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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

sabato, ottobre 22, 2022

💛Brano di Augusto Mulas "L'isola Sacra"

 Per chi mi segue nei miei post, sa bene che è ciò che ho sempre sostenuto anche io, anche in scala più larga, in quanto i nostri Antichi Padri e Madri, avevano un'attenzione particolare anche per i moti stellari e dei pianeti, conoscendo bene anche la Precessione degli Equinozi.

Tendevano a far parte, ad essere partecipi di quel grande Disegno Divino, di cui sentivano e manifestavano, con i mezzi che avevano, esprimendosi attraverso le loro spettacolari opere, riflesso di una Sacra Geometria, una profondissima spiritualità. 


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Personalmente ritengo invece che solo un’altra motivazione poteva indurre un così imponente numero di individui alla costruzione di tali monumenti, e questa è da ricercarsi nella sfera religiosa che, al contrario di ciò che è stato detto prima, ben si adatta all’ipotesi di una società capace di lunghi periodi di pace e non divisa in cantoni, come invece si sostiene da più parti, che avrebbero consentito la costruzione di così tanti monumenti, ma anche un’unità di intenti per cui grandi forze lavoro si univano nel completamento dell’opera poiché essa serviva a ringraziare o a ingraziarsi la benevolenza degli dei.

Questa ipotesi, se per un attimo volessimo supporre che i nuraghi fossero stati, almeno in nuce, dei templi, non è del tutto peregrina, dal momento in cui ci soccorrono alcune fonti letterarie, non strettamente legate alla civiltà nuragica, ma comunque almeno a essa coeva. 

Mi riferisco per esempio ad alcuni versi del I libro dell’Iliade, unanimemente ritenuto dagli studiosi delle opere di Omero, come il più antico di tutta l’opera. Infatti nei versi 39-41 del I libro dell’Iliade, il sacerdote Crise, vero contrappeso religioso al potere politico esercitato da Agamennone sul suo popolo in armi, dopo esercitato da Agamennone sul suo popolo in armi, dopo essere stato scacciato in malo modo dall’Atride si isola in preghiera, e invocando Apollo rammenta a quest’ultimo i templi fatti innalzare da Crise stesso in suo onore, e le ricche offerte di cibo, soprattutto carni. 

Questi versi ci dovrebbero far riflettere sulla consuetudine delle società coeve a quella nuragica, con tutta probabilità infatti questo testo si riferisce alla civiltà micenea, di far erigere dei templi in onore degli dei, non dimenticando anche che proprio tra il popolo nuragico e quello miceneo, come dimostrano le ricerche archeologiche di questi ultimi trent’anni, intercorsero delle relazioni commerciali-culturali di una certa rilevanza, per cui allo stato attuale delle ricerche sono almeno una ventina i siti sardi che hanno restituito materiali relativi a questo popolo. 

Con la citazione di questi pochi versi non si vuole dunque affermare che i micenei abbiano trasmesso dei culti ben precisi alla Sardegna nuragica, la qual cosa non sarebbe comunque scandalosa anche se fosse avvenuta nella direzione opposta, ma che al contrario era del tutto lecito già in epoche così remote erigere monumenti, e in particolare templi, in onore degli dei, e soprattutto offrire a essi carni di bovini e ovini (vedremo nel proseguo quanto sia importante questo parallelo). 

A tal proposito non sembra fuori luogo ricordare la tradizione di Timeo di Tauromenio, scrittore vissuto a Taormina appunto tra il IV e la metà del III sec. a.C., il quale raccontando dell’arrivo di Dedalo in Sardegna sostiene che egli abbia costruito sull’isola «molte e grandi opere», tra le quali cita i «ginnasi grandi e magnifici, i tribunali e i templi degli dei». 

Allora, come è possibile che nessuna fonte antica, per quanto scarna essa sia, abbia mai ricordato l’isola come una terra ricca di for tezze e dunque capace anche di incutere timore verso le altre popolazioni? Anche l’informazione tramandataci da Timeo, per quanto vada comunque interpretata e considerata con il beneficio del dubbio, parla di tutto tranne che di fortezze. 

Cercando di interrogare il mito, nei limiti del possibile, ci si domanda come sia accaduto che tra le notizie tramandateci non si faccia neanche un minimo accenno a una società capace di erigere una ragnatela così fitta di punti di difesa e all’occorrenza d’attacco, sparsi per tutto il suo territorio, che l’avrebbero dovuta contraddistinguere come una vera e propria isola inespugnabile agli attacchi esterni. Ritengo dunque che lo stimolo iniziale alla costruzione del nuraghe nasca da una esigenza religiosa, per cui il nuraghe era principalmente la sede deputata allo svolgersi dei riti previsti dalla religione nuragica, ancora oggi quasi del tutto sconosciuti alla scienza moderna (cercheremo più avanti di esprimere un’ipotesi a tale proposito), e, se non tutto l’edificio, almeno la tholos della torre centrale e gli ambienti più prossimi potevano essere il sancta sanctorum, il sacello delle divinità adorate. 

Solo in una fase successiva, con il rafforzarsi della civiltà nuragica e contestualmente con l’aprirsi di questa ai rapporti con altre popolazioni, si assiste in Sardegna al sorgere dei nuraghi complessi, espressione probabilmente di una crescente richiesta di protezione, dal momento che si andavano accumulando ricchezze sempre più ingenti all’interno degli stessi nuraghi. Noi pensiamo infatti che l’espletamento dei riti o delle funzioni religiose che avvenivano nel nuraghe fossero contraccambiate dai fedeli con il dono di beni, fossero questi metalli preziosi o più semplicemente derrate alimentari, destinati alla casta sacerdotale officiante che, con grande probabilità, coincideva con il potere politico della società nuragica. Si innestava così un fenomeno di tesaurizzazione dei beni conservati all’interno dei nuraghi, per i quali era necessario erigere, per esempio, dei possenti antemurali così come li troviamo in alcuni siti, non ultimo quello di “Sa Reggia” nella Foresta Burgos, dotato addirittura di un camminamento nella sua parte superiore che residua per ben 80 metri lineari.


Tratto da AUGUSTO MULAS "L’Isola Sacra. Ipotesi sull’utilizzo cultuale dei nuraghi" Edizioni Condaghes

Maldalchimia.blogspot.com

Nuraghe Costa nel villaggio nuragico di Burgos, detto "Sa reggia", in provincia di Sassari.

Augusto Mulas "L'isola Sacra"





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