È per questo che la parola compassione generalmente ispira diffidenza; designa un sentimento ritenuto mediocre, di second’ordine, che non ha molto a che vedere con l’amore.
Amare qualcuno per compassione significa non amarlo veramente.
Nelle lingue che formano la parola compassione non dalla radice «sofferenza» (passio) bensì dal sostantivo «sentimento», la parola viene usata con un significato quasi identico, ma non si può dire che indichi un sentimento cattivo o mediocre.
La forza nascosta della sua etimologia bagna la parola di una luce diversa e le dà un senso più ampio: avere compassione (co-sentimento) significa vivere insieme a qualcuno la sua disgrazia, ma anche provare insieme a lui qualsiasi altro sentimento: gioia angoscia, felicità, dolore.
Questa compassione (nel senso di soucit, współczucie, Mitgefühl, medkänsla) designa quindi la capacità massima di immaginazione affettiva, l’arte della telepatia delle emozioni. Nella gerarchia dei sentimenti è il sentimento supremo. Quando Tereza aveva sognato di infilarsi gli aghi sotto le unghie, si era tradita, rivelando così a Tomáš di aver frugato di nascosto nei suoi cassetti. Se glielo avesse fatto un’altra donna, lui non le avrebbe mai più rivolto la parola. Tereza lo sapeva e perciò gli aveva detto: «Cacciami via!». Ma lui non solo non l’aveva cacciata via, ma le aveva preso la mano e le aveva baciato la punta delle dita, perché in quell’istante sentiva lui stesso il dolore sotto le unghie di lei, come se i nervi delle dita di Tereza fossero collegati direttamente al suo cervello.
Chi non possiede il dono diabolico della compassione (co-sentimento), non può che condannare freddamente il comportamento di Tereza, perché la vita privata dell’altro è sacra e i cassetti con la sua corrispondenza intima non si aprono.
Ma dal momento che la compassione era diventata il destino (o la maledizione) di Tomáš, gli sembrava di essere stato lui stesso a inginocchiarsi davanti al cassetto aperto della scrivania e a non poter distogliere gli occhi dalle frasi scritte da Sabina. Egli capiva Tereza e non solo era incapace di arrabbiarsi con lei, ma le voleva ancor più bene.
Tratto da "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Milan Kundera
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