L'ITERAZIONE LOGOGRAFICA. UNA CONVENZIONE USATA DAI NEOLITICI NELLE DOMUS DE JANA E DAI NURAGICI. 'POI' DAGLI ETRUSCHI.
Scardinare i rebus del codice funerario etrusco è impresa faticosissima, quasi proibitiva. Tanto più che questa viene ostacolata da 'credenze' ermeneutiche forti della conferma di valenti etruscologi del passato e del presente. Soprattutto dei primi che però poco o nulla hanno fatto per andare oltre un certo razionalismo (un logicismo) che, cercando di spiegare i simboli religiosi, li impoverisce, li sminuisce, privandoli di una carica di senso di gran lunga maggiore di quella che essi mostrano all'apparenza. Nel precedente post, dialogando con un appassionato di archeologia ci è capitato di parlare del 'significato' dei cipressi ( dei due cipressi) disegnati in collocazione speculare nella cassa del sarcofago di Chiusi (e in latri sarcofaghi ancora). Una logica del tutto superficiale potrebbe indurci a pensare ad una allusione ad una 'statio mortuorum' procedenti verso l'aldilà. Ma una logica ancora più stringente ci dice che 'bende appese' e corni che le sostengono, strettamente collegati ai cipressi, niente hanno a che fare con una fermata di un percorso mortuario. Certo, i segni tendono a fornire un'idea, ma se la forniscono non separatamente ma tutti assieme il ricercatore ha il dovere di fornire una spiegazione dell'insieme. Chi ha avuto la pazienza di leggerci e di seguirci sa che la nostra spiegazione si è basata sulla supposizione (confortata da altri esempi raffigurativi in oggetti mortuari) che 'cipresso + benda appesa + corno' formino un ideogramma 'celeste' dove con il tre raddoppiato si ottiene per due volte il 'procedere verso l'alto', il 'distendersi' e il 'curvare' dei due astri personificati nella religio etrusca dalla coppia divina TIN/UNI. Dire 'tre' e 'scrivere 'tre' era un modo per dire e scrivere il sole e la luna (o TIN/UNI) in modo diverso, certamente più nascosto. I tempi eterni delle due fonti luminose davano il nome astronomico -matematico a due entità denominate con nomi concreti (SOLE/LUNA// TIN/UNI). Ovviamente il 'SEI' diventava automaticamente il segno comune per entrambi, numero questo che è presente d'obbligo in quasi tutti i sarcofaghi e in tutti gli oggetti del culto funerario. Quindi, secondo me, la 'sicurezza' assoluta (portone blindato) del viaggio dei defunti ha a che fare con quel doppio tre o sei luminoso, con la divinità non chiamata per nome ma ideograficamente e convenzionalmente per numero. Ma bisogna individuare (l'abbiamo scritto) il 'come' e il 'perchè' di quella certezza che coinvolge le due entità fonti di luce e preposte a creare luce continuamente. L'individuazione si attua se si è in possesso di un'altra convenzione (usata a partire dalla 'scrittura funeraria del neolitico -eneolitico sardo e poi da quella nuragica: domus de yana ) che da noi è stata chiamata 'iterazione logografica', ovvero ripetizione di uno stesso segno in modo da dare un numero che per convenzione è anche parola. Sarà bene fare subito un esempio.Se noi scriviamo la voce TIN (tre) o quella della coppia TIN/UNI (sei) per sette volte avremo TIN 7 o TIN/UNI 7 e se noi scriviamo il valore lessicale del sette, stabilito per per convenzione, avremo 'TIN SANTO' o 'TIN/UNI SANTI'. Così se scriviamo TIN per quattro volte avremo ' TIN FORTE' o 'FORZA DI TIN' perchè il quattro questo significava (e ancora significa!) per convenzione. Torniamo ora al 'doppio tre' e al portone blindato. Il senso sembrerebbe 'certezza del Sei' cioè certezza della doppia luce, ma così non è perchè il Sei in modo del tutto nascosto è scritto altre tre volte in modo da fornire il quattro che mi consente di ottenere la voce 'forza'. Cioè mi consente di capire che la 'sicurezza' (per il defunto, per il suo viaggio e per la sua vita futura) si unisce alla 'forza' la quale sintatticamente si unisce a sua volta con il 'SEI'. Avremmo insomma un testo scritto a rebus con senso preciso: SUCUREZZA DELLA FORZA DELLA DOPPIA LUCE (Sicurezza della forza. E' chiaro che non ci resta che da spiegare in che modo si ottiene il 'SEI' ripetuto per altre tre volte così da averlo 'scritto' in tutto per quattro volte (continua).
(in all. l'iterazione logografica nuragica (con il 'quattro' con probabile senso di 'forza') nel cosiddetto 'doppiere' di Tergu)
Prof. Gigi Sanna, docente, autore, epigrafista, esperto di antiche scritture, con particolare attenzione a quella sarda
Maldalchimia.blogspot.com
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