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sabato, dicembre 21, 2024

💜Le dodici notti celtiche

Prima Notte. 

20 Dicembre Mōdraniht 

- La notte delle Madri Sacra a Frigga, Freya e Dísir Rinascita della Dea del Sole

 “Per nostra madre Nerthus, 

sulla quale viviamo 

e per nostra madre Frigg, 

che mantiene la nostra famiglia unita e al sicuro, 

per nostra madre Freya, grande Dís e Valiant Van. 

Per i nostri antenati, grandi madri e grande tutto. 

La linea della donna torna indietro fino a Elmbla e si trasmette fino Leifthansa. Forza e coraggio donano loro e possa sempre essere così. 

Per le nostre Dísir, vi salutiamo tutte, dispensatrici orgogliose della fortuna della famiglia. 

Benediamo il prossimo anno! 

Salve Dee! Salve Antenati, Salve Dísir!”


La sera prima del Solstizio d'Inverno è il momento in cui il nuovo anno nasce. 

Si onora l'inizio del ritorno del Sole (Sunna- Sol) e la rottura dell'incantesimo dell'inverno. 

Tradizionalmente questa notte appartiene a Frigg, dea madre e maestra del focolare. 

Le celebrazioni si svolgono attorno al ruolo della moglie o della madre di famiglia, mentre si pulisce simbolicamente la casa in preparazione dei festeggiamenti del Solstizio, si invitano i vivi e i morti a partecipare al rito, e si elargiscono benedizioni e doni alla famiglia e agli amici. 

Durante la Vigilia del Solstizio - la notte più lunga dell'anno - nel Nord Europa, è divenuta tradizione pensare che nel buio di quella notte, Frigg diede alla luce Baldr, un dio così bello e “raggiante” che divenne il più amato tra gli Dèi. 

La benedizione di questa dea è ancora invocata dalle partorienti per lenire sofferenze e limitare i dolori o i rischi del parto. 

Frigg come madre di Baldr rappresenta al meglio la Dea Madre nella cultura norrena, a lei è dedicato “Il Parto della Madre”, una rievocazione della nascita del Dio, portatore di luce, attraverso un rituale speciale. 

La cerimonia prevede che la casa venga illuminata con la luce delle candele. A volte questo include anche una Corona di Yule, fatta da quattro candele, ed anche decorazioni di rami di un albero sempreverde e l'accensione del Ceppo del Solstizio, simboli comunissimi ad altre correnti e tradizioni pagane e neopagane. 

Un altro aspetto di questa giornata è ovviamente la Notte delle Madri e il culto delle Dísir. Riferimenti di questa festa sono presenti negli scritti di Beda, come detto in precedenza, e Rudolf Simek nel suo Dizionario di Northern Mythology, descrive il Mōdraniht “come una festa sacrificale germanica, associata al culto della Matrona, da un lato, e dall'altro il Dísablót e il Disting, già noti nella Scandinàvia medievale. 

Unendo le due cose, come un anello di congiunzione cronologico tra le diverse forme di culto germanico”.  Tuttavia, sono necessarie delle precisazioni: ”Modraniht, id est Matrum noctem”, vale a dire “modraniht”, è tradotto come la Notte delle Madri. 

È importante notare che la parola anglosassone “modra-(niht)” e il latino “Matrum” sono al plurale, non al singolare. 

I pagani moderni spesso celebrano questa festa soprattutto come “Notte della Madre”, concepito come la notte dell'anno in cui il figlio della Dea rinasce dal suo grembo. Questo è molto bello, ed è certamente un modo adatto per celebrare questo evento, ma non dobbiamo perdere di vista il fatto che Beda fu molto chiaro riportando la dicitura la “Notte delle Madri”, quella che nei paesi scandinavi è chiamata Dísablót, Disting, o festa delle Dísir, le anime tribali delle madri. 

È anche chiaro che la celebrazione descritta come un sacrificio, sia destinata principalmente alle madri defunte, rispetto a quelle “divine” o a quelle in vita. 

Per madri defunte si intende quelle donne che hanno vissuto e la morte le ha rese fonte di saggezza e di forza per coloro che sono in vita, ovvero i discendenti. 

A questo proposito però, è necessario operare un’ulteriore precisazione sulle Dísir: esse sono le Madri-Matrone (sebbene tale definizione sia comunque imperfetta) del mondo nordico. 

La comprensione di questi esseri è data grazie alle fonti scandinave, anche se le saghe non possono essere ritenute documenti storici reali, sembra molto probabile che i riferimenti alla Dísarsalr e ai frequenti riferimenti ai sacrifici durante i Dísablót siano storicamente corretti. Ciò che è importante sottolineare però, è che in Scandinavia, la celebrazione più comune delle Dísir, cade nella metà di Ottobre, dopo il raccolto. 

[...] 

Sol- Sunna 

Se effettivamente questa notte è la viglia del Solstizio, se non addirittura il Solstizio stesso, è opportuno dedicarsi anche alla figura del Sole. 

Sappiamo che per i norreni il Sole (conosciuto in antico norvegese come Sól, in tedesco come Sunna (da cui “Sole”), era considerata una dea che dimorava tra gli Æsir e che cavalcava o guidava un carro attraverso il cielo, in eterna fuga dal “lupo” Fenrir, divoratore di tenebre, da cui è condannata a essere inghiottita. 

Nella Vǫluspá, questo momento sembrerebbe indicare il Ragnarok, ma è anche un evento annuale - perché ogni anno, il Sole del Nord, viene inghiottito dall'oscurità. 

Yule ed il Solstizio d’Inverno, sono considerati la festa del ritorno della luce, dunque si presume che il Sole fosse un elemento fondamentale in questa antica celebrazione. Il Solstizio potrebbe ben rappresentare il ritorno della dea del Sole, così essenziale per il ritorno della vita, della luce e del nutrimento. 

Forse Yule era, in origine, quel periodo dell'anno in cui il tempo si fermava e dove la dea del nuovo ciclo temporale (il nuovo anno) era ancora fragile e doveva, dunque essere sostenuta con dei rituali appositi. 

Questo ovviamente è pura deduzione, anche se sappiamo che la dea del Sole era di importanza centrale per le religioni scandinave durante l'età del bronzo, e che molti dei suoi simboli e simboli propri della dea del sole, sopravvissero nella successiva mitologia norrena e nel simbolismo religioso. Fino al VII e VIII secolo, il simbolo del Sole continuò a dominare l'iconografia dei monumenti funerari, forse un'indicazione che il Sole rappresentava un nuovo ciclo dopo la morte, una nuova vita. 

La dea del Sole inoltre, appare descritta come un elfo in più di uno scritto, gli elfi abbiamo visto, spesso rappresentano o sono accumunati con le anime e in tal senso potrebbero collegarsi alle Dísir prima menzionate. 

La dea del sole non era solo chiamata Sól, ma anche Alfrödull - che si traduce come Elf Shine, Elf Splendor o Elf Wheel. Così lei è la ruota solare, ciclica dell’anno e/o lo splendore degli elfi, che rappresentavano le anime cosi come presso i popoli Sami, la dea Beaivi Nieida, era considerata la fonte di tutte le anime. 

Si può quindi presumere l’importanza del Sole durante le celebrazioni del Solstizio, e che il Sole era in realtà una dea molto importante e antica tra gli Scandinavi pagani, una splendida dea della luce che rinasce dall'oscurità.

[...] Durante la dodicesima notte, qualsiasi sia l’aspetto divino a cui vogliate maggiormente riferirvi, è opportuno stimare liste di ciò che si spera realizzare durante il nuovo anno, e trarre bilanci e auspici. Non solo, durante questa notte, proprio per la vicinanza con il mondo degli 

antenati e dei morti, è possibile scacciare gli spiriti indesiderati. 

In alcune tradizioni si fa una veglia notturna in compagnia di una fiaccola. In questo giorno, dobbiamo anche ricordare a noi stessi la virtù della Laboriosità. 

Dobbiamo lavorare duro se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi. Ciò si riferisce anche al semplice duro lavoro delle nostre vocazioni quotidiane, fatto con cura e orgoglio. In questo giorno nel nuovo anno ci concentriamo sul mese di Snowmoon (Gennaio) pensiamo ai riti di benedizione della terra che faremo, ai riti materiali e ai buoni propositi. In questo momento la terra è per i morti, così a ricordare a noi stessi del nostro debito verso i nostri antenati e i nostri discendenti.



Seconda notte 

21 dicembre

La Caccia Selvaggia Sacra ad Odino e Ullr 

“Odino, All-Father, leader della Caccia Selvaggia. 

Porta noi sapienza e benessere in questo buio momento della stagione. Fjolnir, Saggio Gangleri, Vagabondo Grimnir, Masked One Jölfuðr, Padre Yule, Jólnir, Oski, Dio dei Desideri Rúnatýr, Dio delle Rune, Síðgrani, 

Barba lunga, Sigðir, Portatore di Vittoria Leader degli Dèi, Scelta degli uccisi, Portatore di Gungir, 

Ti onoriamo per il respiro della vita. 

Ti ringraziamo per il dono delle rune. Lodiamo Odino! 

Salve Odino! Salve Odino! Salve Odino!” In questo giorno ricordiamo a noi stessi l'importanza del focolare domestico, come i nostri antenati ci ricordano di evitare la Caccia Selvaggia. 

Conosciuta anche come Caccia di Odino, il Wild Ride, the Raging Host o Asgarderia, la Caccia Selvaggia è un'immagine mitica del folklore europeo. Originaria della Germania e Britannia, si è diffusa in molte altre regioni europee, dalla Scandinavia alla zona delle Alpi. 

La struttura narrativa di tutte le versioni del mito si fonda su questa premessa: un corteo notturno di esseri sovrannaturali, attraversa il cielo (o il terreno), mentre è intento in una furiosa battuta di caccia, con tanto di cavalli, segugi e cacciatori al seguito. 

Fra i protagonisti della battuta di caccia, nelle varie culture, si possono citare Odino o Ullr a seconda dei periodi dell’anno, almeno per quanto concerne la Scandinavia. 

In Italia, soprattutto nell'area alpina, la Caccia Selvaggia è associata a lontane luci, scalpitio di zoccoli, abbaiare di cani, urla demoniache, e un forte sibilare del vento. 

Tra i vari alternativi protagonisti, troviamo anche Frau Berta che non è altro che la Perchta, Holla, Bestsht, Holda, la Dama Bianca, conosciuta come Frau Gauden ecc. 

Tutte le Dee europee della Caccia Selvaggia sembrano condividere alcune caratteristiche di Diana/Artemide della tradizione classica; cacciatrice che si occupa di punire gli insulti e le violazioni dei tabù correlati alla caccia. Ogni variazione alla storia getta un po’ più di luce sulle sue possibili interpretrazioni

e indipendentemente dai loro nomi regionali, tutte le Cacce Selvagge sembrano condividere molte caratteristiche comuni ovunque si manifestino: un Leader Spettrale (spesso cornuto), una masnada al seguito, annunciati da un gran abbaiare di cani, tuoni, fulmini, forti rumori di zoccoli e selvagge grida di caccia. 

La morte e la guerra spesso seguono la loro scia. Le tradizioni che più complete e ben documentate, appartengono ai popoli del Nord Europa, dove Wotan (cioè Odino) nelle notti del Sacro Periodo a cavallo di Sleipnir dalle Otto Zampe, mostruoso cavallo nero, guida il corteo delle anime dei soldati morti in battaglia, in una vorticosa ridda attorno alla Terra. 

Qui la Caccia Selvaggia è stata chiamata Oskoreia - Asgarderia, o meglio i “cavalieri di Ásgardr”, le anime immortali degli antenati morti, che attraversano le notti dell'inverno. Il raduno di Oskoreia è anche conosciuto come Jólareia, Jólaskreia e Imberkulludn ovvero qualcosa di simile a “Cavalieri di Yule”. 

A volte questa versione nordica della Caccia Selvaggia, vede spesso come preda una bella fanciulla dell’Altromondo: forse un ricordo degli inseguimenti nelle cupe notti, condotte da eserciti invasori, al fine di rubare le mogli ai loro nemici

In diverse versioni norrene della Caccia Selvaggia, il Capo Caccia, lascerebbe un piccolo cane nero indietro, abbandonandolo. 

Il cane dovrebbe quindi essere accudito per un anno, e non ci sarebbe stato alcun modo di sbarazzarsene prima, tranne quello di far bollire nella birra dei gusci d’uovo, che avrebbero spaventato il cucciolo infernale fino a farlo fuggire, ma di questo seguirà un latra menzione. La Caccia Selvaggia in realtà non ha una data precisa nella quale inizia. 

Essa arriva con il freddo delle notti comprese nei dodici giorni del Solstizio d'Inverno - Sacro Periodo. 

La Caccia Selvaggia non si svolge mai nel periodo che va dalla metà di maggio alla fine di giugno, un intervallo di 42 giorni che corrispondono ai 42 nomi di Odino. 

C’è chi ritiene che questo periodo abbia importanti doti di crescita ma che non sia propizio per la divinazione. Possiamo ricercare un’origine pagana degli spiriti e delle anime della terra e degli Inferi che compongono la Caccia Selvaggia, nelle tradizioni di Yule. Potrebbero infatti, riferirsi originariamente ai raduni di esseri soprannaturali conosciuti come “nisser” (gnomi), “småfolk” (piccole persone), fate e troll, a cui ancora oggi, è tradizione lasciare un’offerta di latte, porridge, birra, latte e biscotti, affinché questi non facciano dispetti, ma portino grande fortuna. 

Tale usanza si è estesa poi, anche nel lasciare una piccola tavola imbandita a Babbo Natale la notte della Vigila, come ringraziamento per i doni ricevuti. Da questo si evince anche che i nostri antenati, più che dividere il mondo in “bene e male”, vedevano un mondo pieno di poteri che potevano rivelarsi benevoli in base a una determinata situazione e a seconda di come venivano trattati o delle circostanze in cui si incontravano. Infine, la Caccia Selvaggia può essere anche semplicemente letta come un ciclo di Vita – Morte e Rinascita. 

Dove si onorano le anime di chi si è sacrificato per la nostra sussistenza e la benevolenza di spiriti e Dèi. 

In questo giorno dobbiamo anche ricordare a noi stessi la virtù della Perseveranza.

Dobbiamo continuare a cercare ciò che desideriamo, poiché nulla ci viene regalato ed è importante impegnarsi in questa vita, per ottenere ciò che ci serve e ciò che vogliamo.

Per piantare il seme di questo giorno nel nuovo anno, ci concentriamo sul mese di Horning (Febbraio) che celebra il corteggiamento tra Freyr e la Vergine Gerðr; o l'unione di Jord e Odino; un matrimonio simbolico del dio della fertilità e del Cielo con la Madre Terra


Tratto da "Le dodici notti. Tradizioni Nordiche ed Europee del Solstizio d’Inverno". 

Skayler Nattfödd Ulver

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Le dodici notti celtiche




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