Nona Notte.
28 Dicembre Sacra ad Odino
“Padre di Tutto,
leader della Caccia Selvaggia,
Har, che ha guadagnato
la saggezza delle rune,
grazie per condividere
la tua saggezza con noi
per aver portato la potenza
delle rune in Midgard.”
“Lo so io, fui appeso al tronco
sferzato dal vento per nove intere notti, ferito di lancia
e consegnato a Odino,
Io stesso a me stesso,
Su quell'albero che nessuno
sa dove dalle radici s'innalzi.
Con pane non mi saziarono
né con corni [mi dissetarono].
Guardai in basso,
feci salire le rune,
chiamandole lo feci,
e caddi di là
Tu sai come incidere?
Tu sai come interpretare?
Tu sai come dipingere?
Tu sai come provare?
Tu sai come invocare?
Tu sai come sacrificare?
Tu sai come mandare?
Tu sai come immolare?
Ave Odino!
Hail the Aesir!
Hail the Vanir!”
- Hávamál, Rúnatal, St. 144- 145
La narrazione mitologica “Runatàl”
(La saggezza di Odino, letteralmente, Il racconto delle rune di Odino) dell’Edda, offre così una chiara interpretazione dell’antica visione cosmica relativamente al rapporto tra spirito e materia, tra Dio e Tutto.
Qui si svela il continuo evolversi della trasformazione dell’Ego: Nascere – Essere -;
Non essere - Rinascere – Essere di nuovo- ed è in questa trasformazione evolutiva infinita che Odino, come Padre di Tutto, dimostra anche all’essere umano, come l’Ego sia indissolubilmente legato allo spirituale e al materiale.
Come nella Vǫluspá, anche l’Hávamál è un lungo monologo, in cui a parlare è Odino stesso, qui chiamato con l'epiteto di Hár, “alto” o “eccelso”, da cui la traduzione italiana: Discorso dell'Eccelso.
L'Hávamál è una compilazione di pezzi di diversa origine e provenienza, ‘cuciti’ insieme a formare un lungo monologo che tratta della vita quotidiana, dei rapporti umani, delle relazioni tra i sessi, delle rune e dei canti magici, con alcuni episodi mitologici inseriti nel discorso in qualità di esempio.
Nei suoi versi più antichi, è datata all'inizio del X secolo e l'Hávamál risulta ad oggi, un testo di riferimento anche moderno, su come va vissuta la vita per un aspirante seguace norreno.
La sua lettura potrebbe aiutare a creare un proprio codice morale anche in relazione alla Dodici Virtù proposte alla fine di ognuna delle Dodici Notti.
Il poema risulta interessantissimo anche come documento psicologico, che inquadra il mondo rurale della Scandinavia medievale, fatto di un'esistenza semplice e rude, a tratti cinica, venata di un rozzo eroismo.
Ne sortisce il ritratto di un popolo piccolo ma vigoroso, tenace e fiero, avvezzo alla lotta contro una natura ostile e alla sopravvivenza in tempi di violenza e di sopraffazione.
L’Hávamál, ritrae Odino come se fosse l’immagine speculare sia del Tutto che dell’individuo singolo dalle spoglie umane, Odino vive in un corpo umano per morire; sacrifica sé stesso per trasformarsi e poi rinascere.
Quanto più si sente vicino al momento del suo passaggio – morte - tanto più chiara è in lui la consapevolezza che il segreto della vita è un eterno rinascere e morire, un eterno ritorno, come lo stesso Ciclo dell’Anno.
Questa consapevolezza gli si rivela completamente solo al momento del crepuscolo, quando riemerge nell’‘Ur, fuori dal quale risorgerà di nuovo.
Egli sacrifica un occhio nel pozzo di Mimir, come pegno per una maggiore conoscenza.
Quest’occhio comunque, rimane di sua proprietà, anche se dato in pegno.
Viene recuperato dopo, durante la sua rinascita, perché è metafora del suo corpo, mentre l’altro occhio, che aveva conservato, è il suo spirito.
Egli conserva così, sia sé stesso, che il sapere primordiale a cui ha voluto accedere pagando il prezzo più alto, tale saggezza è la somma delle esperienze di migliaia di generazioni, preservata e trasmessa.
E così Egli, è sé stesso Odino, ed è contemporaneamente il Tutto.
Diventa Padre di Tutto, perché conosce ogni cosa, da non confondere con Padre di Tutti perché sarebbe una considerazione errata.
Odino è probabilmente la divinità principale della tradizione nordica, ma non necessariamente la più importante in relazione a una paternità simile a quella del dio cristiano o di altri pantheon.
Qui infatti, Odino non è il Padre degli Dèi, ma un loro compagno, la cui progenie si limita a Thor (il dio del fulmine e della tempesta), Bragi (il dio della poesia), Heimdallr (il dio guerriero, custode degli Dèi), Tyr (il dio della guerra giusta), Vidar, Vàli e Hermod, più eventuali altre speculazioni (vedi figlie di Freya).
Il sacrificio di Odino a sé stesso, insegna come ogni persona che appartiene al ciclo della vita, compie trasformazioni attraverso tutti i livelli di percezione a cui può sottoporsi e accedere.
Ciò che si ottiene dalla trasformazione, è un’evoluzione che non si perde neanche nella morte, permane e si porta con lo spirto quando ci si reincarna.
Per questo motivo, ogni persona è incoraggiata a compiere il proprio viaggio spirituale, ad acquisire le competenze necessarie per poterlo affrontare, seguendo principi atti ad assumere un ruolo di codice interpretativo a cui è destinato.
Ciò accadeva anche in antichità, dove ora parlano le scritture, un tempo parlavano veggenti e sapienti, semplificando il linguaggio complesso, attraverso il gesto magico, rafforzandolo con segni, recitandoli in modi specifici, con specifici significati che oggi noi conosciamo come Rune e Galdr.
Dopo altre strofe introduttive dell’Hávamál, presenta un elenco di incantesimi portati alla luce dallo stesso Odino e le loro interpretazioni mistiche. Quando queste strofe sono verificate con l’introduzione dei segni runici, aprono all’individuo il “mistero delle rune”.
Esse sono un percorso iniziatico, molto superiore a ciò che per molti anni si è creduto, ovvero esser un mero sistema divinatorio.
Il loro viaggio, porta a rispondere alle domande poste in principio dall’Eccelso. Il sapere di Odino precede la creazione del mondo, là andò, da là tornò; “Conosco incantesimi che non conosce sposa di sovrano né figlio d'uomo.” - 146. Ljóðatal - Hávamál Lo Ljóðatal, «dissertazione sui canti magici» riguarda la saggezza pratica e ritualistica.
Odino elenca diciotto tra i più potenti canti magici che conosce, dei quali spiega le potenzialità, pur senza spiegare come metterli in atto.
Qui sono confluite alcune strofe di diversa provenienza, come la [162] che fa riferimento a Loddfáfnir.
Questo conosco per diciassettesimo: che mai mi eviterà la giovane fanciulla. Di questi incantesimi potrai tu, Loddfáfnir, fare a lungo a meno;
tuttavia bene verrà a te se li accogli, beneficio se li accetti, giovamento se li ricevi.
- 162. Ljóðatal - Hávamál
La figura di Loddfáfnir si trova nella parte dello Loddfáfnismál, «discorso di Loddfáfnir», è una parte importante dell’Hávamál, poiché probabilmente è il nucleo originale dell'Hávamál stessa.
Si tratta di una serie di massime, che Hár (Odino) elargisce ad un giovane, appunto Loddfáfnir.
All’inizio, questa volta, a parlare non è Odino, ma qualcuno (forse lo stesso Loddfáfnir) che afferma di aver udito l'intero discorso nelle «sale di Hár».
Le massime, poi sono sempre introdotte da una lunga formula di apertura, questa volta dettata da Hàr e ancora una volta nel contenuto, troviamo consigli di comportamento per l’essere umano.
«Ti consiglio, Loddfáfnir
e tu accetta il consiglio»
Tornando però brevemente allo Ljóðatal, Secondo Guido Von List, uno studioso tedesco, nei diciotto versi dell'Hávamál sono nascoste in ogni strofa le rune, una per strofa, svelando così l'incantesimo raccontato da Odino. Tuttavia, secondo l'analisi effettuata da Freya Aswynn e non solo, prendendo in considerazione le strofe che vanno dalla 146 alla 164 dell'Hávamál, ovvero proprio lo Ljóðatal, scopriamo che in questi versi è possibile intuire che ad ogni strofa non appartiene solo una runa ma più rune associate. L'interpretazione offerta di questi incantesimi, suddivide le rune in gruppi di tre, altro numero che moltiplicato da nove, numero sacro della Tradizione norrena.
Le rune in questo ambito non vanno mai invertite, (qual ora le usiate anche rovesciate) infatti, le rune dritte rappresentano il regno da cui sono tratte e esercitano il loro potere attivo nell'incantesimo.
Le funzioni runiche restano comunque molto enigmatiche, poiché, raggiungere la consapevolezza della loro azione è l'obiettivo del lavoro di comprensione dello Ljóðatal.
Con questa strofa dell'Hávamál quindi, comincia l'esposizione dei canti runici, essendo canti magici non sono comunicabili a parole.
Sono simboli, l'idea del potere che questi canti possiedono.
In questa Notte, potreste concentravi in particolar modo su di essi, per la loro natura magica, volgendovi allo scoprire i misteri di questi canti, le rune nascoste e la loro applicazione in tali contesti. Tuttavia, tutto l’Hávamál, potrebbe essere uno spunto di riflessione importante per questa giornata.
In questo giorno ci ricordiamo della virtù dell'Onore.
L'onore è più di una virtù; è una parte intrinseca dell'essere di una persona e della sua anima.
È una coscienza interiore, la consapevolezza che tu sei cosa dovresti essere e che le tue azioni si dimostrino vere e giuste.
L'onore è basato non solo sugli atti nel presente, ma include anche tutto ciò che una persona ha fatto nel passato. L'onore racchiude tutte le altre virtù, e loro, a loro volta, sono necessarie per preservare l'onore dal male.
Una persona il cui onore viene a mancare, di solito dimostra questo iniziando a “scivolare” in altre aree, come ad esempio diventando vigliacco o avaro.
L'onore è la base del pensiero logico morale nordico. Ciò si evince anche dalle saghe.
Ricordiamo così due tipi di popolazioni dai tempi antichi: quelli il cui l'onore era così pulito da “brillare” ancora nella storia e quelli privi di onore, i cui nomi sono stati maledetti ancora mille anni dopo aver vissuto.
Nel mondo nordico l’Onore è espresso dal Maegen, un concetto che la maggior parte delle persone oggi sembra aver perso.
Il concetto di maegen si basa sull'idea che esiste un potere personale tangibile che si guadagna con atti d'onore: mantenere ciò che si dice, dare la propria parola e mantenerla.
Ogni volta che non si mantiene la parola data, si perde l’Onore.
Se ci si allontana continuamente dagli impegni, senza mai restare fermi nella propria posizione, la Parola viene meno e non si accumula una “scorta” di onore vero.
Non si è quindi, in una posizione migliore rispetto all'individuo che infrange le sue promesse.
L’onore ovviamente si perde anche commettendo atti non etici e dannosi contro gli altri, si guadagna invece rifiutando la tentazione di fare questo genere di cose quando te ne viene data la possibilità.
L’Onore è molto più di un semplice “guadano sociale”.
Se da un lato mostrarsi in grado di mantenere la parola data è utile per costruire la fiducia nell’altro, il concetto di maegen sottolinea che si tratta di un potere da costruire anche in isolamento, e che non dipende dalle opinioni degli altri.
L'idea è che ogni volta che si mantiene la parola data, si crea una riserva di potere dietro la nostra parola, e questo le conferisce un maggiore impatto cosmico.
È più di una semplice reputazione, è una vera forza dell'anima che può essere sentita e utilizzata.
Dall'onore ne deriva anche la fortuna di un individuo, ed è molto più che un lancio favorevole dei dadi; significa un potere interiore che si estende nel mondo fisico, in modo che tutti gli sforzi siano ripagati.
La fortuna è la manifestazione esteriore dell'onore; quando dentro sei vero e giusto, tu prosperi in tutto ciò che fai. Nel mondo norreno la Fortuna è contraddistinta dalla parola hamingja che ha molti significati, ma tutti sembrano convogliare appunto, su un certo tipo di fortuna: non il tipo di fortuna che viene fuori dal nulla come detto, o che hai o non hai, ma il tipo di fortuna che può essere creata o guadagnata con le azioni che si fanno, “creando la propria sorte”.
Oggi ci sarà tenere a mente il mese dello Spargimento (Settembre) e l'Equinozio d'Autunno.
La festa del raccolto dell'anno.
Le Divinità della fertilità Vanir sono di solito invocate per la loro benedizione dei campi e della vendemmia in corso. Molti onorano Freyr & Freya così come Nerthus & Njord.
È un buon momento per riflettere sulle fatiche del passato anno e preparare sé stessi per l'arrivo dell'inverno.
Tratto da "Le Dodici Notti. Tradizioni Nordiche ed Europee del Solstizio d’Inverno" di Skayler • Nattfödd Ulver
Maldalchimia.blogspot.com
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Arcano Maggiore XII dell'Appeso, che, la mitologia scandinava, rappresenta, come abbiamo visto, l’Appeso divino per eccellenza, Odino, padre degli Asi, che annuncia doni profetici sacrificando se stesso, appendendosi ai rami del frassino cosmico Yggdrasill.
Nona notte celtica. 28 dicembre
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