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mercoledì, ottobre 26, 2022

💛Sulle navicelle nuragiche di Mario Marongiu

 L’Archeologia Ufficiale ha sempre sostenuto che i nostri antenati del periodo nuragico costituivano un popolo stanziale distribuito in tutta la Sardegna dedito alla pastorizia, all’agricoltura ed alla guerra. 

La scoperta di un numero importante di bronzetti che rappresentano persone, animali di ogni genere e specie, di barchette, di lucerne, di oggetti di uso comune e quotidiano è servita ad avvalorare tale tesi. Purtroppo non è stata trovata una qualche forma di scrittura, che probabilmente esisteva, facilmente leggibile e che ci permetterebbe di leggere il passato. 

Sull’argomento esiste un’amplia bibliografia in grado di soddisfare la curiosità di un lettore che volesse documentarsi sulle cose sarde dell’antichità. 

La curiosità resta alquanto delusa quando l’argomento riguarda le navicelle di bronzo.

Le navicelle, che saranno l’oggetto dominante di questa ricerca, sono state descritte come oggetti casalinghi o di culto aventi funzioni diverse: 

- lucerne ad olio da appendere per illuminare un ambiente buio; - oggetti da ricevere o donare per essere esposti con funzione di abbellimento di un interno; 

- oggetti da donare ad una qualche divinità. Nessun collegamento veniva fatto con un eventuale viaggio in mare per effetto di una diffusa convinzione di un’innata diffidenza, addirittura un’avversione per il mare da parte della popolazione isolana.

L’Archeologia Ufficiale ha seguito in modo acritico la scuola di pensiero che vedeva nelle barchette lanterne da accendersi appese tramite l’anello applicato in testa all’albero o alla sovrastruttura. 

Sono state fatte da diversi studiosi le seguenti osservazioni: 

- l’albero è in genere posizionato verso la prua, e non in corrispondenza del baricentro, per cui la barchetta appesa per l’anello si inclinerebbe con conseguente fuoriuscita dell’olio; 

- non si ha notizia di navicelle con presenza di tracce di sostanze carboniose da combustione o anomale colorazioni dovute alla fiammella dello stoppino; 

- questi oggetti hanno la forma molto precisa di imbarcazioni dotate di albero o di sovrastruttura (semplice o finemente elaborata); 

- non è possibile pensare che gli artigiani fonditori abbiano potuto realizzarle senza avere presente e conoscere una vera imbarcazione da utilizzare come modello; 

- il modellino di gondola che i turisti acquistano a Venezia in ricordo del viaggio è la copia in scala ridotta di quella vera. 

Senza la vera gondola non è possibile che esista il modellino; 

- i modellini sono tutti diversi e tutti sono perciò in modo evidente la riproduzione in scala ridotta di barche di forma diversa o una diversa rappresentazione dello stesso modello; 

- esistono modellini essenziali nella forma ed altri finemente decorati con parapetti e sovrastrutture, segno probabile di una diversa capacità economica del destinatario. 

Quasi tutti i modellini di barche sono dotati a prua di protome animale e cioè della parte anteriore (collo più testa) di un animale scolpito.

Queste protomi rappresentano animali di diverse specie, prevalentemente con le corna, e spesso inequivocabilmente di origine africana o orientale. 

Lascia ulteriormente perplessi il fatto che non sia stata subito notata questa evidente origine e si siano tentate somiglianze impossibili con gli animali nostrani. 

Ritorniamo al ragionamento precedente: 

- se l’artigiano ha formato con la cera prima e col bronzo dopo una testa di un’antilope è del tutto evidente che l’ha

avuta presente come modello al vero, o come animale impagliato o come disegno realizzato da chi l’ha potuta vedere nel suo ambiente naturale originario. 

Sorge il dubbio che si sia voluta evitare l’evidenza e che non si volesse stravolgere un principio consolidato per il quale i nostri antenati non fossero dei navigatori e i contatti col mondo esterno all’isola lo avessero attraverso altri popoli. 

Accettare che le barchette di bronzo fossero copie in scala ridotta di vere barche voleva dire che i sardi navigavano e che le barchette erano ricordi di viaggi e quindi da conservare come souvenir o magari da offrire ad una divinità per ringraziarla del rientro da un viaggio o ancora per propiziarsela in vista di un viaggio. 

La presenza di protomi di antilopi e di altri animali africani fa capire che non si trattava di viaggi lungo le coste della Sardegna o all’interno delle lagune ma di grandi viaggi nel Mediterraneo e nell’oceano. 

L’Archeologia Ufficiale ha sempre avuto grande difficoltà a ipotizzare che i nostri antenati potessero essere provetti costruttori di barche e grandi navigatori. 

È noto come sia esistito nella lontana antichità un fiorente commercio di ossidiana tra la Sardegna ed il continente europeo. 

La cosa più semplice è stata quella di pensare che altri popoli, esperti nella navigazione, facessero da tramite tra i Sardi e il resto del mondo in questo tipo di attività marinara e commerciale. Eppure non era così difficile interpretare quanto ci è stato trasmesso da quegli autori dell’antichità che descrivevano la Sardegna come un crocevia di traffici marittimi e commerciali del Mediterraneo. 

Gli Egiziani ci hanno lasciato documenti scritti e bassorilievi che parlano di popoli del mare che hanno tentato di occupare la loro terra, e tra questi i Sarden, provenienti “dalla grande isola”. 

Non si può ignorare il fatto che guerrieri Sarden siano stati anche guardie del corpo dei Faraoni. 

Non si può ancora ignorare il fatto che sia esistita una vera e propria flotta sarda nell’antichità, e ciò è ampiamente dimostrato anche dal ritrovamento di un notevole numero di ancore disseminate in tutte le nostre coste in prossimità di ridossi e porti, segno inequivocabile della continua frequentazione di quei luoghi. 

In definitiva le barchette nuragiche non hanno avuta l’attenzione che meritavano e sono state relegate a semplici oggetti ornamentali.


Tratto da Mario Marongiu La barca senza timone con vele volanti Domus de Janas Edizioni


Nel Link, approfondimento sulle navicelle

https://maldalchimia.blogspot.com/2022/07/navicelle-di-mandas.html?m=0


https://maldalchimia.blogspot.com/2022/03/fuoco-di-santelmo.html?m=0

Maldalchimia.blogspot.com 


Nell'immagine, navicella R20S09-614 ritrovata ad Orroli, provincia di Cagliari, risalente alla prima età del Ferro (900 aC circa), con scafo fusiforme, attualmente esposta al Museo Archeologico di Cagliari. Le fiancate hanno bordo traforato caratterizzato da coppie di volatili riprodotti pure sui capitelli strombati e appiattiti di quattro colonnine laterali. Al centro dello scafo piatto si erge l'albero con capitello a gola sormontato da anello e volatile ora poco leggibile. Una piastra collega lo scafo alla protome bovina, dal muso sbiecato che riproduce la zona oculare e le lunghe corna ricurve verso l'alto.

Sulle navicelle nuragiche. Mario Marongiu




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