Ho trovato una notevolissima somiglianza tra le grappe di piombo decorate, e ritrovate nel santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri in provincia di Cagliari, che ho già analizzato, riconducendole ad una simbologia di una sinergia tra maschile e femminile, tra nascita e rinascita, impresse negli elementi a chevron triangolari, legati al ciclo lunare e solare e ai cicli della vita, e tra la forma "de su mazzolu" , lo strumento che veniva usato dalle accabadoras, le donne sarde che agevolavano la morte attraverso una particolare ritualistica
Queste grappe e su mazzolu, hanno la stessa forma
Le grappe infatti, nell' elemento orizzontale, si presentano leggermente più corte da un lato
Non sono delle "T" perfette, con la stessa lunghezza nella barra orizzontale
È chiaro quindi, come ho già spiegato nel mio post, che fossero delle grappe simboliche, poste del ventre della Madre Pietra, piuttosto che regolarmente funzionali
Quasi un sigillo, ad indicare la sacralità di un luogo, come un luogo di unioni sacre, di rinascita, tanto più che sono in piombo, un metallo morbido, quindi non molto resistenti.
Avendo trovato poi questa notevole somiglianza con "su mazzolu" de s'accabadora, anche questo strumento di morte, privato nel corso dei secoli, di tutta la sua simbologia, anche decorativa, porta in sé tutta quella sacralità del concetto di rinascita e di ritornare allo stato primigenio di androginia, di unità, di cui si fanno portavoce anche le grappe del Santuario, tanto più che le stesse, ricordano l'ascia bipenne miniaturistica ritrovata nella Marina di Arbus.
Ascia bipenne che è chiamata anche labrys, labirinto, e che indica simbolicamente quel percorso uterino di rinascita, che si fa attraverso il labirinto, il cordone ombelicale, un percorso a ritroso, per ritrovare l' unità primigenia delle due polarità opposte
Ascia bipenne segnata da numerosi motivi triangolari a chevron, che indicano continuità del ciclo riproduttivo, vita che si riproduce nella dimensione terrena, ma anche dopo la morte, attraverso quell'elemento puntinato che sembra rappresentare delle. micro coppelle, che accolgono l' elemento femminile di trasformazione e di rinascita, dell' acqua come un liquido amniotico che traghetta da una vita all'altra
Ed ecco che depositaria di questo dono, traghettatrice, diventa s'accabadora, dal sardo "accabare", portare a compimento, finire un ciclo
E infatti si diceva "d'appu accabau", cioè " l'ho finito"
Eutanasia che pone fine alle sofferenze di chi non riesce più a stare al mondo
Un piccolo colpo alla nuca, e la morte arrivava istantaneamente da una mano esperta e amorevole, attraverso questo strumento "de su mazzolu", che come una grappa, unisce due dimensioni, la vita e la morte, e che consente la rinascita in un'altra dimensione per mano esclusivamente femminile
Un gesto umanitario attorno al quale si raduna l'omertà e la benevolenza del paese, poiché si riconosce la sacralità del gesto, che richiede discrezione e rispetto
Si diceva fosse la stessa persona, quella che faceva nascere, "sa bogadora", e s' accabadora, e che per le occasioni cambiasse solo il colore dell'abito, bianco per la nascita e nero se portava la morte
Una donna, una Jana androgina e forte, una sacerdotessa, dispensatrice di vita e di morte, di rinascita continua, che ha integrato in sé, le due polarità, il maschile e il femminile, l' energia della vita e la non energia apparente della morte, nonostante quello di porre fine alla vita di qualcuno, sarebbe da considerarsi un gesto più maschile che femminile
Invece s'accabadora, diventa colei che recide il cordone ombelicale dei bambini appena nati, e che è anche capace di recidere la vita per porre fine alle sofferenze
In un certo senso fa nascere, rinascere in un altro modo, e in un altro mondo
Una figura molto amata e molto odiata
Perché non tutti capiscono che la morte è soltanto un'altra rinascita
Contrastata dalla Chiesa, che la definiva "bruscia", strega, per molti aspetti, poiché era riservata e misteriosa
Ma le attestazioni riguardo la loro costante presenza e attività all'interno della comunità sociale ci sono sempre state
In una ritualistica che si scontrava con tutti gli amuleti chiamati "is pungas", creati per difendersi proprio della morte
Amuleti che venivano tolti così come i crocifissi e le icone sacre, al momento del rito, per rendere il trapasso più agevole, e per evitare che ci si affidasse alla Grazia Divina, o a qualche miracolo, inutilmente
S'accabadora non chiedeva compensi
Richiedeva discrezione e rispetto, come la famiglia che poi veniva aiutata attraverso la rete sociale dei contatti tra amici e familiari, discretamente, visto l'esilio che avrebbe passato
Ci si aiutava con rispetto verso la morte, parlandone, per il bene di chi soffriva e di tutti
Questo significa equilibrio, ricerca di equilibrio, come è sempre stato nell'anima della civiltà Sarda, che ha sempre cercato la perfezione, la sinergia delle forze opposte, che in questo contesto, si vedono incarnate in queste figure quasi mistiche de is accabadoras, per mezzo di questo strumento simbolico, su "mazzolu", realizzato con olivastro liscio e leggero, che come l'olivo, è una pianta sacra
Niente è lasciato mai al caso, all' interno della nostra Civiltà Sarda e delle sue simbologie
Ci sono sempre continui rimandi, anche se a distanza di secoli, tra simbologie, in un contesto sempre, altamente sacrale
S' accabadora del tempo e della vita
Accompagnare ad un altro tipo di vita, non è stregoneria, è benevolenza
Lo potevano fare solo le sacerdotesse, quelle che hanno integrato in se anche l'ombra, oltre che la luce
Quelle che sapevano gestire le energie
Quelle che erano abbastanza centrate ed equilibrate da non farsi coinvolgere emotivamente dal pathos del momento, e da agire velocemente con un colpo sicuro, che non implicasse ulteriore sofferenza
Erano donne preparate, anche dal punto di vista medico, che conoscevano comunque l' anatomia
Su questo aspetto della Sardegna, ci sono state molte voci contrastanti, quasi a voler sottoporre la Sardegna ad una sorta di ghettizzazione etnica, di barbarie identitaria
Invece, se si cambiasse prospettiva, si potrebbe invece capire, quanto questo sia indice di civiltà
Il diritto alla morte, ad una morte dignitosa, con meno sofferenze possibili, per il bene di tutti
Un ruolo simbolico totalmente ad appannaggio delle donne, perché il matriarcato in Sardegna, non è mai tramontato
Il maschile praticava il geronticidio, nel IV-III millennio a. C., ed era considerato come la possibilità di una morte dignitosa, di un riscatto e di una rigenerazione attraverso la morte
I vecchi venivano accompagnati presso un dirupo, e la toponomastica di certi luoghi ne testimonia la funzionalità, come quello del picco roccioso Babaiecca, vicino a Gairo in provincia di Nuoro, dove attraverso la morte, gli anziani si immolavano dignitosamente al Dio Kronos, al Dio del Tempo
Per quanto riguarda la pratica de s'accabadora, spesso si faceva baciare all' agonizzante prima di colpirlo, un giogo da buoi, ormai usurato, che trainava l'aratro
Un giogo protettivo e apotropaico, che veniva usato anche durante le nascite, poiché era legato alla dimensione della fertilità della terra, ed era un gioco che rappresentava il trapasso nell'altro mondo, nel ventre della madre terra
Era sacro, era uno strumento simbolico importantissimo
Era l'elemento portante dell'economia familiare, poiché rappresentava tutto, e s'accabadora si spostava anche con un piccolo giogo appresso, perché lo si adagiava sotto il collo del moribondo, per favorirne la morte, con un colpo secco e deciso de su mazzolu, in una zona che era precisamente tra nuca e orecchio, nella regione parietale, per essere precisi anatomicamente
Anche in Francia ci sono state testimonianze di questa ritualità simile alla nostra, attraverso l'uso dei "martelli benedetti", che venivano depositati all'interno delle chiese facilmente raggiungibili
È straordinario questo legame tra forma e simbolismi
Così come si è depositata, attraverso i grafismi incisi nelle grappe in piombo, la simbologia della vita, e la si è depositata nel grembo della madre pietra, così la si è mantenuta nella stessa forma de su mazzolu
Grappe che tengono uniti due blocchi simbolicamente, passando la linfa della vita da l'uno all'altro così come, con la stessa forma delle grappe, su mazzolu diventa strumento che non interrompe la vita, ma che offre una continuità fluida e dolce tra vita e la morte, per mano di una donna sacra che conosce il valore della vita e della morte, e che rispetta entrambi, radicando il moribondo nella terra, attraverso la simbologia del giogo che serve ad ammortizzare il colpo, e restituendolo alla terra stessa, e nel contempo liberandolo da ciò che in vita ha simbolicamente scavato
Solo in Sardegna questa tradizione poteva continuare così a lungo, perché è la terra degli equilibri, dove convivono Sole e Luna, vita e morte, in una continua ciclicità di cui ci sono continui a testimoni viventi, oltre il silenzio sacrale della Madre Pietra, custode di tutto il sapere e di tutti i misteri di questa Sacra Terra
Tiziana Fenu
©®Diritti intellettuali riservati
Maldalchimia.blogspot.com
Simbologia de "S'Accabadora" in Sardegna
Nessun commento:
Posta un commento