XIII — Ed è così che faremo — affermai —. Dimmi, non sostieni anche che è senza dubbio giusto obbedire ai governanti?
— Sicuro.
c — Ma nel proprio Stato è forse infallibile chi governa, o può anche sbagliare?
— Sicuro — disse — che può sbagliarsi.
— Così, dunque, quando i governanti si mettono a far delle leggi, alcune ne istituiscono bene ed altre no?
— Ritengo di sì.
— Ma fare delle buone leggi significa però istituire ciò che a loro stessi torna utile, mentre farne di cattive ciò che loro è nocivo? Non è questo che pensi?
— Sì. — Ma ciò che essi hanno istituito, questo i sudditi sono obbligati a fare, ed è in questo che consiste la giustizia?
— Come no!
d — Ed allora secondo te è giusto non soltanto fare ciò che giova al più forte, ma anche l’opposto, ciò che al più forte non giova.
— Ma che vai dicendo?— disse.
— Quello che tu stesso dici, mi sembra; ma guardiamo meglio. Non eravamo rimasti d’accordo che talvolta i governanti, nel comandare certe cose ai proprii sudditi, s’ingannano su quello che sia il loro più vero interesse, e che, d’altra parte, per i sudditi è giusto compiere ciò che i governanti comandano loro? Non era così che avevamo concluso?
— Credo di sì — disse.
e — Ed allora — continuai — anche questo hai riconosciuto, che è giusto far delle cose che nuocciono ai governanti ed ai potenti, quando, senza volerlo, i governanti dànno ordini contrari al proprio interesse, ché, secondo te, è giusto che i sudditi eseguiscano gli ordini di chi li comanda. Ne segue, dunque, saggissimo Trasimaco, che il giusto consiste nel fare proprio l’opposto di ciò che dici tu? Eh sì, perché si ordina ai più deboli di fare il danno dei più forti.
— Sicuro, per Zeus, o Socrate — esclamò Polemarco — ma è chiarissimo!
Tratto da "La Repubblica" di Platone
Maldalchimia.blogspot.com
Matteo Arfanotti Artist "la Giustizia"
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