Giornata internazionale dell'acqua.
Le Dee che venivano dal mare.
Due Veneri a confronto, molto simili.
A sinistra, la Venere di Kostienki, che è una scultura datata approssimativamente tra il 23.000 a.C. e il 21.000 a.C., appartenente all'arte preistorica, in particolare al periodo aurignaziano all'interno del Paleolitico superiore, ritrovata presso il sito archeologico " Kostyonki-Borshchyovo ", situato nella città di Kostienki, all'interno del distretto di Voronezh Oblast (Russia).
Attualmente si trova al Museo dell'Ermitage, San Pietroburgo, Russia
A destra, la Venere di Willendorf, che risale a circa il 23.000-19.000 a.C. e non fu prodotta nella zona di ritrovamento. L’archeologo Josef Szombathy rinvenne la statuetta nel 1908, sepolta in un sito archeologico risalente al paleolitico nei pressi di Willendorf in der Wachau, in Austria.
Attualmente esposta al Vienna, Naturhistorisches Museum.
Alcune veneri russe presentano delle caratteristiche che le rendono particolarmente simili alla Venere di Willendolf. Come la venere austriaca, hanno un seno molto gonfio ed i fianchi larghi e la pancia pronunciata. Il volto e le braccia sono appena accenati, i piedi non sono rappresentati. Sulla testa, anch'essa inclinata in avanti, probabilmente vi è rappresentato lo stesso copricapo. L'unica differenza è la fascia, o cintola, che corre intorno al seno ed alle spalle.
Forse una decorazione, o una veste leggera, perché presenta una decorazione anche intorno al braccio, sopra il gomito(o forse è un bracciale), e una serie di scanalature lungo il fianco, come se fossero pieghe.
Su altre statuine sono riconoscibili le rappresentazioni di braccialetti e collane.
Hanno entrambe una tipologia fisica che si definisce “fisico femminile steatopigo”. Deriva da un termine scientifico che indica la tendenza ad accumulare il grasso corpereo sui glutei e sulle cosce, indicativo di fertilità, di abbondanza, di protezione per il ventre, per i piccoli che si portano in grembo.
Entrambe misurano 10/11 cm. Piccole statuine dalle dimensioni ridotte, probabilmente perché in quel periodo l'uomo era fondamentalmente nomade, e portava con sé gli oggetti di un certo valore ritualistico, che auspicavano abbondanza e fertilità anche nella caccia.
Mi colpisce molto la rappresentazione plastica di queste due Veneri, così simili.
Mi chiedo perché siano state rappresentate senza la parte inferiore delle gambe.
Nella statuina di Willendolf, si vede chiaramente che è stata creata proprio così, che le gambe non si sono spezzate successivamente.
E poi, mi incuriosisce il copricapo, o capelli che siano. Copricapo evidente soprattutto nella Venere di Kostienki, che presenta decorazioni come su una base intrecciata sulla cui parte anteriore erano agganciati fili di perline o trecce di pelle cucite con applicazioni(lo si può vedere per l'esistenza di file lineari di intagli).
Sette giri. Un numero simbolico. Su cui ritorno dopo.
Comunque sia, che sia acconciatura o copricapo, mi colpisce il fatto che copra quasi tutto il volto.
Teniamo presente che la rappresentazione del volto non era poi così importante, per queste Veneri neolitiche. Si enfatizzava soprattutto la loro capacità riproduttiva, attraverso la morbida e abbondante volumetria del seno, dei fianchi e glutei, e la capacità di garantire una discendenza.
Sostanzialmente, nell'insieme, sono due figure, che schematizzate geometricamente, sono a forma di rombo, con un cerchio centrale nella zona dell'addome.
Rombo che richiama la vulva. Una prorompente femminilità enfatizzata proprio dalla vulva esposta in particolare dalla Venere di Willendolf.
Ma il fatto di essere state rappresentate senza piedi, senza la parte inferiore delle gambe, mi fa pensare ad un'altra cosa, e qui ritorno al numero sette.
Tra i tanti significati simbolici ed esoterici( 7 Pleiadi, 7 chakra, ecc.. ), il numero sette è connesso al mare e al Dio Nettuno. Nella cosmogonia cubana, è il numero di Yemaya, colei che crea, madre della vita, Dea che governa le acque degli oceani, dei mari e dei fiumi, si ritiene che la sua vita abbia avuto inizio nel mare, e si crede che tutta la vita sia iniziata con Yemaya, madre amorevole simbolo di fer*tilità.
Un numero sette, che è chiamato anche "la luna sepolta", una Dea che si muove nell'oscurità, ma che domina anche il mare, così come fa la luna che influenza le mareggiate. .
In questo senso mi ricorda la Venere di Botticelli, che nasce dalle acque.
E, forse può essere, che queste due Veneri, senza piedi, senza la parte inferiore delle gambe, con la testa china in avanti, quasi protese, con i "capelli/copricapo" bagnati che scendono sul volto fino a coprirlo, rappresentino proprio delle Dee che simboleggiano l'acqua, il loro elemento naturale, come se ne stessero emergendo, tenendosi i seni come per "strizzarli" dall'acqua.
Non hanno la posa tipica delle statuine femminili successive, riprodotte nell'atto di tenersi entrambi i seni, da sotto, per offrirli per nutrimento.
Inoltre la mancanza di piedi sarebbe giustificata dal fatto che immerse in acqua, almeno fin sotto al ginocchio, le estremità non si vedono.
Sono due Dee totalmente immerse nella loro sovranità, nella loro regalità.
Imponenti, maestose. Le Dee dell'acqua, del liquido Amniotico, della Memoria, del Sacro Archetipo Ebraico Mem, le acque cosmiche primordiali, dell'immortalita'. Raccolte in sé stesse, perfette nella loro volumetria a rombo.
Come una grande vulva cosmica. Come due triangoli uniti per la base. Come le due polarità, maschile e femminile, in sinergia creativa in questa Venere, di acqua e di terra, di accoglimento, riproduzione, di frutti e abbondanza. Due Veneri meravigliose, pure, sfrontate, integre. Opulente nell'energia, nel mostrare il loro potere sovrano, quello di creare.
La loro conformazione a rombo, oltre che rappresentare la vulva, è la rappresentazione schematizzata della Nun, quattordicesimo Sacro Archetipo Ebraico, con funzione "trasformazione".
Il grande Mare archetipale cosmico, dal quale si genero' il tutto, e che, geometricamente è un rombo, e, nella Geometria Sacra, è il simbolo base, la Vesica Piscis, del Fiore della Vita.
Vesica Piscis che indica, appunto, sinergia degli Opposti, di cui è custode il Femminino.
Un Archetipo ancestrale, di questo Femminino, simbolo del mare, della Vesica Piscis, è sicuramente la Dea Ninḫursaĝ,
della quale avevo già approfondito( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/11/statuina-oannes-neo-sumera.html?m=0).
La "Signora maestosa", la dea che plasmò gli uomini dall'argilla.
E l'argilla si plasma con l'acqua.
Creatura di mare, archetipo di creatura marina civilizzante, portatrice di Sophia.
Figura archetipale ancora prima degli Oannes.
Ninḫursaĝ
Parola in cui si fondono la Nin/Nun e la Nur, acqua e fuoco, in sinergia per queste potenti Demiurghe archetipali.
Tiziana Fenu
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