Riporto uno stralcio del libro di Valeria Putzu, "L'impero dei popoli del mare", in cui si sofferma sulla simbologia di tre pintadere sarde.
Sulle pintadere mi sono soffermata anche io, in svariati post
( https://maldalchimia.blogspot.com/2020/04/la-pintadera-sarda-e-un-ancestrale.html?m=0), anche in correlazione con i Guanci ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/10/guanci-sardegna.html?m=0), anche in correlazione con i timbri del pane ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/10/guanci-sardegna.html?m=0).
Ma è chiarissimo, che ci troviamo difronte ad un manufatto che riporta delle proporzioni auree, un angolo a 72°, di cui troviamo traccia nelle proporzioni auree delle nostre Dee Madri ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/le-tre-dee-madri-cosmiche-sarde-della.html?m=0),
nell'ingresso del pozzo di Santa Cristina ( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/06/simbologia-angolo-72-nel-pozzo-scristina.html?m=0
-https://maldalchimia.blogspot.com/2021/11/il-menat-e-santa-cristina.html?m=0)
"Ciò che si crea con queste traiettorie, nel cielo, con il percorso seguito dall'asse terrestre in 24.000 anni, è rappresentato da una figura geometrica che conoscete molto bene, che reputo la Chiave di lettura di tutta la Geometria Sacra sulla terra, con le sue proporzioni auree e perfette.
Questa figura, antichissima, la Madre di tutte le figure, è la Vesica Piscis, che non è stata inventata dall'uomo, ma è una configurazione tracciata sia dall'asse terrestre nel corso della precessione degli equinozi, durante la quale si traccia una configurazione doppiamente conica unita per il vertice, nell'arco di 25. 800 anni, mentre la stella Polare del momento, che cambia ogni 13.000 anni( in questo momento è Polaris, e tra 13.000 anni sarà Vega) traccia un percorso che è quello delle due circonferenze che si intersecano, a causa della rotazione della sfera celeste.
Il punto in cui la traiettoria circolare interna, segnata dall'asse terrestre, tocca la traiettoria della stella polare segna i punti dei due solstizi, il Solstizio d'Inverno, e il Solstizio d'estate.
Quindi questa antica Figura Madre, la Matrice di tutte le tutte le figure Geometriche, è la Perfezione che poi viene trasposta sulla terra.
Gli Antichi osservavano il cielo, le traiettorie celesti, e poi le trasportavano in modo tridimensionale anche sulla terra.
Abbiamo visto infatti come avessero dato grande importanza alla conformazione della Costellazione di Orione, alla sua conformazione a "X", a clessidra, internamente, passando per le tre stelle della sua cintura, conformazione che vediamo spesso anche sul nostro antico vasellame, e a quella "quadrata/rettangolare" come sagoma delle quattro stelle esterne.
E abbiamo visto come le stelle di Orione, formino con la loro conformazione quasi tridimensionale, con vertice su Aldebaran, l'occhio di Horus, il portale per l'ascensione (e specularmente, con Sirio, l'elemento femminile che dinamizza la sinergia Ascensione) una piramide a base "quadrata/trapezioidale", la piattaforma per l'ascesa divina.
Piattaforma, che poi verrà decodificata, come abbiamo visto, in parametri terreni, nel quadrato di Sator, e del Sinis, che lo ha anticipato di almeno due millenni, di cui i custodi, Sacri Architetti Divini, sono i Giganti di Mont'e Prama, che sul mento(sul mento del Pugilatore Efis), portano il Sigillo di questa Sacra Geometria Costruttiva Architettonica : l'esagono con i 6 triangoli a 60°, parametro di ogni costruzione architettonica.
E le Madri, le Sacre Madri, cosa portano in grembo?
Portano in grembo un messaggio più raffinato.
Il messaggio del Codice della Vita, quello che si può ottenere solo con la sinergia degli opposti, come il 6 dell'angolo a 60°, della loro controparte maschile, ma in un modo più raffinato, da Madri Cosmiche.
Infatti ho scoperto che le loro figure, sono perfettamente inscrivibili in parametri sacri, in proporzioni auree ben definite.
Tutta l'umanità ha ricercato sempre queste proporzioni auree, che si trovano in modo naturale, nella geometria della Natura.
E questo rapporto aureo si trova nel pentagono(e nei solidi ad esso legati), dove il rapporto tra diagonale e lato, è pari al rapporto aureo.
Pentagono/Pentacolo che corrisponde alla costellazione del Toro, che astrologicamente è legato al Pianeta Venere.
Pentagono, che suo interno, ha gli angoli interni, che passano per le basi e il vertice opposto, a 72°.
E le Dee Madri sono caratterizzate, nelle loro proporzioni, da questi angoli a 72°
Avevo già visto questo "72°".
Ricorre spesso nella Geometria architettonica sarda.
Ed è presente anche nelle nostre tre Dee Madri, oltre che essere, il pentacolo/pentagono stesso, sovrapponibile con la Tanit e l'Ankh egizio, simboli come abbiamo visto dell' equilibrio equinoziale".
Riportare queste proporzioni auree sulla terra, farne delle coordinate per ricreare una certa perfezione aurea, "in terra", significa una precisa volontà, da parte degli Antichi Sardi, di divinizzare, con parametri della Geometria Sacra, con proporzioni auree, ogni loro manifestazione artistica, architettonica, poiché tutto doveva portare ad onorare la dimensione divina, ed essere un riflesso di essa, nella dimensione terrena
Dimensione terrena e spirituale unite a doppio filo, una, il riflesso dell'altra, come in altre manifestazioni, in cui ho approfondito riguardo il concetto di gemellare e speculare
Tiziana Fenu
©®Diritti intellettuali riservati
Maldalchimia.blogspot.com
Nella prima immagine
Pintadera ritrovata al Nuraghe Santu Antine di Torralba – in provincia di Sassari
Nella seconda immagine
Pintadera ritrovata nel Nuraghe di Nuraxinieddu, provincia di Oristano
Nella terza immagine
Pintadera ritrovata a Barumini durante gli scavi effettuati nel Nuraghe ’e Cresia, sotto Casa Zapata .
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
"Parliamo delle pintadere, particolari oggetti che gli studiosi ritengono fossero utilizzati durante il periodo nuragico come stampi per la produzione del pane.
Tale interpretazione, sempre secondo i ricercatori, sarebbe evidenziata dal fatto che numerose pintadere conservano evidenti segni di bruciatura. Tuttavia, chiunque conosca anche solo un poco le tecniche di panificazione potrebbe obiettare che un oggetto pesante, in pietra o ceramica, collocato sopra il pane in cottura ne impedirebbe la lievitazione. Dunque, andrebbe scartata l’ipotesi che le pintadere servissero a questo scopo.
Ci si potrebbe chiedere, inoltre, quale poteva essere l’utilità di tale pratica, a meno che non si pensi a una panificazione di tipo rituale. Ma se la produzione delle pintadere, come esposto succintamente, assolveva altri compiti, quali potevano essere? Per capire la natura di questi oggetti occorre analizzarli a fondo, sicuramente è utile interpretare attentamente i disegni che compongono ogni singolo manufatto, cercando di capire quale significato possedessero e perché, in molti casi, si sono riscontrati i segni di bruciature.
Prendiamo dunque in esame una tra le pintadere più conosciute e famose, ovvero quella rinvenuta presso il Nuraghe Santu Antine di Torralba – in provincia di Sassari, in Sardegna –, utilizzata anche come moderna espressione artistica in loghi e riproduzioni .
Nello specifico, si tratta di una pintadera di forma circolare, riccamente decorata con elementi geometrici, al centro della quale si trova un cerchio inscritto da cui partono cinque rette che dividono il manufatto in altrettante sezioni di forma triangolare. Ognuna di queste aree è occupata da una serie di linee disposte a v che corrono secondo direttrici parallele agli angoli compresi tra il centro della pintadera e i suoi vertici.
Ora, a un primo sguardo, l’oggetto non avrebbe alcunché di sensazionale, a parte la sua struggente bellezza e la sua originalità. Aggiungiamo che manufatti simili sono diffusi anche presso altre culture preistoriche, come i Guanci delle Canarie, o quella di Cucuteni-Trypillian (che occupava le aree delle attuali Romania, Moldavia e Ucraina).
Ma, a parte vaghe somiglianze e l’idea comune che servissero per “marchiare” cibi rituali, il corpo o i tessuti, le pintadere sarde sono assai più complesse e ricche di dettagli. Nasce dunque il sospetto che la loro funzione fosse singolare così come singolare è la conformazione dell’oggetto.
Abbiamo detto che la pintadera in esame venne ritrovata nei pressi del Nuraghe Santu Antine di Torralba, i cui scavi vennero iniziati nel lontano 1935 dall’archeologo Taramelli e poi proseguirono – tra interruzioni e riprese – fino ad anni recenti.
Nel suo complesso, quello di Santu Antine è considerato una delle principali strutture megalitiche dell’isola. In base ad alcuni calcoli l’altezza della torre centrale era compresa fra i 22 e i 24 metri (attualmente ne rimangono in piedi solo 17,5 metri), seconda in Sardegna solo a quella del Nuraghe Arrubiu di Orroli (compresa tra i 25 e i 30 metri). La datazione ufficiale presuppone una costruzione in tempi differenti, con l’erezione della torre centrale intorno al 1800 a.C. e aggiunte posteriori che arrivano fino al 1450 a.C. Intorno al nuraghe si sviluppò poi un villaggio. Ora, la pintadera che stiamo esaminando potrebbe rivelarsi molto più di quanto finora ipotizzato se prendiamo in considerazione le mappe satellitari dell’area dell’Oristanese. Infatti, se ingrandissimo la pintadera e utilizzassimo come tangente un luogo dal nome assai simile, ovvero Terralba (distante circa 25 chilometri da Oristano), salterebbe subito all’occhio la presenza di un enorme circolo, facilmente identificabile perché assai meno arido delle zone limitrofe, del diametro di 14 chilometri e corrispondente al territorio del comune di Arborea.
L’area compresa dentro il circolo è attualmente in parte sommersa dal mare e di difficile individuazione se non grazie a prospezioni aree o, come in questo caso, satellitari.
La corrispondenza “geometrica” tra quanto rileviamo nella pintadera e l’analisi del terreno non è perfetta, ma questo è dovuto, a nostro avviso, agli stravolgimenti operati nel secolo scorso, allorché parte delle aree in questione furono trasformate in risaie. Nonostante questi mutamenti, comunque, che pare abbiano cambiato un assetto millenario, ancora oggi si possono intuire le antiche divisioni, con particelle e fondi di piccole dimensioni, più o meno di superfice uguale, la cui disposizione segue un andamento parallelo secondo cinque differenti direzioni che si incontrano in un centro.
È possibile, dunque, che la pintadera di Santu Antine fosse una sorta di mappa dei fondi agricoli? È plausibile pensare che i segni geometrici non fossero casuali o “artistici” e riproducessero, invece, la realtà delle divisioni fondiarie dell’area in questione?
Si tratta di una coincidenza o ci troviamo di fronte a qualcosa di realmente rivoluzionario nell’interpretazione di un manufatto così misterioso? Se si trattasse di una mera coincidenza sarebbe naturale fermarci in questo punto e non andare oltre.
Tuttavia, spinti da questo primo risultato, abbiamo cercato altri riscontri prendendo in esame diverse pintadere sopravvissute alle temperie dei tempi e provando a collocarle in aree geografiche ben definite. Per fare questo occorreva riferirci a manufatti la cui provenienza fosse certa e ipotizzare una loro prospezione nel territorio di pertinenza o nelle vicinanze di questi.
Così, esaminando la pintadera rinvenuta nel Nuraghe di Nuraxinieddu e posizionandola secondo i criteri descritti per quella di Santu Antine, la mappa satellitare ha rivelato aspetti rilevanti e, decisamente, interessanti. In questo caso le corrispondenze appaiono a prima vista anche maggiori rispetto alla precedente rilevazione.
Riportando il disegno della pintadera direttamente sul territorio si evidenzia che circa l’80% delle linee geometriche del manufatto si rinvengono sulla superfice.
Questa corrispondenza si riscontra sia nella parte interessata dalle linee concave, sia in quella in cui appaiono linee rette e circoli, in buona parte posizionate sopra antichi sentieri o nuclei abitati, alcuni dei quali scomparsi nel tempo.
Dunque, anche in questo caso, si tratterebbe di una sorta di mappa catastale della zona di Nuraxinieddu, riferita a quelli che dovevano essere i fondi agricoli pertinenti alla comunità. Ma, volendo essere puntigliosi, si potrebbe ipotizzare che si tratti di una ennesima coincidenza.
Oppure dovremmo presupporre, da parte degli antichi abitatori di queste terre, una grande perizia nel riportare in un manufatto così piccolo i dettagli di un territorio così vasto, peraltro senza la possibilità di osservarlo comodamente dall’alto.
A questo punto ci si potrebbe anche chiedere – posto che la nostra ipotesi sia valida – come potessero raggiungere un tal grado di precisione senza strumenti moderni per i rilievi topografici.
Ma andiamo oltre esaminando una terza pintadera in cui abbiamo notato – ancora una volta – esatta corrispondenza tra elementi geometrici riportati nel manufatto e il territorio di pertinenza.
Parliamo della pintadera rinvenuta a Barumini durante gli scavi effettuati nel Nuraghe ’e Cresia, sotto Casa Zapata .
Purtroppo la pintadera non è stata pubblicata e dell’oggetto esiste solo una riproduzione in rete. Per la verità la conformazione di questa pintadera differisce dalle altre poiché sono rappresentati – al centro – tre circoli concentrici non perfettamente allineati e, quello di destra, leggermente più piccolo e decentrato rispetto agli altri due. Sopra e sotto i circoli si notano due file di quadratini, le file esterne composte di dodici riquadri, le file interne di tredici. Oltre le file di riquadri, in basso e in alto, si vedono delle linee oblique.
Ora, come interpretare questa messe di dati “geometrici”? A prima vista sarebbe difficile trovare elementi che dalla pintadera ci riportino sul territorio, se non fosse per quei piccoli cerchi concentrici che, a nostro avviso, equivalgono ai tre nuraghi di Barumini. Il primo, il celeberrimo Su Nuraxi – riportato alla luce dal padre dell’archeologia sarda, Giovanni Lilliu –, quadrilobato, cui segue – in perfetto allineamento – il Nuraghe ’e Cresia (sotto le fondamenta dell’antico palazzo baronale degli Zapata), al centro del paese.
A queste due monumentali strutture se ne aggiunge, leggermente disassato, ossia decentrato rispetto a un’ipotetica linea retta, una terza, il Nuraghe Bruncu sa Giustizia, di minori dimensioni rispetto a Su Nuraxi e Nuraghe ’e Cresia.
Le quadrettature sopra e sotto i cerchi concentrici corrispondono alle aree immediatamente a nord e a sud dei nuraghi, in cui si concentra – o si concentrava – l’attività agricola, mentre le aree esterne e meno fertili sono segnalate, a nostro avviso, con semplici linee oblique .
La disposizione dei circoli della pintadera ricorda da vicino un'area geografica molto famosa, quella della piana di Gizah, in Egitto, in cui le piramidi di Cheope e Kefren – perfettamente allineate – sono seguite da un terzo edificio più piccolo degli altri, ossia la piramide di Micerino, decentrato rispetto alla retta su cui insistono le piramidi maggiori. Come sappiamo, vige l’ipotesi che la collocazione al suolo dei tre grandi manufatti egizi riproduca volutamente il posizionamento nel firmamento della Cintura di Orione in cui all’allineamento delle due stelle maggiori – Alnilam e Mintaka – segue una terza stella – Alnitak – più piccola e decentrata.
A prescindere dalla sua valenza religiosa – componente imprescindibile della quotidianità di ogni civiltà del passato – la Cintura di Orione rivestiva un ruolo essenziale nel ciclo agricolo, andando a rappresentare il succedersi della morte e della rinascita degli elementi naturali, ciclo che aveva il proprio inizio in autunno e un suo termine in primavera, periodo di visibilità della costellazione.
Poter determinare in modo esatto la successione delle stagioni, pertanto. non era solo una questione di rispetto verso la divinità che si credeva concretizzata e visibile nel firmamento, ma porre basi sicure per la rinascita della fertilità dei campi, per favorire un raccolto che soddisfacesse le popolazioni del luogo.
Anche per questo motivo, intorno alla figura di Orione nacquero e si diffusero miti e leggende, penetrati poi attraverso le influenze egizie anche in altre culture. La pintadera di Barumini sarebbe quindi una rappresentazione del territorio nuragico, ma anche la proiezione su questa dell’elemento astronomico della Cintura di Orione. Questa costellazione infatti doveva essere ben conosciuta tra gli antichi Sardi".
Tratto da "L'impero dei Popoli del mare" di Valeria Putzu. Arkadia Edizioni
Maldalchimia.blogspot.com
Nessun commento:
Posta un commento