22 Maggio, celebrazione di Santa Rita da Cascia.
Santa Rita da Cascia nacque nel 1381.
L’anno non è certo, ma è il più accreditato in base a un ragionato calcolo del tempo, partendo a ritroso dalla morte, avvenuta il 22 maggio 1457 e in base a scrupolosi test tanatologici, che dimostrano che Rita visse una settantina di anni.
Inoltre il 1381 è l’anno indicato anche dai Bollandisti, il celebre collegio di dotti Gesuiti belgi che dal XVII secolo fu preposto all’edizione degli Acta sanctorum (trattazione scientifica della vita dei santi, ordinata giorno per giorno secondo l’ordine del martirologio e la pubblicazione dei documenti storici fondamentali dell’agiografia).
Questa stessa data sarà ripresa nella Lettera apostolica di Leone XIII (1810-1903) del 24 maggio 1900, quando sarà canonizzata.
Con sant’Agostino, Rita potrà affermare: «Fin dalla mia più tenera infanzia, io avevo succhiato col latte di mia madre il nome del mio Salvatore, Tuo Figlio; lo conservai nei recessi del mio cuore; e tutti coloro che si sono presentati a me senza quel Nome Divino, sebbene potesse essere elegante, ben scritto, ed anche pieno di verità, non mi portarono via» Spiritualmente parlando, santa Rita avrà molto in comune con il Dottore della Chiesa nativo della Numidia: il loro titanico e calamitante amore per Dio fu espressione di una poesia ineffabile che sgorgò dalle loro anime, poesia che il primo poté esprimere con sublimi pagine filosofico-teologiche e che la seconda manifestò con la sua vita imbevuta di misticismo.
Rita sarà pienamente agostiniana. «Predestinata» (come solitamente lo sono i mistici della storia della Chiesa) fin dal concepimento, intorno alla neonata Rita si librano fatti inusuali e prodigi: l’iconografia ci mostra una bimba nella culla, con una nuvola di api che le ronzano intorno… ma esse non le procurano alcun danno e neppure disturbo.
Si tratta dello stesso genere di api che ritroviamo oggi a Cascia nel monastero di Santa Rita.
Abitano celle singolari: quando si entra nel chiostro si scorgono numerosi fori sui muri, in realtà in essi si annidano api vellutate, rotonde, paffute, prive di pungiglione, che non hanno alveare, non producono miele, non esistono in nessun luogo al mondo, ma che da cinque secoli si riproducono nel chiostro quattrocentesco e sono libere una volta all’anno, dalla settimana Santa al giorno della festa di santa Rita, il 22 maggio.
Sono state studiate scientificamente, ma nessun entomologo ha trovato esemplari simili in altri luoghi della Terra.
La testimone suor Anastasia di Bartolomeo di Avendita, entrata in monastero nel 1580, presentò ai commissari una tela ritenuta assai
antica, forse pitturata subito dopo la morte di suor Rita. In questa tela sono rappresentate scene della vita e dei miracoli della «Santa degli impossibili», come quella in cui era raffigurata tra i suoi santi protettori (san Giovanni Battista, san Nicola da Tolentino, sant’Agostino), ma anche quella con le api che entravano e uscivano dalla bocca della piccola. Ella era rappresentata con cinque api bianche, come le cinque piaghe di Cristo, quasi premonizione che «in vita sua havesse da esser punta come da una pungente spina amorosa e soave della corona di Gesù Cristo» Nella cristianità medioevale le api e l’alveare rappresentano la perfezione, il modello ideale di vita monastica.
Esse riconducono alla verginità: soltanto l’ape regina si riproduce, tutte le altre operaie rimangono integre.
Rita avrebbe desiderato consacrarsi a Dio, ma fu tenuta, per obbedienza, a sposarsi con un marito difficile, poi, rimasta vedova, dopo mille tribolazioni riuscì a coronare il suo sogno di divenire sposa di Cristo.
Rita, anima illibata, l’ape del Signore, dal cuore puro, innocente e limpido.
Api come premonizione della stigmate in fronte, come anticipazione della scelta monastica di Rita, come preludio di un’esistenza prodigiosa, ma anche come inizio di una sequela di fatti miracolosi.
Il primo avvenuto proprio in culla: un contadino mieteva in un campo dove si trovava anche la piccola Rita, ma a un certo punto si tagliò profondamente una mano con la falce.
L’uomo perdeva molto sangue e stava per lasciare il luogo in cerca di soccorso, ma passando accanto alla bambina si avvide che delle api ronzavano sul viso di Rita. Si fermò e con la mano cercò di scacciarle.
Queste, con grazia, si allontanarono in una sorta di danza, mentre il contadino nel ritrarre il braccio constatò che lo squarcio si era rimarginato del tutto.
Fu così che al prodigio delle api si sovrappose la prima guarigione operata da Rita. L’evento acquistò, quindi, una connotazione profetica, annunciatrice di quei poteri taumaturgici dai quali sarebbe dipesa, in futuro, la guarigione di tanti devoti.
Tratto da: Cristina Siccardi "RITA DA CASCIA La santa degli impossibili" La Fontana di Siloe Editore
Nell'immagine *Il prodigio delle Api, Cappella Della Sacra Urna* (Basilica di Santa Rita).
Maldalchimia.blogspot.com
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