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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

giovedì, novembre 19, 2020

💛Prof. Porcheddu. Sardegna isola di Atlantide

 SARDEGNA ISOLA DI ATLANTIDE?

OLTRE AL MITO, LA STORIA RACCONTA MOLTO DI PIÙ.


Mario Tozzi è un Geologo prestato al Giornalismo e alla Storia, nonché un grande comunicatore innamorato della Sardegna, insieme al suo amico Sergio Frau, che nell’Isola conserva anche il suo DNA. La puntata di Sapiens sulle origini della civiltà sarda è stata per alcuni come un sasso buttato nelle acque stagnanti dei Lacus Sardus che ha fatto risalire a galla ogni genere di detriti fermi sul fondo da millenni; per altri, invece, è stato come un intorbidamento delle acque di chi nello stagno ci lavora da tempo. I primi sono coloro che vogliono vedere chiaro cosa si nasconde sotto la sabbia, i secondi quelli che credono di sapere cosa si nasconda sotto il manto sabbioso, anche intorbidito.


Nella realtà, noi Sardi possediamo un patrimonio archeologico che dal Neolitico alla fine dell’Età del Bronzo, ovverosia genericamente dalle prime Domus de Janas agli ultimi Nuraghi, vale nella bilancia quanto sull’altro piatto è poggiato quello contemporaneo messo insieme dal resto del Mediterraneo. È normale che il cittadino comune pretenda da chi lavora nello “stagno” risposte chiare e non si accontenta di vedere solo acque limpide. “Chi, come, dove, quando e perché?” sono le domande di rito che si pone un interlocutore di fronte ad un problema. Le risposte a questi cinque quesiti sulla storia sarda, però, non le deve dare il giornalista, come Tozzi o Frau, ma chi è deputato a farlo, ovverosia chi è pagato dalle università per fare ricerca.


Purtroppo, le nostre due università, quelle di Sassari e Cagliari, sono state riempite nel corso degli anni da specialisti feniciomani, etruscomani, punicisti, latinisti e romanisti. Quindi, anche i pochi sardisti presenti sono condizionati da questa mole di esperti che portano l’acqua dello stagno, insieme ai reperti, al loro mulino. Pertanto, allo stato attuale, sono i giornalisti, gli appassionati e i liberi ricercatori non convenzionati che sopperiscono alla carenza di informazioni che non arrivano dai canali ufficiali. In altre realtà, come quella della Civiltà etrusca, giungono in quei luoghi studiosi da tutto il mondo per presentare le loro ricerche. Tutto questo alla luce del sole, in grandi teatri o all’aperto, con il pubblico presente, e non nascosti nelle socchiuse aule universitarie.


È encomiabile l’iniziativa di promuovere il paesaggio sardo nuragico verso il riconoscimento dell’Unesco, ma che senso ha se poi non ci impegniamo, cosa che avremmo dovuto fare da tempo, a contrattare con il Governo italiano per l’introduzione dell’insegnamento obbligatorio nelle scuole sarde di ogni ordine e grado della lingua e della cultura di quest’Isola? Sapete che uno studente che esce dal Liceo Classico non conosce un’Acca della storia e della lingua di Sardegna? Come possiamo pretendere che la mitologia diventi storia se non formiamo scienziati in grado di fare scoperte importanti per la Sardegna e diffonderle a livello internazionale?


Mario Tozzi e Sergio Frau sono paragonabili alla lingua e alla cultura sarda insegnata “a progetto” nelle scuole. Dove ogni tanto qualche Dirigente scolastico di buon senso dedica qualche ora alla loro attenzione e i media ne mostrano in risalto i particolari. L’efficacia di questi insegnamenti nel tessuto studentesco e sociale sardo è misurata dal grado di crescita di piante e arbusti nei siti archeologici, che in certi casi supera in altezza lo stessa costruzione megalitica. Provate solo ad immaginare se nel Duomo di Milano, nella Torre di Pisa, nel Colosseo o in qualsiasi altro bene archeologico di rilievo possano trovare il loro habitat naturale piante invasive e distruttrici come il caprifico.


Se noi permettiamo che i nostri monumenti, anno dopo anno, siano distrutti da piante spontanee o dall’incuria dell’uomo, significa che non siamo degni di rappresentare i nostri padri che con mezzi di gran lunga inferiori ai nostri ci hanno lasciato in eredità un patrimonio di così inestimabile valore. La cosa più triste è che non ne capiamo neppure l’importanza storica, religiosa e sociale. Dobbiamo acquisire una nuova coscienza e sentire che quei templi sono presenti l’anima, l’identità, la sensibilità, l’interiorità di un intero popolo, chiamata in sardo in una sola parola con “intrànnia”.


Nelle costruzioni megalitiche sarde è contenuta anche la storia millenaria del Mediterraneo antico. Atlante non era solo un mito, ma pure la realtà terrena. Atlas è trasmesso in forma antica dai letterati greci senza la vocale della sillaba iniziale /u/ (che per metatesi linguistica viene sincopata se seguita da una liquida come la /l/ e preceduta da una sorda /t/), con la quale altrimenti sarebbe stato At[u]las. Nella grammatica greco antica, “Atlas” faceva parte della I declinazione dei nomi maschili che hanno il nominativo sigmatico, quindi la terminazione in -s. Per cui senza tale desinenza, in quanto il sardo non possiede i casi del greco, la voce diventa At[u]la, ovverosia Atula, che in sardo significa "Solco", che rappresentava il solco sacro della prima civiltà contadina.


Nel cielo, Atlante/Atula era sposo a Pleione e faceva parte dell’ammasso stellare delle Pleiadi, poste nella costellazione del Toro o Boe. Pleione, in greco antico Πληιόνη (Pleione), era la contrazione di Pula-Dione, che vuol dire Stella (Pula) Lucente (Dione = grande luce). In effetti, Atlante e Pleione erano talmente vicine da sembrare un’unica grande luce, composta dalle due stelle in unione matrimoniale. Atlante e Pleione, insieme alle altre “Pulesas”, componevano una dodecapoli, trasposta sulla terra con l’unione politica di 12 città. Il mito di Atlantide/Sardegna sull’Isola sacra nasce perché le città di Tula/Atulas e Pula/Puleione erano la rappresentazione dei sue astri sulla terra sarda.


Anche la fine dell’impero sardo e quindi della civiltà sardo nuragica o di Atlantide ci viene raccontata in modo mitologico dagli scrittori greci. Così raccontano in sintesi le diverse fonti: “Dopo che gli Achei e i Dori, popolazioni giunte a seguito dell’esercito ittita, penetrarono nella Grecia governata dai Sardo-Pellasgi e la conquistarono, diedero l’assalto a Troia. Presa la città più importante che controllava il passaggio obbligatorio tra il Mediterraneo e il Mar Nero, i Sardi furono estromessi dalla navigazione nel Mediterraneo orientale e iniziarono la loro decadenza politica, militare e sociale”.


Anche nella Titanomachia, la lotta tra gli dei Titano-Pellasgi e gli Olimpo-Achei, vinsero questi ultimi. Poseidone, la divinità achea dei mari, prese quindi il posto di Atlante, dio del mare dei Sardi-Pellasgi. Poseidone, infatti, in greco significa “Sposo a Dione”. In altre parole, Poseidone rimpiazzò Atlante nel cielo accanto a Pleione, quando contemporaneamente gli Achei e i Dori assunsero il dominio sul Mare Mediterraneo orientale. In cielo, in terra e in mare, gli dei e i guerrieri greci spodestarono dal trono, anche mitologico, la talassocrazia sarda che aveva governato per millenni il Mare Nostrum.


La mitologia ci fa sognare e ci mostra la storia antica come una leggenda. La mitologia era però la maniera degli antichi di raccontare la storia. L’archeologo dilettante tedesco Schliemann, seguendo la mitologia storica di Omero, riuscì a scoprire la posizione della città di Troia e i suoi tesori. Gli archeologi sardi dovrebbero trarre esempio da lui ed immedesimarsi nel pensiero dei sardi antichi e non ragionare con la testa di oggi, dura come la pietra di scavo. Sono convinto che nei prossimi anni qualcuno di loro, meno legato agli ambienti accademici tradizionalisti, troverà il tesoro, “su siddadu”, qui in Sardegna.


La storia della Sardegna antica c’è, ed è più vasta e importante dello stesso mito che la avvolge, ma è ancora in buona parte da riscrivere. Migliaia di documenti devono essere riletti secondo una diversa prospettiva. Le fonti egizie, ittite, greche antiche e bibliche parlano costantemente di noi Sardi. Noi Sardi abbiamo fatto la storia, noi Sardi la riscopriremo e noi Sardi la riscriveremo. Nel frattempo, cosa dire? Potremmo ringraziare Mario Tozzi per il bel filmato iniziando già a chiamarlo “Totzi”, con /TZ/, a sa sarda.


Prof. Bartolomeo Porcheddu, studioso, scrittore e ricercatore


Maldalchimia.blogspot.com


Prof. Porcheddu. Sardegna isola di Atlantide




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