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https://maldalchimia.blogspot.com/2023/04/simbologia-domenica-delle-palme.html?m=0
Simbologia della Domenica delle Palme.
Grano, vite, ulivo, palme.
Celebrazione della Domenica delle Palme, una ricorrenza molto sentita anche in Sardegna, in quanto l'arte dell'intreccio, di palme e cestini, è una tradizione millenaria in Sardegna.
Nel 1570, il Messale romano fissa ufficialmente la concessione, per la Domenica delle Palme, di portare in processione e durante la celebrazione della messa, delle Palme intrecciate e dei rametti di ulivo
"Sa filadura de Prama" diventa parte della tradizione religiosa sarda, con tutta la simbologia complessa e articolata, ad esse connessa: il pesce, la croce, la pigna, la stella, l'anello, il cuore, il chiodo, il giglio, la scala, la spiga...
Tutti simboli antichissimi che ritroviamo in questi intrecci elaborati, eseguiti da mani sapienti, come potete vedere da un vecchio documentario girato ad Olzai, che testimonia questa antica maestris
( https://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=54).
Ma la palma e l'ulivo, simbolo dell’ingresso di Cristo a Gerusalemme è presente in tutti e quattro i Vangeli.
L’episodio rimanda alla celebrazione della festività ebraica di Sukkot, la “festa delle Capanne”, in occasione della quale i fedeli arrivavano in massa in pellegrinaggio a Gerusalemme e salivano al tempio in processione. Ciascuno portava in mano e sventolava il lulav, un piccolo mazzetto composto dai rami di tre alberi, la palma, simbolo della fede, il mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e il salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli, in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40).
Mirto, palme e olivo sono sempre stati presenti in Sardegna.
L'olio, è presente, non solo come prodotto purissimo dell'ulivo, ma anche con quella ancestrale connotazione sacrale e cerimoniale di amplificazione e magnificazione della ierofania che si riflette attraverso l'acqua ( pozzo o catino nelle Domus de Janas), che simboleggia la manifestazione del Divino, e che fa da antecedente primordiale alla nostra radicata usanza de "Sa mexina de s'ogu".
Se pensiamo alla palma, qui in Sardegna, pensiamo subito ad un luogo Sacro quale è Mont'e Prama, il tempio dei nostri Giganti di Mont'e Prama.
Ma come ho già avuto modo di scrivere, il concetto di Palma, di "Prama", va molto oltre la palma fisica di per sé.
Per gli Egizi la palma rappresentava la Bellezza, l'Armonia, la fecondità.
Era rappresentata dalla Dea Hator, la grande Mucca celeste che creò il mondo e il Sole.
La Dea Hator è rappresentata come colei che versa l'Acqua di Vita al defunto, al di sopra di una palma.
"Siedero' in un luogo puro tra le foglie della palma dei datteri della Dea Hator"( tratto dal Libro dei Morti egizio).
Hator
Sator /S'ator.. E tanto altro ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/04/il-menat-portale-alchemico-dei-pozzi.html?m=0)
Palme che simboleggiano l'immortalità, che come un albero della vita, collegano cielo e terra.
Ma la palma era anche l'immagine della Dea Tanit, rappresentata con una palma e due serpenti.
E soprattutto la palma veniva usata, secondo le rappresentazioni egizie, dal Dio Anu*bis, Dio della morte, per guidare le Anime nel Regno dei morti.
Ma la parola "prama" è molto simile alla parola "prana", parola sanscrita che significa "respiro della vita, respiro immortale" , importantissimo per mantenere in equilibrio psiche e corpo, e nel gestire e dominare emozioni come rabbia, sofferenza, frustrazione.
Pa'ura.
Paura come "sa sprama" appunto., in lingua sarda.
Due parole così simili "prama/sprama", e opposte.
Dei Giganti di pietra che si ergono maestosi al di sopra delle altezze delle palme che dominavano la zona, in segno fiero e superbo di dominanza di quell'emozione di paura ("sa sprama" ) che prende gli umani al momento del tr*apasso nell'altro mondo,( visto che Mont' e Prama)è una necropoli, quindi luogo di riti funebri.
Si ergono al di sopra delle stesse palme, simboli di immortalità, di collegamento tra cielo e terra, usate da Anubi per favorire il passaggio nel mondo dei morti.
Si ergono talmente al di sopra da diventare essi stessi delle divinità, come la Dea Hator, la grande mucca celeste, creatrice del mondo e del Sole. Ma anche colei che è portatrice di latte, nutrimento, vita, di "spremitura/sprema/sperma".
Per questo motivo, è anche per indicare la complementarietà con l'energia femminile, uno dei Giganti di Mont'e Prama, è rappresentato con il meato uretrale in vista, ricco di simbologia ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/01/la-regalita-dell-ur.html?m=0)
Spermatozoo dal greco "sperma-atos" che significa "seme"
Dove quell'atos è troppo simile all'Hator della Dea del latte nutriente, e dove lo si ritrova, guardacaso , proprio uguale a quel Dio Atos, un gigante della mitologia greca, in continua lotta con Poseidone, tanto da esserne ucciso e seppellito da una montagna che prese il suo nome.
Quindi Giganti a nutrimento stesso di quelle palme, con la loro "spremitura simbolica" di "sprema/sperma", come la Dea Hator che nutre le palme di acqua sacra, al di sopra di esse, per contrastare, attraverso i riti sacri e fun*ebri , "sa sprama", la paura della morte.
Antichi riti intrecciati alle foglie della palma, che simbolicamente indicano i raggi solari, il Dio Sole, di cui ancora si conserva la tradizione nella confezione de "sa prama" sarda, l' intreccio delle foglie di palma che vengono benedetti la domenica delle palme.
E i Giganti sapevano bene come connettersi con il Divino.
Vincendo "sa sprama " ( la paura) con il prana.
"Sprama/prama/prana".
Sappiamo bene quanto la paura agisca per prima sulla respirazione.
Il respiro si fa breve e frequente, e se non entra in circolo sufficiente ossigeno, viene l'affanno. Paura di affrontare simbolicamente la morte, visto che era un sito funebre.
E allora, i Giganti Dei, si ergono al di sopra delle palme, come Divinità, a fertilizzate le palme( prama) con il loro seme ( ben più potente dell'acqua pura della Dea Mucca Hator), come degli Atos/Giganti sardi padroneggianti e vincitori sul Monte Prama, e coloro che con il respiro Prana sono riusciti a dominare la paura ("sa sprama" ) della morte.
Il respiro, è sede, simbolicamente, dell'afflato divino, quello che dona la vita.
Il respiro, che ha sede nei polmoni, nella cassa toracica.
Nella "carena," paola sarda che significa proprio cassa toracica.
Parola, che in italiano, significa fondo di una nave.
Il fondo della nave, rappresentato ribaltato come soffitto nelle nostre Domus de Janas( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/01/le-domus-de-janas-non-sono-capanne.html?m=0).
La nave che targhetta nella dimensione ultraterrena
Sa nai
La nave in sardo
Sanai( guarire in sardo)
Sanaj/Janas nella sua forma speculare.
Perché sono le janas le Sacre Custodi di questi luoghi alchemici di trasmutazione ancestrali, rimasti poi come iconografia recente, nel Giano bifronte, signore del passato e del futuro, delle due dimensioni, dell'iconografia di Giona, tre giorni ( i nostri portali alchemici, nelle Domus de Janas hanno moduli a tre) trasmutatori nel ventre della balena.
Guardacaso, il complesso archeologico, del Sinis fu frequentato fin dal periodo neolitico– come attesta l'importante sito archeologico di Cuccuru S'Arriu – noto per una necropoli del Neolitico medio, nelle tom*be della quale era di norma presente un idolo femminile in stile volumetrico. ( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/05/auguri-sacra-madre-sarda.html?m=0)
La Palma è anche l'immagine di Maria, l'ancestrale Dea Tanit, molto celebrata in Sardegna ( rappresentata da una palma con due serpenti), con chiari riferimenti al culto della Dea Madre e Albero della vita
La nostra Dea Tanit, figura archetipale presentissima in Sardegna, anche nell'antica scrittura sarda ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/07/parlare-della-dea-tanit-in-sardegna-e.html?m=0)
"Cuccuru s 'Arriu" significa "sommità,origine del fiume, sorgente", ma è anche molto simile come parola, anche ad "arrisu", che significa "risata".
Come la risata di immortalità della nostra Maschera Ghigante sarda( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/la-maschera-dellaldebaran-solare-di-san.html?m=0)
"Arriu/arrisu"..
Una necropoli di Giganti fieri e orgogliosi che vincono la paura della morte , celebrando l' immortalita', tramite la loro forza fertilizzante spermatica sulle palme, e del loro respiro panico, che vince la stessa paura della morte, nelle quali intrecciano memorie del loro passaggio, fino alla domenica delle palme, e che sorge affianco ad un'altra necropoli dedicata al Sacro Femminino della dea Tanit, simbolo della fertilità , rappresentata da una palma con due serpenti.
Due serpenti Mercuriale, che indicano l'unione del maschile e del femminile.
Lì alla sommità, all'origine del fiume, che è un inno alla vita, una risata di vita, e di sberleffo e vincita sulla morte, che nasce nell'Ut*ero di Madre Terra, attraverso lo sguardo fiero di questi Giganti che osano dove non osano gli uomini.
Osano a provare a vivere., oltre la morte
Dei della loro stessa esistenza.
Mont'e Prama non è solo " il Monte delle Palme". No, troppo riduttivo.
Rappresenta la nostra stessa identità di semidei. Che affrontano e sfidano la morte con una risata, con un soffio di vita pranico, con la loro creatività spermatica.
Al di sopra delle stesse palme.
Padroni della loro stessa immortalità.
Grandi Guide, in un momento come questo, in cui la paura attacca soprattutto il respiro, i polmoni.
Gli Dei insegnano che siamo Dei.
Se lo vogliamo
Ma "prama", in sardo, significa anche "palmo della mano".
Tra l'altro, in sardo, il palmo della mano, traslittera in femminile, ma c'è un motivo.
E per capirlo, bisogna andare indietro nel tempo, dove forse il Sardo era la lingua matrice, la lingua Madre, dalla quale si sono ramificate le altre, compreso il sanscrito, che offre una spiegazione logica a questa corrispondenza lessicale, grafica, e anche semantica, tra le due parole, "prama"( palmo della mano in sardo) e "prama" ( la palma, intesa come pianta, in sardo)
( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/simbologia-del-palmo-della-mano-in.html?m=0)
Secondo la tradizione, migliaia di anni fa, i Sapta Rishi (sette saggi indiani) , si dice che abbiano ricevuto il dono di canalizzare le conoscenze passate, presenti e future di migliaia di vite umane destinate a conoscerle.
Questi trattati, i Naadi Shastra, vennero trasmessi per via orale per oltre 4000 anni, prima di essere trascritti su foglie di palma in sanscrito.
Queste antiche predizioni vennero scritte tramite una specie di chiodo che incideva sulla foglia; esse poi venivano, e vengono tuttora, preservate e custodite spargendovi sopra un olio di pavone.
Le foglie del destino non riguardano un solo popolo o una nazione, ma l’intera umanità. Si dice che chiunque sia destinato a conoscere il proprio destino, si troverà in quel luogo, in un momento preciso della sua vita, per conoscere cosa il futuro gli riserva e dopo aver trovato la propria foglia ne farà una vera e propria guida per la conoscenza di sé.
Il dono della lettura non è affidato a dei veggenti, ma a dei semplici lettori che sanno codificare i codici delle foglie.
La lettura avviene previo appuntamento e parte con una cerimonia di apertura dell’archivio, poi ai partecipanti vengono prese le impronte digitali del pollice della mano destra per gli uomini e della sinistra per le donne. Queste sono catalogate in 108 categorie, quindi la prima scrematura avviene in quel momento. Una volta trovato il gruppo di appartenenza, si inizia a cercare per esclusione la foglia giusta. Il lettore Naadi comincia a fare domande al soggetto, con una cantilena quasi ipnotica
La particella prae– deriva dalla radice indoeuropea *PRA-, sanscrito pra, greco pro, tedesco for, usata sempre come prefisso: esprime appunto l’idea di “avanti”, e ad es. il termine “primo” deriva dal sanscrito prath-ama: primo, che precede ogni altro nell’ordine numerico. Secondo Franco Rendich il suono pra esprimerebbe l’idea di “raggiungere” [ra] la “purificazione” [p]: “stare innanzi”, “prima”.
In questo modo ci si ricollega al prana( altra parola con radice in Pra-, come sa Prama), o l’energia vitale è una bella parola in sanscrito. Viene dalla radice Prân che significa respirare, vivere, soffiare.
É formata da AN, respirare, muovere, vivere; e dal prefisso PRA, ossia, fuori.
Il termine più vicino al significato sanscrito è “soffio vitale”, energia vitale. E A. Besant precisa : nell’ Induismo, Prana indica il Sé Supremo, l ‘alito che tutto sostiene. Per l’indù c’è un’ unica Vita e un’ unica Coscienza.
Questa inaspettata lettura, mi ha incantata.
Non solo "in sa prama de is manusu", nel palmo delle mani, si può leggere davvero il destino degli uomini, decodificandone le linee che le attraversano ( pratica che si chiama chiromanzia), ma questa pratica, è applicabile anche alla lettura de "sa folla de sa prama", la foglia della palma, con le sue ramificazioni proprio come il palmo della mano..
Come se fossero la stessa cosa.
Le depositarie del destino degli uomini
Ma è straordinario che queste foglie, venissero preservate e protette con olio di Pavone.
Di Pavone.
Ecco perché la presenza delle pavoncelle frontali, come difronte ad un albero della vita, sia nella tradizione indiana, che, in quella Sarda.
Le Sacre Pavoncelle( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/09/mi-e-sempre-piaciuta-la-pavoncella_28.html?m=0)
Le depositare di quel "pra", di quel "prana" ( notate la forte assonanza tra la parola "prama" e "prana". Hanno la stessa radice, e quasi la stessa desinenza, che in un qualche modo doveva differenziarsi da "prama") , di quel soffio divino che insufflano per preservare e custodire il destino degli uomini.
Infatti nei manufatti sardi, sono rappresentate con una sorta di ricciolo che esce dal loro beccuccio.
Insufflano il prana, l'energia vitale sul destino degli uomini.
Quel destino che è rappresentato, ramificato, sia sulla " prama de sa mau" ( sul palmo della mano), sia sulla " folla de sa prama"( la foglia della palma), quasi, una, l'impronta dell'altra, figlia e madri insieme( figlia/foglia), con lo stesso imprinting genetico, le stesse ramificazioni.
Anche nei tronchi concentrici degli alberi, possiamo riscontrare le nostre impronte digitali, hanno la stessa struttura.
E in tutto questo, ci sono le Sacre Pavoncelle, che sono come le due Nadi, Ida e Pingala, della nostra Kundalini, il nostro soffio vitale, divino, incarnato. L' energia femminile, e l' energia maschile.
Tanto che spesso sono rappresentate anche davanti ad un albero della vita.
E sono sicurissima, che gli Antichi Sardi, i nostri Antichi Sciamani, gli Antichi Cabiri, custodi dei Misteri Iniziatici, praticavano la chiromanzia, la lettura della mano, e che usufruissero anche delle foglie di palma, preservate con l'olio di Pavone.
Come dei fogli sacri
D'altronde, anche "ollu" ( olio) e "follu" ( foglio) si somigliano foneticamente.
Niente di strano, che fossero legate e usati insieme proprio come metodo di scrittura sacra, che magari in India è stato preservato meglio, ma che in compenso, reca ancora tracce in quelle pavoncelle molto, molto simboliche, che insufflano il prana, l'energia vitale dal beccuccio, come sono sempre rappresentate
Le pavoncelle sarde, insufflano.
E insufflano prana, energia vitale divina.
Su Mont' e Prama era un luogo Sacro, e ci ha lasciato i Sacri Custodi del Destino degli uomini, i Giganti di Mont' e Prama, immortali, semidei, portatori di Prana, di energia vitale, custodi, come la dea Hator, delle Palme, per contrastare, attraverso quest'aurea di immortalità, con le loro proporzioni auree e i loro simbolismi, che rientrano nei parametri della Geometria Sacra, che ho già approfondito, attraverso riti sacri e funebri che sicuramente venivano officiati a Mont'e Prama, "sa sprama" la "paura", lo "spavento", per la morte, che è solo un passaggio sacro verso l'altra dimensione.
Uomini senza ombra, immortali, custodi del destino degli uomini.
Ecco perché il saluto mostrando il palmo della mano, dei nostri Bronzetti sardi.
Nel palmo della mano c'è la loro storia identiraria.
Gli appartenenti alla tribù dei Dan, i dominatori drl Serpente, della Conoscenza, della Sophia( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/il-simbolo-della-tribu-di-dan.html?m=0)
Sul palmo della mano ("in sa prama de Sa manu") c'è il destino dell'uomo.
È un saluto sacro. E in questa sacralità del gesto, ci si riconosce come appartenenti a coloro che sapevano leggere e custodire il destino degli uomini, e poi affidarlo all'Essenza, all'olio, delle Sacre Pavoncelle.
L'olio che, simbolicamente, rappresenta la manifestazione del Divino, largamente usato ancora oggi, nelle pratiche ritualistiche "de Sa mexina de s'ogu"
Questi piccoli particolari, aprono sempre nuovi scenari, di grande portata
Come se la storia debba essere riscritta da capo
E stavolta, si parte dall'Origine, e non dalla punta dell' iceberg che si vede in superficie.
La Sardegna è la.punta di un iceberg, che ancora non è stato portato alla luce.
Ma c'è. Ed esistono tutti i dettagli per capire quanto ci sia al sotto del livello del mare
Bisogna essere accorti, e leggere tra le righe, decodificare.
Gli Antichi Sardi erano Maestri in questo..
Erano alchimisti, Sciamani. Cabiri. Come le Janas
Poche parole. Lasciare intendere, senza rivelare.
Iniziatici e iniziati ai Sacri Misteri.
Questo è il Dono, l'enorme Dono che ci hanno lasciato.
La possibilità di decodificare, ed esserne anche noi parte.
Perché il Sacro, non si può spiegare. Si può solo sentire.
Una sola immagine, oggi, di una bellezza Folgorante, del Fotografo Gabriele Doppiu, che ha immortalato una delle 70 prioresse di Desulo che domani porteranno in processione le Palme magnificamente intrecciate dalle signore del paese.
Il numero 70 è un numero sacro. Tra le tante valenze simboliche, una in particolare, la torre, che è collegata all'Arcano Maggiore XVI della Torre, ma che richiama i nostri nuraghi.
Il Sacro Archetipo Ebraico 16, Ayin, che in ghematria, ha valenza numerica di 70, ha funzione di "corrispondenza", tra umano e divino, tra "occhio destro e sinistro".
E, se ci pensiamo, i nuraghi fungono proprio da ponte tra la dimensione divina e quella terrena.
Il numero 70 è riferito anche all'autorità giudiziaria, ai membri del Sinedrio.
Il palmo della mano in forma di saluto, dei nostri bronzetti, come ho già spiegato altre volte, con le quattro dita unite e il pollice separato, indicano le due lettere, Nun e Dalet, simbolo della tribù dei Dan, che insieme formano la Tau, la parola "giudice", come lo erano i nostri Giganti di Mont'e Prama.
Sacri Giudici, che avevano corrispondenza con il Divino.
Che avevano la percezione del terzo occhio, in quanto le doppie pupille indicano la doppia percezione, umana e divina., infatti il grafema originario della Ayin, era il cerchio.
Doppio cerchio, doppio occhio.
L'occhio interiore, sorgente di energia, che può essere anche negativa (il m*alocchio), sorgente della Sapienza, delle proprie origini.
Ma Ayin non significa solo occhio, con funzione di corrispondenza.
Significa anche "sorgente", intesa proprio come sorgente d'acqua, intesa come "mayin" ( parola che ha la stessa radice del dio Maimone sardo, il Dio delle acque)
Ecco perché sono le donne, 70 donne, a portare in processione la palma benedetta.
Perche simboleggiano quella dimensione di "sorgente"( e qui ritorniamo a quel "Cuccuru S'arriu", il punto più alto, la sorgente, "su Cuccuru", delle Dee Madri di Cabras), di acqua pura incontaminata, di Sacro Femminino, che può essere custode di queste Palme sacre, custodi, simbolicamente, anche della discendenza collettiva ( 70, erano i discendenti di Giacobbe, di Noè, e molto altro, esotericamente legato al percorso terreno attraverso i 7 chakra, che si eleva in completezza (numero 10, attraverso la Yod, prima lettera del tetragramma divino YHWH, e decimo Archetipo) verso il Divino). .
Attraverso queste 70 Prioresse, si celebra la connessione e benedizione della comunità, che si prepara al percorso purificativo della Settimana Santa, per poter rinascere a nuova vita.
Quattordici tappe della Via Crucis.
Quattordicesimo Sacro Archetipo Ebraico Nun, trasformazione.
La stessa Nu, che, insieme alla Dalet, è presente nel simbolo della tribù dei Dan, e che insieme, formano la Tau, i Sacri Iniziati. Giudici Divini, come i Giganti di Mont'e Prama.
La quindicesima tappa, il quindicesimo giorno del ciclo lunare/mestruale, il giorno più fertile, dell'ovulazione, in cui si può creare, concepire, è il giorno della nascita/resurrezione/rinascita. Quindicesimo Archetipo Ebraico Samech, con funzione "pressione", il Divino che si manifesta sotto la sua pressione, che è la finalità simbolica del percorso, fino alla rinascita/resurrezione.
Quindi, come potete vedere, la simbologia, i numeri, non sono mai a caso, e la nostra Antica Civiltà Sarda, è custode di questa meravigliosa ancestrale tradizione, simbologia e Sapienza Misterica alla quale bisogna avvicinarsi con tanto rispetto e gratitudine.
Gabriele Doppiu Artist
Tiziana Fenu
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