Ora, ritorna con il fatto che "Cantar era figlia di Nettuno", o nipote, in questo caso. Ma si sa, che nelle tradizioni popolari, i racconti subiscono distorsioni.
Da Canente, può essere diventata Cantar, come nome più popolare, legato al canto, più facile.
C'è il fatto che sia figlia di Giano, e ho scritto mille volte, che Giano, signore dei solstizi, è una derivazione di Jana, la Custode ancestrale dei solstizi, perché tutte le Domus de Janas sono orientate ai solstizi.
Inoltre questa fonte, sembra proprio incastonata in una Domus, come se fosse comunque una sorta di Santuario, magari dedicato a queste Janas/ninfe.
Poi c'è il fatto che si nomini Tartesso, dove la ninfa Canente aspettava invano il suo amato Pico.
Tartesso, si dice, in molti lo attestano, che fosse in Sardegna.
Ma c'è anche un ultimo particolare.
Se non ricordo male, prof Casula, docente universitario di Storia della Sardegna, aveva detto che anticamente il Tevere, quando le terre erano unite, passava per la Sardegna.. Quindi ritorna con il fatto che Canente è andata a morire di dolore lungo il Tevere.
Le informazioni riguardo questa narrazione "mitologica", le ho prese da questo sito, che riporta la narrazione tratta da Ovidio, "Metamorfosi", 14: 320-434
https://lartedeipazzi.blog/2017/04/05/ovidio-la-storia-di-pico-e-canente/
Ci sono dei passi interessanti.
"Febo, tramontando aveva mandato gli ultimi bagliori sulle spiagge di Tartesso, e invano gli occhi e il cuore di Canente avevano atteso lo sposo".
Febo è un eponimo del Dio Apollo, che simboleggia il sole.
Con questa frase, si fa capire che Tartesso magari si trova ad Occidente, ad ovest, dove tramonta il sole, magari rispetto al Lazio, il luogo di origine di Canente e di Pico, il suo sposo, figlio di Saturno, e re nelle terre d’Ausonia.
"Il suo animo era pari alla sua bellezza: ancora non era arrivato a vedere quattro di quelle gare che si tengono ogni quattro anni nell’Elide greca, e già incantava col suo volto le Driadi nate tra i monti del Lazio, e faceva innamorare le dèe delle fonti, le Naiadi"
Pico, dunque, re del Lazio, dove sappiamo che erano presenti anche i nostri Antichi Padri, che si erano estesi un po' ovunque, da abili navigatori quali erano.
Interessante notare, come la figlia/moglie di Pico, Fatua, sposò Fauno, e diede il suo nome alle Fate.
Fatua era la dea della pastorizia e della fecondità, chiamata anche Bona Dea, con caratteri quindi di salutifera, protettrice di luoghi, identificata con Demetra, Proserpina, Ecate sottolineo, che proprio queste tre dee, in particolare, sono legate simbolicamente, ai solstizi, quindi lo è anche Fatua), Semele, Afrodite, Igea, Medea, Ops, Maia.
Forse è per questo motivo, che da un certo momento in poi, le Domus de Janas, in ambito mitologico greco-romano, vennero chiamate le "case delle Fate", visto che la Sposa ufficiale di Pico, Canente, è figlia di Giano.
E Giano, è una derivazione mitologica di quella che era una funzione delle antichissime Domus de Janas, porte alchemiche solstiziali, per la trasmutazione e guarigione.
"Jenna", è "porta", in sardo, e nel caso delle Domus, è intesa come porte solstiziali.
Ma dei solstizi, parla anche questo racconto mitologico legato alla ninfa Canente, perché ad un certo punto della storia, la maga Circe, che si innamora di Pico( ma non contraccambiata, lo trasforma in un picchio), invoca la Dea Ecate, in suo soccorso, per creare oscurità e scompiglio, che è la dea custode dei Solstizi, della quale ho già approfondito ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/06/dea-ecate-solstiziale.html?m=0).
Questa antica e bellissima fonte della Dea Canente, mi sembra, che nella sua narrazione mitologica, offra degli spunti interessanti, legati alle nostre antiche Domus De Janas, offrendo anche, probabilmente, una giustificazione al fatto, che vengano arbitrariamente chiamate "case delle Fate", nome risalente alla figlia di Pico, Fatua.
Fatua, che, tra l'altro, aveva il dono di predire il futuro e di far parlare i neonati alla loro nascita.
Il dono del suono, quindi, della parola, de "su nai"
Del dire.
Janas
Sanaj( letto al contrario, come si leggevano le lingue antiche)
Sanai( "guarire" in sardo)
Sa nai, la "nave", in sardo, la nave alchemica simbolo di trapasso, di salvezza, di grembo, di cui è chiaramente rappresentata nei soffitti di alcune delle nostre più belle Domus de Janas, la carena delle imbarcazioni
Da un mio post ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/01/le-domus-de-janas-non-sono-capanne.html?m=0)
"Nelle Domus de Janas, c'è la dimensione de su "sanaj" (del guarire"), che è una parola speculare a "Janas", visto che nelle lingue antiche si scriveva da destra a sinistra, e la dimensione de "Sa nai"( la nave, in sardo), come simbologia alchemica del grembo che traghetta nell'altra dimensione.
Ma anche per quella koine' concettuale è simbolica del gemellare e speculare, di cui ho già approfondito nei miei precedenti post, di cui è pregna la spiritualità della nostra Antica Civiltà Sarda.
Ma vi è anche la simbologia del potere terapeutico del suono.
De "su nai", del "dire".
Il potere terapeutico della frequenza, del suono, che si crea proprio nella cassa toracica, quella che in sardo chiamiamo "Sa carena", lo scheletro per esteso, ma riferito in particolare alla cassa toracica.
E la carena, è proprio il fondo della barca.
Quindi, nessuna capanna.
Rappresenta lo sterno, il fondo della barca rovesciata.
Lo sterno dove, come Giona nel ventre della balena, può manifestarsi nella sua trasmutazione alchemica, dopo tre giorni( e il numero 3 è sempre presente nelle Domus) e andare incontro alla sua missione.
Lo sterno, che accoglie i polmoni, sede dell'afflato divino che dona la vita.
Lo sterno che accoglie il cuore.
Lo sterno, cassa toracica che espande il suono, la frequenza terapeutica, che può guarire"
Ci sono tanti rimandi, in questa Antica narrazione di Ovidio, che riecheggiano e trovano un perché, anche nella nostra Antica Civiltà Sarda.
Possono essere solo coincidenze, ma sicuramente, questa fonte di Canente, è stata edificata a ridosso di una Domu de Jana, con tutta la simbologia che comporta, e che spiega anche alcuni aspetti, come la denominazione di "casa delle Fate", che non si è mai capito da dove sia saltata fuori, e che niente ha a che fare, con la vera simbologia delle Domus e delle Janas.
Un grande luogo di culto legato alle acque, sicuramente, visto i vari vasconi e il collegamenti tra loro.
Ringrazio ancora il signor Ladinetti, sempre attento lettore e osservatore, per la condivisione di questo luogo magico che non conoscevo, perché mi ha dato modo di approfondire a riguardo e trovare nuovi spunti di riflessione.
Tiziana Fenu
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