In ambito comunicativo, io non credo che la difficoltà sia mettere in parola o musica ciò che si sente nella dimensione "altra".
È come quando si ascolta una melodia facilmente orecchiabile, con un ritornello facilmente assimilabile, e una musica indiana, per esempio, che pure usa le stesse note, e che eppure ci sembra tutta scoordinata. Impossibile anche da canticchiare
Credo che nella trasposizione in "forma", in ambito comunicativo, il cervello cerchi un modulo, una sintassi, che vada per modelli facilmente riconoscibili, perché la mente lavora, consapevoli o meno, proprio per modelli.
Quindi, casomai, il problema è rendere quanto più possibile "particolare" questo sentire, sdoganandolo da certi modelli già precostituiti, che rischiano di diventare banali, e non dire niente di nuovo rispetto a ciò che si sa già, rispetto ad altri modelli preesistenti.
Quello che apprezziamo, in una composizione o uno scritto, è la sua "melodia interiore".
Non siamo capaci di decontestualizzare un elemento, pur se innovativo, perché la mente tende a modellizzare.
Quando le parole, i concetti, sono shakerati in modo diverso rispetto alla sua sintassi modellizzata, non vengono assimilati.
Invece a me "fanno sangue".
Tutto qui.
Per questo è bene praticare l'elasticità mentale e la decontestualizzazione.
È un delitto far assuefare il cervello, la parola, su frasi fatte, su modi di dire applicabili ad ogni contesto.
Ad ogni persona.
Diventa un mantra non più credibile.
Invece si deve tendere ad essere
"in- credibili".
A starci proprio dentro, la credibilità.
Proprio con la nostra specificità e individualità, e riconoscerla nell'altro.
Indivi-dualità.
Indivi-sibilita'
Non sono divisibili
Non sono replicabili.
Io sono della serie "se piace a tutti, io perdo interesse"
Non sono una fronte da "post- it" sulla quale applicare frasi circolari che ritornano sempre a se stesse, come un mantra.
Il sono il " mentre".
La caduta tra una parola e l'altra.
Lo sghembio, l'azzardo. Il gioco del "se e del forse".
L' ombrello che non si apre, mentre diluvia tra due parole.
Con le modellizzazioni lessicali ci faccio le formine per i biscotti
A me arriva la marmellata, quella che c'è in mezzo, tra i biscotti.
Quella che ti sporca le dita. Che ti costringe a leccartela.
Così voglio sentire addosso le parole.
Voglio che mi sporchino.
Perché devono sapere di me. Della mia verità.
E non di mille altre verso le quali sono state pronunciate.
Perché io sono così.
Smodellizzo.
Io smodellizzo le persone.
Le cose.
Gli eventi.
Ognuna con una luce diversa.
Che spero sempre di cogliere.
Perché è nell'individualità che colgo la diversità, e la diversità mi fa "di -vergere" su altre prospettive dell'altro.
L'altro dell'Oltre.
Tiziana Fenu
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