#CarrasegareSardegna
Il Lugh d'Oro di Orotelli.
Passando in rassegna le immagini del Carnevale Sardo, sono rimasta molto colpita da un'immagine, i Thurpos di Orotelli, intorno al Falò di Sant'Antonio.
Una maschera semplice, con un gabbano nero di orbace, il cappuccio tirato giù fino agli occhi, carichi di campanacci.
Mimano, a tre a tre, il lavoro nei campi dei buoi, ciechi, nel loro duro lavoro.
Chiedono da bere ai presenti, per poi, l'ultimo giorno, offrire da bere a tutti.
Si riuniscono il giorno della vigilia di Sant'Antonio, chiamato "su Pesperu", il vespro.
I rami da ardere, quelli più sottili, sono disposti al centro, e intorno, quelli grossi, a cupola.
Come un nuraghe che si erge verso l'alto.
La radice "Nur-" di Nuraghe, tradisce il suo legame ancestrale con il Sacro Fuoco.
Il Fuoco, viene acceso da qualcuno che si chiami Antonio, per onorare il Santo.
Si benedice il pane( è usanza prepararlo e distribuirlo in vari paesi) chiamato "su pistiddu" , un dolce delizioso a base di pasta frolla ripiena di sapa o miele.
"Pistiddare" significa ridurre in poltiglia, e l'espressione "spittidarsi", si usa anche per indicare un farsi male nello schiantarsi.
"Su pistiddu", corrisponde, anche, anatomicamente, al piccolo rigonfiamento bombato, tra nuca e orecchio, che pare fosse il punto più vulnerabile in cui colpiva "s'Accabadora", di cui ho già approfondito ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/11/simbologia-de-s-accabadora-in-sardegna.html?m=0), legata ad una profondissima simbologia del Sacro Femminino, in particolare a quella che sarà l'Acca-Laurentia romana, dea dell'acqua e della fer*tilità, che ha la stessa radice fonetica della nostra Accab*adora, e di ho approfondito in un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2023/08/dea-acca-laurentiaaccabadorasan-lorenzo.html?m=0).
E, alla dimensione acqua, e alla fer*tilità, rimanda la simbologia di questo dolce particolare, che si fa proprio per inaugurare il Carnevale, la cui simbologia ricalca un elemento che viene proprio dal mare, il riccio di mare fossile, come un fiore/stella a 5 petali /punte, chiamato la "Mammosa Pseudocidaris", un riccio fossile, considerato l'antenato degli attuali ricci di mare, risalente al Giurassico, circa 150-200 milioni di anni fa.
Una conformazione che richiama il Sacro Femminino, la conformazione della primordiale Tanit, e nel contempo, la connessione tra i 4 Elementi terreni con il Divino.
Ma soprattutto, è importante, la simbologia del riccio, che illustrero' a breve.
Il sacerdote a inizio cerimonia, benedice il Fuoco girandogli intorno tre volte, simbolismo di creazione, di "nascita /m*orte/rinascita"
Fuoco che si alimenta per un paio di giorni a seguire.
Le ceneri e i carboni, poi venivano portati nelle proprie case, in quanto si riteneva che allontanassero gli spiriti maligni e per proteggersi da quello che è chiamato "il Fuoco di Sant'Antonio", un herpes zoster che brucia dall'interno.
Rappresenta, simbolicamente la discesa di Sant'Antonio al centro della terra, accendendo come un tizzone ardente, il suo bastone di Ferula, e portando il Fuoco in superficie, tra gli umani.
Sant'Antonio è considerato il patrono del Fuoco, protettore degli animali da stalla.
Un Santo rurale, insomma.
Ma le sue radici affondano in tempi lontani, identificabile con quella divinità celtica, che era chiamata Lugh.
Lugh era un Dio Solare, che rappresentava anche lo spirito del grano, che non muore mai, perché il grano tagliato, rinasce come farina o pane, festeggiato ufficialmente per il Lughnasad, la festa dell'estate del primo agosto, che diventata poi la festa di Lammas.
E il pane, è il simbolo dei 4 elementi della Natura, si impasta con il grano, ridotto a farina( terra ), con l'acqua, lievita grazie all'azione dell'aria, quando si alveola, e si cuoce con il fuoco.
Lugh si affaccia, sulla scena delle divinità, evidentemente quando il culto di Madre Terra, femminea e fec*onda, lascia spazio alle divinità maschili, che si sovrappongono al matriarcato monoteistico
Lugh, il "luminoso", dio della fe*rtilità, del Sole e della Luce, era il re dei Tuatha de Danann, abile in molte tecniche, che gli valsero il nome di Salmidanach, il "multiforme artigiano".
Lo si rappresento' come un "Mercurio Lugh" , proprio per le sue abili qualità alchemiche e trasformative in ogni forma di artigianato
Aveva con sé dei corvi profetici, chiamati Lug, ed era associato al cinghiale, associato ai druidi, i sacerdoti e sacerdotesse dei tempi antichi.
Lug mi fa pensare a Logudoro.
Luogo d'oro.
Lug doro
Luce d'Oro
Ma anche luogo, Logu, del Mercuriale Lugh, che poteva trasformare ogni cosa in Oro.
La magica Tartesso. La mitica terra dei Metalli, sempre più spesso identificata con la Sardegna.
Veniva sempre rappresentato accompagnato da un cinghiale, animale sacro ai celti.
I Tuatha De Danaan sono strettamente imparentati agli antichi Sardi che arrivarono fino al Nord Europa.
Dan-ann
Shar-Dan
Ma i Tuatha De Danaan sono legati anche al paese dell'età dell'Oro, il Tir na n'og, dove si sarebbero ritirati per l'eternità, dopo aver regnato sull'Irlanda.
Si saranno ritirati forse nel Logudoro?
Logu d'Oro.
Lugh d'Oro
D'altronde la Sardegna ha un legame ancestrale con il Fuoco di cui è rappresentante Sant'Antonio .
Lugh possedeva uno dei 4 tesori di questa tribù, la Lancia dell'invincibilita'.
La lancia mi fa pensare alla lancia de su Componidori, "su stoccu", con il quale infilza la stella a 6 punte, di cui ho approfondito la simbologia in un mio post( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/osservavo-la-maschera-de-is-issohadores.html?m=0)
La sua lancia é invincibile, perché anche su Componidori è un SemiDio, e la lancia è benedetta dalla sinergia maschile/femminile, della stella a 6 punte.
Lugh veniva chiamato anche Lugh Lamfadha, "il braccio lungo armato", per la sua straordinaria capacità di governare la lancia, molto simile ad una divinità indù, Savitri, colui che ha l'ampia mano, il Dio veloce.
È la stessa lancia-asta simbolica, del centurione Longino, che feri*sce il costato di Ge*sù
La particolarità del Carnevale di Orotelli, è che pare iniziasse il 2 febbraio, in concomitanza della festa de sa Candelora.
Sa Candelora è qui in Sardegna, ma è il corrispondente della festa di Imbolc, la festa celtica, in cui si celebra Brighid, che è la compagna complementare di Lugh, di cui ho già approfondito ( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/12/osservavo-la-maschera-de-is-issohadores.html?m=0)
Infatti le due feste, lughnasad e Imbolc, si svolgono a 6 mesi di Distanza, una il primo agosto, e l'altra il primo febbraio.
In questo carnevale di Orotelli, si alternavano svariate maschere, tra cui spiccava una maschera, detta "S'eritaju", il porcospino, formata da pelli di porcospino attaccate lungo una collana di stoffa, su un saio bianco e il viso coperto di rosso.
Si accostavano alle ragazze, per pungerle sul se*no, e assicurare loro, la fert*ilità.
Ecco perché il dolce tipico, è "su pistiddu", che sopra ha la decorazione del riccio di mare.
Una simbologia che rivela un buon auspicio, una sorta di benedizione, di abbondanza e fertilità, veicolata dall'essere simbolicamente punti da questo "Eritaju", da questo riccio, porcospino, che non è di mare, ma di terra, ma che combina in sé le due dimensioni "mare/terra", simbolicamente.
Guardacaso, ma mai per caso, la parola "Eritaju", porcospino, ha la stessa radice di Eriu, la mitica isola di smeraldo.
Er-itaju
Er-iu
Isola che ebbe svariati nomi, e il terzo nome fu Inis Elga, «Isola Nobile».
Così, Ériu, venne chiamata al tempo del dominio delle Tuatha de Danaan.
Si, perché le Tuatha, erano le Regine che le governavano.
Una società Matriarcale, che rimane con quell'impronta, fino a che restò in vigore lo statuto di Eleonora D'Arborea.
I greci la chiamarono Ogigia, la sede di Calipso, dove approda Ulisse per 7 anni, dal suo ritorno dalla guerra di Troia, come testimonia Plutarco, che significa l'«isola più antica», titolo assai appropriato visto che Ériu fu abitata fin dai tempi del diluvio universale.
Ogigia come Barbagia?
Le coincidenze e le corrispondenze mi sembrano fin troppo evidenti
Si narra anche che la Sardegna restò disabitata per un po' di tempo.
Anche l'isola di Eriu, lo fu, dopo il diluvio.
Anche questo viaggio, partendo dalla Sardegna, mi ha portato lontano, per poi ritornare, sempre qui.
Al punto di partenza.
Alle Origini.
Alla Sardegna.
Tracce che sono sicuramente da approfondire.
Sono partita dai Thurpos, che sono come ciechi, senza la Luce, il Fuoco, di Sant' Antonio/Lugh.
Si dice che rappresentino anche la figura del vedovo, con la sua aria mesta e in lutto, tutto in nero, compreso il volto coperto dalla tintura carbone.
Ed è per questo, che anticamente uscivano il Primo febbraio, piuttosto che che il 16 gennaio. Perché vanno a incontrare la loro sposa della luce, la Brigid del ritorno alla luce, dopo il buio inverno, il primo e due febbraio.
La festa del Fuoco.
Dea Brigid protettrice dei fabbri", e con questo, già ho detto molto, per una terra, la nostra, che era considerata Tartesso, l'isola dei Metalli.
La simbologia del riccio che punge le mam*melle per farle san*guinare richiama al sac*rificio necessario del sa*ngue,, che fer*tilizza la terra.
Come poi, secoli dopo, il sa*ngue di Cr*isto, fer*ito dalla lancia al cos*tato, porterà simbolicamente nuova Vita e una nuova rinascita.
Simbologia di cui si "appropria" la ch*iesa.
Come l'ov*ulo non feco*ndato che mu*ore, ma che comunque rappresenta, con il sa*ngue mest*ruale, fert*ilità.
Tutto ciò non poteva che partire in un paese che richiama l'Oro alch*emico, la trasformazione .
Orotelli
Oro - tellus
Terra dell'Oro
E Orotelli fa parte del Logudoro, del Lugh d'Oro.
I Thurpos, da "zurpos", da ciechi, cercano avidamente il fuoco, la luce, il falò, il Fuoco trasformatore della loro Sposa Brigid, il 2 febbraio.
Perché hanno memoria di quello che fu il loro periodo d'oro.
La Terra dell' Oro, dei giacimenti minerari, dell'abbondanza, guidati da quel re Lugh, che trasformò la terra in un Luogo d'Oro, in un luogo d'Oro.
E aspettando il ritorno dell'era dell'Oro, si celebra intorno al fuoco.
Per non dimenticare .
Il bagliore negli occhi, mentre danzano intorno al Fuoco, racconta di una Fiamma mai estinta, che rivive ogni anno, nel cuore di questi uomini straordinari.
Tiziana Fenu
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