In tutto il bacino del Mediterraneo romano si può trovare ripetuta una particolare figura in un gran numero di esemplari, riprodotta con sorprendente precisione e regolarità iconografica.
Siamo di fronte al culto di una nuova divinità, la cui bizzarra rappresentazione rivestiva evidentemente un significato molto ben definito per i numerosi utilizzatori di questi amuleti.
Si tratta di una creatura bipede, in posizione eretta, con le gambe serpentine, il torso umano e la testa di un uccello (o un gallo)
[...] In tutto il bacino del Mediterraneo romano si può trovare ripetuta una particolare figura in un gran numero di esemplari, riprodotta con sorprendente precisione e regolarità iconografica. Siamo di fronte al culto di una nuova divinità, la cui bizzarra rappresentazione rivestiva evidentemente un significato molto ben definito per i numerosi utilizzatori di questi amuleti.
Sui numerosi amuleti magici che riportano questa bizzarra sagoma anguipede, il nome più ricorrente è “Abraxas” o “Abrasax”.
Chi era questa misteriosa divinità, la cui magica protezione veniva invocata in tutto l’impero? Malgrado la sua enorme diffusione, non sono molte le informazioni in nostro possesso. Nell’antica mitologia greca, Abraxas era probabilmente uno dei cavalli che solcavano i cieli trainando il carro alato del Sole. Igino, citando un passo di Omero purtroppo andato perduto, ricorda che: Questi cavalli attaccati alla fune sono maschi, mentre quelli attaccati al giogo sono femmine: Bronte, che chiamiamo Tuoni, e Sterope, che chiamiamo Lampi – lo sostiene Eumelo di Corinto.
Inoltre ci sono quelli che cita Omero: Abraxas (e) †Terbeo†.
Anche se la figura rappresentata sugli amuleti non è certo un cavallo, quest’origine mitica rappresenta un indizio prezioso, su cui si tornerà in seguito. Peraltro, sul dorso di alcune effigi del dio con le gambe da serpente è raffigurato proprio il carro del sole.
È tuttavia nel Medio Oriente giudaico-cristiano dei primi tre secoli della nostra era che Abraxas – o Abrasax – si trasforma nel misterioso dio ma gico di cui stiamo provando a ripercorrere le tracce. Nella regione sono stati trovati alcuni papiri contenenti formule magiche di protezione: in piena analogia con ciò che accade per gli amuleti, anche qui il nome di Abraxas viene invocato con finalità rituali.
La chiave di volta per scoprire chi fosse realmente questa misteriosa divinità perduta del Mediterraneo romano è contenuta nei vangeli apocrifi: il suo nome, insieme ad altri dettagli particolarmente curiosi, compare in tre degli ormai ben noti manoscritti ritrovati in Egitto a Nag Hammadi nel 1945.
Tratto da Paolo Riberi Igor Caputo Abraxas: la magia del tamburo. Mimesis Edizioni
Maldalchimia.blogspot.com
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